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Pace, tecnologia e difesa, la visione di Foti per un’Europa più forte


(Intervista di Alessandro Caruso pubblicata su L’Economista, inserto de Il Riformista)
Lo spirito di cooperazione della Dichiarazione Schuman è l’auspicio su cui consolidare le basi dell’integrazione europea, soprattutto in un periodo come questo., in cui il continente è chiamato a reagire ai cambiamenti geopolitici globali. Questo, in sostanza, il messaggio di Tommaso Foti, ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e per il Pnrr. «L’Europa può e deve giocare un ruolo nel promuovere la pace e la stabilità, adesso serve un approccio coeso e strategico per affrontare le sfide».

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L’Europa si trova a un bivio, tra due blocchi economici di forte influenza. Quale auspica che sia la politica di indirizzo continentale in questa contesa?

«Dobbiamo considerare nel contesto della politica continentale, in primo luogo, la situazione in Ucraina e, al riguardo, evidenzio come il presidente del Consiglio Meloni ha contribuito a creare un clima favorevole a un riavvicinamento tra Trump e Zelensky. Un atteggiamento di pragmatismo, quindi, necessario per avvicinare le posizioni, augurandoci che si continui ad andare in questa direzione. In secondo luogo, l’Europa può e deve giocare un ruolo nel promuovere la pace e la stabilità. Ed è quindi importante un approccio coeso e strategico per affrontare le sfide geopolitiche».

La transizione tecnologica, l’intelligenza artificiale, sono grandi movimenti che stanno movimentando il tessuto industriale italiano ed europeo, ma su cui il nostro continente sconta un ritardo rispetto al blocco USA e alla Cina. Quale ritiene che possa essere la strategia europea per rendere il tessuto imprenditoriale digitale più attrattivo?

«È vero che in Europa scontiamo un ritardo e un gap di innovazione tecnologica rispetto agli Stati Uniti, mentre la Cina corre a tutta velocità. In ragione di ciò l’Ue sta definendo le leve strategiche da attivare che ruotano intorno al concetto di competitività, ovvero la transizione tecnologica che è volano per una crescita della produttività, della ricerca e dell’innovazione ed è una leva per l’efficienza energetica, lo sviluppo delle competenze, la semplificazione del quadro normativo e, non da ultimo, per il business environment. Proprio in riferimento all’attrattività, l’Italia è stata ricompresa nel primo gruppo di Paesi che ospiteranno le AI factories: un investimento epocale per creare le condizioni di una sovranità tecnologica europea anche nel campo dell’intelligenza artificiale. In merito, la Commissione europea, proprio in questi giorni, sta mettendo a punto il piano di azione sull’intelligenza artificiale».

C’è poi la partita dell’energia. Il tema del nucleare è diventato di stringente attualità. Qual è la sua posizione al riguardo?

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«Personalmente sono sempre stato favorevole alla produzione e all’utilizzo dell’energia nucleare. Oggi il nucleare di nuova generazione rappresenta una componente strategica essenziale per realizzare una transizione energetica che sia non solo ecologicamente sostenibile, ma anche economicamente e produttivamente compatibile con le esigenze dell’industria italiana. In questo contesto, l’Italia si è già mossa aderendo, nel 2024, all’Alleanza Industriale Europea sugli SMR, cioè i reattori modulari di piccole dimensioni, tecnologia più avanzata, sicura e sostenibile rispetto al nucleare tradizionale, e che promette abbattimento di tempi e costi di produzione».

Il blackout in Spagna ha riacceso anche il dibattito sulle infrastrutture di gestione delle reti energetiche, soprattutto quelle legate alle rinnovabili. Cosa ci insegna la lezione “spagnola”?

«Una nuova strategia industriale competitiva non può decollare senza un controllo solido delle reti. Lo sviluppo delle rinnovabili può creare dei rischi di dipendenza della rete di approvvigionamento. Pertanto, dobbiamo pensare bene al mix di fonti energetiche impiegate: non si può dipendere solo, o comunque prevalentemente, da rinnovabili che per natura sono instabili e per questo occorre combinarle con le fonti tradizionali».

Veniamo al Green Deal. Qual è la proposta per coniugare transizione ecologica e tutela del sistema economico nazionale ed europeo?

«La transizione verde non può essere condizionata da visioni ideologiche. Per questo motivo bisogna insistere sulla neutralità tecnologica, ossia la possibilità per ogni nazione di scegliere il proprio mix tecnologico per raggiungere gli obiettivi ambientali, senza che vi siano imposizioni rigide dall’alto. Un approccio che permetta di salvaguardare intere filiere, rendendo la decarbonizzazione compatibile con la crescita dell’economia, della competitività industriale e dell’occupazione».

Capitolo difesa. La guerra in Ucraina ha messo in seria e drammatica discussione la tenuta della “pax” europea. Ritiene che ci siano le condizioni per tornare a parlare della difesa comune europea?

«Per offrire maggiore sicurezza all’Ucraina dopo l’auspicabile pace, il presidente Meloni ha suggerito di estendere alla stessa le tutele di cui all’art. 5 del trattato NATO. Un’iniziativa che si inquadra nel più vasto ambito delle politiche di difesa che l’Europa deve assumere anche in relazione al nuovo fronte aperto dalla comparsa sullo scenario internazionale della cosiddetta guerra ibrida. Un obiettivo di difesa quello dell’Europa che va perseguito nazione per nazione anche in relazione alle peculiarità dei singoli territori».

Qual è la sua posizione sul piano da 800 miliardi di euro per rafforzare le capacità militari dell’UE? Ritiene che l’Italia debba aumentare la spesa per la difesa?

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«Penso che sarebbe stato di gran lunga più corretto denominare il Piano di Riarmo presentato da Ursula von der Leyen “Defense EU”, anziché “ReArm EU”, e ciò perché quello a cui si pensa è un piano per una difesa europea su più fronti. Quanto alle spese per la difesa, l’Italia ha in primo luogo il dovere di mantenere fede agli impegni assunti in sede NATO di elevare al 2% del PIL le stesse. E penso che, a giugno, la richiesta che ci verrà fatta per il futuro in sede NATO sarà ancora più robusta».

In occasione della Festa dell’Europa quale pensa che possa essere il messaggio da trasferire ai cittadini europei?

«Il 9 maggio 1950 il Ministro degli Esteri francese Robert Schuman proponeva la creazione di una Comunità europea del carbone e dell’acciaio, gettando le fondamenta reali di una prima unificazione economica, ma soprattutto lanciava a tutti i cittadini europei, e non solo, un messaggio di pace, offrendo il miglior contributo “al progresso delle opere di pace”, rendendo di fatto “non solo impensabile, ma materialmente impossibile” una nuova guerra in Europa. Quella ‘Dichiarazione Schuman’ deve ricordare a tutti noi che la pace, la sicurezza e la prosperità, beni che consideravamo ormai acquisiti, sono oggi minacciati. L’Europa e gli Stati nazionali devono dunque avere il coraggio di prendere decisioni anche controcorrente, rafforzare l’azione politica ed economica e avere la capacità di assumere una sempre maggiore rilevanza e competitività nello scenario globale. Rispondere a queste urgenze sarebbe il miglior messaggio da trasferire ai cittadini europei in occasione della Festa dell’Europa».







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