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Space Economy: investimenti e politiche della nuova corsa alle stelle


Viaggi orbitali e turismo spaziale. Grandi costellazioni di satelliti per l’accesso a Internet ovunque su scala globale. Asteroidi da cui estrarre metalli dal valore inestimabile. “Ombrelloni” orbitanti tra la Terra e il Sole in grado di ridurre la temperatura del Pianeta. Città lunari e marziane. Fantascienza? No, è l’economia spaziale. Con la continua espansione delle attività, ma anche per la contaminazione con altri settori innovativi, la Space Economy è un universo in forte crescita e sviluppo ovunque.

 

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Il Mercato globale ha una dimensione stimata in circa 600 miliardi di dollari nel 2024, secondo lo Space Economy Report di Novaspace, con una previsione di crescita fino a 945 miliardi entro il 2033. A trainare sono soprattutto soluzioni nelle telecomunicazioni e nella navigazione satellitare. Il contesto internazionale è in grande fermento, con assetti geopolitici che si modificano a un ritmo impressionante. Stati Uniti e Cina confermano il loro ruolo di leader, ma con approcci e livelli di trasparenza molto differenti, mentre nazioni emergenti come Emirati Arabi Uniti e India stanno facendo grandi passi in avanti.

In Italia, il settore spaziale assume un ruolo sempre più importante, passando da ambito di nicchia a comparto strategico per lo sviluppo tecnologico ed economico, anche in settori tradizionalmente distanti dallo Spazio.

Spazio strategico: lo scenario europeo

«L’Europa è un’eccellenza nel settore spaziale, con competenze tecniche all’avanguardia e capacità industriali di primo piano. Ma deve identificare nuove aree di intervento per continuare a essere competitiva a livello globale, o rischia di perdere competitività per alcune criticità, a cominciare dall’ammontare degli investimenti», scrive nel suo saggio (pubblicato da Egea), Space economy. La nuova frontiera dello sviluppo, Simonetta Di Pippo, astrofisica e direttore dello Space Economy Evolution Lab attivo presso SDA Bocconi School of Management.

Il budget pubblico europeo per lo Spazio si aggira intorno ai 13 miliardi di dollari (2023), quello statunitense ammonta a 73 miliardi, mentre si prevede che la Cina superi nettamente entro il 2030 il valore attuale europeo con una spesa prevista di 20 miliardi di dollari. L’ecosistema spaziale europeo, inoltre, «dipende ancora pesantemente da fondi pubblici, con conseguenti difficoltà per lo sviluppo di iniziative commerciali sostenibili. Imprese e Startup sono spesso costrette a cercare nuovi Mercati extraeuropei, per poter scalare e competere a livello globale, oppure a cedere propri asset».

La politica di sviluppo dell’ESA (European Space Agency, l’Agenzia Spaziale Europea) ha garantito finora investimenti nazionali significativi in programmi spaziali comuni, con lo sviluppo di tecnologie, prodotti, servizi, competenze e capacità industriali. Come indicato nel Rapporto Draghi, è urgente individuare nuove politiche che limitino la frammentazione della base industriale spaziale dell’UE, valorizzando appieno la capacità innovativa e la dinamicità di PMI e Startup.

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Economia dello Spazio: il settore in Italia

In questo contesto, la crescita e la competitività futura nel nostro Paese «dipenderanno soprattutto dalla capacità di sfruttare appieno il valore della nostra eredità tecnologica e industriale, per riuscire a innovare i modelli di business e i processi di filiera», si legge nella ricerca annuale redatta dall’Osservatorio Space Economy del Politecnico di Milano.

La Space Industry italiana è composta per l’89% da imprese che operano anche in altri comparti, perlopiù aviazione (63%), industria metalmeccanica (44%), automobilistica (38%) e ICT ed elettronica (35%). Nella filiera nazionale, solo il 13% delle aziende non ha avviato iniziative di innovazione, ma non esiste ancora un approccio unico e consolidato. Il 52% delle imprese dispone di propri ambassador per ricercare e diffondere innovazione, senza una struttura formale nell’organizzazione, un terzo (30%) assegna a ogni dipendente obiettivi per stimolare nuove idee dal basso o ha un Team specifico per l’innovazione (29%).

Nel 2024, nel nostro ecosistema industriale sono stati fatti importanti passi avanti: la missione Axiom 3 ha visto per la prima volta imprese italiane partecipare a missioni commerciali verso la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) ed è proseguito il programma Space Factory 4.0, che punta a creare un sistema di fabbriche di satelliti interconnesse, facendo evolvere la filiera in una logica di servitizzazione.

Gli investimenti privati in Space Economy

Ma il settore è ancora fortemente dipendente da commesse pubbliche: servirà una domanda privata per garantire la sostenibilità nel lungo periodo e non disperdere le opportunità di crescita oggi sostenute dagli investimenti PNRR.

«Dal punto di vista legislativo, il bel Paese è un apripista. La prima legge quadro sullo Spazio pone l’Italia all’avanguardia tra i grandi player globali, rafforzando il settore con il Piano Nazionale per l’Economia dello Spazio e il fondo pluriennale per la Space Economy», rileva il report dell’Osservatorio Space Economy presso il PoliMi. «L’auspicio è che possa contribuire a supportare ulteriormente l’ecosistema dello Spazio italiano, promuovendo una maggiore apertura al Mercato privato e nuove opportunità di sviluppo per Startup e PMI innovative».

Il segmento Upstream (aziende della filiera impegnate in ricerca, sviluppo, realizzazione e gestione delle infrastrutture e tecnologie spaziali abilitanti) sta facendo i primi passi nell’adozione di tecnologie e soluzioni di intelligenza artificiale: il 78% delle aziende non ha ancora adottato soluzioni di AI, ma più della metà si sta attrezzando per sfruttarne le opportunità in futuro.

Le imprese hanno necessità di fare evolvere le competenze interne. Quelle più richieste sono in ambito programmazione e analisi dati, essenziali per un terzo degli operatori (31%), accanto a quelle più tradizionali come progettazione aeromeccanica e ingegneria dei sistemi.

Space Economy: le aziende end user

Una realtà su due ritiene oggi l’economia dello spazio un tema di rilievo e da approfondire, ma crescono le realtà che stanno cercando di capire meglio l’impatto che potrà avere per il proprio business: sono il 21% del totale, 8 punti percentuali in più in un anno.

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Tuttavia, solo il 7% delle imprese end-user hanno progetti diretti attivi in ambito Space Economy. Sono i risultati che emergono da un’analisi di oltre 200 imprese italiane di grandi dimensioni. Queste realtà, che sono utilizzatrici finali nella filiera Space Economy, sono tradizionalmente lontane dalla Space Industry, interessate soprattutto a nuove applicazioni d’uso e servizi che derivano dall’utilizzo combinato di tecnologie spaziali e digitaliLe aziende che più si stanno interessando sono quelle che investono in più tecnologie digitali: queste sono le uniche che presentano iniziative interne ben consolidate in ambito Space Economy, anche se con un tasso ancora residuale (4%).

I fattori principali che stimolano le imprese ad avvicinarsi alla Space Economy sono l’analisi delle iniziative dei competitor (26% del totale), l’esigenza di allinearsi con le richieste dei clienti (26%) e le proposte pervenute dai fornitori di soluzioni tecnologiche (25%). Non mancano, tuttavia, le criticità, come la mancanza di competenze interne e gli alti costi da sostenere.

L’osservazione della Terra

In particolare, il Mercato 2024 dei servizi di osservazione della Terra in Italia vale 290 milioni di euro, con una crescita del 28% rispetto all’anno precedente. Oltre tre quarti del valore (77%, 6 punti in più) proviene da commesse di clienti istituzionali, mentre solo il 23% dalla domanda di grandi imprese, PMI e Startup, con un impatto rilevante dalle risorse del PNRR.

In linea con l’attuale quadro geopolitico, emerge un aumento rilevante nell’ambito militare e della sicurezza pubblica, che pesa per il 30% del Mercato complessivo (+20 punti rispetto al 2023). Al secondo posto c’è un altro ambito del settore pubblico, l’ambiente e fauna selvatica, con il 17% del fatturato, mentre al terzo uno privato, l’agricoltura, silvicoltura e pesca, con il 16%.

Per erogare servizi ai clienti finali, in 3 casi su 4 (75%) vengono utilizzati dati provenienti da fonti pubbliche italiane ed europee, ma cresce l’utilizzo di informazioni private di multinazionali (13%): gli attori di Mercato hanno esigenze che spesso l’asset pubblico da solo non è in grado di soddisfare e richiedono di integrare le opportunità con dati offerti da missioni commerciali. ©️

Articolo tratto dal numero del 15 maggio 2025 de Il BollettinoAbbonati al giornale!

📸 Credits: Canva

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