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Calderone: «Alle imprese nuovi sgravi contributivi per i giovani e le donne»


di
Giovanna Maria Fagnani

 

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La ministra è intervenuta sull’economia sociale, sull’occupazione e sui salari. La società civile e l’organizzazione in forma d’impresa

L’economia sociale e le sue realtà danno lavoro in Europa a oltre 12 milioni di persone. E di lavoro, in Italia e in Europa, ma anche contratti, lavoro povero, salario minimo, profitto e imprese del terzo settore si è parlato alla Milano Civil Week 2025, nell’incontro «L’Europa alla prova dell’economia sociale», con ospite la ministra del Lavoro Marina Calderone, intervistata da Isidoro Trovato. Una settimana fa la premier Giorgia Meloni annunciava sui social che in «due anni e mezzo sono stati creati oltre un milione di posti di lavoro». Un numero contestato dall’opposizione che ha definito falso il dato. « Da due anni e mezzo è costantemente in crescita il numero degli occupati. L’istat certifica con i dati del quarto trimestre 2024 non solo l’andamento positivo del mercato del lavoro ma anche un aumento del contatto a tempi indeterminato, la diminuzione dei contratti a termine e anche una ripresa importante sul fronte del lavoro autonomo e anche un aumento delle ore lavorate – ha assicurato la ministra Calderone -. Certamente c’è da fare di più per accompagnare a un consolidamento ulteriore». 

Che servirebbe alle fasce più critiche: i giovani e le donne. Ma sono in arrivo sgravi contributivi per le imprese che stabilizzano queste categorie, grazie ai decreti attuativi che definiscono il bonus giovani e il bonus donne. Daranno ai datori di lavoro privati che hanno assunto personale dal primo settembre 2024 la possibilità di accedere al beneficio per le assunzioni a tempo indeterminato di under 35 (massimo 500 euro al mese per 2 anni) o di donne disoccupate da oltre 24 mesi (massimo 650 euro per 2 anni)i. «Sono misure importanti da collegare a quelle azioni che devono rendere sempre più efficiente l’incontro tra domanda e offerta di lavoro» ha aggiunto la ministra. 




















































Ma resta il tema dei salari, rimasti fermi per 20 anni: come intervenire per aumentare il potere d’acquisto? Fondamentale per la ministra è puntare sui rinnovi contrattuali per ridurre il cuneo fiscale, valorizzare anche strumenti collegati al welfare e ampliare la partecipazione dei lavoratori alle politiche, attraverso le loro rappresentanze sindacali. E il Terzo settore è partner di queste politiche, e lo è in modo ancora più indispensabile per «vincere la sfida dell’inclusione sociale delle persone con disabilità» e anche per affrontare l’inverno demografico e l’aumento dell’età media degli italiani. «Per questo noi abbiamo emanato la legge sull’assistenza agli anziani». Il lavoro povero e il cosiddetto salario minimo per la ministra non andrebbero invece associati. «Sono due cose diverse. Il lavoro povero può nascere anche laddove ci sono i contratti collettivi, che possono anche avere livelli di retribuzione bassi ma è legato anche ad altri fenomeni connessi alla non piena valorizzazione delle funzioni svolte dai lavoratori. Invece il salario minimo attiene a quella che è la dimensione economica della retribuzione, che sia oraria e mensile. E Il valore di un contratto si vede anche dalla complessità e totalità degli strumenti che si mettono in campo in termine di garanzie. Credo che l’Italia abbia una esperienza unica in una contrattazione collettiva di valore» ha concluso la ministra Calderone.

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La giornata è proseguita col dibattito «Quando la società civile si organizza in forma d’impresa», con Giuseppe Guerini, portavoce dell’economia sociale del Cese, il Comitato economico e sociale europeo, Sarah de Heusch, segretario generale di Social Economy Europe, Pietro Barbieri,  vicepresidente Gruppo Organizzazioni Società Civile Cese, e Nicoletta Merlo, vicepresidente gruppo Giovani Cese. A moderarlo Paolo Foschini.  
Che differenza c’è tra l’economia sociale e quella tradizionale? La prima seconda ha come finalità ultima il profitto, la seconda lo considera una finalità necessaria, ma secondaria rispetto al fine principale che è il bene collettivo che, quando fatto correttamente, produce anche profitto. «L’economia sociale in Europa, attuata da 4 milioni e mezzo di entità -associazioni, cooperative, mutue, fondazioni, imprese sociali – è una infrastruttura sociale fondamentale per mantenere un livello di democrazia economica elevato. Uno dei motivi per cui i salari sono rimasti salari è perché da 30 anni il modello di economia prevalente ha ridotto la parte di ricchezza redistribuita a territori e dipendenti e si è concentrata nella speculazione finanziaria e altri canali» ha sottolineato invece Giuseppe Guerini, portavoce dell’economia sociale del Cese, il Comitato economico e sociale europeo. 

Armonizzare la fiscalità tra i Paesi membri è necessario e urgente, come ha detto anche il senatore a vita Mario Monti, ospite alla Milano Civil Week. E ciò vale anche per l’economia sociale. Ma che aria tira a Bruxelles? «L’Unione Europea ha un piano d’azione per l’economia sociale che durerà fino al 2030, ma una settimana fa uno degli organismi che lo coordinava è stato eliminato e questo ci preoccupa anche sul piano della democrazia» ha detto Sarah de Heusch, segretario generale di Social Economy Europe, federazione delle varie famiglie dell’economia sociale. Unire le forze fra realtà e fondamentale e, come ha aggiunto Pietro Barbieri, vicepresidente Gruppo Organizzazioni Società Civile del Cese. 

«Il Cese esprime pareri rispetto ad ogni direttiva europea e questo non è poco, ogni volta che l’Ue emana una direttiva o altra forma ordinativa, le invia anche a noi oltre che al Parlamento. Altro fronte importantissimo è il dialogo civile deve essere strutturato altrimenti si naviga in una terra po’ di nessuno». Guardando al futuro dell’Europa, fondamentale è il ruolo dei giovani. «La rappresentanza negli organismi europei è ancora bassa: pochi i parlamentari under 35 e anche pochi gli under 35 nel nostro comitato. Ma nei giovani c’è tanta voglia non solo di poter essere ascoltati ma anche di poter incidere. I giovani sono motivati. Noi abbiamo trovato il nostro modo di coinvolgerli con iniziative che abbiano la co-progettazione in tutte le fasi. Abbiamo lanciato anche lo Youth Test che valuta l’impatto generazionale delle politiche pubbliche e implica che i giovani siano consultati nel processo decisionale» ha spiegato Nicoletta Merlo, vicepresidente gruppo Giovani Cese.

9 maggio 2025 ( modifica il 9 maggio 2025 | 20:20)

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