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Geopolitica e Imprese, il nuovo campo di battaglia. L’Italia tra difesa, investimenti e nuove strategie aziendali



Un equilibrio mondiale che non c’è più

Il mondo delle imprese si risveglia in un’epoca di instabilità globale. Il Ceo Talk “Nuovi equilibri geopolitici: come cambiano le economie”, organizzato da RCS Academy con il Corriere della Sera e BCG, ha tracciato una mappa precisa della nuova realtà: tensioni internazionali, guerra commerciale, riarmo e sfide infrastrutturali. Sul palco, ministri, capi militari e top manager italiani hanno analizzato come la variabile geopolitica sia diventata strategica per il futuro economico dell’Italia e dell’Europa.

Il ministro della Difesa Guido Crosetto, intervistato dal direttore Luciano Fontana, ha lanciato un segnale chiaro: «Siamo in una fase delicata per i rapporti internazionali. Serve un nuovo multilateralismo per imboccare la strada della pace». Ma la pace oggi passa anche per armi intelligenti, infrastrutture resilienti e strategie economiche integrate.


Difesa e deterrenza: un’Europa che deve svegliarsi

Il fronte militare europeo appare diviso e sottodimensionato. L’ex capo di Stato Maggiore Vincenzo Camporini ha parlato della necessità di un riarmo necessario e della deterrenza come unica lingua ancora parlata a livello globale. Il capo di Stato Maggiore della Marina, Enrico Credendino, ha posto l’accento sull’innovazione tecnologica, citando droni, flotte ibride e intelligenza artificiale come elementi chiave per un salto di qualità.

Giuseppe Cavo Dragone, presidente del Comitato Militare della Nato, ha ricordato che «la guerra è alle porte dell’Unione Europea» e che la cosiddetta “sveglia Trump” può servire ad accelerare in positivo l’evoluzione dell’Alleanza Atlantica.

E il paragone con gli Stati Uniti fa riflettere: «Nel 2023 gli USA hanno investito 250 miliardi di dollari in acquisizioni militari, l’UE solo 110», ha osservato Stefano Pontecorvo, presidente di Leonardo. La soluzione? Progetti comuni, come la joint venture tra Leonardo e Rheinmetall, per colmare il divario.


Dazi e geopolitica: torna il protezionismo globale

Nel frattempo, dagli Stati Uniti arrivano nuove tensioni commerciali. Il ritorno di Donald Trump in scena è già sinonimo di barriere. «Tariffe del 50% sul rame da agosto», ha annunciato l’ex presidente. Un ritorno al passato, secondo Nikolaus Lang di BCG: «In sette settimane, la politica dei dazi ci ha riportati indietro di 100 anni».

Le tariffe medie oggi si attestano al 12,3%, il livello più alto da 75 anni. Uno scenario che impone un cambio di rotta strategico alle imprese: «Diversificare i fornitori, integrare la filiera, gestire il rischio geopolitico con divisioni dedicate», ha sottolineato Emma Marcegaglia, presidente di Marcegaglia Holding.


Infrastrutture e resilienza: la risposta italiana

Anche il fronte infrastrutturale è in prima linea nella risposta italiana alla crisi globale. Stefano Donnarumma, AD di FS Italiane, ha annunciato numeri impressionanti: 200 miliardi di euro in 10 anni, 20 miliardi l’anno. Grandi opere come la Napoli-Bari, la Milano-Venezia AV, il Terzo Valico e la Salerno-Reggio Calabria promettono di cambiare la mobilità e l’economia del Paese.

Un piano che, oltre all’efficienza logistica, punta alla coesione territoriale e alla competitività europea.


Tecnologia, energia e competitività: la triade del futuro

La transizione digitale e green si conferma il vero volano di sviluppo. Claudio Bassoli, presidente e AD di HPE Italia, ha celebrato l’HPC6, supercomputer nato in collaborazione con Eni, oggi il più potente d’Europa e il quinto al mondo.

Nel campo dell’energia, Salvatore Bernabei (Enel Green Power) ha ribadito la correlazione tra energia e sicurezza. Le parole d’ordine sono rinnovabili, accumulo e stabilità dei prezzi. Meno dipendenza estera significa più libertà economica.


L’Italia c’è, ma serve visione

Monica Poggio, CEO di Bayer Italia, ha ricordato come l’Italia e la Germania vantino un interscambio da 168 miliardi di euro, segno di un legame che va oltre le tensioni globali. In un mondo in cui la globalizzazione si sta trasformando, le imprese devono reinventarsi: più alleanze, più innovazione, più resilienza.


Crosetto: «Serve un nuovo multilateralismo per non precipitare nel conflitto»

Durante il Ceo Talk organizzato da RCS Academy e Corriere della Sera, il ministro della Difesa Guido Crosetto ha offerto una riflessione lucida ma allarmata sul contesto globale: «Ci troviamo in una fase delicata per i rapporti internazionali, in cui l’instabilità è aumentata enormemente». La via d’uscita, secondo il ministro, è il ritorno a un «nuovo multilateralismo», un sistema riformato di alleanze e cooperazione che consenta di «non precipitare nel conflitto» ma di costruire nuove strade per la pace. In un mondo dove la guerra è tornata un’opzione concreta anche ai confini dell’Europa, Crosetto ha richiamato la necessità di una visione condivisa e di una responsabilità collettiva da parte delle nazioni democratiche.


EDITORIALE – Difesa italiana: il paradosso tra retorica e realtà

Mentre il ministro Crosetto invoca un multilateralismo più efficace, la fotografia della Difesa italiana che emerge dalla trincea quotidiana è tutt’altro che edificante. I due articoli di Infodifesa tracciano un quadro preoccupante: una potenza di carta, bloccata da una burocrazia che ingessa l’operatività, tra piani di “snellimento” promessi e mai realizzati e vertici incapaci di guidare la trasformazione.

Come abbiamo scritto sulle pagine di Infodifesa.it la retorica della modernizzazione si scontra con una verità cruda: si promette snellimento, ma la macchina militare resta impantanata in prassi inutili, gerarchie inefficienti e duplicazioni amministrative. Molti militari ridotti a contabili, costretti a stampare e controllare documenti e registri inutili, mentre i sistemi digitali aumentano la carta anziché ridurla. Il risultato? Una potenza apparente, che brilla nei convegni ma fatica a muoversi sul campo.

Ancora più allarmante è il ritratto tracciato nell’altro editoriale di Infodifesa: un sistema dove generali confusi, politici assenti e addettanze militari ridotte a vetrine decorative compromettono ogni reale capacità di deterrenza. Non si tratta di mancanza di talento nelle Forze Armate, ma di una crisi sistemica, dove l’inazione politica e la paura di riforme profonde impediscono qualsiasi salto di qualità.

Di fronte a un’Europa che si arma, a una Nato che cambia passo e a un’America che torna a ragionare in termini muscolari, l’Italia rischia di restare il ventre molle dell’Occidente, parlando di pace con le parole, ma non con le strutture.

Se il Ceo Talk ha mostrato il lato alto della strategia – tra geopolitica e investimenti – gli articoli di Infodifesa mostrano lo scheletro di un sistema che ha bisogno di essere ricostruito dalle fondamenta, prima che le crisi internazionali ci colgano ancora impreparati.

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