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Coricelli: «Bisogna spingere l’olio made in Italy. Servono più accordi di filiera e una politica comune»


di
Francesca Gambarini

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Parla l’imprenditrice a capo dell’azienda umbra con ricavi saliti a 415 milioni ed export in 110 Paesi. E ora rafforza l’estero oltre gli Usa

Chiara Coricelli va subito dritta al punto: «Il record di fatturato che abbiamo raggiunto nel 2024 è frutto di fatica e coraggio. Del resto, le ultime due campagne dell’olio sono state molto destabilizzanti. Anche se forse ancora più sfidante sarà la campagna 2025…».
Energica e proattiva come è sua abitudine mostrarsi, l’amministratrice delegata e presidente del gruppo umbro Pietro Coricelli, tra le più grandi aziende olearie in Europa e uno dei marchi italiani più distribuiti a livello globale in 110 Paesi, commenta con L’Economia i 415 milioni di ricavi, + 25% sul 2023, toccati l’anno scorso dall’azienda fondata dal nonno nel 1939 a Spoleto. E prova a spiegarli così: «Negli anni abbiamo spinto su una diversificazione importante, puntando su olii pregiati, come la Dop, l’evo 100% italiano da filiera tracciata, oli esotici come l’olio di cocco e quello di avocado, sull’efficienza dello stabilimento di Spoleto e sul mercato interno, dove siamo cresciuti del 22% (dati Nielsen a volumi – Categoria Evo – 2024) e dove siamo leader nell’olio 100% italiano».

I tavoli di lavoro

Quello dell’extravergine premium firmato dai nostri coltivatori è un segmento su cui Coricelli, alla guida dell’azienda dal 2018, crede e ha investito attraverso lo strumento dell’accordo di filiera: partito nel 2020 in Puglia, il progetto si è arricchito a fine 2024 di una nuova iniziativa per valorizzare l’olio Dop Umbria, in partnership con l’Organizzazione di Produttori Aprol Umbria. Questi oli, che rientrano sotto il brand «Casa Coricelli» dedicato ai prodotti premium, sono bottiglie prodotte con la garanzia di prezzi minimi e condizioni di pagamento vantaggiose per gli olivicoltori, che allo stesso tempo aiutano la programmazione delle attività agricole e una distribuzione più equa del valore lungo la filiera.
«L’idea è continuare a far crescere questi accordi, con un obiettivo: raccontare attraverso l’olio storie di italianità che colpiscano il consumatore e lo rendano consapevole della scelta che fa all’acquisto», dice Coricelli. L’imprenditrice, con il senso pratico che da sempre contraddistingue la gestione dell’azienda di famiglia, continua il ragionamento: «Le sfide non ci mancheranno quest’anno: non solo l’Italia sta affrontando una campagna olivicola in calo a causa della siccità, che ha aggravato gli effetti dell’alternanza produttiva (siamo scesi al quinto posto tra i produttori globali, ndr) ma a maggio il mercato del 100% italiano è segnato in discesa di oltre il 26%. Occorrono dei tavoli di lavoro per affrontare questo problema, a cui siedano tanto gli olivicoltori quanto gli industriali e la grande distribuzione organizzata».




















































Le sfide all’orizzonte

Il tema più urgente è quello del prezzo. «Oggi la forbice tra un extravergine comunitario e un 100% italiano si è allargata e il consumatore spesso non può scegliere perché il suo potere d’acquisto è ridotto. Manca una politica strategica e comune su questo prodotto, che invece è una grande risorsa del made in Italy e come tale andrebbe spinto e valorizzato, ma anche reso più democratico». 
I numeri del 100% italiano restano piccoli (sei milioni di litri nel 2024 per Coricelli, ad esempio), ma non si può rischiare che scendano ancora, è l’allarme di Coricelli: «È un patrimonio da preservare. Abbiamo una grande forza, come Paese: il nostro made in Italy alimentare. Ma per promuoverlo in modo impattante bisogna essere più compatti, raccontare l’Italia in modo positivo, come un marchio, non andare in ordine sparso, ma unirsi per spingere anche le nicchie, le eccellenze che raggiungono il mondo. In questo senso l’industria può avere un ruolo importante: riunire i piccoli sotto un brand riconoscibile e fidato, trasparente, sostenibile e alla portata dei consumatori». L’industria alimentare, a sua volta, ha sfide importanti da affrontare: «Burocrazia e forza lavoro, che non si trova — sintetizza Coricelli, che lancia un appello —: serve spingere il mondo del lavoro con sgravi e agevolazioni: per trattenere le persone e dare loro più potere d’acquisto». 

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I mercati internazionali

Resta intanto alto il focus dell’azienda sui mercati internazionali, che pesano per oltre il 50% dei ricavi. Lo scorso ottobre è arrivato in azienda Dusan Kaljevic con il ruolo di general manager per i business all’estero e la squadra continua ad arricchirsi, «con lo scopo di una crescita strutturata della marca, per andare a prenderci la leadership di mercato», spiega Coricelli. Il paese più rilevante per l’azienda di Spoleto sono gli Usa. Preoccupati per i dazi? «Quello del 10%, il dazio reciproco in vigore da aprile, l’abbiamo assorbito — commenta l’imprenditrice, che siede in cda con il papà, Giuseppe Antonio Coricelli, presidente onorario, e i fratelli Piero e Marco —. Un ulteriore aumento diventerebbe un problema. Ma ci stiamo muovendo per avere spalle forti in tutto il mondo, a cominciare dall’Europa del Nord e dell’Est, fino al Far East e all’America Latina, dove c’è già una buona base di consumo». Negli Usa, in ogni caso, il brand è noto e riconosciuto e ha appena vinto con il suo 100% Italiano Casa Coricelli, l’Italian food awards 2025 nella categoria dedicata al Fancy Food Show di New York, la più importante fiera Usa sul cibo. «L’Italia è il paradigma del bello e buono — commenta Coricelli —. Dobbiamo far sì che anche l’agroalimentare diventi come il lusso made in Italy: scelto perché di valore». 

Investimenti a Spoleto

E se l’imprenditrice continuerà a spingere in questo senso, continueranno anche gli investimenti sul sito di Spoleto, dove sono stati spesi sei milioni di euro per un’opera di ampliamento che include la nuova area di stoccaggio (4.200 tonnellate di stock in più) con cantina termoregolata che, anche grazie all’azoto, garantisce le migliori condizioni di conservazione per l’olio extravergine. «Abbiamo poi ampliato il magazzino con ulteriori 2.500 metri quadrati e a breve partirà il cantiere per il nuovo laboratorio di analisi chimico-fisico: la squadra si è ingrandita e per noi è una funzione strategica anche per le certificazioni». La domanda finale è sull’innovazione di prodotto e c’è da scommettere che in casa Coricelli non si sta con le mani in mano. «Vorremmo affrontare il mondo delle olive da tavola in maniera nuova — conferma l’imprenditrice —. Saranno olive da tavola premium: stiamo facendo dei test».


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11 luglio 2025

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