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Mediobanca: oltre l’80% delle medie imprese italiane è impegnata in iniziative ESG


L’80,4% delle medie imprese italiane ha avviato iniziative ESG, con particolare attenzione alle tematiche ambientali, spinte principalmente da obblighi normativi (66,9%), reputazione (52,9%) e visione imprenditoriale (47,7%). In particolare si dicono impegnate nella riduzione dell’uso di fonti fossili e nella transizione verso le rinnovabili, in pratiche virtuose nella gestione dei rifiuti e nel riciclo e nella formazione green per i propri dipendenti. È quanto emerge dal XXIV Rapporto sulle medie imprese industriali italiane e nel report Scenario competitivo, ESG e innovazione strategica per la creazione di valore nelle medie imprese industriali italiane realizzati dall’Area Studi di Mediobanca, dal Centro Studi Tagliacarne e Unioncamere.

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Il rapporto ha realizzato una fotografia delle medie imprese industriali italiane, una realtà che conta 3.650 aziende e che negli ultimi dieci anni ha registrato un aumento del 31,3% della produttività del lavoro, del 54,9% delle vendite e del 24,2% dell’occupazione, correndo allo stesso ritmo delle colleghe nazionali di medio-grande dimensione (+55,3%) e più speditamente dei gruppi maggiori (+42,1%). Oggi le medie imprese rappresentano dunque una componente strategica del tessuto produttivo nazionale: generano il 17% del fatturato dell’industria manifatturiera italiana, il 16% del valore aggiunto e il 14% sia delle esportazioni sia dell’occupazione complessiva.

L’impegno ESG delle medie imprese italiane

Sebbene la maggior parte delle medie imprese italiane abbiano intrapreso piani ESG per rispondere alle normative, vi è anche una parte di aziende che ha scelto di farlo perché ne ha capito i reali vantaggi in termini di risparmi (41%), di competitività (8,5%) e di maggiore accesso al mercato dei capitali (21,5%). In generale i progetti ESG sono prevalentemente autofinanziati (90,6%) mentre i restanti sono realizzati grazie all’accesso a linee di credito a condizioni agevolate legate a progetti sostenibili (18,4%) o grazie a fondi statali o regionali (17,8%).

Fonte: Scenario competitivo, ESG e innovazione strategica per la creazione di valore nelle medie imprese industriali italiane di Area Studi Mediobanca, Centro Studi Tagliacarne e Unioncamere

Tra coloro che, invece, non hanno ancora avviato una strategia ESG, la motivazione principale sembrano essere le difficoltà burocratiche, citate dal 33,8% delle Mid-Cap.

Andando a vedere nel dettaglio le strategie ESG più frequenti già attivate dalle imprese, spiccano la riduzione di fonti fossili e il ricorso a rinnovabili (67,3%), gestione dei rifiuti e del riciclo (62%), attività di formazione green ai dipendenti (43%), gestione responsabile delle catene di approvvigionamento e utilizzo di fornitori certificati (39,4%). Dalla parte opposta della bilancia vi sono invece l’utilizzo di materie prime seconde nei processi produttivi (15,1%), mobilità sostenibile per il trasporto di prodotti (5%) e mobilità sostenibile per il trasporto di dipendenti (4,7%).

Fonte: Scenario competitivo, ESG e innovazione strategica per la creazione di valore nelle medie imprese industriali italiane di Area Studi Mediobanca, Centro Studi Tagliacarne e Unioncamere

Nonostante l’impegno dichiarato nella riduzione di fonti fossili e nel ricorso a quelle alternative, solo per il 12,6% delle medie imprese l’utilizzo di energia proviene da fonti rinnovabili (proprie e di terzi) incide per una quota superiore al 60% del totale di energia consumata nel 2024; mentre la maggior parte delle Mid-Cap fa un uso ancora limitato di risorse alternative con il 53,1% non supera il 20%. Resta bassa anche la quantità di energia autoprodotta. In riferimento alle emissioni, invece, restano ancora della lacune con il 62,3% delle Mid-Cap che non è attualmente in grado di quantificarle, il 33,8% non riesce a quantificarne il decremento e il 19,4% non ritiene al momento necessario adoperarsi in tale attività. In generale solo il 40,9% delle medie imprese sostiene che sia possibile raggiungere le emissioni zero entro il 2050.

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Il rapporto sottolinea anche che la responsabilità della strategia ESG viene principalmente affidata a un manager con competenze specifiche (30,3%) mentre nel 15,8% dei casi la figura responsabile è il Presidente o l’Amministratore Delegato; solo il 15% delle medie imprese ricorre a un manager specializzato in materia.

Infine, in merito alla comunicazione dei risultati raggiunti in materia ESG, emerge che il 41,2% delle imprese non fa nessuna comunicazione. Tra le imprese che invece che comunicano i risultati il 36,7% sceglie il report di sostenibilità, il 34,1% una sezione dedicata nel bilancio aziendale o nel sito (25,2%).

Fonte: Scenario competitivo, ESG e innovazione strategica per la creazione di valore nelle medie imprese industriali italiane di Area Studi Mediobanca, Centro Studi Tagliacarne e Unioncamere

Rischio fisico e di transizione delle medie imprese italiane

Il percorso verso la transizione energetica comporta rischi significativi per le medie imprese italiane, in particolare il rischio di transizione legato alla perdita di competitività in un’economia sempre più orientata alla sostenibilità. Una media impresa su tre (33%) si dichiara molto o abbastanza impattata da questo tipo di rischio, con una vulnerabilità maggiore tra le aziende esportatrici (35%) rispetto a quelle non esportatrici (12,5%). Per mitigare il rischio, le imprese stanno adottando diverse strategie: il 57% punta sull’aumento dell’utilizzo di energia da fonti rinnovabili, mentre il 38,1% si concentra sulla riduzione dei rifiuti e il 26,5% sulla diminuzione delle emissioni di CO₂.

Fonte: Scenario competitivo, ESG e innovazione strategica per la creazione di valore nelle medie imprese industriali italiane di Area Studi Mediobanca, Centro Studi Tagliacarne e Unioncamere

Parallelamente, le imprese devono affrontare anche il rischio fisico derivante dagli impatti del cambiamento climatico come l’aumento degli eventi estremi: circa una su quattro (23,8%) si considera esposta in modo significativo. A fronte di ciò, la principale risposta adottata è la sottoscrizione di polizze assicurative (57,2%), seguita da investimenti in nuovi impianti (33,8%), volti a migliorare la resilienza operativa.

Fonte: Scenario competitivo, ESG e innovazione strategica per la creazione di valore nelle medie imprese industriali italiane di Area Studi Mediobanca, Centro Studi Tagliacarne e Unioncamere

Un modello competitivo: Italia più produttiva di Francia, Germania e Spagna

Oltre alla sostenibilità, le medie imprese italiane si distinguono in ambito di competitività. Secondo il Rapporto Mediobanca-Unioncamere-Tagliacarne, tra il 2014 e il 2023 queste aziende hanno visto crescere la produttività del lavoro del 31,3%, una performance superiore rispetto a quella delle controparti spagnole (+29,9%), tedesche (+25,8%) e francesi (+20,2%). L’Italia non solo primeggia per ritmo di crescita, ma anche per livello assoluto della produttività: a parità di caratteristiche aziendali, le Mid-Cap italiane superano le tedesche del 3,3%, le francesi del 14,7% e le spagnole del 18,7%.

Fonte: Scenario competitivo, ESG e innovazione strategica per la creazione di valore nelle medie imprese industriali italiane di Area Studi Mediobanca, Centro Studi Tagliacarne e Unioncamere

La produttività, dunque, si conferma la vera arma strategica del sistema italiano, alimentata da una forte cultura di impresa familiare, dalla resilienza delle filiere distrettuali e da una crescente attenzione all’innovazione. A testimoniarlo anche il fatto che il 45,8% delle medie imprese possiede almeno un brevetto, valore inferiore solo a quello delle imprese tedesche (61,2%) e ben superiore a quelle francesi (32,2%) e spagnole (31,2%).

Le sfide ancora aperte dalla DEI ai costi dell’energia

Un altro elemento che rafforza il primato competitivo dell’Italia è il capitale umano. Tra il 2014 e il 2023, l’occupazione nelle medie imprese italiane è cresciuta del 24,2%, superando di gran lunga Francia (+11,5%) e Germania (+8,8%), rimanendo dietro solo alla Spagna (+45,8%).

Tuttavia, la valorizzazione del capitale umano resta una sfida aperta. Le donne rappresentano solo il 24,7% della forza lavoro e gli under 30 il 18,3%.

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Fonte: Scenario competitivo, ESG e innovazione strategica per la creazione di valore nelle medie imprese industriali italiane di Area Studi Mediobanca, Centro Studi Tagliacarne e Unioncamere

Ancora più rilevante è il tema del disallineamento tra domanda e offerta di competenze, lo skill mismatch, che riguarda 8 medie imprese su 10. Le competenze tecnico-specialistiche, digitali e STEM sono difficili da reperire e ciò si traduce in un aggravio del carico lavorativo per il 47,5% delle aziende e in un aumento dei costi gestionali per il 37,4%. Per far fronte a questa criticità, il 40,4% delle imprese è pronto a correre ai ripari investendo nella formazione e il 37% aumentando l’automazione dei processi produttivi.

Fonte: Scenario competitivo, ESG e innovazione strategica per la creazione di valore nelle medie imprese industriali italiane di Area Studi Mediobanca, Centro Studi Tagliacarne e Unioncamere

Un’altra sfida che le medie imprese stanno affrontando riguarda il costo dell’energia: nel biennio 2022-2023 quasi il 60% ha registrato un aumento dei costi, per il 20,5% tale incremento ha comportato una forte erosione dei margini. In risposta, il 44,1% ha pianificato investimenti in impianti di energia rinnovabile, mentre oltre un terzo punta sull’ammodernamento delle strutture produttive. Il caro energia si somma al peso fiscale: le medie imprese pagano un’aliquota effettiva del 25%, superiore di quasi 6 punti rispetto alle grandi aziende. Se avessero goduto della stessa tassazione, avrebbero risparmiato circa 6,2 miliardi di euro nell’ultimo decennio.

A frenare ulteriormente il potenziale delle medie imprese italiane si potrebbe aggiungere l’effetto dei dazi introdotti o minacciati dagli USA che sarebbe rilevante per il 30% circa di esse e, seppure con un impatto più contenuto,
interessare un ulteriore 21,3%



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