L’accordo recentemente siglato a L’Aia segna una svolta storica per la NATO, con obiettivi ambiziosi soprattutto sul fronte della cyber difesa.
Il piano punta a rendere l’Alleanza più resiliente, rafforzando la cooperazione industriale e l’integrazione tra difesa civile e militare.
Piano NATO: le novità per la cyber difesa
Il 25 giugno 2025 l’Alleanza Atlantica ha formalizzato una decisione destinata a ridefinire le priorità geopolitiche, industriali e tecnologiche dei prossimi decenni: l’incremento stabile delle spese militari complessive per oltre 300 miliardi di dollari entro il 2035.
Il piano, siglato dai ministri della Difesa dei 32 Paesi membri della NATO, rappresenta uno sforzo finanziario senza precedenti per gran parte degli Stati europei e pone le basi per un riposizionamento strategico dell’Alleanza, necessario davanti all’evoluzione della guerra che nel XXI secolo è ibrida e cibernetica.
Le spese militari: Italia lontana dal 3,5% del Pil
Secondo i dati aggiornati al 2024, la spesa militare complessiva dei membri NATO ammonta ad oltre 1.434 miliardi di dollari, di cui gli Stati Uniti da soli coprono circa due terzi, con una spesa di 968 miliardi, seguiti dalla Germania e Regno Unito, che spendono rispettivamente 86 e 81 miliardi.
L’Italia si posiziona come quinto contributore assoluto, con una spesa di 35 miliari, dietro i 64 miliardi della Francia, ma attualmente è ancora lontana dal target minimo fissato dal nuovo accordo: la spesa militare italiana si attesta infatti, sull’1,3% del Pil, ben distante dall’obiettivo del 3,5%.
Per colmare il divario, secondo le stime più accreditate, il nostro Paese dovrebbe incrementare il proprio budget militare di almeno 30 miliardi di euro annui entro il 2035, un obiettivo che non può realizzarsi solo sul fronte della difesa tradizionale, ma anche e soprattutto su quello della difesa digitale.
Più investimenti civili a valenza strategico-militare
Un aspetto fondamentale del nuovo piano NATO riguarda infatti l’espansione degli investimenti civili a valenza strategico-militare.
L’accordo prevede che i Paesi membri dedichino un ulteriore 1,5% del proprio PIL a settori non strettamente militari ma funzionali alla postura difensiva dell’Alleanza. Tra questi, un ruolo di primo piano è riservato alla cyber sicurezza, alle tecnologie satellitari, alle reti di telecomunicazione e a tutte le infrastrutture centrali in un contesto di guerra ibrida.
Il cyber spazio, già da tempo riconosciuto dalla NATO come un dominio operativo autonomo, assume in questo modo una rilevanza strategica pari a quella dei tradizionali domini terrestre, marittimo e aereo.
NATO: cyber difesa, un pilastro delle politiche di sicurezza euro-atlantiche
Quello della cyber difesa, infatti, è diventato negli anni uno dei pilastri delle politiche di sicurezza euro-atlantiche.
Gli attacchi alle infrastrutture critiche e le campagne di spionaggio hanno evidenziato l’urgenza di un coordinamento più stretto tra gli alleati.
L’obiettivo è passare da un paradigma reattivo a uno proattivo, in grado non solo di assorbire il colpo ma di prevenirlo, anticipando le tattiche dell’avversario e rafforzando la resilienza delle reti: per farlo sarà necessario introdurre dei requisiti minimi di cyber sicurezza per le infrastrutture critiche, standardizzare le architetture difensive tra i Paesi membri e condividere tempestivamente le informazioni sulle minacce emergenti.
Novità piano NATO per la cyber difesa del nuovo dominio autonomo
L’aspetto più innovativo del piano riguarda l’integrazione sistematica tra ambiti militari e civili.
Il cyber spazio, per sua natura, non conosce confini rigidi: le reti utilizzate dalle forze armate per le comunicazioni tattiche si appoggiano spesso a infrastrutture civili, o ancora, i sensori impiegati per la sorveglianza satellitare o marittima condividono protocolli, software e hardware con quelli utilizzati nell’ambito commerciale.
Le vulnerabilità sono spesso condivise e per questo investire nell’hardening delle reti 5G, nello sviluppo di soluzioni di crittografia post-quantum, nella protezione delle supply chain digitali e nella formazione di una nuova generazione di cyber operatori rappresenta una scelta tanto di progresso tecnologico quanto di posizionamento geopolitico.
L’apparato produttivo europeo sul piano industriale
Per raggiungere gli obiettivi fissati a L’Aia, sarà necessaria anche una profonda ristrutturazione dell’apparato produttivo europeo sul piano industriale, a partire dall’aumento della produzione di semiconduttori affidabili, sistemi embedded per l’industria della difesa, software di comando sicuri e interoperabili e strumenti di simulazione avanzati basati su intelligenza artificiale.
Questo comporterà un rafforzamento delle sinergie tra pubblico e privato, in particolare nei settori high-tech, e una spinta verso l’autonomia strategica, soprattutto nei segmenti più esposti alla concorrenza tecnologica o alla pressione geopolitica di altri Paesi.
Uno sforzo unificato e multidimensionale
La difesa deve diventare multidimensionale, capace di integrare capacità cinetiche, cognitive e digitali in uno sforzo unificato.
La trasformazione dell’apparato difensivo in senso “digitale” sarà perciò tanto importante quanto l’acquisto di nuovi armamenti convenzionali.
Tensioni in terne ed accountability
Non sono mancate però tensioni interne, come dimostrato dal caso spagnolo. Il premier Pedro Sánchez ha dichiarato che la Spagna non andrà oltre il 2,1% del Pil, ritenendo tale cifra sufficiente a soddisfare i “target di capacità” che erano stati concordati a inizio giugno.
Ad oggi, tutti gli Stati membri si sono obbligati a presentare ogni anno una relazione dettagliata che illustri gli avanzamenti rispetto agli impegni assunti, un meccanismo di accountability inedito nella storia della NATO, che potrebbe contribuire a ridurre il tradizionale divario tra promesse politiche e capacità operative reali.
NATO, cyber security come asse portante della cyber difesa
Il piano approvato a L’Aia non è solo un aumento delle spese militari, ma una ridefinizione strutturale del concetto di difesa collettiva in cui la cyber security non sarà più un corollario della strategia militare ma ne diventerà l’asse portante.
La sfida dei prossimi anni sarà tradurre questo ambizioso framework in capacità reali, interoperabili e resilienti, capaci di resistere alla pressione geopolitica, ai conflitti ibridi e all’erosione lenta ma costante della sicurezza digitale.
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