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Gallo, Fondo Filantropico Italiano: «La filantropia può e deve crescere, ecco perché»


L’Italia è in ritardo su filantropia e beneficenza. Lo sviluppo di queste attività nel nostro Paese è ancora piuttosto limitato, con margini di crescita e sviluppo ancora notevoli. Quali sono le principali cause di questo gap?

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«Innanzitutto, una questione culturale, per la diffusa convinzione che debba essere lo Stato a occuparsi di problemi sociali e conservazione del patrimonio comune. E anche una percepita mancanza di trasparenza nelle associazioni non profit», dice Marcello Gallo, Presidente del Fondo Filantropico Italiano: «in entrambi i casi, sarebbe importante rivedere meglio certe convinzioni che spesso risultano fuorvianti».

Inoltre, «i vantaggi fiscali per le donazioni sono spesso sconosciuti alla maggior parte delle persone, riducendone l’efficacia come incentivo».

La ricchezza finanziaria delle famiglie italiane è stimata in 5.700 miliardi di euro, con una ricchezza complessiva superiore a 10mila miliardi includendo il patrimonio immobiliare. Tuttavia, la donazione media delle persone benestanti risulta essere solo lo 0,7 per mille della loro ricchezza.

C’è anche da considerare il rilevante ammontare di patrimoni senza eredi che potrebbero essere indirizzati verso iniziative benefiche e sociali: questa ricchezza di persone anziane e senza figli ammonta a 10 miliardi di euro entro il 2030 e arriverà a 40 miliardi di euro al 2040.

Quanti e quali sono i principali strumenti filantropici a disposizione?

 

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«Sono innanzitutto tre: Trust, fondazione e DAF, ovvero Donor Adivsed Fund. Il Trust è uno strumento giuridico attraverso il quale un soggetto disponente trasferisce alcuni beni, di sua proprietà, ad un altro soggetto, che ne diventa amministratore. Con l’impegno di gestire questi beni nell’interesse di un terzo soggetto beneficiario. Il Trust può effettuare donazioni e avere come beneficiari famigliari o altri soggetti. Non ha personalità giuridica e non è disciplinato dall’ordinamento italiano».

E la fondazione?

«È un patrimonio destinato dal fondatore a uno scopo di utilità sociale. La fondazione deve essere iscritta al registro delle persone giuridiche e ha specifici obblighi di rendicontazione e trasparenza. È precluso lo svolgimento di attività commerciali se non in via residuale e strettamente correlata allo scopo istituzionale e ha una struttura di governance complessa».

Cos’è un Donor Advised Fund?

«È un fondo filantropico vincolato a uno specifico scopo, istituito all’interno di una fondazione già esistente, detta fondazione ombrello. Ogni fondo ha un proprio nome, funzionamento e modello di governance, che vengono stabiliti dal donatore all’interno di uno specifico regolamento. I destinatari delle erogazioni possono essere solo progetti sociali. Questo strumento offre vantaggi fiscali immediati e permette al donatore di partecipare attivamente nell’individuazione dei beneficiari e nel monitoraggio dei progetti finanziati. Il DAF surroga i costi e la complessità di una fondazione proprietaria, offrendo maggiore flessibilità e la possibilità di essere alimentato nel tempo o esaurito al raggiungimento degli obiettivi».

Quali sono le agevolazioni fiscali in Italia?

«Per le persone fisiche, detraibilità al 30% per le donazioni in denaro o in natura con un tetto massimo di 30mila euro per ciascun periodo di imposta. In alternativa, deducibilità delle donazioni fino al 10% del reddito complessivo netto dichiarato. Con la possibilità di riportare eventuali eccedenze fino al quarto anno di imposta successivo».

E per le imprese?

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«Per le aziende, deducibilità delle donazioni fino al 10% del reddito complessivo netto dichiarato, senza alcun tetto. Nel caso in cui la deduzione sia superiore al reddito complessivo netto dichiarato, l’eccedenza può essere utilizzata in deduzione fino al quarto periodo d’imposta successivo».

Che caratteristiche hanno i donatori italiani?

«Una caratteristica diffusa è l’anonimato, spesso per ragioni nobili e di riservatezza o per timore di nuove sollecitazioni a donare da parte di altri operatori. A differenza di quanto avviene in altri Paesi, in Italia la donazione è spesso rimandata all’ultima fase della vita, concretizzandosi in lasciti testamentari. Sarebbe invece molto importante un’attitudine più proattiva e pubblica alla donazione, che possa stimolare l’emulazione e la consapevolezza, in ogni fase della vita di ognuno».

A cosa è dovuta la percepita mancanza di trasparenza da parte delle associazioni non profit?

«Spesso la piccola dimensione media delle realtà del terzo settore in Italia porta a difficoltà nel presentarsi e nel rendicontare le proprie attività, contribuendo alla scarsa trasparenza almeno percepita che è lamentata dai donatori. Molte organizzazioni operano con poco personale retribuito, affidandosi al volontariato, il che limita la loro capacità di dialogare con grandi donatori».

Quali sono i settori più sostenuti?

«Emergenza umanitaria e sanitaria. Ricerca medica e scientifica. Assistenza sociale e lotta alla povertà. Sono in aumento le donazioni a favore di organizzazioni che si occupano di cooperazione internazionale, assistenza e cura sanitaria, anziani e ambiente. In ultima posizione, il settore cultura e sport».

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Ci sono aspetti normativi rilevanti per la filantropia?

«Tre aspetti normativi sono molto importanti da sviluppare. Il primo riguarda il completamento della normativa sul “dopo di noi” per tutelare le persone con disabilità quando i familiari non potranno più occuparsene. C’è poi l’estensione alle fondazioni della possibilità di avere patrimoni segregati per proteggerli da eventuali creditori e, come terzo punto, la questione del tetto al 5×1000, che comporta una trattenuta da parte del governo delle somme eccedenti, riducendo di fatto l’ammontare destinato agli enti beneficiari».

Cosa fa e che obiettivi ha il Fondo Filantropico Italiano?

«È una delle principali realtà di intermediazione filantropica nel Paese. Agisce come intermediario per facilitare l’incontro tra chi desidera donare e le realtà bisognose. L’obiettivo è dare concretezza all’impulso di generosità e supportare le associazioni meritevoli che faticano ad accedere ai finanziamenti. Il fondo non si limita a trasferire risorse finanziarie, ma stimola e accompagna le organizzazioni nello sviluppo di progettualità per massimizzare l’impatto sul territorio».

E come fa?

«Mette a disposizione di donatori e imprese nuovi strumenti per donare in modo semplice ed efficace, che sono appunto i DAF, e l’intermediazione di donazioni internazionali. Il Fondo Filantropico Italiano agisce infatti come fondazione ombrello, ospitando fondi filantropici personalizzati e flessibili che valorizzano le azioni filantropiche dei donatori anche attraverso un’attenta consulenza specifica. È anche l’unico partner italiano di Transnational Giving Europe, il network che unisce 20 fra le più prestigiose fondazioni erogative europee, che collaborano tra loro per favorire le donazioni internazionali fiscalmente efficienti».

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Cosa fanno i consulenti filantropici?

«La consulenza filantropica è un servizio di orientamento al donatore. Gli operatori specializzati possono sostenere i donatori nell’individuare delle organizzazioni a cui destinare le elargizioni sulla base dei loro interessi, dei bisogni individuali, oltre che della rilevanza effettiva delle cause e la loro efficacia. I consulenti guidano i benefattori nel complesso mondo del Terzo Settore. Offrendo un supporto qualificato che permette di tracciare un percorso personale di filantropia da implementare, monitorare e regolare secondo i risultati e le necessità».

Il settore del Private banking all’estero ha visto una crescita significativa del numero di consulenti professionali che includono qualche forma di consulenza filantropica nei loro servizi…

«Esattamente. Non a caso, secondo uno studio britannico della Charities Aid Foundation, la consulenza filantropica è positiva anche per gli affari, perché allinea le aziende con gli interessi dei propri clienti e favorisce un’individuazione più immediata degli obiettivi di lungo termine».

Che consigli si possono dare a chi vuole fare filantropia?

«Innanzitutto, interrogarsi sui bisogni specifici su cui intervenire e, per donazioni di una certa consistenza, ad esempio dai 200mila euro in su, di contattare il Fondo Filantropico Italiano per ricevere supporto nella comprensione delle esigenze e nell’individuazione di progetti adeguati. Per importi minori, è consigliabile informarsi sulle realtà beneficiarie e chiedere chiarimenti sull’utilizzo dei fondi. Per risorse significative, gli strumenti principali sono la fondazione e il fondo filantropico personalizzato, che offre maggiore flessibilità e semplicità per importi medi».

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«Si verificherà un passaggio generazionale della ricchezza dai boomers alle generazioni più giovani e un aumento della quota di ricchezza detenuta dalle donne, considerate più generose. Questo scenario rappresenta un’opportunità anche per il settore del Wealth management bancario di sviluppare un ruolo nel promuovere la filantropia, non solo come gestione patrimoniale, ma anche come consulenza su temi sociali. Consolidando in questo modo il rapporto fiduciario con i clienti. Perciò il Fondo Filantropico Italiano collabora con le banche per facilitare questo processo, aprendo anche conti presso le stesse banche dei donatori per i fondi filantropici da gestire dopo la donazione». ©️

Intervista tratta dal numero del 15 giugno 2025 de Il BollettinoAbbonati!

📸 Credits: Canva





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