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La sostenibilità industriale secondo Pirelli, Saipem, Bolton, Perfetti Van Melle e…


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Integrazione strategica della sostenibilità, gestione efficiente delle risorse, governance industriale e capacità di adattamento ai nuovi scenari normativi. Sono questi i temi al centro del dibattito manifatturiero, che vede le imprese fare i conti con le normative Esg da rispettare, che impongono lo sviluppo di nuovi modelli di business. Un ripensamento non solo della produzione interna, ma dell’intera filiera. Ma imprenditori e manager come stanno affrontando questo cambio di paradigma?

Simone Pala, Responsabile Climate Change di Pirelli, ha evidenziato come la domanda di mercato spinga verso soluzioni a basso impatto e materiali bio-based, in un contesto normativo che accelera la trasformazione dei modelli produttivi. Marco Stampa, Head of Sustainability Governance di Saipem, ha posto l’accento sulla gestione della complessità industriale: dalla sicurezza alla carbon capture, passando per il ruolo abilitante delle tecnologie nei progetti energetici. Per Andrea Moschini, Chief Operating Officer di Laminazione Sottile, la sostenibilità è un fattore competitivo legato al ciclo di vita dell’alluminio, con implicazioni dirette su accesso ai bandi, rapporto con la Gdo e innovazione di processo. Eleonora Venturini, Sustainable Development Manager di Bolton, ha indicato nel packaging circolare e nel governo delle filiere i punti chiave per rispondere alla nuova regolazione europea, integrando sostenibilità e innovazione nei processi core. Stefano Mariotti, Amministratore Delegato di Manifatture Sigaro Toscano, ha descritto il lavoro fatto sul fronte agricolo per contrastare gli effetti del cambiamento climatico e ridurre del 40% i consumi idrici in 4 anni, mantenendo inalterato il modello tradizionale. Michele Faggioli, Amministratore Delegato di Lu.Ve. Group, ha parlato di transizione come strategia di sopravvivenza industriale, evidenziando la necessità di garantire autonomia energetica e attrattività verso i talenti. Anna Re, Head of Corporate Communication di Perfetti Van Melle Italia, ha illustrato l’approccio dell’azienda sul piano interno, con focus sul coinvolgimento diretto delle persone nella strategia ESG, attraverso iniziative formative e sociali.

Nel complesso, dalle testimonianze raccolte da Industria Italiana durante il convegno La terza via della sostenibilità, organizzato da iSustainabilityla nuova società di consulenza Esg del gruppo Digital360 – è emersa la necessità di un approccio operativo, misurabile e settoriale, capace di trasformare i vincoli ambientali in leve di riposizionamento industriale e competitività di lungo periodo. Con Andrea Moschini, Laminazione Sottile; Simone Pala, Pirelli; Marco Stampa, Saipem; Eleonora Venturini, Bolton; Stefano Mariotti, Manifatture Sigaro Toscano; Michele Faggioli, LuVe Group; Anna Re, Perfetti Van Melle Italia.

 

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Laminazione Sottile: integrazione strategica della sostenibilità, gestione del ciclo vita dell’alluminio e posizionamento competitivo nei mercati a basso impatto

Andrea Moschini, Chief Operating Officer di Laminazione Sottile.

«Le pratiche sostenibili – spiega il Chief Operating Officer Andrea Moschini – anche se non garantiscono ritorni immediati, possano avere effetti positivi nel medio periodo». Operando in un settore a elevata intensità, come quello dell’alluminio, l’azienda ha lavorato per contenere i consumi energetici, migliorare la qualità dei materiali e sviluppare processi più efficienti. Le richieste della grande distribuzione e dei consumatori hanno contribuito ad accelerare questo percorso. I risultati non si sono limitati all’ambito ambientale: la società ha avuto accesso a bandi legati al Pnrr, ha consolidato la presenza in nuovi mercati e ha rafforzato l’attrattività nei confronti delle nuove generazioni.

Moschini ritiene che la sostenibilità possa rappresentare un elemento competitivo, ma solo se integrata nella strategia aziendale e comunicata in modo chiaro. «Siamo meno di 1500 persone e non abbiamo un team dedicato alla sostenibilità: i progetti sono trasversali e coinvolgono tutte le funzioni». Centrale anche la collaborazione con i clienti, condizione necessaria per lo sviluppo congiunto di soluzioni innovative. Tra gli strumenti più utili, il Life Cycle Assessment, che ha permesso all’azienda di realizzare sia prodotti in materiale riciclato sia in alluminio completamente riciclabile. Su questo punto Moschini invita alla cautela: «L’alluminio è riciclabile all’infinito, ma il consumo globale è in forte aumento. Non si può riciclare ciò che ancora non è stato prodotto. E se una lattina torna in circolazione in due mesi, un prodotto per l’edilizia può restare in uso per decenni». L’attenzione, quindi, va rivolta anche alle tecnologie complementari, in grado di contenere l’impatto lungo tutto il ciclo di vita. Il contesto normativo gioca un ruolo importante. «Penso che regole condivise possano favorire una concorrenza più equilibrata».

L’alluminio è riciclabile all’infinito, ma il consumo globale è in forte aumento. Non si può riciclare ciò che ancora non è stato prodotto. E se una lattina torna in circolazione in due mesi, un prodotto per l’edilizia può restare in uso per decenni.

Pirelli, sostenibilità integrata nel modello industriale: tra compliance normativa, sviluppo di prodotto e risposta alla domanda di mercato

Simone Pala, Responsabile Climate Change di Pirelli.

Per Simone Pala, Responsabile Climate Change di Pirelli, le diverse visioni sulla sostenibilità – tra rigore normativo europeo e approcci più flessibili – tendono nel tempo a convergere. «È una strada che prosegue su più livelli, ma credo che alla fine porti a un modello comune», osserva. L’impegno di Pirelli si colloca in un percorso storico lungo oltre 150 anni, in cui il tema ambientale ha assunto progressivamente un ruolo strutturale. «Oggi la sostenibilità è parte del nostro modello di business. I nostri prodotti vanno sempre più nella direzione di materiali bio-based e soluzioni a ridotto impatto ambientale». Pala riconosce che il quadro normativo europeo pone vincoli stringenti, che possono rappresentare una pressione competitiva per le aziende del continente. Tuttavia, Pirelli prosegue nel proprio piano di transizione climatica, con obiettivi specifici in tema di decarbonizzazione e investimenti per il miglioramento continuo delle performance ambientali. Non si tratta solo di ridurre le emissioni legate ai processi interni, ma di lavorare anche sulla filiera e sui materiali impiegati.

Il tema, sottolinea, non può più essere gestito come elemento di comunicazione. «C’è stato un periodo in cui la sostenibilità era trattata quasi come una leva di marketing. Oggi è evidente che non può essere solo questo». Il business, secondo Pala, deve integrare gli aspetti ambientali in modo strutturale, superando la logica dell’apparenza per puntare a risultati misurabili e duraturi. Anche sul piano competitivo, il posizionamento sostenibile è sempre più rilevante. «Il cliente di oggi, e ancor di più quello di domani, è molto attento a questi aspetti». Questo impone alle imprese un cambiamento effettivo dei modelli industriali, ma apre anche nuove opportunità. «Nel 2023 abbiamo introdotto il primo pneumatico con oltre il 50-55% di materiali bio-based o riciclati. Tutti gli pneumatici utilizzati in Formula 1 sono marchiati Fsc, a garanzia di una filiera controllata per la gomma naturale». Si tratta, secondo Pala, di esempi concreti di come la sostenibilità possa generare ritorni economici, a partire dalla domanda del mercato.

La fabbrica Pirelli di Yanzhou al top per sostenibilità in Cina. Foto presa dal sito pirelli.com

Saipem, sostenibilità come gestione della complessità: tra rischio, valore e orientamento pubblico

Marco Stampa, Head of Sustainability Governance di Saipem.

Per Marco Stampa, Head of Sustainability Governance di Saipem, parlare di sostenibilità come parte del “dna aziendale” rischia di semplificare eccessivamente un percorso che, al contrario, si è dimostrato lungo, articolato e non privo di ostacoli. «Nel nostro caso si è trattato di un processo graduale, in salita, con momenti di criticità. Non esistono scorciatoie. La complessità non si risolve con tagli netti, ma con approcci strutturati». La sostenibilità, secondo Stampa, non può essere affrontata con soluzioni semplici a problemi complessi: un rischio ricorrente, soprattutto quando si cerca di semplificare il tema a livello comunicativo o normativo. Saipem opera in oltre 50 Paesi, con più di 30 mila dipendenti, ed è attiva in ingegneria, costruzione e perforazione per il settore energetico e, più recentemente, per infrastrutture definite sostenibili. In questo contesto, l’azienda si posiziona come “enabler” della transizione energetica, cioè soggetto industriale che rende possibile il cambiamento. «La sostenibilità ha per noi una doppia valenza: da un lato significa gestione dei rischi – salute, sicurezza, integrità degli asset, impatti ambientali, climate change, biodiversità – dall’altro implica la creazione di valore. Due dimensioni che devono convivere». Il cambiamento culturale interno è una componente essenziale di questo approccio, specie per chi entra in azienda con una visione astratta del concetto di sostenibilità. «Ai giovani ingegneri cerchiamo di trasmettere l’idea che dietro ai progetti ci sono scelte concrete. Non è solo un tema valoriale, ma una serie di implicazioni operative quotidiane». Misurare la creazione di valore rimane una sfida aperta. «È un concetto molto citato, ma raramente definito in modo puntuale. E ancora meno spesso misurato. Noi abbiamo provato a farlo. Ma credo che lo Stato debba costruire le condizioni perché le imprese possano muoversi in una certa direzione». In altre parole, la sostenibilità non può essere lasciata solo alla libera iniziativa privata, ma richiede regole chiare, infrastrutture e strumenti coerenti. All’interno di questo quadro complesso, Saipem si è dotata di sistemi di gestione e processi di prevenzione ormai consolidati, che riguardano la valutazione degli impatti, la sicurezza e la formazione. Il contesto normativo, però, resta incerto. Da un lato, emerge un approccio regolatorio che tende a irrigidire – come nei pacchetti europei più recenti – dall’altro, prende piede una forma di “neonegazionismo” e deregolamentazione che, per Stampa, rischia di indebolire la capacità delle imprese di generare valore reale. «La sostenibilità è diventata un business per qualcuno, ma resta un’esigenza sistemica per tutti».

Per Saipem, l’attenzione dei clienti verso i temi ambientali e di sicurezza non è mai venuta meno, in particolare nei grandi progetti integrati di infrastrutture energetiche. «Chi non è in grado di rispettare determinati parametri è fuori dal mercato», sottolinea Marco Stampa. E si tratta, ormai, di standard richiesti da tutti i principali operatori internazionali del settore. Un elemento che ha portato l’azienda a investire costantemente in sistemi di prevenzione e gestione dei rischi. Oltre alla sicurezza, Saipem lavora anche sugli impatti ambientali generati dalle proprie attività. Ma secondo Stampa, è il terzo pilastro a fare davvero la differenza: la capacità di offrire soluzioni tecnologiche che abilitino la transizione energetica. «Un esempio è la carbon sequestration. Disponiamo di brevetti e competenze per progettare e realizzare impianti per la cattura, il trasporto e lo stoccaggio della CO₂, in particolare nei settori hard-to-abate». In questi contesti, dove non è possibile interrompere la produzione, la mitigazione delle emissioni rappresenta l’unica via praticabile. «Lo facciamo non solo per le nostre attività – dove stiamo comunque portando avanti interventi di retrofitting, ottimizzazione energetica e installazione di fotovoltaico nelle fabrication yard – ma soprattutto come offerta al mercato. È qui che la sostenibilità acquista anche un valore competitivo». Infine, Stampa dedica un passaggio al gas naturale. «Pur essendo un combustibile fossile, se gestito in modo corretto lungo tutta la filiera, può contribuire alla stabilità operativa e alla decarbonizzazione parziale, in attesa di una penetrazione più ampia delle fonti rinnovabili. È una tecnologia ponte, con benefici anche sul piano politico e contrattuale». Saipem si conferma quindi nel proprio ruolo di abilitatore: «Offriamo soluzioni, ma a condizione che anche le nostre operazioni rispettino standard rigorosi, in termini di sicurezza e prevenzione ambientale. È su questo equilibrio che competitività e sostenibilità possono davvero convergere».

Saipem: il dato come leva strategica. Dal reporting di compliance a strumento di pianificazione

Saipem 12000. L’azienda si posiziona come “enabler” della transizione energetica, cioè soggetto industriale che rende possibile il cambiamento

Per Marco Stampa il dato rappresenta una condizione imprescindibile per affrontare in modo serio il tema della sostenibilità. «Non esiste sostenibilità senza gestione dei numeri», afferma. La raccolta e l’elaborazione dei dati, infatti, costituiscono la base per comprendere l’impatto delle attività aziendali, definire obiettivi realistici e monitorare l’efficacia delle strategie adottate. Il reporting, in questo quadro, assume un ruolo centrale. «Dovrebbe essere considerato non solo come adempimento normativo, ma come uno strumento utile a due funzioni fondamentali: la pianificazione e la rendicontazione», spiega Stampa. Da un lato, infatti, i dati servono a indirizzare le decisioni e fissare obiettivi misurabili. Dall’altro, consentono di comunicare con chiarezza e trasparenza ai diversi stakeholder i risultati raggiunti, i rischi in corso e le prospettive future.

Oggi, tuttavia, l’attività di reporting è spesso appesantita da richieste frammentate e ripetitive. «Ogni mattina, il sustainability manager si trova ad affrontare nuove piattaforme ESG, compilazioni dati, richieste sovrapposte. È un processo che può diventare faticoso, poco efficiente». Il punto, secondo Stampa, non è la quantità di informazioni richieste, ma l’effettiva capacità del sistema di utilizzare quei dati per creare valore informativo. «I numeri devono servire a spiegare il nostro business, a comunicare scelte e priorità, a orientare le strategie. Non possono essere solo una risposta a obblighi formali». La sfida è dunque trasformare il reporting da esercizio burocratico in leva gestionale e comunicativa. «Si gioca ancora una partita importante su questo fronte», conclude. Una partita che riguarda non solo le imprese, ma anche il modo in cui il sistema regolatorio, finanziario e industriale si relaziona al concetto stesso di sostenibilità.

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Bolton, sostenibilità integrata e packaging circolare: governance, competenze e strategia per affrontare le nuove sfide regolatorie

Eleonora Venturini, Sustainable Development Manager di Bolton.

Per Bolton, la governance non è un ostacolo ma un fattore abilitante. «Abbiamo costruito negli anni un modello che ci consente di affrontare le sfide della sostenibilità in modo responsabile e continuativo, generando valore lungo tutta la nostra catena», spiega Eleonora Venturini, Sustainable Development Manager. Il gruppo, attivo nel largo consumo con prodotti per la cura della persona e della casa, punta a offrire soluzioni che facilitino scelte quotidiane più sostenibili per i consumatori. «Riduciamo l’impatto ambientale dei nostri prodotti e collaboriamo da tempo con il Wwf per iniziative rigenerative con impatti positivi sulla natura». La sostenibilità sociale è parte integrante di questo approccio: attenzione alla catena del valore, rispetto dei diritti umani, promozione del benessere organizzativo e delle pari opportunità per collaboratori e comunità locali. Tutti questi elementi sono stati inseriti nel modello industriale del gruppo, anche attraverso l’aggiornamento del piano strategico quinquennale nel 2024, che mira a coniugare crescita del business e rispetto degli obiettivi ambientali e sociali. «Si tratta di azioni che hanno impatti organizzativi ed economici. Non sono mai a costo zero, soprattutto in un contesto normativo in continua evoluzione. Il nuovo regolamento europeo sul packaging, ad esempio, avrà un impatto rilevante sulle nostre categorie». Per questo, sottolinea Venturini, le azioni devono essere pianificate con attenzione e pienamente integrate nei processi decisionali.

Tra i temi più concreti c’è proprio quello del packaging, che per Bolton rappresenta una leva strategica. «Abbiamo iniziato a lavorarci in modo sistematico già da diversi anni. Se guardiamo alle nostre categorie – home care, personal care, beauty – la maggior parte dell’impatto ambientale si concentra nel modo in cui progettiamo i prodotti, sia in termini di confezioni sia di formulazioni». Il primo obiettivo, fissato per il 2025, è raggiungere il 40% di plastica riciclata nei packaging. «Nel 2024 siamo già al 34%, quindi siamo vicini al traguardo. Ma abbiamo già definito un obiettivo più ambizioso: entro il 2035 vogliamo eliminare completamente la plastica vergine da fonti fossili». Il percorso implica ripensare il design dei prodotti, adottando confezioni più leggere, formati ricaricabili e sostituendo dove possibile la plastica con la carta. Bolton sta anche esplorando soluzioni più avanzate, come le plastiche alternative derivate da scarti agroalimentari e il riciclo chimico, particolarmente utile per superare i vincoli tecnici e di resa estetica legati ad alcune categorie, come quella beauty. «Tutto ciò richiede sviluppo di know-how interno, ma anche partnership tecnologiche lungo la filiera», precisa Venturini. Le nuove normative, in questo senso, rappresentano sì una sfida, ma anche una conferma della direzione intrapresa. «Ci aiutano a dare continuità a un percorso che avevamo già avviato».

 

Manifatture Sigaro Toscano: sostenibilità nella filiera agricola. Adattamento climatico e uso responsabile delle risorse

Stefano Mariotti, Amministratore Delegato Manifatture Sigaro Toscano.

Per Manifatture Sigaro Toscano, la sostenibilità si gioca nella continuità di un modello produttivo che affonda le radici in oltre due secoli di storia. «Il nostro prodotto nasce da una filiera agricola integrata – spiega l’Amministratore Delegato Stefano Mariotti – e la qualità del tabacco che utilizziamo è fortemente condizionata dagli effetti del cambiamento climatico». L’azienda, che celebra i 210 anni di attività, si basa su un processo in cui la materia prima, la foglia di tabacco, deve presentarsi integra e priva di danni. «Eventi come grandinate o venti intensi compromettono direttamente la produzione, mettendo in difficoltà non solo noi, ma anche i coltivatori da cui ci approvvigioniamo». Negli ultimi anni, l’aumento della frequenza di eventi estremi in aree tradizionalmente vocate, come la Toscana o il basso Lazio, ha spinto l’azienda a diversificare le fonti di approvvigionamento, mantenendo una prevalenza italiana ma includendo anche aree del Sud America. «Questo ha avuto un effetto collaterale positivo: la possibilità di attuare una rotazione dei terreni che prima, per esigenze produttive, non era praticabile. Un elemento utile anche alla sostenibilità delle colture italiane». L’adattamento ha riguardato anche la gestione delle risorse idriche. «In passato l’irrigazione avveniva sulla base dell’esperienza tramandata. I nostri coltivatori sono spesso agricoltori da tre generazioni. Oggi, invece, abbiamo introdotto strumenti digitali di agricoltura 4.0 per ottimizzare l’uso dell’acqua». Grazie a questi progetti, Manifatture Sigaro Toscano ha ridotto del 40% i consumi idrici per la coltivazione del tabacco negli ultimi quattro anni.

Mariotti sottolinea che, pur non avendo potuto modificare il proprio modello di business – strettamente legato a una tradizione produttiva consolidata – l’azienda ha comunque introdotto correttivi significativi nei processi. «Abbiamo investito in ricerca su varietà di tabacco più resilienti e in programmi di formazione per i coltivatori, affinché possano gestire in modo più consapevole l’impiego delle risorse naturali. La riduzione dell’acqua ne è un esempio concreto». Il legame tra agricoltura e industria, in questo caso, diventa anche un’alleanza per affrontare le sfide poste dal cambiamento climatico, in un contesto in cui la qualità del prodotto e la stabilità della filiera dipendono sempre più dalla capacità di adattamento.

Luve: sostenibilità come strategia di sopravvivenza industriale. Materie prime, energia e attrazione dei talenti

Michele Faggioli, Amministratore Delegato di Lu.Ve. Group.

Per Michele Faggioli, Amministratore Delegato di Lu.Ve. Group, attiva nel settore dello scambio termico e della refrigerazion, la sostenibilità non è più un’opzione ma una questione di continuità industriale. «Se voglio che i miei stabilimenti restino attivi nel tempo, devo tener conto fin da subito dei vincoli che il cambiamento climatico e la scarsità delle risorse pongono alla produzione». La riflessione parte da una constatazione di fondo: le risorse – materie prime, componenti, energia – non saranno più disponibili in modo illimitato, e la competitività si misurerà anche sulla capacità delle imprese di gestire questi limiti strutturali.

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Faggioli sottolinea come la transizione sia legata non solo alla riduzione dell’impatto ambientale, ma anche alla tenuta operativa nel medio-lungo periodo. «Non basta produrre in modo più efficiente: bisogna prevedere che l’energia potrebbe non essere sufficiente per tutti. Quindi diventa strategico pensare all’autonomia, ma attraverso soluzioni sostenibili». In questa logica, investire in impianti di produzione energetica interna da fonti rinnovabili diventa una leva di resilienza industriale, oltre che ambientale.

Perfetti Van Melle, sostenibilità d’impresa tra brand globali e coinvolgimento diretto delle persone

Anna Re, Head of Corporate Communication di Perfetti Van Melle.

«Dal 2021 abbiamo rivisto completamente la strategia di sostenibilità, trasformando un impegno finora frammentato in un piano strutturato con obiettivi di lungo periodo – racconta Anna Re, Head of Corporate Communication di Perfetti Van Melle, gruppo italo-olandese specializzato nella produzione e distribuzione di confetteria, caramelle e gomme da masticare – Abbiamo ridefinito anche il nostro purpose, oggi “Innovative Treats, Better Future”: vogliamo crescere innovando i prodotti, ma con l’ambizione di contribuire a un futuro migliore – per i consumatori, per le persone e per il pianeta». Questo cambiamento ha inciso anche sulla governance interna, conferendo piena legittimità e priorità strategica ai progetti sociali e ambientali. «Non è più possibile considerarli secondari: sono parte integrante delle scelte aziendali».

L’approccio si sviluppa su due assi: ampliare l’impatto positivo attraverso iniziative coerenti con i valori aziendali, e coinvolgere attivamente le persone in ogni fase del percorso. Il percorso di Perfetti Van Melle riflette un’evoluzione che integra sostenibilità, comunicazione interna e strategia industriale. «Abbiamo davanti obiettivi al 2030 e al 2050, in linea con l’agenda europea. Ma il vero cambiamento è già cominciato: riguarda la mentalità con cui affrontiamo ogni progetto».



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