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Rilanciare i Certificati Bianchi per Non Rinunciare all’Efficienza Energetica nell’Industria


L’Autore, Energy Manager Hera SpA, spiega ragioni e limiti del nuovo Decreto ministeriale sui TEE (Titoli di Efficienza Energetica): bene le numerose novità espansive, ma attenzione agli effetti di un’eccessiva stratificazione delle misure incentivanti.

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In Copertina: Immagine Freepik

In queste settimane è circolata la bozza dell’atteso nuovo decreto sui certificati bianchi (o Titoli di Efficienza Energetica) che, come è sempre opportuno ricordare, rappresentano ancora oggi lo strumento strutturato più importante per la promozione dell’efficienza energetica nel settore industriale. Parlo di “strumento strutturato”  per distinguerlo da altri provvedimenti attuativi introdotti negli ultimi due anni per il supporto all’efficienza energetica, ma con carattere provvisorio perché vincolati a fondi PNRR.

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Come stavamo prima dei Certificati Bianchi

Nell’imminenza della pubblicazione del nuovo decreto sul quale si sono riversate molte aspettative, ma anche tanti timori, è utile ricordare com’era l’incentivazione dell’efficienza energetica prima del 2004, cioè l’anno di piena entrata in esercizio del sistema dei TEE. Molti operatori ricordano bene il carattere spot dei bandi regionali, pubblicati di volta in volta per singoli progetti, che si esaurivano una volta assegnato il budget disponibile. Oggi ormai diamo per scontata la possibilità di accedere in qualunque momento ad un incentivo, sempre presente, che premia l’efficienza energetica conseguente a qualunque tipo di investimento nel processo produttivo in grado di determinare un risparmio energetico misurabile.

Diamo altresì per scontato che la richiesta possa essere effettuata senza nessun impegno di realizzare l’intervento, e che questo flusso di cassa possa essere considerato dall’imprenditore nel suo business plan solo nel momento in cui decida di procedere con l’intervento, senza alcun impegno preliminare e senza nessuna penale in caso di rinuncia. Ed è proprio questo uno dei grandi meriti del meccanismo dei Certificati Bianchi: cioè quello di dare una risposta forte ad una carenza cronica di strumenti di supporto permanenti (e non spot come era sempre successo fino ad allora) dedicati all’efficienza energetica nell’industria; e purtroppo, come tutte le cose che abbiamo a portata di mano, siamo portati a darle per scontate e a non ricordare il tempo e gli sforzi necessari per renderle disponibili. E, vista la scarsa attenzione che il dibattito pubblico dedica a questo sistema, forse stiamo tutti sottovalutando il costo di un suo potenziale fallimento senza nemmeno domandarci cosa succederebbe al sostegno dell’efficienza energetica nell’industria una volta esauriti i fondi PNRR.

 

Nemo propheta in patria

Qualche settimana fa mi è capitato di assistere ad un’interessante presentazione della FIRE che illustrava i risultati di un’indagine condotta tra i vari Enti di Regolamentazione europei sulle policy attive per l’efficienza energetica, e non ho potuto evitare di provare amarezza nel sentire come la Francia, che 15 anni fa era partita attivando un meccanismo sui Certificati Bianchi, rincorrendo quello italiano, con uno strumento modesto limitato al settore civile, abbia oggi ampliato la portata del progetto iniziale estendendolo anche al settore industriale, fino a farlo diventare lo strumento più importante per il raggiungimento dei loro obblighi in capo all’efficienza energetica, quando il nostro invece rischia di diventare sempre più marginale.  

È anche vero, e bisogna riconoscerlo per onestà intellettuale, che ancora oggi comunque l’Italia vanta molte policy dedicate alla transizione energetica tra le più innovative d’Europa, con la presenza di molti nuovi strumenti avanzati, ma probabilmente ancora nessuno in grado di sostituire quello dei Certificati Bianchi per quanto riguarda l’aspetto di durata e di costo/efficacia.

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Il nuovo decreto

È nota a tutti la costante contrazione di liquidità che affligge da anni la borsa GME, dovuta al progressivo esaurimento dei progetti in corso di rendicontazione, e alle difficoltà dell’attuale sistema di generare nuova liquidità da progetti nuovi, nonostante gli sforzi sia del MASE che del GSE per ridurre le barriere all’accesso al sistema; in particolare è doveroso sottolineare lo sforzo con il quale il GSE ha riorganizzato la sua struttura, rendendo il supporto alle imprese molto efficace. Ci troviamo tuttavia in una situazione nella quale i nuovi progetti generano meno efficienza energetica di quella che perdiamo con l’esaurimento della vita utile dei progetti attivi, ed è evidente che, proseguendo su questa strada, il meccanismo rischia di esaurirsi ripiegandosi su sé stesso.

Il nuovo decreto, nelle dichiarazioni delle istituzioni preposte, ha proprio lo scopo di adottare le soluzioni necessarie per il rilancio del sistema, cercando di eliminare le barriere all’accesso introdotte in passato, molte delle quali ingiustificate a giudizio di molti e solo in pochi casi effettivamente necessarie per mitigare distorsioni emerse in contesti specifici.  Di misure espansive nella bozza circolata ve ne sono molte: allungamento della vita utile di molti degli interventi, estensione della tipologia di interventi ammissibili, riduzione di alcune delle barriere di accesso ecc.

 

Attenti ai cumuli

Vorrei tuttavia segnalare un punto a mio avviso di notevole criticità, ovvero la parziale sovrapposizione con un altro importante provvedimento in dirittura di arrivo: il nuovo decreto sulle aste termiche. Questa sovrapposizione, se non gestita attraverso opportune forme di cumulabilità, potrebbe vanificare (o depotenziare in modo considerevole) le misure espansive contenute nel nuovo decreto TEE.

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Il problema dell’eccessiva stratificazione delle misure di sostegno all’efficienza energetica è un problema che esiste già da alcuni anni, ma che si sta presentando con criticità crescente negli ultimi due: in particolare nel settore industriale con la pubblicazione dei vari provvedimenti legati al PNRR, quali il credito di imposta, industria 4.0 e 5.0, ed infine il decreto in arrivo sulle aste per l’incentivazione dell’energia rinnovabile termica. È evidente che in caso di divieto di cumulo tra forme incentivanti, ad essere scartata sarebbe più probabilmente quella dei Certificati Bianchi, proprio a causa di quella che, in realtà, è una delle sue migliori qualità: il rigore con cui si misura il risparmio energetico conseguito, che implica però una certa complessità nella gestione dei progetti.

Già nel 2023 il Governo era corso ai ripari con la legge 13 novembre n.162, introducendo la parziale cumulabilità con fonti PNRR, credito di imposta e certificati bianchi, evitando così un fatale crollo della liquidità che avrebbe portato al fallimento del meccanismo vista l’elevatissima sovrapposizione delle tecnologie ammesse; il tutto però al caro prezzo di un’ulteriore contrazione dell’emissione di nuovi certificati bianchi in un contesto di mercato già corto. Ora, con l’imminente pubblicazione del nuovo decreto sulle aste termiche (comunque necessario in previsione degli obblighi per gli operatori che vendono energia termica, in arrivo con il decreto ministeriale “OIERT”), si riaffaccia lo stesso pericolo di un’ulteriore sottrazione di liquidità dal mercato dei TEE, in conseguenza appunto della sovrapposizione con il decreto sui certificati bianchi per gli interventi a sostegno dell’energia termica da biomassa, solare ecc.   

Il rischio percepito come concreto da molti operatori è quello di vanificare (o depotenziare in modo significativo) le numerose misure espansive presenti nel nuovo decreto sui TEE, e sulle quali MASE, GSE ed operatori hanno lavorato assieme per molto tempo. Per questa ragione sarebbe importante che, analogamente con quanto è già stato fatto con i fondi PNRR ed il credito di imposta, venisse integrata nel nuovo decreto sui TEE la cumulabilità parziale (con decurtazione del 50%)  anche tra certificati bianchi e  aiuti concessi nel quadro di procedure competitive, come sono ad esempio i sistemi ad asta, nel rispetto anche degli indirizzi della disciplina sugli Aiuti di Stato la quale, proprio in caso di ricorso a procedure di sostegno competitive, ha allentato i limiti di cumulabilità.



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