L’uccisione del famigerato capo milizia Abdel Ghani al-Kikli, detto “Gheniwa”, ha scatenato violenti scontri tra gruppi armati rivali a Tripoli lo scorso maggio. Alla guerriglia si è affiancata una massiccia mobilitazione civile: migliaia di manifestanti hanno chiesto le dimissioni del premier Abdul Hamid Dbeibah, ritenuto responsabile della crisi. Nel frattempo, il generale Khalifa Haftar, che controlla l’est del paese, ha cercato di approfittare dell’instabilità, riallacciando i rapporti con influenti milizie dell’ovest a minacciando di bloccare la produzione petrolifera. A giugno l’ennesima iniziativa delle Nazioni Unite (Onu) per rilanciare il processo politico si è conclusa senza risultati concreti, mentre sul terreno sono emerse nuove alleanze, rivalità e prove flagranti di gravi violazioni dei diritti umani. Il fragile equilibrio di poteri che negli ultimi anni aveva garantito una parvenza di stabilità in Libia è ora in bilico e a Tripoli si profila la possibilità di una ridefinizione degli equilibri politici e militari.
Quadro interno
Tripoli è stata teatro di violenti scontri armati tra milizie rivali nel mese di maggio. Le ostilità sono scoppiate il 12 maggio in seguito all’uccisione di Abdel Ghani al-Kikli. Noto anche con il soprannome di “Gheniwa”, al-Kikli era il comandante della “Apparato di supporto alla stabilizzazione” (Ssa), una delle milizie più potenti dell’ovest della Libia, formalmente sotto l’autorità del Consiglio presidenziale[1]. Al-Kikli si trovava presso il quartier generale della Brigata 444 per partecipare a un incontro tra comandanti di milizie locali. Secondo il rapporto dell’autopsia, diffuso sui social media attraverso canali non ufficiali, al-Kikli sarebbe stato ucciso con un colpo di pistola alla nuca da distanza ravvicinata, circostanza che suggerirebbe l’ipotesi di un’esecuzione mirata[2]. Fonti locali ritengono che l’incontro possa essere stato premeditato al fine di eliminarlo.
Al-Kikli, già in passato accusato di gravi violazioni dei diritti umani, tra cui sequestro di persona, torture e maltrattamenti di prigionieri con esito mortale[3], era in rapporti di forte rivalità con il primo ministro del Governo di unità nazionale (Gnu) Abdul Hamid Dbeibah. La Brigata 444, comandata da Mahmoud Hamza, che ricopre anche il ruolo di capo dell’intelligence del Gnu, è considerata fedele a Dbeibah. Per questo motivo, sospetti sull’uccisione di al-Kikli si sono rapidamente concentrati proprio su Dbeibah[4], già al centro di accuse relative a un attentato contro un ministro avvenuto nel febbraio scorso[5]. Nel mese di aprile Dbeibah aveva inoltre rilasciato dichiarazioni dai toni intimidatori, affermando che “chi oltrepassa il limite, gli romperemo le gambe” [6].
Gli scontri a Tripoli hanno inizialmente coinvolto la milizia di al-Kikli e la Brigata 444, diffondendosi rapidamente in diversi quartieri della capitale e provocando almeno otto vittime. Il 13 maggio, in un contesto di crescente tensione, il primo ministro ha emesso un decreto per lo scioglimento delle Forze speciali di deterrenza Radaʿ, un’altra potente milizia che controlla il complesso di Mitiga, che comprende l’aeroporto internazionale della capitale libica[7]. La decisione di Dbeibah è stata interpretata da diversi osservatori come un tentativo di eliminare milizie non allineate al Gnu. La misura ha provocato nuovi scontri armati tra la Brigata 444 e Radaʿ. Le due milizie hanno infatti una lunga storia di rivalità e si erano già affrontate nell’agosto 2023 per il controllo di Mitiga che la Brigata 444 mira da tempo a conquistare ma che Radaʿ continua a mantenere con fermezza.
La situazione a Tripoli è rapidamente degenerata, con un’intensa mobilitazione di milizie e l’arrivo di gruppi armati provenienti da altre aree della Libia occidentale. Le Forze di deterrenza Radaʿ hanno ottenuto il sostegno delle milizie di Zawiyah e di quelle del generale Osama al-Juwaili, provenienti da Zintan, mentre diverse milizie di Misurata si sono schierate a sostegno di Dbeibah[8]. In parallelo, anche il generale Khalifa Haftar ha iniziato a mobilitare truppe a Sirte, in vista di un potenziale intervento. Haftar mantiene legami consolidati sia con Juwaili che con il clan Buzeriba di Zawiyah e potrebbe ora offrire loro supporto logistico e militare per destabilizzare il Gnu. Il precario equilibrio tra le principali milizie dell’ovest della Libia, che aveva finora garantito una fragile stabilità, appare ormai compromesso. Il rischio di una nuova escalation militare per il controllo della capitale rimane elevato.
A livello istituzionale, il capo del Consiglio presidenziale, Mohamed al-Menfi, ha preso pubblicamente le distanze da Dbeibah, criticandone la gestione della crisi e manifestando sostegno alle Forze Radaʿ[9]. Un tempo vicino a Dbeibah, al-Menfi sembra ora voler assumere un ruolo centrale in un’eventuale fase di transizione politica che potrebbe portare alla formazione di un nuovo governo. In tale contesto, al-Menfi ha nominato Hassan Buzeriba – esponente del clan di Zawiyah – come nuovo comandante della Ssa, una decisione che rischia di accentuare le tensioni con la Brigata 444.
Sul piano sociale, la crescente instabilità ha provocato importanti manifestazioni di protesta. Contestualmente, due ministri del Gnu hanno dato le dimissioni. A Tripoli, migliaia di persone sono scese in piazza in modo pacifico per chiedere le dimissioni di Dbeibah e l’organizzazione di elezioni democratiche[10]. Nel corso di una manifestazione, tuttavia, un agente di polizia è stato ucciso da un colpo d’arma da fuoco, in un episodio che il governo ha definito un attacco diretto contro l’ufficio del primo ministro[11]. A Misurata, invece, si sono tenute manifestazioni a sostegno di Dbeibah, a testimonianza della persistente polarizzazione politica e territoriale nel paese.
In questo contesto, tra il 18 e il 21 maggio sono emerse gravi prove di violazioni dei diritti umani in strutture gestite dalla Ssa nella capitale libica. Secondo quanto riportato dall’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Türk, dieci corpi carbonizzati sono stati rinvenuti all’interno del quartier generale della Ssa[12]. Altri 67 corpi, molti dei quali recanti segni evidenti di tortura e in alcuni casi ferite compatibili con esecuzioni sommarie, sono stati scoperti all’interno di celle frigorifere presso gli ospedali di Abu Salim e al-Khadra. Ulteriori ritrovamenti sono stati effettuati presso lo zoo di Tripoli, dove è stata individuata una fossa comune riconducibile alla Ssa[13]. L’area sarebbe stata utilizzata per occultare i cadaveri di persone detenute arbitrariamente e sottoposte a gravi abusi. Nelle immediate vicinanze sono stati rinvenuti strumenti potenzialmente utilizzati per pratiche di tortura e maltrattamenti sistematici. In seguito a queste scoperte, l’ufficio del procuratore generale della Libia ha annunciato l’apertura di un procedimento penale nei confronti di 141 individui affiliati alla Ssa e ad altri apparati di sicurezza. Le accuse comprendono omicidio, rapimento e tortura[14].
Nell’est della Libia, la Camera dei Rappresentanti e il cosiddetto Governo di stabilità nazionale continuano a operare come istituzioni prive di reale autonomia, mentre il potere reale rimane saldamente concentrato nelle mani del generale Haftar. Il clima repressivo che caratterizza l’est del paese è stato emblematicamente confermato da un video trapelato nel mese di maggio in cui il parlamentare Ibrahim al-Darsi appare seduto in una cella, con una pesante catena al collo, in evidente stato di costrizione[15]. Il video sarebbe stato girato all’interno di un centro di detenzione a Benghazi. Al-Darsi era scomparso il 18 maggio 2024, pochi giorni dopo aver criticato pubblicamente l’influenza politica e militare dei figli di Haftar. La diffusione del video ha suscitato reazioni di forte condanna, tra cui quella della missione di supporto dell’Onu in Libia (Unsmil), che ha richiesto l’apertura di un’indagine indipendente e l’identificazione dei responsabili[16].
Il generale Haftar prosegue nei suoi sforzi per destabilizzare il Gnu, anche attraverso campagne di disinformazione. Alla fine di maggio, le autorità dell’est della Libia, sotto il suo controllo, hanno minacciato di bloccare la produzione petrolifera, sostenendo che la National Oil Corporation (Noc) sarebbe stata oggetto di “ripetuti attacchi”[17]. Contestualmente, è stata avanzata la proposta di trasferire la sede centrale della Noc da Tripoli a località ritenute “più sicure”, come Ras Lanuf o Brega, entrambe situate in aree controllate dalle forze di Haftar. La Noc, da parte sua, ha smentito di aver subito attacchi e ha diffuso immagini che documentano la regolare operatività della sua sede a Tripoli. La minaccia di blocco richiama quanto già avvenuto nell’agosto 2024, quando una misura analoga decisa da Haftar aveva causato una riduzione superiore al 50% della produzione nazionale di greggio.
Relazioni esterne
Il 19 giugno si è tenuta a Berlino una riunione internazionale di alto livello per rilanciare il processo politico in Libia[18]. Promosso dalla rappresentante speciale dell’Onu per la Libia, Hanna Tetteh, e dalla sua vice, Stephanie Koury, l’incontro ha riunito i rappresentanti di Stati Uniti, Russia, Turchia, Egitto, Francia, Gran Bretagna, Italia, Emirati Arabi Uniti, Unione africana, Unione europea e altri attori chiave. L’Unsmil ha ribadito l’urgenza di aumentare la pressione diplomatica sui leader libici affinché accettino l’organizzazione di elezioni democratiche. Tra i temi discussi anche l’ipotesi di un nuovo governo che sostituisca il Gnu di Dbeibah. Tuttavia, a causa della guerra tra Israele e Iran e della conseguente distrazione della comunità internazionale, molte delegazioni hanno partecipato solo a livello di ambasciatori o funzionari ministeriali, e la riunione si è conclusa senza risultati tangibili.
La Russia continua a rafforzare la propria presenza in Libia attraverso stretti rapporti con diversi attori. Il 10 maggio Vladimir Putin ha ricevuto Khalifa Haftar a Mosca[19]. Haftar, che viaggiava insieme al figlio Saddam, ha inoltre incontrato anche il ministro della Difesa russo, Andrei Belousov. Gli incontri confermano il solido legame tra il Cremlino e l’uomo forte dell’est della Libia, che ospita nei territori sotto il suo controllo importanti strutture militari russe. A giugno una delegazione russa di alto livello si è poi recata nella capitale libica per una serie di incontri ufficiali, segnando un nuovo tentativo da parte di Mosca di ampliare la propria influenza sulle istituzioni dell’ovest della Libia attraverso canali diplomatici[20]. Questa duplice strategia consente al Cremlino di mantenere un ruolo centrale nel dossier libico.
L’Italia continua a monitorare con preoccupazione le attività militari russe in Libia. Roma teme che la presenza russa possa destabilizzare ulteriormente l’area mediterranea, con ripercussioni su sicurezza internazionale e flussi migratori. In questo contesto, il coordinamento tra Italia e Francia è tornato al centro dell’agenda diplomatica, come indicato da recenti scambi tra il presidente Emmanuel Macron e la premier Giorgia Meloni[21].
Nel frattempo, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha indicato la Libia, insieme al Ruanda, come possibile paese di destinazione per il trasferimento di migranti. Successivamente, diverse testate giornalistiche hanno riportato che l’amministrazione Trump avrebbe discusso con le autorità libiche l’ipotesi di trasferire un milione di palestinesi da Gaza alla Libia[22]. Il Dipartimento di stato ha smentito con fermezza queste notizie, definendole “non veritiere”, ma la questione ha generato comunque forte preoccupazione in ambienti diplomatici e umanitari. A giugno la Casa Bianca ha poi annunciato un nuovo travel ban che include la Libia tra i 12 paesi soggetti a restrizioni per l’ingresso negli Stati Uniti.
Belgassem Haftar, influente figlio del generale, ha incontrato il 19 giugno ad Ankara il ministro degli Esteri turco Hakan Fidan[23]. I colloqui hanno riguardato la cooperazione nella ricostruzione della Libia con il coinvolgimento di imprese turche. L’incontro avviene in un contesto di avvicinamento tra Ankara e le autorità dell’est, testimoniato anche dalla recente dichiarazione della Camera dei Rappresentanti sull’intenzione di considerare il possibile riconoscimento dell’accordo marittimo del 2019 tra Turchia e Tripoli. L’accordo tra Ankara e Tripoli delimita le frontiere marittime e le rispettive zone di esclusione economica tra Turchia e Libia. Grecia ed Egitto hanno a lungo contestato l’accordo[24].Parallelamente, Saddam Haftar è stato ricevuto l’11 giugno a Roma dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi[25]. L’incontro si è concentrato sulla cooperazione in materia migratoria, con Piantedosi che ha ribadito il ruolo strategico della Libia per la sicurezza del Mediterraneo e confermato il sostegno italiano alla stabilità del paese.
Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), almeno 743 persone hanno perso la vita nel Mediterraneo dall’inizio del 2025; di queste, 538 erano partite dalla Libia[26]. La rotta del Mediterraneo centrale rimane quindi la più letale. Nel mese di giugno oltre 60 migranti e richiedenti asilo sono risultati morti o dispersi in seguito a due naufragi: una delle due imbarcazioni era salpata dalla Libia occidentale, l’altra da quella orientale. Sempre secondo l’Oim, circa 858.000 migranti e richiedenti asilo sono attualmente presenti nel paese, 34.000 in più rispetto al mese di aprile[27]. La Grecia ha recentemente annunciato il dispiegamento di nuove unità navali al largo delle coste libiche, nell’ambito di un rafforzamento delle misure di contrasto ai flussi migratori irregolari[28].
L’alleanza tra Khalifa Haftar e Mohamed Hamdan Dagalo, noto come Hemedti, leader delle Forze di supporto rapido (Rsf) sudanesi, si sta consolidando con il sostegno attivo degli Emirati Arabi Uniti. Come riportato da Le Monde, le due forze collaborano ormai strettamente lungo il confine tra Libia e Sudan, scambiandosi armi, risorse e uomini in un’alleanza che rappresenta una minaccia significativa per la stabilità regionale[29]. Questi sviluppi dimostrano come il clan Haftar sia impegnato su più fronti – diplomatici, militari ed economici – per rafforzare la propria posizione a livello internazionale.
[1] “Heavy gunfire, clashes in Libya’s Tripoli after killing of militia leader”, Al Jazeera, 12 maggio 2025.
[2] “Libya: Civilians Caught in Militia Clashes”, Human Rights Watch, 20 maggio 2025.
[3] “Libya: Hold Stability Support Authority militia leaders to account”, Amnesty International, 4 maggio 2022.
[4] J. Harchaoui (@JMJalel_H, X), “Tripoli slides back into civil war”, 14 maggio 2025.
[5] F.M. Firmian, “Libia: un paese ostaggio di élite politiche rivali”, in Focus Mediterraneo Allargato n.10, ISPI (a cura di) per Osservatorio di politica internazionale di Parlamento e Maeci, aprile 2025.
[6] J. Harchaoui (@JMJalel_H, X), “Whoever oversteps the line, we will break his legs”, 8 aprile 2025.
[7] “Libya’s Tripoli Premier Calls on Armed Groups to Align With State”, The Defense Post, 18 maggio 2025.
[8] J. Harchaoui (@JMJalel_H, X), “Tripoli slides back into civil war”, 14 maggio 2025.
[9] J. Harchaoui (@JMJalel_H, X), “Presidency Council President Menfi has come out against Prime Minister Dabaiba and in favor of Radaʿ”, 13 maggio 2025.
[10] J. Holleis e M. Farhan, “Between chaos and democracy: Libya at crossroads again”, Deutsche Welle, 30 maggio 2025.
[11] “Libyan ministers resign as protesters call for government to step down”, Al Jazeera, 17 maggio 2025.
[12] M. Tawfeeq, “UN demands probe after dozens of bodies found at Libya detention sites”, CNN, 4 giugno 2025.
[13] Ibidem.
[14] A. Assad, “AG Office initiates criminal case against 141 members of 2 security agencies in Tripoli”, The Libya Observer,10 giugno 2025.
[15] “A Benghazi les députés qui critiquent Haftar sont enlevés”, Afrique Asie, 5 maggio 2025.
[16] Missione di Supporto delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil), “UNSMIL calls for independent investigation into disappearance of HoR member Ibrahim Al-Dersi and circulating torture video”, 6 maggio 2025.
[17] “Libya’s eastern-based government says it may announce force majeure on oil fields, ports”, Reuters, 28 maggio 2025.
[18] “Libia: oggi a Berlino la riunione internazionale per rilanciare il processo politico promosso dall’Onu”, Agenzia Nova, 20 giugno 2025.
[19] “Libya’s Haftar meets Putin in Moscow as Russia expands its footprint in Africa”, The Arab Weekly, 12 maggio 2025.
[20] “Libya: Moscow Moves to Cement Ties with Tripoli”, The Tripoli Post, 24 giugno 2025.
[21] F. Fubini, “In Libia sempre più soldati russi. E da una base aerea i missili di Putin potrebbero colpire l’Europa del Sud”, Corriere della Sera, 5 giugno 2025.
[22] C. Cube, C.E. Lee e G. Lubold, “Trump administration working on plan to move 1 million Palestinians to Libya”, NBC News, 19 maggio 2025.
[23] A. Assad (@Abd0Assad, X), “Head of Development and Reconstruction Fund Belgassim #Haftar meets with Turkish Foreign Minister Hakan Fidan”, 19 giugno 2025.
[24] E. Akın, “Amid rapprochement with Libya’s Hifter, Turkey says parliament reviewing maritime deal”, Al Monitor, 12 giugno 2025.
[25] Ministero dell’Interno – Governo italiano, “Il ministro Piantedosi ha incontrato al Viminale il generale Haftar,” 11 giugno 2025.
[26] International Organization for Migration, “IOM Reports 60 Migrants Missing in Two Deadly Shipwrecks off Libya”, 17 giugno 2025.
[27] Ibidem.
[28] “Greece to deploy frigates off Libya to curb increased migrant flows, PM says”, Reuters, 23 giugno 2025.
[29] N. Gasteli, “Entre le Soudan et la Libye, l’alliance « Hemetti » – Haftar gagne du terrain avec le parrainage des Emirats arabes unis,” Le Monde, 16 giugno 2025.
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