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le proposte per far crescere le rinnovabili


Prima di tutto: procedere con la localizzazione degli impianti, ovvero con la definizione delle aree idonee e di quelle di accelerazione, nonché con la soppressione del divieto per le aree classificate come agricole. Secondo: va introdotto un meccanismo di sostegno alle rinnovabili, anche prevedendo il superamento del FER X transitorio, che è insufficiente come dispositivo di incentivazione. Ultima ma non ultima, urge una soluzione di allaccio alla rete, perché non è pù rinviabile una risoluzione dei problemi connessi alla saturazione virtuale della rete.

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Sono queste, in sintesi, le tre proposte per far crescere le rinnovabili e allineare l’Italia agli obiettivi del Pniec messe in campo dal centro studi Italy for Climate. Sono proposte, spiegano i ricercatori del soggetto nato su impulso della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, messe a punto «a seguito di un importante momento di confronto e ascolto con le principali imprese e associazioni di categoria del settore delle rinnovabili». L’iniziativa prende le mosse dalla sentenza del Tar del Lazio sul decreto Aree idonee. Benché al ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica tutto tace, questa sentenza ha creato le condizioni per intervenire rapidamente sulla normativa esistente e correggere tempestivamente la rotta, allineando il Paese agli obiettivi 2030 che, altrimenti, saranno difficilmente conseguiti. E allora ecco le tre proposte avanzate da Italy for Climate.

Il centro studi sul clima della Fondazione per lo sviluppo sostenibile parte dalla questione della localizzazione degli impianti. L’individuazione sulle aree idonee non può essere lasciata alla piena discrezionalità delle regioni, l’estensione delle non idonee deve essere ridotta quanto più possibile e le aree di accelerazione, «che saranno necessariamente una porzione limitata dei territori regionali, devono essere individuate in funzione di una loro particolare vocazione, ad esempio in quanto aree servite già da adeguate infrastrutture di rete o aree attigue ad aree già antropizzate e adibite alla produzione di beni o in cui è strategico, ad esempio per una questione di riequilibrio territoriale, favorire al massimo la realizzazione di impianti rinnovabili».

La prima proposta di Italy for Climate prevede inoltre l’introduzione di una disposizione transitoria in grado di tutelare i progetti di impianti con iter autorizzativi già avviati alla data di entrata in vigore delle leggi regionali, «a garanzia degli ingenti investimenti effettuati dagli operatori e di conseguenza al fine di evitare inutili e dispendiosi contenziosi», e l’abrogazione del divieto  di impianti per rinnovabili a terra nelle aree classificate dalle norme urbanistiche come agricole: «Valgono le norme ordinarie, con misure di tutela dei suoli e incremento della biodiversità, con indirizzo di priorità per le aree agricole marginali non coltivate o con coltivazioni a bassa produzione e basso valore agricolo e con l’indirizzo di promuovere l’agrivoltaico per le aree agricole produttive e di produzione di pregio agroalimentare».

La seconda proposta riguarda il meccanismo di sostegno alle rinnovabili. Quello delle aste pubbliche indette dal Gse, scrivono i ricercatori di Italy for Climate, deve essere il principale strumento per promuovere la realizzazione di un numero adeguato di grandi impianti garantendo al tempo stesso i maggiori risparmi possibili in bolletta. «L’attuale dispositivo di incentivazione, il FERX Transitorio, va in questa direzione ma risulta insufficiente. In primo luogo, è necessario che si adotti quanto prima il Decreto FERX a regime che operi, in modo chiaro e prevedibile, da qui al 2028 – o, meglio, al 2030 – consentendo agli operatori una programmazione almeno di medio termine. In secondo luogo, è necessario che i contingenti disponibili e i prezzi siano adeguati a consentire realmente (almeno) il conseguimento dell’obiettivo finale di nuova potenza installata indicato al PNIEC al 2030, rispettando altresì gli obiettivi di crescita annuale».

E infine il capitolo «soluzione di allaccio alla rete». I 350 GW di richieste di allaccio alla rete di impianti rinnovabili, fanno notare gli autori del position paper, «non corrispondono minimamente all’effettivo potenziale di realizzazione attualmente disponibile ed è segno, viceversa, di gravi inefficienze che si traducono in una crescita ancora troppo lenta delle nuove installazioni e anche in eccessivi costi amministrativi e di sistema». Per affrontare questo problema, sottolineano i ricercatori, è necessario innanzitutto che le strutture deputate di Terna siano dotate di una capacità di intervento necessaria a realizzare uno screening straordinario delle domande già presentate e accumulate, da concludere in un tempo massimo di 6 mesi, per accertare se i richiedenti siano ancora interessati alla richiesta di connessione e abbiano avviato gli iter autorizzativi nei tempi previsti e compiuto tutti gli adempimenti di loro competenza e, laddove ciò non fosse, provvedere con la decadenza delle soluzioni di connessione rilasciate». I ricercatori di Italy for Climate fanno anche notare che una volta completato l’iter autorizzato di un impianto, le richieste di tutti gli altri che insistono sul medesimo punto di allaccio e sulla stessa area, molto probabilmente si renderebbero inattuabili. «Una volta completato lo screening straordinario e verificato l’effetto di riduzione delle richieste di allaccio, riportandole ad un valore gestibile, Terna deve continuare a mantenere una efficace attività ordinaria di screening, con un adeguato potenziamento delle strutture deputate. Allo stesso modo, per evitare che una data soluzione di connessione sia occupata troppo a lungo, è necessario accelerare il completamento dell’iter autorizzativo, anche attraverso il potenziamento della commissione Via per garantire il rispetto dei termini di legge».

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