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Effetto pharma, lo studio di Roche: in Italia ogni euro investito ne fa guadagnare tre


di
Margherita De Bac

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Il dossier Pwc per il gruppo svizzero del biotech specializzato in oncologia e neuroscienze. «La nostra rete tocca 50 settori, soprattutto Pmi», dice Stefanos Tsamousis, nuovo general manager nel nostro Paese

Effetto Roche sull’economia italiana. Per la prima volta l’azienda farmaceutica ha calcolato l’impatto sul nostro sistema, affidando a Pwc il compito di affiancarla nell’analisi. Ecco i risultati, presentati a Roma all’ambasciata svizzera, in prima fila anche Padraic Ward, capo del Pharma International, e Stefanos Tsamousis, nuovo general manager in Italia.
Nel 2023 il frutto raccolto è stato di 712,5 milioni di euro, pari allo 0,03% del prodotto interno lordo nazionale. Il valore aggiunto totale derivante dalle attività dirette e indirette ha raggiunto i 446,7 milioni con una quota diretta di 274,6 milioni.

L’analisi

L’aspetto più rilevante è il cosiddetto «effetto moltiplicatore»: secondo l’indagine, ogni euro di valore aggiunto prodotto da Roche ne genera per l’economia italiana 2,6 come impatto sul Pil nazionale, anche grazie al coinvolgimento di una rete che tocca oltre 50 settori, considerando soltanto la prima catena di fornitori (78% di piccole e medie imprese).
Si rallegra sentendosi parte di una «famiglia», dove lavora da 30 anni, Tsamousis, ateniese, ultimo incarico in Spagna prima di approdare a Milano. È la sua prima intervista.





















































Le opportunità

«Questo Paese è importante per noi per almeno due ragioni — dice — . In Europa l’Italia è al vertice dal punto di vista industriale. Inoltre è stata la nostra prima destinazione all’estero al di fuori della Svizzera. Abbiamo cominciato da qui inizialmente per la vicinanza con Basilea, per poi scoprire strada facendo le grandi opportunità che si possono cogliere».
I rapporti con il nostro governo sono buoni, benché non scevri da complicazioni. «Ogni sistema europeo pone delle difficoltà — dice il general manager Italia di Roche —. La situazione geopolitica sta cambiando gli equilibri industriali. La Cina è un mercato determinato a emergere, l’Arabia Saudita vorrebbe arrivare al primo posto nel mondo. Sul campo, oltre agli Usa, ci sono grossi giocatori. Noi speriamo che proprio di fronte a queste prospettive venga creato un ambiente il più adatto possibile agli investimenti. Bisogna trovare altre forme di innovazione».

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I segnali da cogliere

Alcuni segnali non sono confortanti. Gli studi clinici in Europa sono scesi dal 25% al 19% in dieci anni e questa flessione sta diventando un allarme perché, nota Tsamousis, la sperimentazione clinica porta benefici enormi per i pazienti (sono stati 75 mila quelli raggiunti) e per i ricercatori, oltre naturalmente che per l’economia. «Cito lo studio appena presentato sull’impatto degli investimenti — dice il manager —. Ogni euro ne fa guadagnare tre. Finora forse non ci siamo resi conto di quanto la società potrebbe giovarsi di questa spinta. Siamo un motore».
Anche per Roche Italia il grande problema si chiama pay back, il meccanismo che prevede la partecipazione delle aziende nella restituzione di una quota dello sforamento del tetto di spesa per i farmaci.

La norma contestata

«A noi questa norma costa 117 milioni all’anno — dice Tsamousis —. Il pay back è fuori moda, non è uno strumento moderno. Chiediamo di rivederlo, in accordo con il ministro della Sanità, Orazio Schillaci. L’industria è pronta a contribuire alla revisione. Non è soltanto un problema contabile, qui ci va di mezzo la salute dei pazienti. Il declino degli ultimi dieci anni è dovuto anche all’applicazione di un meccanismo penalizzante per chi investe e il calo degli studi scientifici è un sintomo da non sottovalutare».
Dietro Tsamousis c’è una storia personale che lo ha spinto a credere nel «miracolo» biotech. Sua madre è morta di tumore quando mancavano terapie efficaci. Se ne è andata in tre mesi: «In quel momento si è radicata la mia determinazione di dedicarmi alla salute». Roche ha sfornato molecole che hanno cambiato tante malattie, rendendole curabili. Due esempi cari al general manager sono pertuzumab, un anticorpo monoclonale utilizzato per un tipo di tumore al seno dal quale si può guarire. E ocrelizumab, per i pazienti adulti con sclerosi multipla. Se somministrato precocemente, può fermare la progressione. Ambedue sono disponibili in Italia e per il secondo sta per uscire la somministrazione sottocute.

Occupazione e sostenibilità

Lo studio d’impatto ha evidenziato che nel 2023 i progetti di ricerca in corso erano 225, il 77% sponsorizzati, con 13.400 pazienti coinvolti, oltre ai 15 mila di studi d’osservazione. Settori prediletti: oncologia e neuroscienze. Importante il risvolto occupazionale: sono 1.038 le persone impiegate direttamente da Roche, il 52% donne, il 77% laureati (media nazionale 24%), il 34% sotto i 40 anni. «Una conferma di come il biotech giochi un ruolo chiave per attrarre e sviluppare talenti e competenze». L’impegno nella sostenibilità ambientale è in un numero: il 100% dell’energia elettrica usata da Roche Italia viene da fonti rinnovabili.


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16 luglio 2025

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