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sostenibilità e competitività vanno di pari passo


La settimana scorsa la Commissione europea ha approvato due importanti rapporti: sul riesame  dell’attuazione delle politiche ambientali 2025, facendo seguito alla precedente edizione del 2022, e la relazione annuale sullo Stato di diritto.  Entrambi i rapporti presentano relazioni dettagliate per Stato membro, formulando raccomandazioni specifiche per ciascun Paese che forniscono elementi di approfondimento e di maggior dettaglio alle stesse raccomandazioni per Paese espresse nel ciclo del semestre europeo, integrando nei fatti le stesse. Nel merito si segnala che il Consiglio dell’Unione ha approvato l’8 luglio le relative raccomandazioni specifiche per Stato membro predisposte dalla Commissione europea ed adottate lo scorso 4 giugno con il pacchetto di primavera.

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Il Parlamento europeo, in sessione plenaria il 9 luglio, ha rigettato una mozione di censura nei confronti della Commissione europea rappresentata dalla presidente Ursula von der Leyen, con 360 voti contrari, 175 in favore, 18 astensioni. Nella stessa sessione, è stata adottata una risoluzione sull’attuazione e la realizzazione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile in vista del Forum politico di alto livello del 2025, in cui il Parlamento ribadisce il suo solido e risoluto impegno a garantire l’attuazione e la realizzazione tempestive e complete di tutti gli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs), dei relativi traguardi e dell’Agenda 2030 nel suo complesso, in particolare alla luce del deterioramento del panorama geopolitico, sociale, economico e ambientale; ribadisce il suo forte impegno a favore del patto per il futuro, che rappresenta un passo fondamentale verso il rilancio delle Nazioni Unite e il conseguimento degli Sdgs. Il Parlamento approfondisce nella risoluzione i Goal che saranno in particolare osservati nel prossimo Forum dell’Onu del 14-23 luglio e precisamente i Goal 3, 5, 8, 14, 17.


Riesame dell’attuazione delle politiche ambientali 2025

La Comunicazione adottata dalla Commissione europea il 7 luglio invita già nel titolo “Attuazione delle politiche ambientali per la prosperità e la sicurezza” a considerare l’interdipendenza sostanziale e inestricabile che sussiste tra politiche ambientali e prosperità economica.

Nelle premesse al documento, la Commissione invita a riconoscere che la sostenibilità e la competitività vanno di pari passo e che dunque l’obiettivo dell’Ue è progredire verso un modello di sviluppo che garantisca che la decarbonizzazione e la protezione della natura si traducano in un’economia circolare e competitiva che restituisca alla natura più di quanto le sottrae.

La Commissione evidenzia che catastrofi e rischi ambientali ripetuti e connessi, quali inondazioni, siccità, incendi e malattie zoonotiche, dimostrano che la protezione dell’ambiente è una questione di sicurezza. Proteggere la natura significa custodire i 234 miliardi di euro di servizi ecosistemici che essa attualmente fornisce alla nostra economia; ridurre l’inquinamento migliora le condizioni di salute delle persone, la gestione delle risorse idriche e la natura; inoltre l’economia circolare riduce l’inquinamento provocato dall’estrazione e dai rifiuti, oltre a migliorare l’efficienza delle risorse (compreso l’uso efficiente delle risorse idriche) e quindi la sicurezza economica. […] A causa delle lacune di attuazione del diritto ambientale, l’Ue sostiene attualmente costi elevati dovuti alla mancata attuazione, come decessi prematuri (un decesso su dieci può essere collegato all’inquinamento), costi dovuti alle patologie, tra cui costi sanitari e di perdita di produttività.

La Commissione sottolinea inoltre che le politiche ambientali sono un fattore chiave per la competitività dell’Ue poiché elevati standard ambientali promuovono anche l’innovazione del settore privato.

 

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La Commissione dedica ampio spazio nel rapporto alle stime economiche, evidenziando che l’attuazione piena, tempestiva ed efficace sotto il profilo dei costi del diritto ambientale dell’Ue è un investimento, in quanto affrontare le conseguenze – che subiamo attualmente – del degrado ambientale è molto più costoso. Come dato di sintesi riporta che i costi della mancata attuazione della normativa ambientale dell’Ue a causa dell’inquinamento atmosferico e idrico, del degrado della natura e dei rifiuti sono stimati a 180 miliardi di euro all’anno per l’Ue, importo pari a circa l’1% del Prodotto interno lordo dell’Ue, mentre l’attuazione delle politiche ambientali può ridurre tali costi, garantendo nel contempo condizioni di parità per le imprese in tutto il mercato unico dell’Ue.

Il divario di investimenti tra le spese ambientali sostenute attualmente dagli Stati membri e il livello di spesa necessario per colmare le lacune di attuazione viene quantificato in 122 miliardi di euro/anno, pari allo 0,8 % del Pil dell’Ue. Le oscillazioni del divario da uno Stato membro all’altro sono notevoli attestandosi tra lo 0,1 % e il 2,9 % del Pil nazionale. Come riportato dai dati della Commissione, la carenza di investimenti riguarda per il 48% inquinamento e gestione delle risorse idriche, per il 30% natura e biodiversità, il 22% l’economia circolare e la gestione dei rifiuti. Queste stime non comprendono gli investimenti necessari alla mitigazione dei cambiamenti climatici e all’adattamento agli stessi, riportate dalla Commissione più avanti nel suo rapporto con la quantificazione in 477 miliardi di euro/anno per energia e trasporti (su cui sono state attivate le iniziative del Patto per l’industria pulita), e in un range con più ampia variabilità per l’adattamento oscillando tra i 35-62 miliardi di euro/anno (ambito più ristretto) a 158-518 miliardi di euro/anno (ambito più ampio).

I tempi di risposta delle politiche sono un fattore economico (e sociale) fondamentale, poiché come la Commissione mette bene in evidenza maggiore è il ritardo nell’affrontare i problemi ambientali, più i costi ambientali si accumulano e diventano talmente elevati da richiedere un piano d’azione drastico e a breve termine che rischia di suscitare forte opposizione da parte dei portatori di interessi interessati. In siffatti scenari è probabile che l’inazione o un’azione tardiva sulle problematiche ambientali inneschi procedimenti giudiziari, causando ulteriori ritardi e riducendo la possibilità di giungere a un dialogo e a una soluzione di tipo politico.

La Commissione, alla luce dell’esperienza maturata nel corso degli anni, individua cinque fattori chiave discriminanti tra una buona attuazione e un’attuazione carente delle politiche ambientali, che rappresentano la base delle raccomandazioni generali per tutti gli Stati membri: 1) integrare gli obiettivi ambientali nelle politiche pubbliche, attraverso scelte e dialoghi politici in merito alla ripartizione dei costi di attuazione tra i portatori di interessi; 2) finanziamenti adeguati; 3) capacità amministrativa; 4) disponibilità di dati digitali; e 5) partecipazione del pubblico ai processi decisionali e accesso alla giustizia.

Nello specifico, la Commissione evidenzia come fondamentale garantire un’adeguata integrazione delle politiche ambientali nell’elaborazione e nell’esecuzione delle politiche pubbliche sin dall’inizio e in modo sistematico e trasversale. Ciò significa, ad esempio, tenere conto dell’impatto delle politiche pubbliche, dei bilanci e dell’economia sull’ambiente e, in ultima analisi, sulla salute umana e sulla sicurezza. Allo stesso modo, è fondamentale considerare l’impatto dell’ambiente sulle politiche pubbliche, sul bilancio e sull’economia.

Questa integrazione prevede un approccio più integrato e olistico, coerente, efficace ed efficiente delle politiche, con visione più a lungo termine, riunendo le autorità responsabili di diversi settori di intervento o di diverse regioni, e come elemento fondamentale la partecipazione del pubblico ai processi decisionali. La Commissione sottolinea come, al contrario, approcci separati e frammentari tendono ad essere più a breve termine, contraddittori (o ripetitivi) e maggiormente esposti ad essere utilizzati in funzione di interessi particolari.

Riesame delle politiche ambientali 2025 per l’Italia

Il documento dei servizi della Commissione sulla relazione per l’Italia descrive le diverse “Aree tematiche”, tenendo conto di fattori quali i ritardi nell’attuazione delle politiche ambientali alla luce dell’impatto sulla qualità della vita, della distanza dal traguardo e delle implicazioni finanziarie. Integrano la relazione i richiami e i rinvii anche ai risultati di analisi settoriali specifiche, quali le più recenti sulla protezione delle acque e la strategia marina e le valutazioni sul Piano nazionale integrato energia e clima (vedi secondo punto della rubrica Europa del 3 giugno). 

Sul mancato rispetto da parte dell’Italia delle normative ambientali europee, già nella relazione generale emerge come dato significativo che del totale delle sanzioni irrogate e pagate negli ultimi 15 anni per infrazioni alle norme ambientali europee, l’Italia ha contribuito per una parte sostanziale pari a oltre 806 milioni di euro su di un ammontare totale pari a quasi 1,2 miliardi di euro.

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La Commissione riporta come dato per l’Italia che gli investimenti annuali necessari per conseguire gli obiettivi ambientali del Paese nei settori della prevenzione e della riduzione dell’inquinamento, dell’economia circolare e dei rifiuti, della protezione e gestione delle acque, della biodiversità e degli ecosistemi sono stimati a 39,7 miliardi di euro all’anno. Questi quattro settori ambientali ricevono attualmente un finanziamento totale di circa 31,4 miliardi di euro all’anno; vi è quindi una carenza di 8,3 miliardi di euro all’anno, pari a circa lo 0,43% del Pil nazionale (vedi tabella di ripartizione), percentuale comunque nettamente inferiore alla media dell’Ue pari allo 0,77%.

Con l’analisi puntuale dei diversi ambiti tematici, la relazione dei servizi della Commissione riporta l’indicazione delle azioni prioritarie da attuare nel 2025 raccolte in sintesi anche in fondo al rapporto (pp.68-71). Oltre agli aspetti mirati alle diverse componenti ambientali, le raccomandazioni includono aspetti trasversali relativi ai finanziamenti con la richiesta di destinare una quota più cospicua di finanziamenti nazionali (ad esempio aumentando le imposte a favore dell’ambiente e riducendo le sovvenzioni dannose per l’ambiente), finanziamenti dell’Ue e finanziamenti privati per contribuire a colmare la carenza di investimenti, oltre a dettagliare una serie di raccomandazioni sugli aspetti generali di governance, in particolare sulla partecipazione e sullo sviluppo di capacità e competenze.

Al fine di rispondere alla carenza generalizzata di finanziamenti a livello europeo per le politiche ambientali e per meglio attrarre investimenti privati allo scopo, la  Commissione europea contestualmente ha adottato una tabella di marcia per i crediti della natura

 

Relazione 2025 sullo Stato di diritto

La relazione annuale sullo Stato di diritto in Unione europea, giunta alla sesta edizione, integra una particolare attenzione al mercato unico come previsto dagli orientamenti politici 2024-2029 della nuova Commissione.

La relazione mette in evidenza la centralità del rispetto dello Stato di diritto come pietra angolare per trasporre i valori europei in benefici tangibili per gli europei, promuovere la stabilità, l’uguaglianza, la coesione sociale e la competitività e come fondamento su cui l’Ue si regge in un mondo in cui l’ordine internazionale basato sulle regole, il rispetto dei diritti fondamentali e i sistemi democratici sono sempre più sotto pressione.

La relazione è costruita dai servizi della Commissione sulla base del confronto con le istituzioni degli Stati membri, con la consultazione di Ong, in particolare con il contributo del Consiglio d’Europa, e si sviluppa come nelle precedenti edizioni in capitoli tematici su sistemi giudiziari, corruzione, pluralismo e libertà dei media, altri fattori di bilanciamento dei poteri.

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La relazione mette in evidenza i dati di nuovi sondaggi dell’Eurobarometro sulla percezione d’integrità dei sistemi giudiziari, sulla corruzione percepita dai cittadini e dalle imprese: la percezione dell’indipendenza della magistratura tra il pubblico è valutata buona per il 54% degli europei (46% per l’Italia),  è aumentata in 13 Stati membri (tra cui l’Italia), è rimasta stabile in tre e diminuita in 11. Solo il 32% (39% per l’Italia) dei cittadini ritiene che gli sforzi del proprio governo per combattere la corruzione siano efficaci. Analogamente, la maggior parte delle aziende europee (63% Ue – 81% It.) ritiene che il problema della corruzione sia diffuso nel proprio Paese e solo circa la metà (52% Ue – 51% It.) ritiene probabile che persone o aziende corrotte vengano scoperte o denunciate alla polizia o ai pubblici ministeri.

Su libertà e pluralismo dei media, la Commissione richiama tra le diverse fonti i risultati del Media pluralism monitor, sintetizzando che i dati rivelano un peggioramento delle condizioni dei giornalisti in diversi Paesi, con un aumento della violenza fisica durante le proteste, un aumento delle molestie online e delle campagne diffamatorie da parte dei politici.

Nel capitolo sul bilanciamento dei poteri, è trattato come argomento anche la partecipazione della società civile e l’apertura dello spazio civico. La Commissione mette in evidenzia come le organizzazioni della società civile e i difensori dei diritti umani sono fondamentali per il rispetto dei valori dell’Ue. Svolgono un ruolo di vigilanza, richiamando l’attenzione sulle minacce allo Stato di diritto, promuovendo i valori democratici e contribuendo a garantire che chi detiene il potere si assuma le proprie responsabilità.

I risultati dell’indagine riferiti dalla Commissione indicano il dato di sintesi non positivo che la tendenza, già evidenziata nei precedenti Rapporti, a far fronte a crescenti sfide per la società civile, con nuove restrizioni legali, finanziamenti insufficienti o attacchi fisici e verbali, è continuata.

Dal rating sull’apertura dello spazio civico Civicus riportato nella relazione, sulla scala di cinque categorie – aperto, ristretto, ostruito, represso e chiuso – per la maggior parte dei Paesi dell’Ue lo spazio civico è valutato come “ristretto”, così come per anche per l’Italia ma con un punteggio inferiore alla media di 65/100.  

Le analisi per Stato membro, sono integrate con specifiche raccomandazioni. La Commissione riporta che, nella media dei Paesi Ue, il 57% delle raccomandazioni espresse nel 2024 sono state in pieno o almeno parzialmente messe in pratica.

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Relazione 2025 sullo Stato di diritto: raccomandazioni all’italia

Si riportano testualmente di seguito le raccomandazioni all’Italia dalla relazione 2025:

  • completare il sistema digitale di gestione delle cause nelle sedi penali e nelle procure;
  • adottare la proposta legislativa pendente in materia di conflitti di interessi e intensificare l’impegno per adottare norme complessive sul lobbying per l’istituzione di un registro operativo delle attività dei rappresentanti di interessi, compresa un’impronta legislativa;
  • intensificare l’impegno per affrontare efficacemente e rapidamente la pratica di incanalare le donazioni attraverso fondazioni e associazioni politiche e introdurre un registro elettronico unico per le informazioni sul finanziamento dei partiti e delle campagne;
  • portare avanti l’attività legislativa in corso affinché siano in vigore disposizioni o meccanismi che assicurino un finanziamento dei media del servizio pubblico adeguato per l’adempimento della loro missione di servizio pubblico e per garantirne l’indipendenza;
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  • portare avanti il processo legislativo in corso del progetto di riforma sulla diffamazione e sulla protezione del segreto professionale e delle fonti giornalistiche, evitando ogni rischio di incidenza negativa sulla libertà di stampa e tenendo conto delle norme europee in materia di protezione dei giornalisti;
  • intensificare le iniziative per costituire un’istituzione nazionale per i diritti umani tenendo conto dei principi di Parigi delle Nazioni Unite.

di Luigi Di Marco

Consulta la rassegna dal 7 al 13 luglio

 



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