La Commissione Europea ha appena pubblicato il suo quarto riesame sull’attuazione delle politiche ambientali da parte dei 27 Stati membri dell’Unione Europea, sottolineando l’importanza di applicare con maggiore efficacia le norme ambientali per garantire prosperità, competitività e sicurezza. Questo rapporto mette in luce le tendenze comuni tra i 27 Stati membri e propone azioni concrete per migliorare la qualità dell’aria, dell’acqua e della natura, riducendo i costi stimati in 180 miliardi di euro all’anno a causa di inquinamento, degrado e rifiuti.
“Investire nell’attuazione del diritto ambientale è un ottimo rapporto qualità-prezzo” ha affermato Jessika Roswall, commissaria per l’Ambiente, la resilienza idrica e un’economia circolare competitiva, confermando la lettura che per fare “digerire” le politiche ambientali, dopo le feroci opposizioni al Green Deal della scorsa legislatura, l’unico modo che il nuovo corso della Commissione ha trovato è di inquadrarle unicamente in chiave economica. “Si tratta di un promemoria tempestivo del fatto che l’attuazione e la competitività – ha confermato Roswall – vanno di pari passo per proteggere il nostro ambiente e le risorse di cui abbiamo bisogno per la transizione e per le generazioni future”.
Il primo riesame dell’attuazione delle politiche ambientali da parte della Commissione europea è stato adottato nel febbraio 2017 ed è stato seguito dalle edizioni del 2019 e del 2022. Questi riesami si affiancano alla politica della Commissione per legiferare meglio, incentrata sul miglioramento dell’attuazione della legislazione e delle politiche esistenti. Sin dall’inizio, molti Stati membri hanno organizzato dialoghi nazionali sui temi prioritari individuati in queste relazioni. In molti casi sono state mobilitate anche le autorità regionali e locali e le principali parti interessate.
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Perché è importante l’attuazione delle politiche ambientali dell’UE?
Ancora una volta è la stessa Commissione a mettere in evidenza che “l’inadempienza alle norme ambientali comporta costi enormi, pari a circa l’1% del PIL dell’UE, e mette a rischio la salute dei cittadini e la biodiversità. Implementare correttamente le politiche può ridurre questi costi e creare condizioni di parità tra le imprese nel mercato unico europeo”. Qui, però, aggiungiamo noi, non è solo una questione economica o di sviluppo delle imprese: ne va della salute e del benessere di tutti gli esseri viventi del Vecchio Continente.
Le principali sfide evidenziate nel rapporto sono:
- Economia circolare: alcuni Stati stanno facendo progressi nel riciclo e nel riutilizzo delle risorse, ma molti rischiano di non raggiungere gli obiettivi di riciclaggio del 2025. Per la Commissione “è urgente migliorare la prevenzione dei rifiuti e il ripristino delle discariche non conformi”.
- Qualità dell’acqua: in questo caso viene sottolineato che bisogna agire subito per migliorare la qualità e la disponibilità dell’acqua dolce, ridurre il rischio di carenze idriche e sfruttare meglio i fondi UE per il trattamento delle acque reflue.
- Biodiversità: la perdita di biodiversità continua a essere un problema grave, causato principalmente dall’uso intensivo del suolo e dall’agricoltura. È fondamentale integrare la protezione della natura in tutte le politiche e accelerare l’attuazione delle leggi sulla tutela ambientale.
- Inquinamento atmosferico: nonostante i progressi, i livelli di inquinanti sono ancora troppo alti in molti Stati, mettendo a rischio la salute pubblica. La soluzione passa per una mobilità sostenibile, energie rinnovabili e tecniche agricole a basse emissioni.
- Cambiamenti climatici: gli sforzi di adattamento devono essere intensificati. La Commissione fa inoltre notare che “alcuni Stati incontrano difficoltà nell’attuare sistemi di scambio di quote di emissione”.
Per affrontare queste sfide, la Commissione ha messo a disposizione circa 122 miliardi di euro all’anno, destinati a sostenere gli obiettivi ambientali degli Stati membri. In ogni caso, scrive ancora l’organo esecutivo dell’UE, “il rapporto evidenzia che, sebbene siano stati fatti passi avanti, l’Europa deve intensificare gli sforzi per rispettare le leggi ambientali e proteggere il suo patrimonio naturale”. Si continua, dunque, a dare alla natura una connotazione di valorizzazione economica, come testimonia l’espressione “patrimonio naturale”.
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La pessima situazione dell’Italia sulle politiche ambientali
E l’Italia? Come capita troppo spesso il nostro Paese non fa proprio una gran figura, e si attesta ai vertici di classifiche dove sarebbe meglio non primeggiare. Come nel caso delle violazioni ambientali nel 2025, ben 23, in cui l’Italia è seconda in Europa e dietro solo alla Spagna (24). Come ricorda la Commissione, l’Italia ha un “capitale naturale molto ricco” (ancora un’espressione economica). Ma non mancano i problemi.
“La sua elevata densità di popolazione in alcune aree porta a elevate pressioni ambientali – si legge nella scheda dedicata al nostro Paese – Gravi problemi di inquinamento atmosferico si verificano in particolare nel bacino del Po. Il Sud soffre di deficit infrastrutturali per la gestione delle acque e dei rifiuti. Secondo le stime della Corte di giustizia europea, l’Italia spende oltre 806 milioni di euro per il mancato rispetto del diritto ambientale dell’UE”.
I deficit più gravi si registrano nel mancato riutilizzo delle acque reflue, nello stato di conservazione degli habitat e delle specie e nei ridotti investimenti ambientali: al 2025 risulta che l’Italia abbia speso per la tutela appena 8,29 miliardi di euro, cioè lo 0,43% del Prodotto Interno Lordo, al di sotto della media UE. Con questi numeri non sorprende una delle ultime annotazioni della Commissione, secondo la quale “in Italia la spinta all’economia circolare si sta esaurendo”. Una brutta notizia di cui a EconomiaCircolare.com ci eravamo accorti da tempo, una tendenza che bisognerà rovesciare tutte e tutti insieme.
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