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Non solo Sanremo: quanto valgono gli eventi dal vivo? ItaliaFestival affida lo studio all’Università di Catania


di
Fausta Chiesa

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Francesco Maria Perrotta, presidente dell’associazione: «I Festival sono un prezioso volano per i territori. Vogliamo studiare come e quanto possano fare per dare valore aggiunto»

Quasi 250 milioni e quasi 1.500 posti di lavoro. È l’impatto economico prodotto da Sanremo edizione 2025. Lo ha stimato la società di consulenza EY, che ha parlato di numeri in aumento rispetto ai 205 milioni del 2024, confermando l’importanza di tale evento per l’economia regionale e nazionale. Che il «Festival della Canzone Italiana» sia una vera potenza economica, a tal punto che sull’assegnazione alla Rai dell’evento da parte del Comune che detiene la titolarità del marchio e sullo sfruttamento dei relativi diritti commerciali c’è stato un ricorso in tribunale, non ci sono dubbi. Ma i numeri nero su bianco fanno un altro effetto.

O forum di ItaliaFestival 

E che dire dell’impatto di tutti gli altri festival dal vivo, che siano di musica, teatro, danza o di un’altra arte performativa? Ne sa qualcosa Francesco Maria Perrotta, che presiede ItaliaFestival, associazione che rappresenta 50 festival italiani e cinque reti di festival che operano nell’ambito musicale, teatrale, delle arti performative, della danza, della letteratura e di altre manifestazioni artistiche. Perrotta con ItaliaFestival sta organizzando una serie di forum – finanziati attraverso il bando “Attrattività dei Borghi” all’interno del Pnrr, promosso dal ministero della Cultura e finanziato dall’Unione europea – attraverso un progetto presentato con il Comune di Sessa Cilento e alcuni partner del luogo del territorio, che – spiega Perrotta – «analizzano le potenzialità della cultura e degli eventi festivalieri come motore di sviluppo economico e sociale delle zone interne e liminari e della “tornanza”, soprattutto al Sud, e per contrastare lo spopolamento. I Festival sono un prezioso volano per i territori, offrono spinte propulsive allo sviluppo locale. Noi vogliamo studiare come e quanto possano fare per dare valore aggiunto. E questo anche al di là delle giornate degli spettacoli». 
Un primo forum a novembre 2024 a Sessa Cilento ha messo sotto la lente le sinergie tra festival grandi e piccoli. Poi neè seguito un altro sul tema della tornanza, fenomeno nuovo che va in parallelo con quello della restanza, coniata dall’antropologo Vito Teti antropologo. In programma ci sono altri sei forum che si terranno nei prossimi mesi. 




















































Il punto è: i finanziamenti pubblici agli eventi culturali oltre a promuovere la cultura hanno anche altri effetti di cui tenere conto? «Posto che la prima cosa che deve avere a mente per un organizzatore è quello di mantenere alto il livello culturale dei festival – aggiunge Perrotta – abbiamo deciso di lanciare una ricerca in collaborazione con il Dipartimento di Economia e Impresa dell’Università di Catania per capire che cosa torna in termini socio-economici da un evento festivaliero e vedere quanto e come gli effetti sulla filiera e sullo sviluppo si estendano anche durante l’anno, non solo nei giorni del festival». Un esempio su tutti è quello del lavoro, non solo con l’offerta ma anche con la formazione delle maestranze. «Posso citare tra gli altri il Rossini Opera Festival che fa corsi per cantanti lirici e per giovani inoccupati nei vari settori dello spettacolo dal vivo o la Fondazione Ravenna Festival per i tecnici». 

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La ricerca dell’Università di Catania 

Così ora entra in campo Università degli Studi di Catania, che ha ottenuto finanziamento ad hoc per la ricerca, che sarà curata dal professor Salvatore Spagano, research fellow e docente di Politica economica. «La ricerca – spiega – si inserisce nel solco di Grins (Growing Resilient, INclusive and Sustainable), progetto finanziato dal Pnrr in cui l’Università di Catania ha la titolarità su alcuni focus. In particolare, ci occupiamo di economia della cultura. Se per molti è contro intuitivo che un investimento nella cultura porti un vantaggio economico e sociale, posso già dire che in base ai dati Istat più recenti (2023) il settore dei festival dal vivo vale 4,5 miliardi nel Pil del nostro Paese e l’Italia è leader a livello europeo del settore live. A parte l’aspetto economico, a noi interessa molto anche la questione dello sviluppo, cioè l’aumento delle possibilità sociali per chi partecipa. I festival costruiscono legami sociali, riattivano il senso di comunità e di identità collettiva, rafforzano il capitale sociale. E questo accade soprattutto se un evento è ripetuto negli anni. Quando i festival hanno radici nella tradizione locale – e questo accade soprattutto con la musica – contribuiscono a stimolare lo scambio intergenerazionale e a tramandare la tradizione. Poi c’è una terza valenza legata alla valorizzazione territoriale e allo sviluppo locale che crea legami e reti. La ricerca prenderà in esame l’impatto economico, diretto e indotto, con dati che confluiranno nella piattaforma Amelia (database di Grins) ma analizzerà altri indicatori dello sviluppo: alcuni esistono altri li indicheremo. Ci sta a cuore il dato sulla coesione sociale». La ricerca sarà pubblicata entro fine 2026, con l’elaborazione dei dati nei primi mesi dell’anno prossimo. 

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