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Macchine utensili, buona ripresa nel secondo trimestre 2025, ma l’incertezza frena l’entusiasmo


Il settore italiano delle macchine utensili registra un’accelerazione significativa nella raccolta ordini, ma il dato positivo nasconde stavolta più ombre che luci.

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Secondo i dati diffusi dal Centro Studi & Cultura di Impresa di Ucimu-Sistemi Per Produrre, il secondo trimestre del 2025 si è chiuso con un incremento complessivo degli ordinativi del 22% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Un risultato che, a una prima lettura, potrebbe indurre all’ottimismo, anche in considerazione del fatto che la tendenza positiva prosegue ormai da quattro trimestri consecutivi.

A un’analisi più approfondita, supportata dalle dichiarazioni del presidente di UCIMU, Riccardo Rosa, si mostra però una realtà più complessa, dominata dalle preoccupazioni per il deterioramento del contesto economico globale e dalle incognite della politica industriale nazionale ed europea.

La domanda interna cresce ma resta debole

A trainare il risultato complessivo è stata soprattutto la performance del mercato interno.

La raccolta ordini sul mercato domestico ha segnato un balzo del 70,3% rispetto al periodo aprile-giugno del 2024. Questo dato, apparentemente eccezionale, va però interpretato con estrema cautela. Come sottolineato dallo stesso presidente Rosa, il confronto avviene con un trimestre, il secondo del 2024, che è stato “davvero disastroso, il peggiore degli ultimi 10 anni a esclusione di quello del 2020 che coincideva con l’esplosione della pandemia”.

L’incremento è dunque amplificato da un effetto puramente statistico, che maschera una debolezza di fondo della domanda interna. L’indice assoluto degli ordini domestici si attesta infatti a 54,0 (base 100 nel 2021), un valore che testimonia come il mercato nazionale fatichi ancora a consolidare la propria spinta.

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Il fronte estero: ordini (e timori) in crescita

Più contenuta, ma forse più indicativa dello stato di salute strutturale del settore, è la crescita registrata sui mercati esteri. L’aumento delle commesse dall’estero si è fermato a un +9,5%, con un valore assoluto dell’indice che ha raggiunto quota 74,6.

La competitività del Made in Italy tecnologico si scontra con un quadro internazionale sempre più instabile e imprevedibile, che non può che frenare gli investimenti in beni strumentali.

Le incognite internazionali e la minaccia dei dazi

Le preoccupazioni maggiori provengono dal fronte geopolitico e commerciale. L’attesa e poi la conferma dell’avvento dei dazi dagli USA al 30% rappresentano un fattore di forte destabilizzazione per il mercato. Rosa non usa mezzi termini, definendo queste prospettive “sconcertanti” e sottolineando come l’atteggiamento imprevedibile dell’amministrazione statunitense costringa gli imprenditori a navigare a vista.

“Le ultime dichiarazioni del presidente Trump e il contenuto della lettera inviata alla presidente della Commissione Europea con la quale annuncia nuove aliquote daziali per i prodotti di provenienza EU sono certamente sconfortanti. Ancora una volta noi imprenditori del manifatturiero dobbiamo mantenere i nervi saldi e attendere gli sviluppi, ben sapendo che l’atteggiamento del presidente degli Stati Uniti è a dir poco imprevedibile. La guerra all’export Made in Europe sarebbe una penalizzazione pesantissima non solo per l’Area Euro ma anche per gli USA e per la popolazione in particolare. Dunque – ha aggiunto Riccardo Rosa – confidiamo nella capacità di dialogo delle autorità di Bruxelles nel ricondurre Trump ad una negoziazione ragionevole. A questo punto però non possiamo più prescindere da un piano alternativo nel caso in cui il dialogo non porti ai risultati sperati”.

Questa spada di Damocle alimenta un clima di incertezza che è il primo e più potente freno agli investimenti in nuove tecnologie di produzione. Il blocco non riguarda solo il mercato statunitense, ma si propaga a cascata su tutte le filiere globali interconnesse, a partire da settori strategici per l’export italiano come l’automotive, la meccanica e la componentistica, che vedono negli USA un mercato di sbocco fondamentale.

L’associazione dei costruttori italiani di macchine utensili chiede quindi una duplice azione alle istituzioni europee. Da un lato, mantenere aperto il canale del dialogo con Washington per ricondurre la negoziazione su binari ragionevoli; dall’altro, preparare un piano alternativo nel caso in cui la diplomazia fallisca. Tale piano dovrebbe prevedere un’accelerazione decisa nella stipula di accordi di libero scambio con aree del mondo in forte sviluppo, come l’Africa e alcune regioni dell’Asia, per diversificare i mercati di sbocco. Ucimu chiede poi un intervento energico per snellire la burocrazia interna all’Unione, così da liberare il pieno potenziale del mercato unico europeo.

La transizione dell’automotive al bivio

Un capitolo specifico di grande rilevanza è quello legato alla trasformazione del settore automotive. Ucimu sostiene che sia necessario un ripensamento strategico a livello europeo sui tempi e le modalità della transizione ecologica.

La posizione dell’industria non è di contrarietà al cambiamento, ma di ferma opposizione a quello che viene considerato un approccio ideologico che impone una singola soluzione tecnologica.

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Si chiede invece di applicare con coerenza il principio di “neutralità tecnologica”: l’UE dovrebbe fissare gli obiettivi di riduzione delle emissioni, lasciando poi alle imprese la libertà di individuare e sviluppare le tecnologie più efficienti ed efficaci per raggiungerli.

La politica industriale nazionale, uno sguardo al 2026

Per quanto riguarda la politica industriale nazionale, in primo luogo Ucimu auspica una proroga per il piano Transizione 5.0 oltre la scadenza del 31 dicembre, per consentire alle imprese di capitalizzare un ulteriore ciclo di ordini.

Ma c’è anche la convinzione che bisogni iniziare a guardare oltre. I piani Transizione 4.0 e 5.0, che hanno sostenuto l’innovazione del manifatturiero italiano negli ultimi anni, si avviano alla conclusione. Per questo motivo, Ucimu sottolinea “la necessità di aprire appena possibile, già dopo la pausa agostana, un tavolo di confronto sulle esigenze delle imprese manifatturiere così da indirizzare al meglio le linee su cui costruire la politica industriale dei prossimi anni, visto che i provvedimenti di cui abbiamo potuto disporre, 4.0 e 5.0, stanno arrivando al capolinea”.

L’associazione ribadisce la propria piena disponibilità a collaborare alla stesura di un nuovo, necessario piano programmatico per continuare a sostenere l’evoluzione tecnologica e la competitività del sistema produttivo del Paese.



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