Roberto Ciboldi (Cytiva): “La partnership tra realtà pubbliche e private è vitale per l’espansione delle infrastrutture e si deve accompagnare alla semplificazione normativa”
Uno degli archetipi della letteratura passata (e presente) è quello dei naufraghi approdati su un’isola deserta, dove devono organizzare una comunità e provvedere al proprio sostentamento: nel nuovo ambiente devono ricreare il microcosmo di relazioni e rapporti che, in una società allargata, consentono la convivenza civile e la sopravvivenza. Un simile modello si applica alle terapie avanzate in cui la nascita di un ecosistema allargato, composto da esperti della ricerca, del settore d’azienda e di produzione, delle autorità regolatorie e del mondo dei pazienti serve a traghettare sul mercato trattamenti altamente innovativi e di estremo valore. Tra quanti più credono in questo approccio “pluridisciplinare” c’è Roberto Ciboldi, Senior Workflow Development Leader presso il settore Viral Vector, Genomic Medicine di Cytiva.
Durante la nostra intervista il dottor Ciboldi ha più volte evidenziato l’importanza di realizzare un ecosistema italiano collaborativo nel settore delle terapie avanzate, prendendo ad esempio altri Paesi dell’Unione Europea (ma non solo) che già da tempo coltivano questa scelta. “Contrariamente a quanto ci si può immaginare il quadro delle terapie avanzate in Italia è molto ricco, con una situazione generale all’avanguardia”, esordisce Ciboldi. “Di 19 terapie avanzate approvate in Europa, 4 nascono dal contributo scientifico ed economico del nostro Paese di cui 3 sono state totalmente sviluppate in Italia. Inoltre, una buona parte di queste sono attualmente rimborsate dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e hanno già consentito di trattare oltre due milioni di pazienti, un quinto dei quali con un’età inferiore a 18 anni”. I numeri sono lo specchio di una situazione positiva ma potenzialmente migliorabile dal momento che, se le terapie avanzate appena descritte sono già disponibili e rimborsate, l’elenco di quelle potenzialmente in arrivo è assai lungo e comprende non solo trattamenti per malattie rare ma anche per patologie diffuse tra la popolazione (come l’ipercolesterolemia per cui è allo studio una terapia basata su tecniche di editing genetico).
Negli scorsi anni l’Italia ha dimostrato di possedere un enorme potenziale di crescita, fondato su una ricerca scientifica di concreto interesse e sicura applicazione tecnica: uno dei maggiori ostacoli a tale processo di crescita è la capacità di interazione tra enti pubblici e realtà private cosa che, di conseguenza, fatica ad attrarre l’interesse economico delle aziende farmaceutiche più grandi. Un aspetto questo che altri Paesi d’Europa, come la Grecia, la Polonia o la Spagna, stanno superando benché presentino limitazioni geografiche che da noi sono in parte già state risolte. “In Italia esistono 23 siti di produzione di terapie avanzate secondo i criteri GMP (Good Manufacturing Practices, Norme di Buona Fabbricazione), di cui 3 commerciali, disposti su tutto il territorio nazionale in maniera equa”, afferma Ciboldi. “Inoltre, secondo un dato di un paio d’anni fa, in tutte le Regioni italiane è stato trattato almeno un paziente con prodotti di terapia avanzata. In Spagna, al contrario, esistono solo un paio di hub di produzione collocati in Catalogna a Sud e a San Sebastian a Nord, lasciando così scoperto gran parte del territorio”. Ciò significa dover fare uno sforzo maggiore per predisporre percorsi specifici, generare reti di collegamento tra i centri e supportare una logistica destinata a tutti i malati che, altrimenti, dovrebbero spostarsi di continuo.
“Mettere in piedi una tale rete è dispendioso e tutt’altro che semplice”, prosegue Ciboldi. “Ma è necessario per garantire il livello di efficienza necessario affinché le terapie avanzate giungano al paziente”. Il successo dei modelli stranieri si spiegano anche con la volontà di superamento degli ostacoli burocratici che interferiscono nel dialogo tra ricerca, manifattura, regolatorio, enti pubblici e aziende partner. “L’Italia gode di un vantaggio evidente nelle fasi iniziali di incentivo alla ricerca”, spiega Ciboldi, citando il bando (con un fondo di 18 milioni di euro) che l’Agenzia Italiana per il Farmaco (AIFA) ha lanciato per supportare la ricerca indipendente sulle malattie rare. “Inoltre, come testimoniano i prodotti approvati e disponibili per i pazienti con copertura del SSN, siamo a buon punto anche sul versante dell’accesso e della sostenibilità. Ciò in cui siamo davvero più fragili è la fase manifatturiera”. Perciò occorre lavorare alla messa in opera di un sistema che incentivi la creazione di poli di manifattura per le terapie avanzate ove far proseguire il cammino degli innovativi frutti della ricerca scientifica.
In quale modo si può correggere questa situazione? “Favorendo la nascita di fondi di investimento pubblici e privati destinati alla nascita di piattaforme automatizzate modulari, in grado cioè di supportare lo sviluppo di vari progetti”, precisa Ciboldi. “I fondi pubblici sono una risorsa preziosa che, tuttavia, deve costituire una leva per quelli di natura privata. Bisogna coinvolgere sul piano organizzativo ed economico le grandi aziende”. Il Partenariato Pubblico-Privato (PPP) – al centro anche delle tematiche esposte nel progetto retreAT realizzato da Osservatorio Terapie Avanzate – rappresenta un modello di collaborazione tra il settore pubblico e il settore privato, che ha come obiettivo finale la realizzazione degli interessi dei pazienti. I termini di questo accordo devono essere di volta in volta discussi e stabiliti ma, di certo, alcuni elementi pesano a favore della nascita di nuovi PPP. Uno su tutti è proprio la localizzazione geografica dei centri di produzione, sorti al nord (Milano), al centro (Roma) e al sud (Napoli).
“L’auto-sostentamento di un ecosistema per la produzione di terapie avanzate non è concepibile specialmente con un sistema di rimborso, come quello italiano, parzialmente rateizzato e soggetto a una lunga serie di condizioni”, dichiara l’esperto. “Per essere attrattivi sul mercato occorre dunque usare i capitali pubblici e coinvolgere le aziende private finalizzando i bandi verso la fase manifatturiera e poi orientandoli verso quella clinica”. Cosa significa tutto ciò? In primo luogo che le piattaforme da sviluppare deve essere flessibili e adattabili a varie realtà: una piattaforma che incontri le esigenze di produzione di più clienti al contempo diventa di interesse per molte realtà. “Questo aspetto va previsto fin dalle fasi iniziali di stesura del bando”, puntualizza Ciboldi. “In questo modo la compartecipazione privata raggiunge un interesse pubblico condiviso”.
Esistono forme differenti di PPP (option deal, licensing, earn out, accordi di co-sviluppo e/o co-promozione, consorzi e altri ancora) con regole differenti alla base: ad esempio, alcuni piani prevedono un pagamento iniziale mentre in altri, come l’earn out, il pagamento è subordinato al raggiungimento di obiettivi o al realizzarsi di determinate condizioni predefinite. Tutto sta a intavolare il rapporto tra aziende private e settore pubblico che risponda al meglio alle esigenze del progetto. “Alcuni Paesi dell’Europa orientale, fra cui la Turchia, stanno già andando in questa direzione scommettendo sull’implementazione di terapie avanzate in chiave oncologica”, spiega Ciboldi. “A permetterlo è la semplificazione dell’iter normativo che non implica una mera riduzione del livello di burocrazia ma prevede un dialogo costruttivo con le autorità regolatorie”.
L’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) ha attivato un percorso di risposta accelerato (entro 100 giorni dal recepimento della domanda), filosofia che Cytiva aveva già abbracciato grazie ad un servizio chiamato Cytiva Fast Track Services per favorire il processo di trasferimento tecnologico e migliorare lo schema di implementazione della terapia sul mercato. “Attraverso l’apertura di tavoli di confronto e discussione con AIFA auspichiamo di giungere alla creazione di un ecosistema virtuoso il cui utilizzo possa essere esteso alle future terapie avanzate”, sottolinea in conclusione Ciboldi, precisando che fare da ponte tra la fase della ricerca e quella dell’accesso alle terapie per i pazienti, è uno dei principali obiettivi perseguiti in Cytiva. “Lo scopo è portare le terapie avanzate sul mercato rapidamente, ma nella massima sicurezza, rendendole disponibili per i malati che ne hanno più bisogno. In un ecosistema virtuoso si armonizzano più componenti (ricerca accademica, sistemi di gestione dei dati, controllo qualità, valutazione regolatoria e capacità produttiva), col fine di sviluppare terapie utili per numeri crescenti di persone. Il paziente è una parte fondante di questa Comunità non troppo virtuale che deve costruire e far funzionare tre settori: ricerca, produzione e clinica”. La produzione è il settore in cui, oggi, serve maggiormente creare collaborazioni tra pubblico e privato, dirigendo la normativa verso un fine benefico per tutta la comunità.
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