Parlare oggi di sanità senza affrontare il tema della digitalizzazione equivale a raccontare una realtà già superata. I processi di innovazione tecnologica stanno ridisegnando radicalmente l’organizzazione dei servizi sanitari, la gestione dei dati, le relazioni tra professionisti e pazienti, i modelli di cura e persino le priorità della politica sanitaria.
La formazione digitale in sanità come fattore abilitante dell’innovazione
Tuttavia, la narrazione dell’innovazione rischia spesso di concentrarsi solo sulle tecnologie: intelligenza artificiale, algoritmi predittivi, telemedicina, fascicolo sanitario elettronico, piattaforme interoperabili. Tutti strumenti essenziali, certo, ma che da soli non generano valore se non si innestano su un capitale umano preparato, consapevole, formato.
La vera trasformazione digitale della sanità non sarà mai una questione esclusivamente tecnologica: è una questione di persone. Senza operatori sanitari in grado di comprendere, governare e adattare queste tecnologie alla pratica quotidiana, la digitalizzazione rischia di rimanere un’operazione di facciata o, peggio, un fattore di disuguaglianza, inefficienza e disorientamento.
Non è un caso che le principali strategie di riforma sanitaria, a livello nazionale ed europeo, riconoscano nella formazione del personale un elemento chiave per il successo di ogni investimento tecnologico. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), nella sua Missione 6 dedicata alla salute, ha individuato la digitalizzazione come uno dei pilastri per la riorganizzazione del Servizio Sanitario Nazionale e ribadisce l’esigenza di aggiornare e rafforzare le competenze digitali dei professionisti sanitari. Lo stesso documento sottolinea che il potenziamento del Fascicolo Sanitario Elettronico, lo sviluppo della telemedicina e l’adozione dell’intelligenza artificiale richiedono non solo infrastrutture tecnologiche, ma anche “un investimento significativo in formazione, aggiornamento e accompagnamento del personale”.
Gli obiettivi formativi del PNRR per il personale sanitario
In particolare, il PNRR ha previsto un investimento significativo nel rafforzamento delle competenze tecnico-professionali, digitali e manageriali del personale del SSN. Gli obiettivi principali includono:
- Formazione in medicina generale: Incremento delle borse di studio per il corso specifico di medicina generale, con l’obiettivo di formare un numero maggiore di medici di base, fondamentali per l’assistenza primaria.
- Formazione sulle infezioni ospedaliere: Avvio di un piano straordinario di formazione sulle infezioni ospedaliere, destinato a tutto il personale sanitario e non sanitario degli ospedali, per migliorare la sicurezza e la qualità dell’assistenza.
- Competenze manageriali e digitali: Attivazione di percorsi formativi per acquisire competenze di management e digitali, preparando i professionisti sanitari a fronteggiare le sfide attuali e future in un contesto sempre più tecnologico e integrato.
- Contratti di formazione specialistica: Incremento dei contratti di formazione specialistica per affrontare il cosiddetto “imbuto formativo”, garantendo così un adeguato turnover dei medici specialisti nel SSN.
Questi interventi mirano a formare oltre 293.000 dipendenti del SSN entro il primo semestre del 2026, con un investimento complessivo di circa 737,6 milioni di euro.
Competenze digitali nella sanità pubblica: obiettivi e modelli organizzativi
Una visione ripresa e consolidata nel Piano Nazionale delle Competenze Digitali, promosso dal Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che nella sua più recente versione (2023) include tra le priorità proprio l’aggiornamento delle competenze digitali nei comparti della pubblica amministrazione e della sanità. Il documento stabilisce obiettivi concreti: promuovere una maggiore alfabetizzazione digitale tra i lavoratori del settore sanitario, valorizzare l’integrazione tra sapere tecnico e competenze trasversali, e ridurre il “digital divide” tra professionisti e territori. In parallelo, il Decreto Ministeriale 77/2022, che riforma l’assistenza territoriale, introduce modelli organizzativi che non possono essere implementati senza una profonda riformulazione delle competenze: case della comunità, centrali operative territoriali, ospedali di comunità e presa in carico integrata sono concetti che vivono grazie a sistemi digitali interoperabili, ma ancor più grazie alla capacità dei professionisti di usarli in modo efficace, flessibile e personalizzato, e nella massima sicurezza sulla gestione dei dati.
Criticità della formazione digitale attuale nel SSN
Tutto ciò pone una domanda urgente: il personale sanitario italiano è davvero pronto a questa transizione? La risposta, in molti casi, è purtroppo negativa. Non certo per mancanza di volontà, ma per carenza di opportunità, risorse, strategie formative coerenti.
La formazione digitale in sanità continua a essere troppo spesso sporadica, non sistemica, affidata a iniziative locali o alla buona volontà di alcune realtà virtuose. Gli eventi formativi ECM affrontano il tema, ma raramente con un approccio integrato e progressivo.
L’università propone alcuni percorsi, ma con una limitata capacità di aggiornamento rispetto all’evoluzione rapida delle tecnologie. I programmi di formazione aziendale, là dove esistono, sono ancora frammentari.
Eppure, la posta in gioco è altissima. A essere coinvolti non sono solo medici e infermieri, ma anche operatori sociosanitari, tecnici, amministrativi, dirigenti: tutti sono chiamati ad acquisire nuove competenze, non solo tecniche ma anche organizzative, comunicative, relazionali.
Si tratta, infatti, di imparare a gestire strumenti complessi – dalle cartelle cliniche elettroniche ai sistemi di intelligenza artificiale – ma anche di cambiare mentalità: passare da un approccio reattivo a uno predittivo, da un modello burocratico a uno orientato al dato, da un’organizzazione gerarchica a una rete collaborativa.
Cosa significa davvero avere competenze digitali in sanità
Le competenze digitali in sanità vanno quindi intese in senso ampio: comprendono la capacità di accedere e gestire le informazioni cliniche in modo sicuro, di interpretare dati e indicatori, di interagire efficacemente con i pazienti attraverso canali digitali, di contribuire alla progettazione di processi innovativi e, non ultimo, di proteggere la privacy e la sicurezza dei dati sensibili. Non basta sapere usare uno strumento: serve capirne le implicazioni, riconoscerne i limiti, governarne l’impatto.
Esempi di buone pratiche e la necessità di un approccio sistemico
Alcune esperienze virtuose già esistono. In Emilia-Romagna, il progetto “Competenze digitali per la salute” ha formato migliaia di operatori sul Fascicolo Sanitario Elettronico e sulla comunicazione digitale con i cittadini. In Toscana, il sistema sanitario regionale ha integrato la formazione digitale nei piani aziendali annuali, prevedendo momenti obbligatori di aggiornamento sulle tecnologie emergenti. L’Istituto Superiore di Sanità ha attivato percorsi specifici di e-learning su telemedicina, intelligenza artificiale e sanità digitale per medici, farmacisti e operatori del territorio. Ma si tratta, ancora, di isole in un arcipelago disomogeneo.
Serve un’azione strutturale, sistemica, nazionale. Serve un cambiamento che parta dalla governance, coinvolga gli stakeholder istituzionali, metta in rete Regioni, università, aziende sanitarie, società scientifiche e ordini professionali. Una riforma vera della formazione digitale in sanità richiede investimenti, ma anche visione: definire standard minimi comuni, riconoscere le competenze acquisite, incentivare l’aggiornamento continuo, premiare le organizzazioni che investono in innovazione umana oltre che tecnologica. E soprattutto serve un cambio di cultura: la formazione non può più essere vissuta come adempimento formale, ma come leva di crescita professionale e di qualità dei servizi.
Una sanità digitale più umana passa dalla formazione
La trasformazione digitale della sanità italiana, quindi, si giocherà non solo nei data center o nei laboratori di sviluppo software, ma nelle corsie degli ospedali, negli ambulatori, fino al domicilio dei pazienti. Si realizzerà solo se chi lavora ogni giorno per la salute delle persone sarà messo nelle condizioni di utilizzare al meglio gli strumenti del presente e del futuro. Perché l’innovazione, per essere reale, deve essere capita, governata, umanizzata. E questo si può fare solo attraverso la formazione. Una formazione diffusa, accessibile, inclusiva, che riconosca l’operatore sanitario non come semplice fruitore di tecnologia, ma come protagonista del cambiamento. È da lì che si costruisce una sanità più efficiente, più equa e, soprattutto, più umana.
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