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Agricoltura, il governo fa quadrato con 17 paesi per salvare il budget Ue


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Il verdetto, almeno non ufficiale, sul futuro delle risorse della Politica agricola comune (Pac) potrebbe arrivare nelle prossime ore, per poi essere ufficializzato il16 luglio prossimo. Ma sull’orientamento della Commissione europea di far confluire le risorse agricole in un Fondo unico, l’Italia ha detto “no” ed è riuscita a fare squadra con altri diciassette Paesi della Ue. A difendere identità e specificità del budget della politica europea per l’agricoltura è il vice presidente esecutivo della Commissione, Raffaele Fitto, supervisore della  materia agroalimentare, che nel Piano strategico, messo a punto con il commissario all’Agricoltura Christophe Hansen, ha indicato tra le priorità la tutela del settore, in particolare delle aree interne e delle produzioni di qualità. In ogni caso anche se dovesse passare la linea della Commissione la quadra andrebbe comunque trovata con il Consiglio e l’Europarlamento che in materia hanno lo stesso potere decisionale.

Il ruolo chiave

D’altra parte, smontare l’unica politica veramente integrata, in una fase complessa in cui si parla di aprire la Ue all’Ucraina, potrebbe costare caro al settore che è diventato in Europa e in Italia uno dei principali motori economici. E che sta assumendo un ruolo chiave a livello globale con il cibo sempre più strategico anche nel perseguimento della pace. Il bilancio europeo per l’agricoltura per la programmazione in corso (2021-27) è di 386,6 miliardi, una delle principali voci di spesa di Bruxelles.

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E gli obiettivi sono ambiziosi: garantire alimenti sicuri e a prezzi accessibili, e un tenore di  vita equo agli agricoltori oltre a tutelare le risorse naturali attraverso tre strumenti(pagamenti diretti, misure per la stabilizzazione dei mercati e sostegno alle aree rurali). L’Italia è uno dei principali beneficiari. Tra investimenti europei e nazionali ha spiccato il volo e oggi per valore aggiunto quella italiana è la prima agricoltura in Europa. Un traino importante arriva dalle regioni del Sud che hanno saputo mettere a frutto anche le risorse dello Sviluppo rurale (secondo pilastro della Pac) finalizzato, tra l’altro, a modernizzare le aziende, rafforzare la competitività e favorire il ricambio generazionale. Obiettivi che le regioni meridionali stanno centrando come dimostra la forte crescita dell’export agroalimentare in particolare per quanto riguarda i prodotti Dop e Igp che vede Campania, Puglia e Sicilia in prima linea, il forte sviluppo del biologico che si concentra tra nel Sud con risultati che staccano la media nazionale ed europea, ma anche una pattuglia consistente di giovani agricoltori.

La filiera

Cambiare le regole del gioco rinazionalizzando la Pac potrebbe colpire pesantemente l’Italia dove la filiera agroalimentare allargata vale oltre 700 miliardi (ultimo dato di Teha-Ambrosetti) ed è diventato il primo settore economico. Il ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida, ha spiegato che l’Italia si è schierata contro il fondo unico, perché «è un’involuzione delle politiche europee». Esi metterebbe in atto un meccanismo complesso: «Devo mandare i soldi a Bruxelles – ha detto il ministro – per poi farmeli restituire e trattare con Bruxelles come li devo spendere». E poi non ci sarebbe più sicurezza sulla disponibilità del budget, poiché a livello nazionale si potrebbe decidere di dirottare parte delle risorse su altri settori. Ma il punto – ha ribadito Lollobrigida – è che «agricoltura e pesca sono settori strategici che garantiscono la libertà dei popoli e per questo il settore primario deve essere protetto».

Toccare i soldi agricoli rischia poi di riaccendere le proteste di un anno e mezzo fa, esplose per l’impatto fortemente penalizzante di misure green che stavano favorendo la chiusura di aziende e allevamenti. Con la “von der Leyen 2” sembrava ormai acquisita l’importanza del settore, più volte sottolineata dalla presidente della Commissione. Ma ora si rischia un pericoloso passo indietro.

Il tema centrale

Il compito di Fitto in questa fase è fondamentale. E proprio dal vice presidente della Commissione è arrivato un annuncio che ha rischiarato il clima cupo di questi giorni. Fitto ha “aperto” all’impiego dei fondi della Coesione per la realizzazione di infrastrutture idriche per l’agricoltura. Tra le priorità di Bruxelles ha infatti inserito l’acqua «un tema centrale in genere, nel comparto dell’agricoltura in modo assoluto».

Un risultato storico, secondo il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, «una svolta attesa da tempo, che ci consentirà finalmente di investire in infrastrutture fondamentali per trattenere l’acqua nei periodi di pioggia e renderla disponibile durante le fasi di emergenza. I bacini di accumulo rappresentano, una delle grandi battaglie di Coldiretti per contrastare la siccità e garantire l’approvvigionamento idrico. Anche l’Europa riconosce oggi che l’acqua è un bene strategico, essenziale non solo per il futuro dell’agricoltura, ma per la crescita economica dell’intero Paese».

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Un appello a non tagliare i fondi e a investire nell’acqua è arrivato anche da Francesco Vincenzi, presidente dell’Anbi (Associazione dei consorzi di gestione e tutela del territorio e delle acque irrigue) che ha chiesto di non abbandonare le aree interne. E ha proposto di finanziare un Fondo strategico per l’acqua e l’agricoltura irrigua emultifunzionale a sostegno delle politiche idriche nazionali ed europee. Senza acqua infatti non si produce cibo di qualità. I cambiamenti climatici, costati all’agricoltura 20 miliardi negli ultimi tre anni, di cui la siccità è una delle conseguenze, rischiano di appannare i successi del Made in Italy a tavola. I raccolti di pomodoro, per esempio, sono calati del 20% in Puglia, un dato che potrebbe impattare sulla Campania dove c’è il maggior numero di imprese di trasformazione penalizzando un prodotto simbolo della Dieta Mediterranea.





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