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«Più studenti americani nelle Università del Sud»


 

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Tra business, sport e cultura tre anni sono passati in un lampo. Ma Tracy Roberts-Pounds, la console generale degli Stati Uniti nel Sud Italia ormai a fine mandato, ricorda ogni momento, ogni scommessa vinta, e soprattutto i volti delle persone incontrate, gli abbracci, le strette di mano in «una città piena di eccellenze e di energia, che non potrò mai dimenticare».

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Console, lei ha lavorato in questi anni per creare condizioni favorevoli alle imprese del Sud Italia che ora hanno maggiori vantaggi e interesse a investire negli Stati Uniti. Come ci è riuscita?
«Girando e guardando da vicino il Mezzogiorno, dalla Campania alla Sicilia, ho scoperto tante aziende che hanno tutte le caratteristiche per investire negli Stati Uniti. Così, attraverso il programma SelectUsa, ho fatto incontrare qui i manager delle aziende meridionali con i rappresentanti degli Stati americani, che hanno offerto loro incentivi e condizioni favorevoli. Dall’Ohio, ad esempio, è arrivata a Napoli una delegazione istituzionale di dieci professionisti».

L’altro obiettivo che ha raggiunto durante il suo mandato è stato portare gli studenti americani nelle Università del Sud. In che modo? Oggi quanti sono i giovani che dagli Stati Uniti studiano in Campania e nel resto del Mezzogiorno?
«L’Italia ha superato l’Inghilterra per numero di studenti americani ma quando sono arrivata a Napoli su 40mila ragazzi solo lo 0,2 per cento sceglieva il Sud per il percorso di laurea. Così ho deciso di creare un collegamento più stretto tra gli Atenei del Sud e gli Stati Uniti mandando innanzitutto rappresentanti delle Università meridionali, da Napoli il Suor Orsola Benincasa, in America. Oggi le sinergie sono maggiori e questo rapporto proficuo e virtuoso proseguirà. Ma sono orgogliosa anche dell’Academy for Women Entrepreneurs, il programma internazionale di imprenditoria femminile promosso dal Dipartimento di Stato Usa, e approdato in Italia con sede a Napoli grazie a una partnership tra la Missione diplomatica degli Stati Uniti in Italia e l’Università degli Studi di Napoli Federico II».

La cultura è un asset fondamentale di sviluppo del territorio, come dimostrano le politiche messe in campo in questi anni a Napoli e in Campania. Ritiene sia possibile intensificare al Sud il rapporto tra pubblico e privati?
«Ho potuto conoscere e apprezzare il lavoro fatto in questi anni dalla cooperativa “La Paranza” nel rione Sanità e ritengo che questo possa essere un modello virtuoso da estendere anche in altre aree di Napoli e del Paese. Un altro esperimento di successo è quello realizzato dalla fondazione Packard a Ercolano, dove pubblico e privati collaborano in modo proficuo. Anche gli Scavi di Pompei, grazie all’impegno dello Stato italiano, sono rinati e oggi sono magnifici».

Durante il suo mandato Napoli ha subìto una profonda trasformazione diventando una delle mete preferite dai turisti, migliorando in sicurezza e accoglienza. Qual è il suo giudizio sulla città e, dal suo osservatorio, ha riscontrato questo cambiamento?
«L’assegnazione dell’America’s Cup, la rinascita di San Giovanni a Teduccio, il computer quantistico costruito qui, ma anche il numero record di turisti: basti pensare che solo dagli Stati Uniti ci sono 41 voli diretti a settimana. Questi sono tutti fatti concreti che mostrano quanto sia profondo il cambiamento a Napoli e nel resto del Sud».

Lei ha mostrato una particolare attenzione anche per lo sport, di cui Napoli sarà capitale europea nel 2026. Proprio lo sport, dal ciclismo alla regate, sta contribuendo al rilancio di questo territorio e della sua immagine.
«Lo sport ha, e deve avere sempre di più, una vocazione sociale. A Napoli questa convinzione è profondamente diffusa. I miei figli hanno praticato lotta libera a Melito e al Cus di Fuorigrotta e avevano come compagni ragazzi provenienti da quartieri difficili. Così lo sport diventa riscatto sociale».

È nota la sua passione verso il Calcio Napoli. Come ha vissuto i due scudetti azzurri durante il suo mandato?
«Due scudetti in tre anni, un’emozione straordinaria. Li ritengo quasi un successo personale, da inserire nel curriculum su Linkedin. Il primo tricolore è stato un riconoscimento verso la città che stava cambiando, mentre l’ultimo è una conferma di un processo in atto e infatti è stato vissuto anche con più maturità dai napoletani, che hanno mostrato grande compostezza, così come le istituzioni – la Prefettura, il Comune, le forze dell’ordine – che ringrazio per lo straordinario lavoro messo in campo».

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Nelle scorse ore il neoambasciatore americano in Italia, Tilman J. Fertitta, è stato per la prima volta a Napoli. Come ha trovato la città?
«È stato per me un privilegio, prima di concludere l’incarico, poter accompagnare l’ambasciatore Fertitta alla scoperta dei luoghi maggiormente significativi di Napoli e del Sud. Lui, originario di Cefalù in Sicilia, è autenticamente un uomo del Sud, e ha voluto immergersi subito nella realtà partenopea preparando una pizza con le sue mani. Ha una personalità molto forte e farà sicuramente bene».

Cosa le lascia Napoli? Tornerà da turista?
«In questi anni si è creato un rapporto di profonda empatia con Napoli e i suoi abitanti, dal venditore di frutta e verdura alla sarta fino ai manager. Un patrimonio di umanità che porterò sempre con me. Tornerò presto, già tra qualche settimana, con la mia famiglia».

Quali sono i ricordi più intensi di questa esperienza?
«Ne ho tantissimi. Penso all’apertura dell’American Corner a Palermo, nato lo scorso ottobre da una partnership tra la Missione diplomatica Usa in Italia e la Fondazione Falcone: il primo nel Sud Italia, dopo Trieste e Pistoia, è uno spazio culturale aperto presso il “Museo del presente Falcone-Borsellino” accessibile a tutti gratuitamente. Ma ricordo con emozione anche la visita alla casa per giovani in difficoltà realizzata in un bene confiscato gestito dalla cooperativa L’Orsa Maggiore, le partite di pallacanestro femminile, il karate come medicina per i ragazzi a rischio, alle celebrazioni per l’80esimo anniversario dello sbarco in Sicilia. A Napoli e nel Sud c’è tanta bellezza. E, per dirla con Luciano De Crescenzo, ovunque sono andata nel mondo ho scoperto che c’è bisogno di un po’ di Napoli».





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