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Ucraina. Frigenti (Gpe): “Il futuro del Paese passa attraverso l’educazione dei bambini”


Si conclude oggi a Roma la Conferenza per la ricostruzione dell’Ucraina. 50 tra ministri e capi di Stato e di governo, 100 delegazioni ufficiali, 40 organizzazioni internazionali ma soprattutto 2.000 imprese, di cui 500 italiane. Per due giorni si sono incontrati, parlati, confrontati. Sul tavolo un impegno economico di almeno 10 miliardi di euro e un Fondo Europeo, annunciato dalla presidente della Commissione Ue, von der Layen. Raggiunta dal Sir alla Conferenza, Frigenti (Global Partnership for Education) insiste sull’importanza di investire nell’educazione: “non c’è alternativa – dice -, non farlo avrebbe costi enormi sulle generazioni future”

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Laura Frigenti, intervento alla Global Partnership for Education (Foto Gpe)

Laura Frigenti, Global Partnership for Education (Foto Gpe)

50 tra ministri e capi di Stato e di governo, 100 delegazioni ufficiali, 40 organizzazioni internazionali ma soprattutto 2.000 imprese, di cui 500 italiane. Per due giorni si sono incontrati, parlati, confrontati. Sul tavolo un impegno economico di almeno 10 miliardi di euro e un Fondo Europeo, annunciato dalla presidente della Commissione Ue, von der Layen. Si conclude oggi, venerdì 11 luglio, la Conferenza per la ricostruzione dell’Ucraina. Laura Frigenti, direttrice generale di Global Partnership for Education (Gpe), non solo ha partecipato alla conferenza ma è anche intervenuta ad uno dei panel in programma dedicato alla educazione e allo sviluppo umano. D’altra parte, la Gpe è un’organizzazione internazionale che opera non solo in Ucraina ma anche in diversi paesi per sostenere – soprattutto in contesti di criticità – l’accesso dei bambini all’istruzione, finanziando la formazione degli insegnanti, sviluppando e diffondendo kit di insegnamento e materiale didattico, costruendo scuole. “L’educazione è un investimento a lungo termine che richiede anni di attenzione e cura continua per dare i risultati”, sottolinea Frigenti. Che subito aggiunge: “Se si interrompe, purtroppo, si rischia di perdere un’intera generazione”.Come è andata la Conferenza di Roma?

Credo che sia andata molto bene. È sempre importante riuscire a far convergere tutti gli attori che stanno contribuendo a questo grande sforzo di sostegno all’Ucraina. Speriamo che presto, nel futuro, possa partire il processo di ricostruzione del paese, non solo dal punto di vista infrastrutturale, ma anche sotto il profilo delle opportunità di crescita economica. Spesso, ci sono riunioni settoriali, che sono sicuramente utili, ma che tendono a far perdere di vista l’insieme. Sicuramente questa conferenza è stata una forte dimostrazione di sostegno all’Ucraina compiendo un grande sforzo per mettere insieme tutti i pezzi del puzzle che costituiranno il processo di ricostruzione. Se mi permette, vorrei sottolineare un altro aspetto importante.

Certo.

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La forte presenza del settore privato. Solitamente, questo tipo di conferenze sono riservate principalmente ai paesi donatori e alle organizzazioni internazionali. E’ qui a Roma c’erano tutti. Ma ciò che mi sembra particolarmente positivo è la partecipazione significativa del settore privato, che è stato riconosciuto sia dalle autorità ucraine che dalla comunità internazionale come un attore necessario in questo processo.

Kharkiv, il “volto” della guerra ha il volto dei bambini (foto suor Olexia)

Ci racconti, come stanno i bambini in Ucraina, in un paese in guerra?

I bambini in Ucraina, in guerra, si trovano in una situazione di grande stress, se non addirittura di shock. Necessitano pertanto di un impegno straordinario per possano – per quanto possibile – trovare una situazione di normalità. Ma questo richiede molteplici interventi. E’ fondamentale, per esempio, che i bambini possano tornare a scuola il prima possibile. Nonostante l’educazione a distanza sia una soluzione possibile – e anche una delle opzioni che abbiamo sostenuto, fornendo tablet e altri dispositivi – sappiamo che, come abbiamo visto anche con i nostri bambini durante il periodo del Covid, non è una soluzione ideale. Non aiuta a sviluppare quelle competenze sociali che sono fondamentali per la crescita emotiva dei bambini, e per il loro inserimento corretto nel contesto sociale e lavorativo. C’è un grande impegno anche delle autorità ucraine che ha comportato la costruzione di scuole e aule all’interno di rifugi, e altre soluzioni creative. In effetti, le condizioni sono difficili, ma la popolazione ucraina si sta mostrando estremamente resiliente.

I bambini, sebbene più fragili sotto certi aspetti, sono anche più capaci di riprendersi e reagire agli shock. La speranza è che i danni non siano permanenti.

Ma si può lavorare per il futuro in un contesto di guerra? E come si fa?

Non solo si può ma si deve fare. Quello che abbiamo visto nelle nostre esperienze, non solo in Ucraina ma anche in numerosi altri paesi in guerra nei quali siamo attivi, è che quando i bambini si allontanano dalla scuola, è molto difficile che riescano a rientrare. E anche quando rientrano, non riescono più a mantenere lo stesso ritmo di prima. Quindi, più breve è il periodo di interruzione, più facile sarà per i bambini recuperare rapidamente e tornare alla normalità.

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Partecipanti alla Conferenza per la ricostruzione in Ucraina (Foto Gpe)

Nelle situazioni dove i conflitti sono in atto, come si fa?

La nostra prima preoccupazione è che i bambini ritrovino la serenità. Portarli a scuola quando sono traumatizzati e in ansia per la propria vita, non è utile: sono fisicamente in classe, ma non imparano. Per questo abbiamo lavorato con le autorità ucraine per rivedere il curriculum scolastico e integrarlo con una serie di strumenti di sostegno psicologico e sociale, per aiutare i bambini a tranquillizzarsi e a ritrovare una certa normalità. Abbiamo anche dovuto formare gli insegnanti affinché fossero in grado di offrire questo tipo di supporto. Gli insegnanti sono giustamente preparati per insegnare le loro materie, ma non sono formati per svolgere il ruolo di psicologi.

Sicuramente, non è una condizione ideale, ma non c’è alternativa: l’interruzione dell’educazione avrebbe costi enormi sulle generazioni future.

Le guerre, prima o poi finiscono, e a rimanere sono i bambini. Cosa significa, quindi, puntare sull’educazione dei più piccoli? E cosa comporta, invece, non farlo?

Tutto il piano di sviluppo e ricostruzione futura dell’Ucraina si basa sul fatto che il paese vuole trasformarsi in un’economia diversa, più moderna, orientata verso settori a maggiore valore aggiunto e maggiormente integrata con la realtà produttiva europea. Per riuscire in questo obiettivo, hanno bisogno di profili professionali adeguati, di capitale umano che possa sostenere questa trasformazione economica. E questa trasformazione è possibile solo attraverso l’educazione. Pertanto, la mancanza di investimenti nel settore educativo riduce enormemente le prospettive future dell’Ucraina, sia a livello sociale che economico.

Senza un sistema educativo solido, le opportunità per il paese si restringono drasticamente.





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