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Patuelli (ABI): “Occorre disinnescare i rischi di protezionismi e nuovi dazi; serve trasformare il MES in organismo UE”


Antonio Patuelli, Presidente dell’ABI, in occasione dell’Assemblea ABI 2025 ha dichiarato:

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Viviamo indescrivibili preoccupazioni per i conflitti in Europa e in Medio Oriente, i più gravi dopo la seconda guerra mondiale.
Angosciano il brutale uso della forza e gli aspetti umanitari, con infinite perdite di vite umane e i rischi che le guerre si incancreniscano e si diffondano. Ha ragione Papa Leone XIV che occorre disarmare le parole.
Poi vi sono le preoccupazioni per le ricadute sull’economia, la fiducia internazionale, i commerci, i costi dell’energia, con i rischi di ripresa dell’inflazione e dei tassi. Di fronte alle crisi, le banche sono molto esposte, come più complessi e sensibili anelli di connessione fra i fattori dell’economia.
Inoltre viviamo una fase inedita di grandi incertezze fra le due sponde dell’Atlantico.
Permangono troppo alti costi energetici soprattutto per imprese e famiglie italiane.

Due agenzie internazionali di rating e il Fondo Monetario Internazionale hanno giustamente migliorato le valutazioni sull’Italia (cui hanno concorso anche le banche), ma i conflitti rischiano di appesantire l’economia. Occorre che l’Unione Europea assuma rapidamente maggiori responsabilità, con nuove regole istituzionali, per non essere paralizzata da veti di piccole minoranze, e realizzando nuovi obiettivi d’integrazione. Un salto di qualità necessita anche il MES, pensato in altre epoche come strumento intergovernativo: occorre trasformare il MES in un organismo della UE, con le stesse regole di trasparenza della BCE verso il Parlamento Europeo e con finalità più coerenti alle nuove sfide.

Le regole di Basilea 3+ prudenziali per le banche, a lungo negoziate e concordate fra le Banche Centrali d’Occidente, non stanno entrando in vigore contemporaneamente e subiscono differenti applicazioni che alterano la concorrenza: tali disparità hanno preceduto l’annunzio dell’introduzione o accentuazione di dazi che contraddirebbero le libertà regolate dei mercati.
Se si sviluppassero guerre commerciali, i mercati ne soffrirebbero, aumenterebbero le incertezze per le imprese, i crediti potrebbero deteriorarsi maggiormente e le banche ne subirebbero gli effetti.
Si rischierebbe una nuova recessione.

Occorre disinnescare i rischi di protezionismi e nuovi dazi, misure vecchie quanto il mondo, che penalizzano il libero mercato, le crescite economiche e sociali e la prosperità globale. Non basta cercare di evitare nuovi dazi: occorre più dinamismo, semplificando, non abolendo le norme europee e italiane. Occorre riesaminare i fattori economici per favorire più cospicui e stabili investimenti produttivi del risparmio e degli utili delle imprese.

Concordiamo col Presidente di Confindustria Orsini: o viene potenziata l’IRES premiale, o viene ripristinata l’ACE per patrimonializzare e incrementare gli investimenti delle imprese. Vi è più offerta di credito, con grande concorrenza da parte delle banche: le famiglie stanno incrementando gli investimenti soprattutto nella casa, mentre innanzitutto le incertezze internazionali rallentano le scelte di investimenti delle imprese che evidenziano elementi di ripresa in varie regioni italiane.
Rinnovate garanzie possono incoraggiare nuovi investimenti delle imprese.

 

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Finché non vi saranno gli auspicati codici europei di diritto bancario, finanziario, tributario e penale dell’economia, occorre che le politiche nazionali garantiscano un equo quadro competitivo nell’Unione europea.
Ha ragione il Governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta: le libertà “di commerciare beni e servizi, di investire attraverso le frontiere e condividere conoscenze e idee” sono “prerequisiti per assicurare prosperità e pace”.

Per Luigi Einaudi “la pianta della concorrenza non nasce da sola, non è un albero secolare che la tempesta furiosa non riesca a scuotere; è un arboscello delicato il quale deve essere difeso con affetto contro le malattie dell’egoismo e degli interessi particolari e sostenuto attentamente contro i pericoli che d’ogni parte del firmamento economico lo minacciano”.
La concorrenza va sviluppata e tutelata sempre, anche fra banche e attori finanziari non tradizionali che debbono applicare identiche normative.

Occorre far progredire l’Unione bancaria europea, bloccata per un decennio da discussioni sulla garanzia europea sui depositi (ora è dei Fondi interbancari nazionali) e di connessi limiti alla detenzione del debito pubblico da parte delle banche.
L’Unione bancaria europea deve passare rapidamente dalla prevalente Unione di Vigilanza, all’Unione anche delle regole societarie, del mercato, del risparmio e degli investimenti.

Concordo col Governatore Panetta: “la semplificazione deve iniziare dall’armonizzazione normativa tra gli Stati membri, evitando che gli operatori attivi su più mercati debbano confrontarsi con regole diverse.
Nel settore bancario l’obiettivo deve essere la predisposizione di un corpus normativo coerente a livello europeo, fondato su un “testo unico” valido in tutti i paesi”. Tutto ciò deve garantire uguaglianza dei punti di partenza nella competizione, con regole uniche di democrazia economica europea.

La Commissione Europea ha finalmente approvato la proposta di Unione del Risparmio e degli Investimenti, per accelerare le Unioni bancaria e del mercato dei capitali, per favorire gli investimenti del risparmio per la competitività e lo sviluppo.
E’ una svolta positiva che recepisce diverse nostre richieste, con scadenze vicine, che si assomma alle nuove proposte della Commissione per semplificare le norme per un’economia più sostenibile.
Occorre ridurre gli adempimenti burocratici per gli obiettivi di sostenibilità che debbono essere perseguiti senza scaricare sulle banche compiti impropri.

Le maggiori sensibilità ambientali, sociali e di governance rappresentano prioritarie strategie da perseguire giorno per giorno, per una società più giusta, non accrescendo la già eccessiva burocratizzazione.

L’Europa unita ha assicurato oltre 70 anni di pace. Anche per queste ragioni, occorre fermare le guerre.
Ha ragione il Presidente Sergio Mattarella: “gli egoismi nazionali e le chiusure protezionistiche sono fallimentari.

Vi è anche un’urgenza sociale: più che redditi minimi servono nuovi lavori, come chiedono i giovani e le famiglie.
Cresce il divario sociale e lo dimostra l’aumento dei depositi bancari soprattutto dei clienti più ricchi. Molti giovani e donne restano esclusi dal mercato del lavoro. Occorre rilanciare un nuovo patto generazionale e sociale per lo sviluppo.

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Serve un grande sforzo pubblico e privato per nuove assunzioni. Vi sono vincoli di bilancio pubblico, ma non vi sono vincoli per incrementare e riqualificare gli investimenti pubblici, anche con dismissioni e valorizzazioni immobiliari. Occorre anche una vera strategia nazionale per il Mezzogiorno, non solo per utilizzare i fondi europei. Va garantita la sicurezza personale e pubblica contro ogni violenza. Occorrono più risorse per la giustizia, per la legalità economica e sociale, per la tutela dei risparmiatori e dei cittadini.

L’economia italiana ha superato meglio di altre la pandemia, l’inflazione e i tassi d’interesse, grazie anche a imprese e famiglie, al sistema del credito e alle parti sociali. Ma non bisogna cullarsi. Sussistono limiti e fragilità strutturali.
Le previsioni di crescita si riducono. In Italia serve maggiore produttività, come ci chiedono le istituzioni europee, la Banca d’Italia, l’Ufficio Parlamentare di Bilancio.

È migliorato il rapporto fra debito pubblico e PIL, ma resta fra i più alti al mondo. Cresce il debito delle Pubbliche Amministrazioni verso imprese e servizi. Servono efficienze, selezioni della spesa, semplificazioni, valutazioni d’impatto e risultati. Si tratta di interventi a costo zero che possono sprigionare risorse, fiducia, equità e sviluppo.

Le preoccupazioni internazionali stanno accentuando i rischi di erosione delle basi industriali italiane ed europee. Occorrono meno incertezze e più fiducia e investimenti. Meno ostacoli burocratici, fiscali, giudiziari e più efficienza e produttività. Serve un nuovo patto produttivo, con una nuova politica industriale, energetica, digitale, ambientale, culturale e formativa. Occorre anche tutelare le risorse naturali, a cominciare dall’acqua, bene primario. L’agricoltura italiana è presidio alimentare, sociale, ambientale e va valorizzata.”





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