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“Il Sud locomotiva del Paese”. Videomessaggio di Meloni agli Industriali di Napoli


Napoli, 11 luglio 2025 – “Se il Sud cresce non lo fa a scapito delle altre Regioni, lo fa a beneficio di tutta la nazione. Anzi, se consideriamo il potenziale di sviluppo del Mezzogiorno, il Sud può essere il volano dell’economia nazionale e lo sta dimostrando negli ultimi anni con tassi di crescita sia economica che occupazionale superiori alla media nazionale”. La premier, Giorgia Meloni, interviene a sorpresa, con un videomessaggio, all’assemblea dell’Unione degli Industriali di Napoli. E lo fa per ribadire quel cambio di passo che le statistiche ufficiali hanno messo nero su bianco e che continua ad essere ignorato da gran parte della narrazione sul Sud. L’appuntamento annuale degli imprenditori meridionali diventa così l’occasione per delineare, tassello dopo tassello, la strategia messa in campo dall’esecutivo per rafforzare e accelerare il processo di crescita.

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I numeri della rimonta

Del resto, i numeri snocciolati dal Direttore del Centro Studi di Confindustria, Alessandro Fontana, sono eloquenti: fra il 2020 e il 2023 il Pil del Mezzogiorno è cresciuto più che altrove: 7,1% contro la media italiana del 4,8%, Centro +2,8% e Nord +5,1%. Senza il Mezzogiorno la crescita del PIL italiano sarebbe stata di mezzo punto percentuale più bassa (4,3% invece di 4,8%). Segno anche della profonda interdipendenza delle due aree del Paese e della necessità di andare oltre la logica delle contrapposizioni. Dal pre-pandemia, l’occupazione nelle regioni del Mezzogiorno è cresciuta del 5,8% contro il 3,6% in media in Italia; più del doppio del Nord (2,3%). Circa 2 punti in più delle regioni del Centro (+3,9%). Più del 40% dell’aumento di occupazione registrato in Italia è avvenuto nelle regioni del Sud: +355mila unità su 823mila. Dal pre-pandemia, tra le regioni, spicca la crescita dell’occupazione in Sicilia (+10,0%), in Puglia (+7,2%) e Campania (+6,1%).

Investimenti e Pnrr

Lo spiega bene il ministro delle imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che ha appena inaugurato ad Avellino una linea produttiva nel settore dell’automotive. E ricorda come nel 2024 c’è stato un record nell’attrazione degli investimenti greenfield dall’estero, circa 35 miliardi di euro, più della Francia e della Germania. “Ma per consolidare il processo occorre una svolta nelle politiche industriali europee”. Per Tommaso Foti, responsabile del dicastero che si occupa del Pnrr e delle politiche comunitarie, altro ministro presente a Napoli, il “Mezzogiorno è seduto su un pacco di miliardi. Una buona legge di bilancio va sui 20-25 miliardi. Avere 125 miliardi al Mezzogiorno, tra Pnrr e fondi di coesione, significa avere cinque leggi di bilancio”. Ma non basta. Perché, sottolinea Foti, “c’è la possibilità che il Mezzogiorno diventi centrale anche rispetto alle politiche europee”. Per quanto riguarda il Pnrr, il ministro ricorda che dei 74 miliardi destinati al Sud (su un totale di 194), quasi 19 sono concentrati in Campania, con circa 26 mila progetti. Mentre, complessivamente, la spesa impegnata dai Comuni si attesta sui 26 miliardi di euro. “E’ una sfida sotto il profilo amministrativo, politico e del Paese – avverte Foti – ora è compito di tutti accelerare la spesa”. Anche perché, come ha sottolineato il vicepresidente della Commissione Europea, Raffaele Fitto, non c’è alcuna possibilità di arrivare ad una proroga. “Vorrebbe dire modificare tre regolamenti, servirebbe l’unanimità degli Stati membri e la ratifica di numerosi Parlamenti nazionali”, chiarisce.

Flessibilità e rimodulazione

Ma questo non significa che siamo condannati a perdere i fondi. Con i meccanismi di “flessibilità” e di “rimodulazione” su altri capitoli delle risorse per la Coesione è, infatti, possibile per i paesi spostare su altre fonti di finanziamento i progetti che non possono essere conclusi entro il 2026. “Sembra che i dati del Sud siano oggettivamente positivi, migliori del resto del Paese nell’ultimo anno in modo chiaro ma anche negli ultimi tre anni. Questo è frutto di una serie di scelte – ha aggiunto il vicepresidente della Commissione Ue – Mi piace ricordare per esempio il contributo importante che uno strumento come la Zona economica speciale unica sta dando in termini di semplificazione di incentivo, ma penso anche che sia importante sottolineare, come nell’ambito della dinamica del Mezzogiorno, l’impatto delle risorse del Pnrr stia incidendo in modo molto positivo. Bisogna proseguire – ha proseguito – in questa dimensione costruendo una prospettiva per quest’area nel contesto europeo. Il Sud è al centro del Mediterraneo e può giocare un ruolo da protagonista anche nella nuova dinamica geopolitica”.

Per la crescita del Sud serve, aveva spiegato poco prima il presidente dell’Unione Industriale di Napoli, Costanzo Jannotti Pecci nella sua relazione all’assemblea annuale, occorre “imprimere una forte ulteriore svolta” che passa attraverso le infrastrutture logistiche ed energetiche. Bisogna connettere il Sud con il Sud: Napoli con Bari, Salerno con Reggio Calabria. Serve una cabina di regia nazionale. Dobbiamo proseguire negli indispensabili investimenti sulla rete per favorire il processo di transizione energetica, con un rigoroso cronoprogramma”. Una visione unitaria ribadita anche dal sottosegretario con la Delega al Mezzogiorno, Luigi Sbarra, alla sua prima uscita ufficiale: “Il Sud per continuare a crescere deve puntare su ‘quattro leve’ – ha spiegato – Una visione unitaria, risorse certe, una spesa veloce ed efficace”.

Dazi e energia

Ma sullo scenario europeo e italiano c’è sempre l’incognita dei dazi. Un tema che è stata al centro dell’intervista della direttrice di Quotidiano Nazionale, Agnese Pini, al presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, che ha chiuso l’assemblea degli industriali di Napoli. “La letterina se fosse ottimale sarebbe a dazi zero. E’ ovvio che stiamo dicendo di negoziare anche perché abbiamo diverse carte da giocare, dall’energia alla difesa fino alle big tech. Ma deve essere il più basso possibile perché non dobbiamo mai dimenticare che, per effetto del cambio, oggi dobbiamo sopportare un peso fra il 10% e il 14%. Se aggiungiamo alla svalutazione del dollaro l’aumento dei dazi al 10%, abbiamo un impatto di oltre il 20% con alcuni settori che non riusciranno a reggere l’impatto e a rimanere competitive. Servono perciò compensazioni”. Ma al centro della tavola rotonda anche il tema dell’energia, con il numero uno di Confindustria che ha ribadito la necessità della scelta del nucleare. Ma, si tratta, ha avvertito, di un processo lento. Nel frattempo si possono fare molte altre cose per ridurre i costi dell’energia. A cominciare dal disaccopiamento dei prezzi del gas fino ad una serie di interventi per capire i motivi che spingono verso l’alto le attuali quotazioni.

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