Retex è una MarTech company italiana che affianca i brand nella trasformazione digitale, con un focus particolare sui settori retail e consumer. Innovativa per vocazione, Retex ha scelto di integrare la sostenibilità nel proprio modello di business in modo trasversale, creando una divisione dedicata, ESG Advisory, che oggi supporta le aziende, con un focus particolare sulle PMI, nei percorsi di trasformazione sostenibile.
La sua ultima Relazione di Sostenibilità testimonia l’impegno concreto anche come società: Retex è Società Benefit, ha già raggiunto l’obiettivo Scope 2 di decarbonizzazione ed è tra le pochissime aziende italiane ad avere obiettivi net-zero validati da SBTi. La sostenibilità, qui, è vissuta come elemento identitario: dal bilanciamento di genere (le donne sono il 43% del personale, contro il 18% della media delle Tech italiane) fino all’adozione di tecnologie responsabili.
Ne parliamo con Zornitza Kratchmarova, ESG Lead di Retex, per capire come si coniugano innovazione, governance sostenibile e impatto concreto in un contesto in cui anche le PMI stanno riscrivendo la propria competitività attraverso l’ESG.
Retex è una società tecnologica e innovativa. Come si inserisce la sostenibilità nella vostra attività?
La nostra divisone che si occupa di sostenibilità, ESG Advisory, opera in modo trasversale a supporto di tutta l’azienda. È nata perché noi per primi, come azienda, abbiamo abbracciato un percorso di sostenibilità. Nel tempo, abbiamo accumulato competenze ed esperienze che abbiamo deciso di mettere a disposizione del mercato, anche per completare l’offerta di consulenza dell’intera organizzazione.
Il nostro posizionamento è quello di accompagnare le aziende in un percorso di trasformazione per diventare quelle che noi chiamiamo Good Companies. Con questo termine intendiamo imprese che adottano modelli di business sostenibili, attraverso i quali sono capaci di contribuire in modo concreto al raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’ONU.
I progetti che sviluppiamo non sono quindi solo un complemento di altre attività aziendali, ma ESG Advisory opera come vera e propria realtà consulenziale focalizzata su queste tematiche.
Quali servizi di consulenza offrite?
Il nostro intervento si articola su cinque pilastri, a partire da quello che chiamiamo Governance e Strategy, che include la definizione di piani strategici di sostenibilità. La governance per noi è un punto di partenza fondamentale perché se non c’è una visione chiara e una leadership convinta, è difficile ottenere risultati concreti. Pensiamo che non possa esserci una trasformazione se manca un vero impegno. È per questo che lavoriamo anche su percorsi di cambiamento, come il passaggio a Società Benefit o l’ottenimento di certificazioni e validazioni, per esempio quello di B Corp, oppure la redazione di documenti fondamentali come il Codice Etico e di Condotta.
A questo si aggiunge tutto il tema della catena di fornitura sostenibile oppure attività di analisi, ricerca e benchmarking, per comprendere cosa stanno facendo i competitor nel campo della sostenibilità. Lavoriamo poi molto nell’ambito del reporting, che rappresenta uno dei focus principali, perché la maggior parte dei nostri clienti ci coinvolge proprio su questo fronte. Realizziamo diversi tipi di bilanci di sostenibilità: da quello più snello, che chiamiamo report di impatto (ispirato ai principi GRI, ma con un approccio più light), fino ai report integrati completi secondo la direttiva CSRD.
A quale tipologia di aziende vi rivolgete?
Ci rivolgiamo soprattutto alle PMI, che spesso sono interessate a quello che rappresenta il nostro terzo pilastro dopo governance e reporting, cioè l’accompagnamento alle certificazioni, l’adesione a network o l’ottenimento di validazioni. Spesso le imprese di minori dimensioni non dispongono ancora di questa documentazione, ma è da lì che bisogna iniziare per costruire un percorso solido. Sempre più spesso, infatti, per partecipare a gare o bandi pubblici, è necessario dimostrare di possedere determinati requisiti legati alla sostenibilità. Un esempio è la certificazione UNI/PdR 125 sulla parità di genere, che sta riscuotendo grande interesse. Oltre al valore etico, questa certificazione garantisce vantaggi pratici molto rilevanti: permette di ottenere punteggi premiali nelle gare pubbliche, sia italiane sia europee, e consente anche un risparmio fiscale, pari all’1% dell’IRPEF per tre anni, fino a un massimo di 50.000 euro all’anno.
Nel nostro caso, tutte queste pratiche le sperimentiamo prima su noi stessi: le adottiamo internamente e solo successivamente le proponiamo ai nostri clienti. Crediamo che questo approccio sia il più credibile, perché ci consente di parlare con cognizione di causa. Non ci limitiamo a conoscerle in teoria, ma le viviamo e ci crediamo davvero.
Gli altri ambiti nei quali operiamo sono quello della formazione, dove forniamo percorsi personalizzati su richiesta delle aziende o moduli formativi per chi vuole iniziare a orientarsi nel percorso di sostenibilità.
L’ultimo pilastro è quello della comunicazione per il quale collaboriamo con la nostra controllata Connexia.
Recentemente avete ottenuto la validazione dei vostri obiettivi di decarbonizzazione da SBTi. Come mai avete scelto un percorso così rigoroso e quali sono le azioni che metterete in campo per raggiungere gli obiettivi?
L’adesione a SBTi per noi significa volere dare un segnale concreto di impegno. E SBTi, nata con gli Accordi di Parigi, rappresenta un’eccellenza per accompagnare le aziende nella decarbonizzazione con un percorso basato su dati, metriche e obiettivi scientifici. In Italia, a oggi, sono solo 34 le aziende che hanno obiettivi validati al 2050.
Lavoreremo quindi sullo Scope 1 e anche sullo Scope 3, mentre abbiamo già raggiunto l’obiettivo di decarbonizzazione legato allo Scope 2, in quanto già dallo scorso anno utilizziamo il 100% di energia da fonti rinnovabili. Abbiamo poi in programma il passaggio ad auto ibride ed elettriche di tutto il parco aziendale.
Nonostante siate una tech company, gran parte dei dipendenti sono donne. Che valore ha per voi la diversity e come la promuovete?
Gli ultimi dati ci dicono che siamo arrivati al 43% di presenza femminile. È un risultato altissimo, soprattutto considerando che in Italia, secondo Eurostat, la media della presenza femminile nelle aziende tech si aggira intorno al 18%.
Per noi la parità di genere è un obiettivo importante anche in ottica futura, per attrarre nuovi talenti e, soprattutto, per trattenerli ed è il motivo per cui siamo stati la prima MarTech a ottenere la certificazione della parità di genere, uno strumento che reputo estremamente valido perché non è un riconoscimento fine a se stesso, ma un vero e proprio punto di partenza in ottica di miglioramento.
La certificazione, infatti, non esamina solo elementi qualitativi come policy, iniziative e cultura aziendale, ma fa riferimento a KPI numerici oggettivi e misurabili. Nel nostro caso tra gli obiettivi c’è quello di colmare il gender gap che è ancora presente, rispecchiando una realtà italiana in cui, secondo i dati ISTAT, il divario retributivo medio tocca il 20%. La leva retributiva è quindi uno dei modi più concreti per far capire che si fa sul serio.
Come mai avete deciso di diventare Società Benefit?
La decisione di diventare una Società Benefit nasce dalla convinzione che solo le aziende che adottano un approccio integrato, in cui gli obiettivi economico-finanziari sono connessi con l’impatto sociale e ambientale, abbiano davvero un futuro. Questa visione si traduce in scelte concrete a partire dalla trasformazione in Società Benefit, all’adesione al Global Compact delle Nazioni Unite, fino al conseguimento di certificazioni e standard etici. La sostenibilità per noi non è un progetto a sé, ma un elemento integrato nella governance, è il modo in cui facciamo impresa ogni giorno.
E questo si riflette nel modo in cui agiamo nelle tre aree chiave. Innanzitutto le persone che, come società di consulenza, rappresentano il nostro capitale principale. Se non mettiamo al centro il loro benessere, le condizioni di lavoro, la valorizzazione del talento, semplicemente non esistiamo. Poi l’ambiente, anche se non siamo un’azienda industriale, sappiamo bene che il nostro lavoro, compresa l’adozione di tecnologie come l’AI, ha un impatto ambientale non trascurabile. E infine la comunità, rappresentata dai nostri fornitori, i partner e tutto l’ecosistema in cui operiamo. Siamo parte di una rete e abbiamo una responsabilità anche verso l’esterno.
Come stanno reagendo le aziende alla riduzione di alcuni obblighi di trasparenza in materia ESG introdotta dalla direttiva Omnibus?
In generale, le grandi aziende e le multinazionali non stanno facendo marcia indietro sia per convinzione sia perché avevano già processi molto strutturati e sono soggette a normative che non sono venute meno.
Diverso il discorso per le PMI, per le quali il quadro è più variegato. Alcune mostrano una tendenza a volere prendere un po’ più di tempo per capire come approcciare la propria trasformazione, ma nessuna, almeno tra quelle che conosciamo noi, ha davvero fermato i motori. Si procede per priorità, anche perché il contesto economico non è dei più semplici, e va considerato dove e come ci si sta muovendo. D’altronde le imprese, anche quelle che storicamente erano più lontane dai temi della sostenibilità, si sono rese conto che la sostenibilità è ormai strategica per il business. Anche solo per accedere a certi bandi di gara, non puoi permetterti di restare indietro.
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