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AI: come farne un’alleata della creatività nella comunicazione


L’intelligenza artificiale sta riscrivendo le regole della comunicazione: che si tratti di costruire una notizia, generare contenuti digitali, identificare nuovi canali e nuovi interlocutori, l’AI sta ridefinendo non solo i processi ma anche le stesse storiche basi dell’ingaggio con media e clienti.

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AI come alleato strategico nella comunicazione moderna

Per i professionisti del settore si tratta di una rivoluzione che può aprire nuove e interessanti prospettive di crescita, a patto di far fruttare quello che in questo ambito è da sempre il vero fattore differenziante: la creatività umana. Al tema è stato dedicato un recente webinar organizzato da Axicom, con la partecipazione di esperti di Microsoft e EY. Dall’incontro sono emersi alcuni interessanti spunti di discussione.

La fiducia nel contenuto: il ruolo dell’intervento umano

La prima lezione, e forse la più importante, è che l’AI non è un nemico da temere, ma un alleato con cui collaborare. E che può giocare a vantaggio di tutti gli attori della filiera della comunicazione. Secondo una recente indagine, ad esempio, 3 giornalisti su 4 nell’area EMEA sarebbero disposti a considerare contenuti generati dall’AI. Il punto di rottura? Che ogni contenuto sia verificato, controllato, integrato dall’intervento umano.

La preoccupazione principale (e parliamo del 72% di giornalisti intervistati in EMEA) è che i contenuti generati dall’AI presentino errori fattuali. Un’eventualità, questa, che non si risolve con un “errata corrige” ma può avere conseguenze sul rapporto di fiducia tra comunicatori e giornalisti che sta alla base della professione, e che danneggia la reputazione delle imprese che a quei comunicatori si sono affidate.

È il caso quindi di dimenticare le fantasie distopiche di robot che prendono il controllo: l’AI è qui per aumentare le nostre capacità, non per sostituirci.

Storytelling e AI: come migliorare la reattività alle tendenze

Poter automatizzare compiti ripetitivi o che richiedono molto tempo, come la trascrizione di documenti, l’identificazione delle fonti o la generazione di sintesi di testo, permette di liberare tempo prezioso per concentrarsi su strategie creative e innovative.

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Un altro aspetto cruciale è lo storytelling. L’AI può aiutare a reagire più rapidamente alle notizie, a identificare le tendenze emergenti e a creare storie più coinvolgenti. Immaginiamo di poter analizzare migliaia di articoli in pochi secondi, individuando i temi più rilevanti e personalizzando i messaggi per il pubblico. Inoltre, l’AI può condurre ricerche iterative e conversazionali, ponendo domande via via più specifiche e ottenendo risposte sempre più precise.

L’esperienza umana come garanzia di qualità nei contenuti AI

È evidente però che questa interazione può essere possibile e fruttuosa solo se dall’altra parte c’è un’esperienza umana in grado di “sfidare” l’AI sui contenuti che propone, verificandone accuratezza, imparzialità e allineamento con il brand.

Il buon senso, l’intuito e la conoscenza umana sono ancora i superpoteri più importanti. La stessa indagine mette in evidenza come per il 49% giornalisti a livello globale ciò che determina se un approfondimento, un contenuto o una proposta di intervista vengono accettati o scartati è la capacità di fornire un punto di vista unico, uno story angle nuovo.

Interessante notare come questo fattore venga immediatamente dopo alla necessità di dati e statistiche rilevanti: come a voler sottolineare che i numeri, senza un commento esperto e di sostanza, non bastano a supportare efficacemente il lavoro di redazione.

Implementazione graduale dell’intelligenza artificiale in azienda

Ma come si fa a trasformare questa visione in realtà? La chiave è la costanza. Non basta acquistare un software di AI e sperare che faccia miracoli. Bisogna integrarlo gradualmente nei flussi di lavoro quotidiani, incoraggiando i team a sperimentare e a scoprire come può migliorare produttività e creatività, assicurandosi che tutti vi abbiano accesso. Per questo è necessario offrire formazione, organizzare sessioni di prova e creare un ambiente in cui l’apprendimento e la sperimentazione siano incoraggiati.

Competenze umane insostituibili nell’era dell’automazione

Naturalmente, è normale che ci siano delle preoccupazioni. Molti temono che l’AI possa portare alla perdita di posti di lavoro. Ma su una cosa gli esperti concordano: l’intelligenza artificiale non è una minaccia, ma un’opportunità per elevare il pensiero strategico e la capacità di analisi. Invece di preoccuparsi di essere sostituiti, i professionisti della comunicazione dovrebbero concentrarsi sullo sviluppo di competenze che l’AI non può replicare: la creatività, l’empatia e il pensiero critico. Parafrasando le conclusioni del recente esperimento del Foglio con l’AI, finché esistono storie di imprenditrici e imprenditori, linee editoriali ben definite e interessi peculiari di ogni singolo giornalista con cui entriamo in contatto, la comunicazione avrà ancora bisogno di essere fatta dall’essere umano.

Evoluzione professionale e valutazione delle competenze

E a proposito di competenze, è il momento di prepararsi anche a un cambiamento nel modo in cui vengono valutati i candidati. In futuro, le doti di personalità, la capacità di risolvere problemi complessi e la comprensione del business potrebbero essere più importanti delle pure competenze di comunicazione.

L’AI può gestire la ricerca e le attività tattiche, ma non può sostituire l’intuizione e il giudizio umano. Anche dalla prospettiva della relazione tra professionisti della comunicazione e brand valgono le stesse regole: conoscere i punti di forza di un brand e dei suoi esponenti e saperli mettere in relazione con le diverse audience è una capacità che l’AI non può sviluppare. Inoltre, identificare necessità emergenti all’interno del business dei clienti, o fornire proattivamente nuovi formati e canali per incrementarne la visibilità, sono azioni che l’AI può decisamente supportare, ma che non sorgerebbero senza un intuito e una propositività insita all’essere umano.

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Etica e responsabilità nell’uso dell’intelligenza artificiale

Infine, non bisogna dimenticare l’etica. L’AI deve essere utilizzata in modo responsabile e trasparente, rispettando la privacy degli utenti ed evitando la diffusione di informazioni false o fuorvianti.

In EMEA, infatti, il 43% dei giornalisti è preoccupato per la violazione di copyright e per accuse di plagio nell’utilizzo di contenuti generati dall’AI, mentre il 35% è preoccupato per la presenza di pregiudizi nelle informazioni fornite.

Ancora una volta, l’occhio e la mente umana sono indispensabili per garantire l’originalità e l’autenticità della comunicazione e assicurare che l’immagine dei brand non risulti ingannevole o perfino discriminatoria.

Approccio pratico all’integrazione dell’ai nei processi quotidiani

È importante sottolineare che l’AI non è solo per i grandi progetti. Può anche essere utilizzata per risolvere piccoli problemi quotidiani, come automatizzare compiti ripetitivi, come ad esempio la ricerca di informazioni o la creazione di report; progetti relativamente semplici, che però mostrano in modo immediato il beneficio che portano. Partire a piccoli passi, esercitare l’abitudine all’AI, può essere un ottimo modo per iniziare a verificarne gli impatti all’interno dei flussi dell’organizzazione e nei risultati verso clienti e audience di riferimento, rendendola a misura del nostro lavoro.



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