(Intervista di Alessandro Caruso pubblicata su L’Economista, inserto de Il Riformista)
Il rilancio del Paese passa anche – e soprattutto – dalle infrastrutture. È questa la convinzione alla base dell’impegno del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, che con il decreto Infrastrutture punta a sbloccare cantieri, semplificare procedure e avviare una nuova stagione di grandi opere. Dalla cura del ferro alla transizione energetica, dalla logistica al trasporto merci e passeggeri, senza dimenticare la centralità della digitalizzazione e il contrasto alla carenza di autisti: una visione articolata, concreta, che guarda al futuro tenendo insieme sviluppo, sostenibilità e competitività. Tullio Ferrante, sottosegretario alle Infrastrutture e trasporti, spiega la strategia: «Transizione verso l’elettrico e le energie pulite va bene. Ma compatibilmente con la salvaguardia dell’economia reale».
Partiamo dal Decreto Infrastrutture. Qual è la ratio della normativa? Quale indirizzo è stato pensato per rispondere alle esigenze del Paese?
«Il decreto è un tassello fondamentale del più ampio mosaico di interventi che, come Mit, stiamo mettendo in campo per la crescita del Paese. Un provvedimento che consente di sbloccare i cantieri, semplificare le procedure e rilanciare lo sviluppo infrastrutturale. Si accelera la realizzazione delle grandi opere, a partire dal Ponte di Messina, con l’avvio dei cantieri ormai imminente. Si introducono innovazioni importanti in tema di appalti pubblici, per il rinnovo delle concessioni autostradali e sul trasporto ferroviario a lunga percorrenza. Il Parlamento potrà rafforzare ulteriormente questo provvedimento che va incontro alle istanze di cittadini e imprese».
E poi c’è il tema della mobilità sostenibile, qual è il suo approccio?
«La sostenibilità è un obiettivo irrinunciabile, soprattutto nel settore dei trasporti, che dev’essere raggiunto attraverso una strategia pragmatica. Come Mit stiamo attuando una vera e propria cura del ferro per rendere sempre più performante il vettore ferroviario e mettere contestualmente quello su gomma al centro di un percorso di qualità. Lo confermano i 124 miliardi previsti dal piano di investimenti nell’ambito del Contratto di programma 2022-2026 tra Mit e Rfi, cui si aggiungono 23 miliardi di euro di risorse del Pnrr. Il costante confronto con le categorie economiche e produttive è essenziale per coniugare tutela ambientale e crescita economica».
Tuttavia l’elettrico fatica a diventare elemento trainante del comparto trasporti.
«Quello della transizione green è un percorso complesso, che è necessario percorrere ma in maniera sostenibile per il tessuto produttivo. Stiamo investendo, ad esempio, oltre 1 miliardo sull’elettrificazione di 41 porti della rete Ten-t entro il 2026. Il cold ironing consentirà di ridurre del 78% le emissioni di Co2 dovute alla sosta delle navi nei porti, che di fatto si trasformeranno in comunità energetiche. Stiamo investendo anche 29 miliardi di euro per un sistema di trasporto pubblico locale e rapido di massa ad ‘emissioni 0’, ma è evidente che la transizione verso l’elettrico e le energie pulite dev’essere compatibile con la salvaguardia dell’economia reale».
La rimodulazione del Pnrr ha riguardato anche il sistema di incentivazione a supporto dell’elettrico. Ritiene che sia stato un investimento strategico o necessario?
«La revisione del Pnrr rispetto agli incentivi per l’elettrico risponde alla necessità di adattare il Piano ai risultati concreti. In Italia abbiamo oltre 64mila punti di ricarica, con un rapporto di 19 colonnine ogni 100 auto elettriche che è di molto superiore a Paesi come Francia e Germania. Tuttavia, su 6 nuovi bandi emessi per i punti di ricarica, le domande sono state solo 12mila con 140 milioni impegnati su 737 disponibili. Per questo, il ministro Tommaso Foti ha avanzato la proposta di utilizzare i restanti 597 milioni per incentivare l’acquisto di auto elettriche: una proposta di buonsenso, magari introducendo anche meccanismi per favorire le famiglie a basso reddito».
Dalla terra al cielo. Il comparto aereo sta puntando molto anche sul trasporto cargo. È notizia degli ultimi giorni il riconoscimento di Malpensa come “Aeroporto dell’anno” nella categoria “Hub” nell’ambito di “Air Cargo Europe”, addirittura davanti a Bangalore, Monaco di Baviera e Bruxelles. Cosa significa questo riconoscimento?
«Si tratta di un traguardo importante per lo scalo milanese, primo aeroporto italiano per volume di merci e secondo per traffico passeggeri. Un riconoscimento della capacità operativa di Malpensa, che dimostra il suo impatto strategico per lo sviluppo economico e il suo ruolo al centro della logistica internazionale. Sono orgoglioso che il premio “Aeroporto dell’anno” nella categoria hub cargo sia assegnato all’aeroporto che porta il nome del Presidente Silvio Berlusconi, che ha saputo contribuire in maniera straordinaria alla crescita e alla modernizzazione del Paese».
Torniamo al trasporto su terra, in particolare su gomma: spesso torna uno dei temi che spaventa molto i protagonisti di questa filiera: la carenza di autisti, dal tpl alla logistica fino al trasporto merci. Qual è la possibile soluzione per assicurare un futuro al settore?
«Sulla carenza di autisti la nostra attenzione è massima. In sede di riforma del Codice della Strada abbiamo introdotto misure specifiche per rilanciare l’attrattività della professione e contrastarne l’inverno vocazionale, come l’abbassamento del limite d’età per gli autisti. Penso, ancora, al bonus patente per gli autotrasportatori under 35 che taglia i costi per il conseguimento dei titoli e delle abilitazioni professionali. Anche con il dl Infrastrutture siamo intervenuti per sostenere più in generale tutto il comparto dell’autotrasporto, pilastro del nostro sistema produttivo».
Sostenibilità, ambientale ed economica, e futuro del trasporto, di persone e merci, su tutte le rotte, quelle aeree, su strada e su rotaia. A suo giudizio qual è il possibile equilibrio? La digitalizzazione può essere di sostegno?
«La digitalizzazione è un asset fondamentale per il futuro del Paese: le nuove tecnologie possono ottimizzare la gestione delle infrastrutture e ridurre l’impatto sull’ambiente. Investire sulla infrastrutturazione digitale consente di rafforzare le capacità di risposta del Paese e costruire un ecosistema più resiliente, moderno e interconnesso. Come Mit siamo impegnati a sostenere la trasformazione digitale del comparto dei trasporti, che consentirà non solo di migliorare l’efficienza operativa ma anche di contribuire alla sostenibilità dell’intero sistema-Paese».
È in atto una strategia per sbloccare le opere infrastrutturali commissariate o incompiute? Quali azioni state intraprendendo e quali risultati avete ottenuto finora?
«Sul tema delle incompiute ho voluto promuovere, nell’ambito del dl Salva Casa, una norma che consente ai Comuni di completare o demolire le opere utilizzando una parte delle entrate derivanti dalla regolarizzazione delle difformità urbanistiche. Con la norma “sblocca incompiute” sarà possibile ricucire le ferite inferte ai nostri territori, che potranno finalmente essere riqualificati e restituiti ai cittadini. Inoltre, sto lavorando per l’istituzione di una Cabina di Regia presso il Mit per coordinare e supportare le stazioni appaltanti rispetto all’attuazione delle norme in materia di opere incompiute, valutandone l’efficacia anche al fine di adottare le soluzioni più efficaci. Sono impegnato anche ad accelerare gli interventi per la realizzazione delle infrastrutture strategiche per il Paese. Opere come l’alta velocità Napoli – Bari, che consentirà di dimezzare i tempi di percorrenza tra Campania e Puglia e di rilanciare la capacità competitiva di interi territori, o la Salerno – Reggio Calabria, un’infrastruttura fondamentale per il Mezzogiorno e per l’intero Paese».
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