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stop all’imposta sostitutiva Cfc e agevolazioni Terzo Settore dal 2026



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Con il decreto fiscale approvato il 12 giugno 2025, il Governo ha introdotto rilevanti modifiche al regime delle società estere controllate. A partire dal periodo d’imposta 2025, non sarà più applicabile l’imposta sostitutiva del 15% – norma che sarebbe dovuta ancora entrare in vigore – che permetteva di evitare la tassazione per trasparenza dei redditi da Cfc, ottenendo così una successiva esenzione sui dividendi.

Inoltre, il DL fiscale elimina il vincolo dell’autorizzazione europea, rendendo operative dal 2026 le agevolazioni fiscali per Terzo Settore e imprese sociali.

Per quanto riguarda le Cfc, la nuova impostazione prevede che il versamento dell’imposta del 15% non avrà più effetto sostitutivo, ma consentirà comunque di qualificare le partecipazioni in società estere come soggette a un regime fiscale ordinario. In tal modo, le partecipate usciranno dall’ambito di applicazione della disciplina Cfc, pur restando soggette alla normale imposizione sugli utili eventualmente distribuiti.

Il decreto interviene in modo profondo sul comma 4-ter dell’articolo 167 del Tuir, modificandone completamente il contenuto prima ancora della sua piena entrata in vigore. Tale disposizione era stata originariamente introdotta dal decreto legislativo 209/2023.

Cosa era previsto per imprese estere partecipate

Il Decreto legislativo n. 209 del 27 dicembre 2023 ha rivoluzionato il quadro normativo relativo alle imprese estere partecipate, ridefinendo i contenuti dell’articolo 167 del TUIR.

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Uno degli elementi principali della riforma era l’inserimento di un nuovo comma (4-ter), che introduceva una via alternativa di tassazione per le entità controllate oltreconfine. Tale percorso opzionale aveva l’intento di alleggerire i controlli richiesti per stabilire se sussistano le condizioni necessarie all’attivazione della disciplina sulle Cfc (Controlled Foreign Companies).

La norma affidava all’Agenzia delle Entrate il compito di precisare, tramite apposito atto, le modalità per esercitare o rinunciare all’opzione, nonché le regole necessarie per accedere al regime.

In tal senso, il 30 aprile 2024, il Direttore dell’Agenzia ha approvato il provvedimento n. 213637, contenente le istruzioni operative per l’attuazione di queste nuove disposizioni.

Il documento, dopo aver chiarito i concetti fondamentali utili all’applicazione del nuovo assetto, ha:

  • stabilito i confini entro cui può operare il regime opzionale;
  • descritto come si sceglie e si annulla la scelta di aderire al nuovo sistema;
  • illustrato i casi in cui il regime decade automaticamente, salvo il recesso esplicito del contribuente dopo tre anni;
  • fornito i parametri per calcolare l’utile netto da considerare ai fini dell’imposizione sostitutiva;
  • spiegato le modalità con cui l’imposta deve essere liquidata e versata, soprattutto in presenza di partecipazioni indirette o di più soci residenti titolari di controllo.

Cfc: nuova opzione fiscale

La precedente formulazione normativa, potenzialmente in contrasto con i principi dell’Unione Europea, è stata radicalmente riformulata dal nuovo decreto. L’aliquota del 15%, un tempo pensata per sostituire la tassazione trasparente, assume ora un ruolo più circoscritto: quello di “riqualificare” le società estere controllate, rendendole assimilabili a soggetti residenti in ordinari regimi fiscali, le cosiddette “white list”.

In sostanza, tramite la scelta opzionale prevista dal nuovo comma 4-ter, le partecipazioni in società estere con redditi passivi superiori a un terzo del totale—anche in assenza di bilanci certificati—vengono considerate automaticamente non soggette alla disciplina Cfc. Questo avviene senza che sia più necessario dimostrare un livello minimo di tassazione estera effettiva, superando implicitamente il test previsto dalla lettera a) del quarto comma dell’articolo 167 del TUIR.

Di conseguenza, i dividendi distribuiti da tali entità estere vengono trattati fiscalmente in Italia come se provenissero da soggetti a regime ordinario: ad esempio, con imponibilità ridotta al 5% nel caso di una società italiana controllante come una Srl o una Spa.

La base su cui si applica la cosiddetta imposta “di emersione” coincide con il risultato contabile della società estera, rapportato alla quota di partecipazione (diretta o indiretta) della controllante. Questo importo è calcolato al lordo delle imposte dirette, delle perdite su attività e delle accantonate poste di rischio e oneri — elementi che non erano precedentemente inclusi nel computo.

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L’opzione, dalla durata triennale, deve riguardare congiuntamente tutte le società estere controllate che presentano una quota rilevante di redditi passivi (oltre il 33%). Le modalità pratiche per l’esercizio e l’eventuale revoca dell’opzione saranno dettagliate in un successivo provvedimento dell’Agenzia delle Entrate.

Terzo settore: agevolazioni fiscali in vigore dal 2026

Il Decreto fiscale approvato il 12 giugno 2025 stabilisce che le norme tributarie previste dal Codice del Terzo settore (Dlgs 117/2017) entreranno in vigore a partire dal periodo d’imposta 2026. Viene eliminato il vincolo dell’autorizzazione della Commissione UE, in linea con la comfort letter ricevuta da Bruxelles che ha escluso il carattere selettivo delle misure fiscali per enti del Terzo settore e imprese sociali.

Blocco del Codice del Terzo Settore e la svolta del 2025

Nonostante la pubblicazione del Codice del Terzo Settore risalga a otto anni fa, la sua piena attuazione è rimasta sospesa a causa di ripetuti rinvii. Il motivo principale era la necessità di ottenere il via libera dell’Unione Europea su alcune misure fiscali agevolate, per evitare che fossero considerate aiuti di Stato non compatibili con le regole del mercato interno.

Una svolta è arrivata a marzo 2025, quando i servizi competenti della Direzione generale Concorrenza della Commissione europea hanno emesso una comfort letter. In questa comunicazione preliminare si afferma che alcune misure contenute negli articoli del Codice non risultano, in apparenza, selettive e dunque non sembrano configurare aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE).

Tuttavia, come sottolineato anche nella Relazione illustrativa che accompagna la bozza del decreto fiscale, questa lettera non equivale a una decisione formale della Commissione. Le valutazioni contenute al suo interno rappresentano solo un’analisi preliminare da parte dei tecnici europei, basata sulle informazioni trasmesse dalle autorità italiane.

Di conseguenza, contrariamente a quanto inizialmente previsto, la lettera non è stata ritenuta sufficiente per sbloccare direttamente l’operatività delle misure fiscali indicate.

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Per superare l’impasse legata alla mancata autorizzazione UE, la bozza del decreto fiscale interviene su due fronti:

  • modifica l’art. 101, comma 10 del Codice del Terzo Settore, eliminando il vincolo dell’autorizzazione europea per rendere operative le agevolazioni fiscali previste dagli articoli 79, comma 2-bis, 80 e 86 (resta però l’obbligo di autorizzazione solo per titoli di solidarietà);
  • interviene sull’art. 104, comma 2, stabilendo che le disposizioni fiscali del Titolo X diventino applicabili a partire dal periodo d’imposta successivo al 31 dicembre 2025.

Un analogo aggiornamento è stato previsto anche per il Dlgs 112/2017, per garantire la stessa decorrenza al regime fiscale delle imprese sociali.

Infine, l’articolo 9 del decreto fiscale fissa ufficialmente l’entrata in vigore delle agevolazioni fiscali dal 2026, limitando la necessità di autorizzazione UE al solo articolo 77.

Tempistiche

  • Per enti con esercizio coincidente con l’anno solare: decorrenza dal 1° gennaio 2026.
  • Per enti con esercizio “a cavallo” dell’anno (es. istituti scolastici da 1° luglio a 30 giugno): decorrenza dal 1° luglio 2026.



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