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Palermo, corruzione in appalti per sanità: 2 arresti e diversi indagati


Manager pubblici, imprenditori, professionisti e faccendieri: è la rete che gestiva appalti per 130 milioni di euro nel sistema sanitario siciliano così come è emersa dalle indagini della Guardia di finanza coordinate dalla procura di Palermo. Le gare erano state varate da alcune tra le principali strutture in ambito regionale. I soggetti della rete individuata dalle Fiamme gialle, spiegano gli investigatori, avrebbero agito “in modo da orientare le procedure di gara in favore di determinate aziende”

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La gestione degli appalti nella sanità siciliana sarebbe stata in mano a un comitato d’affari criminale composto da dirigenti pubblici, lobbisti, imprenditori del settore di livello nazionale e loro collaboratori legati da contiguità con esponenti politici di rilievo: l’ennesimo scandalo in un settore più volte finito nel mirino degli inquirenti è stato scoperto dalla Procura di Palermo che ha chiesto e ottenuto dal gip due arresti e misure cautelari per 15 indagati. Nella richiesta i magistrati, che ipotizzano turbative d’asta di gare per 130 mln, parlano di una sanità “affetta da una corruzione sistemica”. 

Operazione condotta dalla Guardia di finanza

L’inchiesta, che è l’ultimo capitolo di una maxi indagine degli anni scorsi sugli appalti truccati nella sanità portata avanti dai pm coordinati dal procuratore Maurizio de Lucia, è stata condotta dalle Fiamme Gialle del comando provinciale Palermo che hanno dato esecuzione a un’ordinanza applicativa di misure cautelari personali dopo gli interrogatori preventivi, ora previsti per legge, disposti dal gip nei confronti degli indagati accusati, a vario titolo, di corruzione, turbata libertà degli incanti, turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente, emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. Agli indagati sono state notificate misure cautelari che vanno dagli arresti domiciliari, agli obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria, agli obblighi di dimora e ai provvedimenti interdittivi. 



 

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Come funzionava il sistema di appalti

Per avvantaggiare le imprese amiche i pubblici funzionari coinvolti avrebbero anticipato ai loro referenti documentazione riservata relativa a gare ancora da bandire, avrebbero costruito capitolati su misura sulla base delle indicazioni ricevute dagli interlocutori arrivando ad annullare i bandi non graditi alle stesse imprese. L’inchiesta ha anche svelato manovre volte a condizionare la formazione delle commissioni aggiudicatrici, inserendo componenti ritenuti “affidabili”. In cambio di ciò, ai pubblici ufficiali sarebbero state date o promesse tangenti collegate al valore delle commesse e, talvolta, mascherate da accordi di consulenza, o sarebbero stati garantiti loro favori come assunzioni di familiari. 




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Un commercialista figura chiave

Figura chiave dell’ultimo capitolo dell’indagine della procura di Palermo sulle gare truccate nella sanità siciliana è Antonino Maria Sciacchitano detto “Ninni”, commercialista, componente del collegio sindacale dell’ospedale Civico e dell’Asp di Palermo, consulente dell’Asp di Caltanissetta per le problematiche contabili, presidente di valutazione dei manager della sanità pubblica, Proprio presso il suo studio, nelle settimane scorse, nel corso di una perquisizione, sono stati trovati 44 mila euro in contanti oltre a 3mila euro scoperti durante una perquisizione personale. Altri personaggi importanti dell’indagine sono l’imprenditore Giovanni Cino, vicinissimo a Sciacchitano, e il faccendiere campano Catello Cacace. A Sciacchitano e Cacace il gip ha dato i domiciliari. Cino ha l’obbligo di dimora. 

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“Struttura piramidale per gestire illecitamente gli affari”

Secondo gli inquirenti, le gare sarebbero state gestite illecitamente da una struttura piramidale che al suo apice vedeva proprio Sciacchitano, per l’accusa “in grado di coagulare intorno a sé faccendieri, funzionari pubblici e imprenditori scelti perchè in grado di assicurare la miglior sintesi possibile fra istanze dell’imprenditoria e velleità di carrierismo e arricchimento illecito di pubblici dipendenti infedeli”. Sciacchitano era affiancato da Giovanni Cino e Catello Cacace che lo aiutavano nella cura delle relazioni create e alimentate con i funzionari pubblici e sul versante delle imprese, “per strutturare intese fra aziende in grado di creare realtà economiche tanto solide da poter partecipare ai bandi garantendo la credibilità e i requisiti economico-patrimoniali necessari”, dicono gli inquirenti.



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“Appalti gestiti a tavolino secondo un copione”

Come detto, gli appalti nella sanità siciliana venivano gestiti a tavolino secondo il copione scritto dal personaggio principale dell’ennesima inchiesta sulla sanità siciliana: Antonino Sciacchitano, commercialista con una sfilza di incarichi nelle Asp di mezza isola. Addirittura l’andamento degli appalti veniva concordato tra gli stessi componenti delle commissioni che dovevano assegnarli e le imprese che partecipavano alle gare. Come a giugno del 2022 per un bando della Asp di Trapani per cui Giovanni Cimo, faccendiere vicino a Sciacchitano, mette in contatto il commissario di gara Mario Marchese con Mario Festinese, referente dell’impresa che poi vincerà la gara, la Polygon. Marchese in una conversazione intercettata con Cino annuncia di essere abbastanza sicuro di poter garantire al gruppo imprenditoriale spalleggiato non soltanto l’aggiudicazione, ma addirittura un’aggiudicazione con uno scarto di assoluto rilievo sul secondo classificato (19 punti, se non addirittura venti).

“Gli indagati parlavano in codice”

I due provano ad adottare un linguaggio criptico parlando di “mozzarelle” e “pane cunzato” , in maniera, tuttavia, “così tanto improvvida – scrive il gip – da lasciar intendere perfettamente a un ascoltatore anche poco meno che disattento quale fosse il vero oggetto della discussione”. Dal canto suo Sciacchitano, sfruttando la sua influenza presso i vertici direttivi dell’Asp di Trapani, da presidente dell’organismo interno di valutazione fa pressioni per l’aggiudicazione definitiva alla Polygon Spa e peri accelerare il rilascio della certificazione antimafia. Secondo i magistrati, in cambio dei favori fatti, Sciacchitano e Cimo avrebbero intascato mazzette. Stessa accusa per Marchese membro della commissione aggiudicatrice a cui sarebbero stati dati 30mila euro. 

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Almeno 5 gare pubbliche pilotate

Grazie ai ruoli di vertice ricoperti nelle Asp di mezza isola il commercialista Sciacchitano e i suoi complici avrebbe pilotato almeno 5 gare pubbliche: quella sul servizio di gestione, assistenza e manutenzione del parco apparecchiature biomediche bandita dall’ASP di Trapani nel 2021 e, secondo i pm, fatta vincere alla Polygon e quella per il servizio integrato di sterilizzazione, manutenzione e fornitura in noleggio di strumentario chirurgico e servizi supplementari bandita dall’ospedale Civico di Palermo nel 2022. Tra i capi di imputazione anche la turbativa d’asta della gara per l’affidamento del servizio integrato di gestione delle aree operatorie, sterilizzazione, manutenzione e fornitura in noleggio di strumentario chirurgico e servizi supplementari bandita nel 2021 dall’Asp di Caltanissetta; quella per il servizio di fornitura di pasti in legame refrigerato a ridotto impatto ambientale bandita dall’Asp di Caltanissetta nel 2022 e quella per il servizio quinquennale di noleggio, lavaggio e disinfezione biancheria, fornitura divise per il personale e materasseria, gestione guardaroba e distribuzione interna, bandita dall’ospedale Villa Sofia-Cervello di Palermo.

 

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Le intercettazioni: “Qui ballano milioni”

“Tra questa gara degli elettromedicali … sterilizzazione ballano milioni di euro …siccome per ora sono terrorizzati da me…hanno un terrore che tu non riesci a immaginare…perché? perché io la prima cosa che…ca fici (che ho fatto, ndr)…sono andato a puntare le gare! le proroghe! scrivo e metto!”. Così, non sapendo di essere intercettato, parlava Sciacchitano. “Fino a ieri io ho sentito il direttore generale il quale mi disse ‘Ni’, se a mia mi arriva l’ispezione ora, m’ammazzano!'”, aggiungeva. Da presidente del collegio sindacale dell’azienda ospedaliera Arnas Civico di Palermo e, quindi, da pubblico ufficiale, Sciacchitano vantava rapporti strettissimi col management del nosocomio, riuscendo a incidere su una gara indetta reperendo documentazione riservata, modificandola e addirittura facendone revocare la prima edizione, perchè fondata su capitolato e disciplinare non graditi agli imprenditori da lui spalleggiati. “Arriva, diciamo, una persona sulla quale io ho tirato fuori i coglioni, li ho messi sul tavolino e ci dissi (al direttore generale dell’ospedale Civico di Palermo, ndr):- aggiungeva Sciacchitano – ‘o fai sta cosa o il rapporto è chiuso’ e me lo sono convocato in seconda commissione Bilancio (presieduta dal deputato Riccardo Savona ndr) e dissi: dobbiamo fare il nuovo provveditore hanno coglioneggiato…se l’uno ottobre non prende servizio Bisignano il nostro rapporto è chiuso'”.

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Indagati cercarono contatti con il fratello di Cuffaro

Secondo quanto emerso finora, Sciacchitano cercava sponde nell’assessorato regionale al Bilancio Antonio finito ai domiciliari oggi per gare truccate nella sanità. Secondo gli inquirenti, il commercialita e uno dei suoi complici, Giovanni Cimo, avrebbero tentato di arrivare a Silvio Cuffaro, fratello dell’ex governatore Totò, dirigente generale dell’assessorato, per aiutare la Polygon spa (una delle società da loro favorite) a chiudere una transazione con la Centrale Unica di Committenza della Regione per l’assegnazione del lotto 1 della procedura delle apparecchiature elettromedicali. La Polygon pensava di proporre una transazione all’amministrazione regionale, in modo da riottenere l’aggiudicazione del lotto, evitando alla Centrale unica di committenza di dover bandire nuovamente una gara per l’assegnazione della porzione dell’appalto da cui Polygon (ex Tecnologie Sanitarie) era stata esclusa dopo la vecchia inchiesta “Sorella Sanità”.

Il suolo dell’autista di Totò Cuffaro

L’idea era di “ammorbidire” il dirigente della Cuc Di Leo “ai fini del buon esito della transazione” grazie alla mediazione di Silvio Cuffaro (non risulta se ci sia davvero stata), a cui i due faccendieri sarebbero giunti attraverso Vito Raso (autista di Totò Cuffaro). “A chiare lettere nelle intercettazioni – scrivono i pm – Cino e Sciacchitano hanno manifestato l’intenzione di farsi lautamente remunerare per questa attività di intermediazione, parlando della corresponsione da parte di Polygon di 200.000 euro a testa e dell’intenzione di questi ultimi di remunerare con 10.000 o 20.000 euro Silvio Cuffaro, dirigente dell’assessorato, per l’assistenza prestata, facendogli pervenire le somme tramite Vito Raso”. Nel febbraio 2023 la Polygon, però, è stata acquisita da parte di un fondo internazionale e l’operazione è naufragata. 




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Totò Cuffaro: “Sciacchitano non mi ha chiesto mai nulla”

Il segretario nazionale della DC, Totò Cuffaro, ha subito smentito le indiscrezioni uscite dalle indagini: “Conosco il dottore Sciacchitano da prima che fossi Presidente della Regione. Non mi ha mai chiesto niente quando ero Presidente e né tanto meno nell’ultimo decennio. Ma proprio niente: né di lecito e meno che mai di illecito”. Poi ha continuato: “Sono io che ho chiesto a lui di votare per la DC e quindi non aveva bisogno di ingraziarsi con me in altro modo. Nella fattispecie non conosco la ditta e nemmeno di cosa si occupi. Citarmi è ormai un rituale che, come nel caso odierno, non sarà supportato da alcun elemento, però lascerà traccia di questi scarabocchi vestiti da notizia. È triste, ma è così”. 




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