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nuova era deglobalizzazione e reshoring


Si chiude una settimana densa di dati importanti per i mercati finanziari, a cominciare dalla conferma della deflazione della Cina, che rappresenta una spada a doppio taglio per l’economia globale. Da un lato, i prezzi più bassi possono favorire i consumatori e alcune economie importatrici. Dall’altro, il rallentamento economico cinese, le tensioni commerciali e la riduzione della domanda di materie prime rischiano di destabilizzare il commercio e i mercati finanziari globali. Questo significa che i paesi dovranno bilanciare politiche protezionistiche con strategie di diversificazione per mitigare gli impatti negativi, mentre la Cina dovrà affrontare le sue sfide strutturali per evitare un impatto prolungato sull’economia globale.

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Settimana che ha visto l’inflazione statuniten  e YoY di maggio salire al 2.4% (dal 2.3% di aprile), senza ancora includere gli effetti concreti dei dazi. A guidare la crescita sono stati maggiormente il cibo (2,9% rispetto al 2,8% di aprile), i servizi di trasporto (2,8% rispetto al 2,5%), le auto e i camion usati (1,8% rispetto all’1,5%) e i veicoli nuovi (0,4% rispetto allo 0,3%). D’altra parte, l’inflazione è leggermente diminuita per gli alloggi (3,9% rispetto al 4%), il costo dell’energia (3,5% rispetto un calo del 3,7% ad aprile e la benzina (-12% rispetto all’11,8%).
Anche se l’inflazione fosse diminuita, siamo convinti che Powell non avrebbe comunque ridotto i tassi nel meeting del 18 giugno prossimo (secondo il FedWatch Tool il 100% dei trader non si aspetta nessuna riduzione). Il motivo è che la Fed vuole attendere di capire quali potrebbero essere gli effetti dei dazi non solo sull’inflazione, ma soprattutto sulla crescita economica e quindi il mercato del lavoro.

Settimana che ha visto l’attacco di Israele all’Iran. Attacco dai risvolti politici ed economici imprevedibili. Fra tutti il prezzo del petrolio (sia Brent che WTI) cresciuto solo venerdì del 6% circa, considerato che l’Iran controlla di fatto lo Stretto di Hormuz, dove passa circa un quinto del consumo mondiale totale di petrolio. I mercati finanziari hanno immediatamente percepito il rischio di escalation del conflitto, tanto è vero che i principali indici Italiani hanno fatto registrare una flessione: -2,86% per il FTSE MIB, -2,19% per il FTSE ITALIA STAR e -0,89% per il FTSE ITALIA GROWTH. La flessione settimanale non ha intaccato la positiva performance dall’inizio dell’anno: +15,86% per il FTSE MIB, +2% per il FTSE ITALIA STAR e +1,80% per il FTSE ITALIA GROWTH.

Due dei tre migliori titoli della settimana sono legati al prezzo del petrolio: ENI, che fa registrare il +5,20% e Tenaris cresciuto del 2,45% nella settimana. Secondo miglior titolo STM (+2,52%), sul riaccendersi dei rumors che indicano come la società starebbe pianificando una significativa riduzione del personale, con stime che prevedono fino a 5.000 dipendenti che lasceranno l’azienda entro il 2027, inclusi 2.800 tagli di posti di lavoro annunciati all’inizio del 2025. Solo in Francia, circa 1.000 dipendenti potrebbero lasciare volontariamente entro il 2027.

Peggior titolo della settimana Nexi, che lascia sul campo l’8,90%, nonostante la società abbia reso noto di aver acquistato 3.849.164 azioni proprie al prezzo medio ponderato di 5,2688 euro per azione. Secondo peggior titolo Leonardo (-8,48), che rifiata dopo aver toccato il massimo storico lo scorso 28 maggio a 55,34 euro per azione. Terzo peggior titolo Iveco Group (-7,20%) che, al pari di Leonardo, rifiata dopo aver toccato il massimo il 27 maggio scorso a 17.90 euro per azione.

La pandemia e le crisi globali hanno messo in luce vulnerabilità che molti investitori non avevano mai considerato. Le catene di approvvigionamento, un tempo viste come un punto di forza della
globalizzazione, hanno invece rivelato fragilità inaspettate e hanno costretto gli investitori a riconsiderare le proprie asset allocation. Le domande dei governanti di tutto il mondo e degli investitori, si accumulano: Come possiamo garantire una crescita sostenibile? Qual è il ruolo dello Stato in questo nuovo contesto?

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Come le imprese e gli investitori possiamo rispondere a queste sfide in modo efficace?

Cominciamo ad analizzare il contesto geopolitico. Negli ultimi anni, abbiamo assistito ad un cambiamento significativo nel panorama geopolitico globale. L’Europa, una volta considerata un pilastro della crescita economica mondiale, sta vivendo una perdita di peso relativo rispetto a potenze come gli Stati Uniti e la Cina. Questo costringe gli investitori a riflettere sulle strategie economiche e a mettere in discussione la posizione nel mercato globale. La crescita del PIL dell’Unione Europea, pari a un modesto 1,5% medio dal 2014 al 2019, sembra lontana dai tassi di crescita intorno al 6% registrati dalla Cina. Ed è di tutta evidenza come la competizione si sta intensificando.

Questo scarto di performance economica sta spingendo i leader europei a riflettere sulle proprie politiche e strategie. Ma quali sono le implicazioni di questo cambiamento?
• Declino della competitività: l’Europa, nonostante la sua ricchezza e innovazione, sta perdendo terreno rispetto alle potenze emergenti. Questa perdita di competitività potrebbe tradursi in minori opportunità per le nostre aziende e lavoratori;
• Necessità di riforme: è evidente che dobbiamo riconsiderare le nostre politiche economiche. Le crisi recenti ci hanno mostrato che l’approccio tradizionale potrebbe non essere più sufficiente
per affrontare le sfide del futuro;
• Strategie di adattamento: è fondamentale sviluppare strategie che ci permettano di affrontare non solo il presente, ma anche il futuro incerto. La collaborazione tra stati membri e un intervento statale più attivo potrebbero essere la chiave per riacquistare competitività.

In questo contesto, il ruolo dello stato emerge con prepotenza. Siamo di fronte ad una fase in cui la semplice deregulation non basta più. Le crisi, come quella finanziaria del 2008 e la pandemia di Covid-19, hanno rivelato la fragilità delle economie. Le misure di stimolo economico, come il Next Generation EU da 750 miliardi di euro adottato dall’Unione Europea o gli 800 miliardi destinati alla difesa comune, indicano chiaramente un cambio di paradigma: lo stato non è più solo un regolatore passivo, ma diventa un attore chiave nella promozione della crescita e della stabilità.
Mentre ci confrontiamo con queste sfide, diventa fondamentale comprendere come l’Europa possa recuperare competitività. Le iniziative europee, come i rapporti Letta e Draghi, evidenziano la necessità di un mercato europeo più integrato. Questi documenti indicano la strada verso una revisione delle normative sulla concorrenza e un forte sostegno alla politica industriale e all’innovazione. La dipendenza da fornitori esterni diventa un punto critico da affrontare, e la produzione interna deve essere incentivata.


Il Ruolo Attivo dello Stato

Negli ultimi anni, abbiamo assistito ad un cambiamento significativo nel modo in cui gli stati si relazionano con le proprie economie. Il ruolo dello stato è diventato sempre più centrale nella regolazione dei mercati. Le misure adottate dai governi, come i pacchetti di stimolo economico, hanno dimostrato che un intervento statale deciso è spesso necessario per stabilizzare le economie in tempi di crisi. Questo approccio ha portato ad una maggiore consapevolezza della necessità di politiche attive e mirate.

Ciò che emerge è un’evidente evoluzione verso un modello economico che si allontana dal neoliberismo, abbracciando un intervento più diretto da parte dello stato. Con la crescente complessità delle dinamiche di mercato, è fondamentale che i governi esercitino un controllo più attento per garantire una distribuzione equa delle risorse. Non si tratta più di lasciare che il mercato si autoregoli, ma piuttosto di creare un ambiente in cui l’innovazione e la competitività possano prosperare grazie a politiche ben definite e mirate.
Di fronte a questa realtà in movimento, le aziende devono riconsiderare le loro strategie. Il supporto governativo può rivelarsi cruciale per affrontare le sfide legate al reshoring e alla deglobalizzazione, poiché le aziende che decidono di riportare la produzione nei propri paesi d’origine si trovano spesso ad affrontare costi più elevati e difficoltà logistiche. Un intervento statale efficace può offrire incentivi, come sovvenzioni per la formazione della forza lavoro e investimenti in tecnologie, per rendere questo processo più sostenibile e vantaggioso.
Nello scenario che si va delineando, diventa fondamentale soprattutto la cooperazione tra stato e settore privato. Solo attraverso un dialogo aperto e costruttivo sarà possibile affrontare le sfide della frammentazione dell’economia globale. Lo stato deve ascoltare le esigenze delle imprese e lavorare insieme ad esse per sviluppare strategie che non solo promuovano la crescita economica, ma garantiscano soprattutto una resilienza a lungo termine. In questo nuovo contesto, il futuro dell’economia dell’Europa dipende dalla capacità di adattarsi e di collaborare per costruire un modello che possa rispondere alle sfide emergenti.


Iniziative dell’Unione Europea

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Negli ultimi anni, l’Unione Europea ha intrapreso una serie di iniziative fondamentali per affrontare le sfide della frammentazione economica e per promuovere una maggiore integrazione tra i suoi stati membri. Questi sforzi non solo mirano a rafforzarne la competitività, ma anche a garantire che l’industria europea possa prosperare in un contesto globale in rapido cambiamento. Alcuni dei punti salienti delle iniziative europee includono:

– Revisione delle normative sulla concorrenza: l’Unione Europea sta riconsiderando le sue leggi antitrust per favorire una politica industriale che stimoli l’innovazione e la crescita. Questo
approccio è particolarmente rilevante per le aziende che operano in settori strategici, dove la concorrenza leale può spingere verso l’eccellenza;

– Investimenti nelle tecnologie emergenti: alla luce della crescente competitività della Cina e di altre potenze globali, l’Europa ha riconosciuto l’importanza di investire in tecnologie innovative. Questi investimenti non solo aiutano a mantenere la competitività, ma anche a promuovere la creazione di posti di lavoro e la sostenibilità economica;

– Piani di ripresa post-pandemia: la pandemia ha dimostrato quanto sia cruciale avere un piano di emergenza solido. L’Unione Europea ha risposto con un pacchetto di stimolo economico da 750
miliardi di euro, progettato per aiutare i paesi membri a riprendersi e a rafforzare le loro economie, sostenendo in particolare le piccole e medie imprese;

– Promozione del reshoring: le politiche europee stanno incentivando le aziende a riportare la produzione nel continente. Questo non solo riduce la dipendenza da fornitori esterni, ma contribuisce anche a creare un ecosistema industriale più resiliente.

In questo contesto, l’Unione Europea si sta affermando come un attore strategico, cercando di creare un equilibrio tra le esigenze locali e le sfide globali. Le iniziative messe in atto sono un passo importante verso un’economia più integrata e sostenibile, in grado di affrontare le incertezze del futuro. È un momento cruciale per riflettere su come possiamo tutti contribuire a queste trasformazioni.


Manifesto Franco-Tedesco e Politica Industriale

Il manifesto franco-tedesco rappresenta un punto di svolta cruciale nell’approccio dell’Unione Europea alla politica industriale. Esso sottolinea l’urgenza di un’autentica strategia industriale che possa garantire la sovranità economica dell’Europa. In un contesto di crescente competizione globale, è vitale che l’Europa non solo si difenda, ma si posizioni come leader nell’innovazione e nella produzione. Questo manifesto non è solo una dichiarazione di intenti, ma un appello all’azione, richiamando gli stati membri a unirsi in un fronte comune.

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Le proposte contenute nel manifesto enfatizzano la necessità di investimenti massicci in ricerca e sviluppo.

La tecnologia è il motore del futuro e l’Europa non può permettersi di restare indietro rispetto a competitor come la Cina, che investe in modo massiccio nelle tecnologie emergenti. Sostenere le industrie strategiche significa creare un ambiente favorevole all’innovazione. È attraverso l’innovazione che è possibile non solo rimanere competitivi, ma anche affrontare le sfide globali con maggiore resilienza.

Il manifesto invita inoltre a una riconsiderazione delle normative sulla concorrenza. Spesso, le regole che dovrebbero garantire un mercato equo possono, in realtà, ostacolare la capacità delle aziende europee di competere su scala globale. Pertanto, è fondamentale che le politiche siano adattate per supportare l’industria, piuttosto che limitarla. L’idea è quella di creare un ecosistema in cui le aziende possano prosperare, collaborare e investire nel futuro.
Infine, il manifesto ci guida verso una “strategia di resilienza”, una visione che integra produzioni interne e stimola la creazione di posti di lavoro. Questo approccio non è solo una risposta immediata alle crisi attuali, ma un’opportunità per costruire un’Europa più forte e indipendente. In un mondo sempre più interconnesso, dobbiamo assicurare una base industriale solida, in modo da affrontare le incertezze future con fiducia e determinazione. È tempo di agire e di trasformare queste idee in realtà tangibili, per garantire un futuro prospero per tutti noi.


Deglobalizzazione: Un Nuovo Paradigma?

La deglobalizzazione è un concetto che suscita molte discussioni e riflessioni. A differenza della globalizzazione, che ha portato alla creazione di un mercato mondiale integrato, la deglobalizzazione
rappresenta una risposta ai lati oscuri di questo processo. Negli ultimi anni, infatti, abbiamo assistito ad una crescente disuguaglianza economica e ad una vulnerabilità mai vista prima nelle catene di approvvigionamento globali. A cosa dobbiamo prestare attenzione, quindi? È tempo di riconsiderare l’approccio economico e valutare le implicazioni di queste nuove tendenze.
Molti paesi si stanno già muovendo verso politiche economiche più locali per ridurre la dipendenza da fornitori esterni. Questo non significa, però, abbandonare completamente la cooperazione globale. Al contrario, si tratta di ristrutturare le catene di approvvigionamento, cercando di riavvicinare le produzioni ai mercati di consumo. È un tema che tocca da vicino le imprese, poiché implica una ridefinizione delle loro strategie. La produzione domestica non è semplicemente una questione di ritorno alle origini, ma una necessità per garantire stabilità e resilienza all’economia.

Le esperienze recenti (leggi pandemia di Covid-19), hanno messo in luce quanto siano vulnerabili le interconnessioni globali. Le interruzioni nelle catene di approvvigionamento hanno costretto molte aziende a rivedere le loro operazioni, e ciò ha scatenato un ripensamento collettivo su dove e come produrre.
Possiamo vedere questa tendenza manifestarsi in vari settori, dall’alimentare alla tecnologia. Le aziende stanno ora cercando diversi modi per assicurarsi che le loro linee di produzione siano più vicine alle fonti di consumo. È un’evidente opportunità di riflessione per tutti gli investitori.
Non possiamo ignorare, però, che la deglobalizzazione presenta anche delle sfide. Tornare ad una produzione locale può comportare costi più elevati e la necessità di investimenti in nuove tecnologie e infrastrutture. Come possiamo affrontare queste sfide? È qui che entra in gioco il ruolo dello stato, che deve farsi promotore di politiche che incentivino l’innovazione e migliorino la formazione della forza lavoro, e degli investitori privati che devono sostenere gli investimenti. Lavorando insieme, crediamo che possa  essere possibile costruire un futuro economico in cui la deglobalizzazione non sia vista come una minaccia, ma come un’opportunità per sviluppare un’economia europea più forti e sostenibile.

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Conclusione

La frammentazione dell’economia globale, attraverso la deglobalizzazione e il reshoring, rappresenta un cambiamento significativo nel modo di vivere e lavorare delle imprese. Abbiamo esplorato come questi fenomeni non siano solo reazioni a crisi immediate, ma veri e propri segnali di un nuovo paradigma economico. La necessità di costruire catene di approvvigionamento più robuste e locali si fa sempre più impellente.

Ci siamo resi conto che il ruolo dello stato non può essere sottovalutato, ma anzi è fondamentale per guidare e supportare questa transizione. Le iniziative prese dall’Unione Europea e il Manifesto Franco-Tedesco dimostrano che la cooperazione tra nazioni è essenziale per affrontare le sfide che ci attendono.
Mentre affrontiamo questo cambiamento, è importante che le aziende rimangano aperte e flessibili al cambiamento. Occorre che siano pronte ad innovare e adattarsi, investendo in tecnologie e competenze che permettano loro di prosperare in un contesto in continua evoluzione. Il viaggio verso una nuova economia, più resiliente e sostenibile, è appena iniziato. È attraverso la partecipazione attiva e la volontà di affrontare queste sfide che crediamo sia possibile costruire un futuro migliore.


Antonio Tognoli

 

Ho iniziato a lavorare come analista finanziario nel 1983, occupandomi di economia e politica economica e nel frattempo mi sono laureato in scienze bancarie, finanziarie e assicurative. Oggi mi occupo di analisi macroeconomica all’interno di Corporate Family Office – CFO SIM. Giornalista pubblicista, docente ai corsi post laurea de “24Ore Business School” e dell’Associazione Italiana per l’Analisi Finanziaria – AIAF e co-autore del libro Analisi Finanziaria e Valutazione Aziendale, a cura di Franco Pedriali.

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