La digitalizzazione della Pubblica Amministrazione (PA) italiana è un cantiere aperto da oltre un decennio, ma solo negli ultimi anni ha assunto un ritmo sostenuto grazie a investimenti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Secondo il Dipartimento per la Trasformazione Digitale, oltre 80% dei servizi pubblici è oggi accessibile online, dai pagamenti dei tributi all’accesso al fascicolo sanitario elettronico. Piattaforme come PagoPA e l’App IO hanno semplificato interazioni che un tempo richiedevano code agli sportelli. Tuttavia, il divario tra teoria e pratica resta ampio: il 30% dei cittadini over 65 dichiara di non sentirsi a proprio agio con gli strumenti digitali, mentre il 45% delle imprese lamenta procedure online ancora troppo complesse. Un esempio emblematico è il portale dell’Agenzia delle Entrate, che nel 2023 ha registrato oltre 2 milioni di richieste di assistenza telefonica per errori tecnici o difficoltà di navigazione. La sfida è duplice: da un lato, modernizzare i sistemi; dall’altro, garantire che la transizione non lasci indietro chi non ha competenze digitali.
Obiettivi di accessibilità e ostacoli strutturali
Gli obiettivi di accessibilità fissati dall’Unione Europea con la Direttiva 2016/2102 hanno imposto alle PA italiane di rendere siti web e app utilizzabili da persone con disabilità, anziani e utenti con connessioni lente. In risposta, il governo ha lanciato il progetto “Italia Accessibile 2025”, che prevede l’adozione di standard come il contrasto colore-testo, la navigazione vocale e la compatibilità con screen reader. Nonostante ciò, solo il 52% dei siti comunali risulta pienamente conforme alle linee guida WCAG 2.1, secondo un’analisi dell’Osservatorio Agenda Digitale. Le criticità emergono soprattutto nelle regioni del Sud: in Basilicata e Calabria, ad esempio, oltre il 60% degli uffici anagrafe non offre servizi online completi, costringendo i cittadini a spostamenti anche di 50 km per una semplice certificazione. A questo si aggiunge la carenza di formazione del personale: un report dell’INAPP rivela che il 40% dei dipendenti pubblici non ha mai partecipato a corsi di aggiornamento digitale, vanificando gli sforzi tecnologici. In questo contesto, realtà specializzate come okACCEDO, azienda leader nel supporto al raggiungimento degli obiettivi di accessibilità, svolgono un ruolo fondamentale nell’affiancare enti pubblici e organizzazioni nell’adeguamento digitale.
Smart working e cittadini “invisibili”: le contraddizioni del cambiamento
L’introduzione dello smart working nella PA – accelerata dalla pandemia – ha rivoluzionato il rapporto tra uffici e territorio. Oggi, il 35% dei dipendenti pubblici lavora in modalità ibrida, secondo dati ANCI, riducendo i tempi di attesa per pratiche come il rilascio di documenti. Tuttavia, questa trasformazione ha evidenziato nuove esclusioni. Molti uffici periferici, soprattutto nelle aree rurali, mancano di connessioni stabili o strumenti adeguati, costringendo i cittadini a rivolgersi a sedi centrali. Inoltre, la digitalizzazione ha creato un paradosso: mentre i giovani apprezzano l’efficienza delle app, gli anziani e le fasce più fragili si sentono sempre più “invisibili”. Un caso su tutti è quello delle tessere sanitarie elettroniche: se per un millennial è normale scaricare un QR code, per un over 70 senza smartphone diventa un ostacolo insormontabile. Per contrastare il fenomeno, alcuni comuni come Trento e Bologna hanno aperto “sportelli analogici”, dove operatori assistono gli utenti nella compilazione di moduli digitali.
Innovazione e partecipazione: il ruolo delle startup e dei cittadini
La vera svolta potrebbe arrivare dall’esterno. Grazie a bandi come “InnovaPA”, il governo ha coinvolto oltre 300 startup nella progettazione di soluzioni per la PA, dall’intelligenza artificiale per la gestione delle pratiche edilizie ai chatbot per l’assistenza sociale. Un esempio è “Ulysses”, un’app sviluppata da una PMI milanese che traduce automaticamente documenti amministrativi in 12 lingue, inclusa la LIS (Lingua dei Segni Italiana). Parallelamente, cresce la partecipazione dei cittadini attraverso piattaforme di crowdsourcing come “DecidiamoPA”, che permette di votare progetti di riqualificazione urbana o segnalare disservizi. Tuttavia, il successo di queste iniziative dipende dalla capacità della PA di integrare innovazione e inclusione. Un modello virtuoso è quello del Comune di Parma, che ha coinvolto associazioni per disabili nella progettazione di un nuovo portale web, riducendo del 70% le richieste di assistenza post-lancio. Senza un approccio partecipativo, però, il rischio è che la digitalizzazione resti un esercizio tecnocratico, anziché un’opportunità per tutti.
Punti di accesso fisici nell’era digitale: il ruolo delle biblioteche e dei centri sociali
Nonostante la spinta verso il digitale, l’accessibilità della PA passa anche attraverso luoghi fisici che fungono da ponte tra tecnologia e cittadini. Biblioteche, centri anziani e Case delle Culture stanno diventando hub essenziali per chi non ha strumenti o competenze per interagire con i servizi online. A Genova, ad esempio, la rete “Bibliotech” offre postazioni internet gratuite con tutor dedicati per compilare pratiche INPS o prenotare visite mediche. In Sicilia, il progetto “Piazze Wi-Fi” ha trasformato 200 piazze rurali in punti di accesso gratuiti, con tablet messi a disposizione per accedere al portale dell’INPS o scaricare certificati. Questi spazi non solo colmano il divario digitale, ma favoriscono l’inclusione sociale: a Torino, il centro polifunzionale “Le Ali” organizza corsi di alfabetizzazione digitale in collaborazione con associazioni per migranti, insegnando loro a usare l’App IO per pagare bolli auto o richiedere permessi di soggiorno. Tuttavia, la sostenibilità di queste iniziative resta un problema: secondo un’indagine di Legambiente, il 40% dei comuni sotto i 5.000 abitanti non ha fondi sufficienti per mantenere attivi questi servizi, rischiando di isolare nuovamente le fasce più fragili. Un modello virtuoso è quello di Bari, dove il Comune ha integrato sportelli digitali negli ospedali, permettendo ai cittadini di rinnovare la carta d’identità mentre attendono una visita. Un esempio di come fisico e digitale possano coesistere, purché pensati come parte di un unico ecosistema inclusivo.
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