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Lo IOR vola: utile in crescita, patrimonio record e bilancio approvato all’unanimità


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Jean Baptiste de Franssu.

Nel cuore dello Stato più piccolo del mondo, dietro le mura leonine, si trova un’istituzione finanziaria che non ha nulla da invidiare, per solidità e trasparenza, ai giganti della finanza globale. Parliamo dello Istituto per le Opere di Religione (IOR), che ha appena pubblicato la tredicesima edizione del Rapporto Annuale, contenente il Bilancio d’Esercizio 2024. Un documento redatto secondo i rigorosi principi contabili internazionali IAS-IFRS, utilizzati per garantire la comparabilità dei bilanci su scala mondiale e imposti alle società quotate. Che lo IOR non sia quotato, ma li applichi lo stesso, è già un primo segnale della svolta di trasparenza voluta negli ultimi anni. Dietro quei principi c’è l’IASB, acronimo di International Accounting Standards Bond: un organismo indipendente con sede a Londra, al numero 7 di Westferry Circus, a due passi dal Tamigi e a prudente distanza dalla City. Insomma, sede e contesto romano, ma si gioca secondo le rigorosissime regole del capitalismo anglosassone.
Malgrado la definizione giornalistica di “banca del Papa” lo IOR non è propriamente una banca. Non fa prestiti e impieghi alle aziende o ai privati ad esempio, come fanno normalmente gli istituti di credito. È un ente autonomo della Santa Sede che si potrebbe definire – grosso modo – una società di gestione del risparmio, con una missione che travalica l’utile d’impresa: servire la Chiesa cattolica nel mondo. I suoi clienti non sono investitori speculativi o grandi fondi sovrani, ma nomi o enti che possiamo trovare nell’Annuario Pontificio: sacerdoti, religiose, prelati, parrocchie, missioni, università cattoliche, ospedali, cliniche, scollegi, seminari e via dicendo. Ad oggi, sono oltre 12.000 i “depositi”, distribuiti in più di 110 Paesi. Lo IOR è l’unico ente autorizzato a operare professionalmente in campo finanziario all’interno dello Stato della Città del Vaticano. Gli altri enti finanziari interni al Vaticano sono l’Apsa ordinaria, l’Apsa straordinaria e l’Obolo di San Pietro, che controllano i beni mobili e immobili della Santa Sede, da cui dipendono. Il modello di gestione dello IOR, sviluppato internamente, lo porta a intervenire nei mercati finanziari con un approccio attivo, selezionando con cura gli asset, secondo gli obiettivi di rendimento e rischio dei propri clienti. E non dobbiamo dimenticare che lo IOR per Statuto non può acquisire azioni appartenenti a industrie belliche o di altro genere eticamente sconveniente.
A capo dello IOR vi è una commissione di cardinali che riferisce al Papa e al segretario di Stato guidata da Christoph Schönborn (gli altri membri sono Konrad Krajewski, Giuseppe Petrocchi, Luis Antonio Gokim Tagle ed Emil Paul Tscherrig). Questa a sua volta presiede il Consiglio di Sovrintendenza, in pratica un consiglio di amministrazione, composto da laici e presieduto dal finanziere francese Jean-Baptiste Douville de Franssu, (gli altri consiglieri sono Javier Marín Romano, Bernard Brenninkmeijer, Georg Freiherr von Boeselager, Michael Hintze, François Pauly e Sheila Marie L. Uriarte-Tan, unica donna della governance). Cinghia di trasmissione di questi organismi è una figura istituzionale definita “il prelato”, poiché per statuto a occuparla è un sacerdote che partecipa come auditore alle riunioni di entrambi gli organismi: si tratta di monsignor Battista Maria Salvatore Ricca.

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Nel 2024, questo piccolo colosso ha prodotto risultati che farebbero gola a qualunque istituto bancario di piccole dimensioni: un utile netto di 32,8 milioni di euro, in crescita del 7% rispetto al 2023. Non solo. Tutti i principali indicatori economici sono in salita:

+5,8% il margine d’interesse, la differenza tra gli interessi che la banca incassa e quelli che paga (ad esempio sui conti correnti o sui depositi dei clienti).
+13,2% il margine commissionale (il guadagno ottenuto attraverso le commissioni),
+3,6% il margine di intermediazione (la somma delle due voci più altri proventi finanziari).

Ma il dato più impressionante è un altro: il Tier 1 ratio, che misura la solidità patrimoniale delle banche (anche se lo IOR non è una banca in senso stretto, come abbiamo detto, ma in senso tecnico opera con criteri bancari). Tale indice raggiunge il 69,43%. Una vetta impensabile per gli standard internazionali, dove già un 10% viene considerato solido. Una combinazione di rischi contenuti e aumento del patrimonio netto.

Anche la raccolta totale segna un passo avanti: 5,7 miliardi di euro, in crescita rispetto ai 5,4 miliardi del 2023. Qui dentro troviamo depositi, conti correnti, gestioni patrimoniali, titoli in custodia. Il patrimonio netto sale a 731,9 milioni di euro, con un incremento di 64,3 milioni. L’aumento dell’utile, spiegano dallo IOR, è dovuto a una gestione prudente ma efficace, che ha saputo coniugare margini crescenti e un attento contenimento dei costi.
Ma non si vive di sola finanza. Il 2024 è stato anche un anno di investimenti infrastrutturali, in particolare per potenziare l’infrastruttura digitale, rafforzare le funzioni chiave e assumere nuove risorse specializzate. Il fine è uno solo: servire meglio i clienti della Chiesa. Siamo di fronte a un’entità che, pur non essendo imponente, attualmente è solida come le pietre del Torrione di Niccolò V, la fortezza che ospita i suoi uffici, addossato come uno sperone al Palazzo Apostolico, che doveva anticamente difendere da eventuali incursioni straniere.

L’eccezionale Tier 1 ratio e gli indicatori di liquidità pongono lo IOR tra le istituzioni finanziarie più solide al mondo, almeno in termini di patrimonializzazione.
Il bilancio ha ricevuto una relazione senza rilievi dalla società di revisione Mazars Italia S.p.A., ed è stato approvato all’unanimità dal Consiglio di Sovrintendenza in data 29 aprile 2025. Come da Statuto, è stato poi trasmesso alla Commissione Cardinalizia per la valutazione finale.
Proprio la Commissione, alla luce della solidità dei dati e tenuto conto delle esigenze di patrimonializzazione, ha deciso di distribuire un dividendo al Santo Padre pari a 13,8 milioni di euro. Dobbiamo tornare agli anni ’90 per trovare risultati di queste proporzioni. Saranno utilizzati, come previsto dalla missione dell’Istituto, a sostegno delle opere di religione e carità, su indicazione di papa Leone XIV che, da buon matematico, apprezzerà questi numeri.

 





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