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Lo 0,25% delle imprese è a rischio infiltrazione mafiosa, sulle collaborazioni preventive mi devo ricredere


Ogni 1.000 istruttorie chiuse il 2,5 circa si conclude con l’adozione di provvedimenti interdittivi antimafia. Così scrive la Direzione Investigativa Antimafia (DIA) nella sua relazione, da quest’anno annuale. Lo 0,25% delle imprese sono quindi imprese in cui c’è un serio rischio di infiltrazione mafiosa.

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Sono tante o poche? Stiamo parlando di rischio di infiltrazione. Fossero in mano alla mafia sarebbero state sequestrate, non sarebbero state oggetto di interdittiva. In questo caso l’azienda non è sequestrata, ma le si blocca la partecipazione agli appalti pubblici. Oppure, se gestisce un ristorante, le si revoca la SCIA e chiude i battenti. Se il tentativo viene considerato occasionale, prima di interdirla, la società può essere invitata ad adottare delle azioni di self cleaning. La cosiddetta Collaborazione preventiva.

Proviamo ora a fare un confronto. Secondo Istat l’economia illegale rappresenta circa l’1,1% del Pil italiano. Si escludono però estorsioni, usura e traffico d’armi. Secondo l’istituto di ricerca Transcrime le attività illegali generano ricavi pari in media all’1,7% del Pil (25,7 miliardi di euro). Un dato di qualche anno fa ma un punto di riferimento importante. Non tutto però va alle mafie. Solo una quota delle attività illegali finisce alle organizzazioni mafiose (tra il 32% e il 51%). Tra gli 8,3 e i 13 miliardi di euro. Se prendiamo la cifra più bassa è pari allo 0,54% del Pil. Considerando che qui si parla di soldi da investire nell’economia legale, mentre con le interdittive si parla solamente di tentativi di governare l’azienda per dirigerla e generare benefici alle organizzazioni criminali, lo 0,25% lo ritengo basso. Per logica dovrebbe essere almeno uguale se non maggiore a 0,54.

Per contro c’è da sottolineare che il numero dei provvedimenti interdittivi emanati nel 2024 (764) è cresciuto del 13,19% rispetto al valore registrato nell’anno precedente (675). Ed è anche in continuo aumento: sintomo che il fenomeno cresce, oppure che lo strumento viene usato con maggiore determinazione e più frequentemente. Nel 2017 erano 619, nel 2018 456, nel 2019 625. Una costante e importante crescita di provvedimenti che resistono al Tar e al Consiglio di Stato.

Quando nel 2021 furono introdotte nel Codice antimafia la Collaborazione Preventiva e il Contraddittorio per tutelare al massimo le imprese, ero preoccupato che si volesse utilizzare l’interdittiva come extrema ratio. Con la riforma si decise che, valutata un’infiltrazione occasionale, prima di dar spazio agli avvocati e al Tar, si sarebbe avvisata l’azienda e attraverso un’interlocuzione serrata chiedendole di eliminare ogni situazione ambigua rilevata dalla Prefettura. Ora finalmente cominciano a comparire i dati proprio delle collaborazioni preventive avviate.

Ci giungono purtroppo a macchia di leopardo e ci dicono che sono inferiori alle interdittive dirette e ne rappresentano circa un terzo o un quarto. Il Prefetto di Palermo ha infatti emesso nel periodo in esame complessivamente 38 provvedimenti interdittivi antimafia e 7 misure collaborative. Il Prefetto di Catania 40 provvedimenti 30 informazioni interdittive antimafia e 10 prevenzione collaborativa. Il Prefettura di Trapani, 33 di cui 6 misure di prevenzione collaborativa. Le Prefetture toscane, hanno adottato 28 provvedimenti prefettizi antimafia (di cui 6 prevenzioni collaborative). Milano ha emesso 30 interdittive, 8 in più rispetto al 2023, mentre sono 7 quelle emesse nei primi due mesi del 2025. Sono 9 cancellazioni dalla cosiddetta white list (lista delle imprese considerate affidabili) e 5 gli accertamenti nell’ambito della prevenzione collaborativa. Non abbiamo altri dati ed è un peccato.

A distanza di così tanti anni bisognerebbe tracciare la riga e capire cosa ha funzionato e cosa no. A guardarla così, mi stupisco. Pensavo che la nuova procedura sostituisse le interdittive mentre invece rimane una soluzione possibile ma eventuale e poco frequente.

Come si evince dallo schema tratto dalle ultime relazioni DIA, l’exploit nel 2024 lo hanno fatto le prefetture emiliane e quelle campane. In particolare le Province di Napoli e Caserta hanno emesso 232 interdittive, che hanno colpito aziende operanti nel cemento (94 interdittive), gestione dei rifiuti e dei servizi per l’ambiente (30 interdittive). Il settore delle onoranze funebri ha invece avuto 23 interdittive. Cutresi e Casalesi sono le organizzazioni criminali “colpite” dalle interdittive emesse dai Prefetti delle province emiliane.

Non possiamo non parlare della Lombardia scrivendo da Milano. Di interdittive ne sono state emesse 67, quasi la metà dell’Emilia Romagna oramai è da tre anni questo trend e il doppio del Lazio e il triplo del Piemonte. Al Nord il fanalino di coda è il Veneto. Ultimo elemento di analisi è quanto le interdittive ci descrivano la territorialità di una organizzazione criminale.

La ‘ndrangheta rimane mafia globale. Su 208 provvedimenti interdittivi antimafia, sono 138 quelli emessi da Prefetture al di fuori della Calabria (alcuni dei quali in aree d’origine di altre matrici criminali quali Sicilia, Puglia, Campania, Lazio e Basilicata). Per i clan di camorra sono 28 i provvedimenti interdittivi complessivamente adottati in altre regioni. Tra queste, quelle maggiormente interessate risultano l’Emilia Romagna (9) e la Toscana (8).In Lombardia 2 soli sono i provvedimenti di specie adottati dalle locali Autorità prefettizie. Se si pensa al grande riciclaggio nella ristorazione al nord e a Milano, in particolare, dei clan campani, il numero di interdittive e il numero di sequestri sono molto inferiori rispetto alla percezione e alla valutazione degli indicatori.

Solo 10 le infiltrazioni mafiose collegate a Cosa Nostra anche al di fuori della Sicilia, e soprattutto nelle regioni del nord Italia. Il Prefetto di Milano ha adottato 3 provvedimenti interdittivi antimafia nei confronti di un’attività di somministrazione e bevande per la vicinanza alla famiglia di Castelvetrano. L’ex titolare è figlia di Paolo Aurelio Errante Parrino, ora in carcere per 416 bis, radicato ad Abbiategrasso, parente acquisito di Matteo Messina Denaro. Questa, lo sapete, è un’altra storia, di cui abbiamo già parlato in questo blog.

Una storia che ha cambiato la storia del radicamento mafioso in Lombardia, che la Dia nella sua relazione ha cercato di descrivere. Sarò l’argomento del prossimo articolo per il blog.

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