Il manifatturiero italiano si trova a un bivio cruciale. Mentre l’Europa e gli Stati Uniti hanno visto la loro quota di produzione globale ridursi drasticamente negli ultimi due decenni a favore dell’Asia, in particolare della Cina, l’Italia si aggrappa alla sua storica vocazione industriale, ma deve affrontare l’urgenza di una profonda trasformazione digitale per mantenere la propria competitività e leadership.
La manifattura nel mondo: cosa è cambiato negli ultimi 20 anni?
Nel 2000, l’Europa rappresentava il 21% della produzione manifatturiera mondiale, percentuale scesa oggi sotto il 17%. Gli Stati Uniti hanno visto un declino simile, dal 25% al 16%. Questa erosione è dovuta principalmente alla globalizzazione, alla delocalizzazione delle produzioni verso paesi con manodopera a basso costo e alla crescente focalizzazione delle economie sviluppate su settori ad alta tecnologia e servizi. La Cina, d’altro canto, ha capitalizzato su questo trend, passando da meno del 9% a inizio anni 2000 all’attuale 29% della produzione mondiale, dominando le catene di fornitura globali grazie a massicci investimenti. Anche potenze manifatturiere europee come Germania, Francia e Italia hanno visto ridursi le loro quote. La Francia è passata dal 3.2% all’1.8%, la Germania dal 6.5% al 5.2% e l’Italia dal 3.3% al 2.2%.
La contrazione del settore manifatturiero in Italia ha avuto ripercussioni dirette sull’occupazione e sulla stagnazione dei salari nel comparto industriale, contribuendo a una diminuzione del potere d’acquisto delle famiglie. Questo ha contribuito a creare un circolo vizioso che ostacola la crescita economica complessiva. In questo scenario, il reshoring – il ritorno delle produzioni dai paesi a basso costo verso i mercati domestici – sta emergendo come strategia chiave per rilanciare il settore, spinto da motivi di sicurezza e dalla necessità di maggiore indipendenza economica.
Per il manifatturiero italiano c’è ancora speranza
Nonostante il trend di decrescita, l’Italia mantiene una notevole forza nelle esportazioni manifatturiere, che rappresentano circa l’80% del totale delle esportazioni, superiore alla media europea del 76%. La qualità del prodotto, i distretti industriali e l’artigianalità avanzata rimangono elementi apprezzati a livello globale. Tuttavia, il paese affronta problemi strutturali significativi: costi elevati di energia, materie prime e lavoro; un accesso limitato ai finanziamenti per le PMI che intendono innovare e digitalizzare; investimenti in innovazione industriale inferiori rispetto a Germania, Cina e Stati Uniti; e un crescente divario tra le nuove tecnologie e le competenze delle risorse umane.
sul totale delle esportazioni di
beni, che possono includere anche materie prime,
prodotti agricoli o minerali, rappresentano ca.
l’80% contro il 76% dell’Europa. (Fonte: AlixPartners).
Per mantenere la leadership, il manifatturiero italiano deve affrontare una profonda trasformazione in cui la tecnologia è il motore principale. La digitalizzazione non solo favorisce la sostenibilità e la capacità di personalizzare la produzione, ma è anche il terreno fertile per l’integrazione tra innovazione tecnologica e creatività umana, pilastri dell’Industry 5.0. L’adozione di sistemi Mes (Manufacturing Execution Systems) è considerata fondamentale per ottimizzare la produzione, migliorare la qualità e promuovere la collaborazione uomo-macchina, elementi chiave per questa nuova fase industriale. Gli incentivi e i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) rappresentano un’opportunità strategica per accelerare questa transizione digitale.
Il gap tecnologico italiano: un ostacolo da superare
Un problema significativo è il ritardo dell’industria tecnologica italiana rispetto ad altri paesi. Con un valore dell’1.5% del Pil per il mercato Software & IT service, l’Italia è nettamente dietro a Regno Unito (5.3%), Francia (2.4%) e Germania (2.3%). Questo dato riflette un basso livello di digitalizzazione nel settore industriale e dei servizi, investimenti limitati e la mancanza di grandi player IT globali “made in Italy”. Rafforzare il settore IT è essenziale per aumentare la produttività e la competitività e per colmare il gap nella corsa verso l’Industry 5.0.
Una parte consistente del mercato dei sistemi gestionali è ancora dominata da tecnologie legacy che frenano la modernizzazione delle imprese. I sistemi Mes, pur potendo colmare solo in parte alcuni di questi divari, si dimostrano comunque strategici nel processo di modernizzazione I fornitori Mes italiani offrono soluzioni adattabili a diversi settori, sebbene alcuni si specializzino nel manifatturiero discreto e nella meccanica con integrazione Cnc. Spesso presentano lacune nelle funzionalità di gestione dell’inventario e della qualità, tipicamente affidate a sistemi Wms e Qms.
Il ruolo dei partner tecnologici: competenza, supporto e prossimità
Per i partner tecnologici che vogliono supportare questa trasformazione, è cruciale indirizzare tre bisogni specifici delle aziende clienti:
- Competenza verticale: Offrire Program Manager esperti, risorse di delivery con competenze specifiche sul prodotto e esperienza nel settore del cliente, e padroneggiare le capacità di change management.
- Supporto attivo nel processo di trasformazione: essere commercialmente proattivi e proporre soluzioni di trasformazione complete, non solo prodotti o soluzioni tecniche.
- Vicinanza al cliente: essere prossimi ai distretti industriali e ai “thought leaders”, essere riconosciuti come esperti e partner affidabili, e sfruttare il passaparola e le referenze. Ciò implica anche integrare il portafoglio software con soluzioni specifiche per settore e investire nelle competenze delle proprie risorse.
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