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indagine AgID sulla PA centrale. Ecco analisi e raccomandazioni


Migliorare l’efficienza operativa, potenziare la gestione dei dati e ottimizzare l’accesso ai servizi: sono questi i tre obiettivi principali a cui rispondono i progetti di intelligenza artificiale già avviati dalle nostre pubbliche amministrazioni centrali, o attualmente in fase esplorativa. Un impatto atteso che coinvolge, quindi, sia il fronte dell’organizzazione interna (miglioramento dei processi e maggiore efficienza amministrativa, sia in termini operativi che decisionali), che il rapporto con cittadini e imprese, che potrebbero avere a disposizione servizi più reattivi, efficienti ed economicamente sostenibili. Il risultato, che emerge dalla prima indagine “L’intelligenza Artificiale nella Pubblica Amministrazione” condotta da AgID e diffusa nei giorni scorsi[1], conferma come la diffusione di questi strumenti sia ormai vista dalle pubbliche amministrazioni come un’opportunità a tutto campo, con una prevalenza dell’aspetto organizzativo, obiettivo dichiarato del 42% dei progetti censiti. Questo richiama anche i risultati della nostra indagine presentata all’ultimo FORUM PA, che ha coinvolto oltre mille tra dipendenti pubblici e operatori del settore: per il 79% di loro l’IA incrementa la produttività individuale, per il 46% sviluppa la creatività per proporre idee e soluzioni nuove, per il 45% migliora la qualità del lavoro, per il 43% è professionalizzante, perché accresce le competenze.

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Tornando all’indagine AgID, oltre agli impatti attesi delle soluzioni di IA, sono stati censiti diversi altri aspetti: tecnologie adottate e modalità di addestramento dei modelli di IA; modelli di procurement e fonti di finanziamento; stakeholder coinvolti e competenze; criticità riscontrate e fattori abilitanti il successo; principali sfide legate all’adozione dell’IA (inclusi sostenibilità e rischio secondo la classificazione dell’AI Act). Per approfondire tutti i risultati è disponibile il rapporto completo. Qui ne evidenziamo solo alcuni (che ci sembrano particolarmente interessanti per avviare una riflessione su come stanno lavorando le pubbliche amministrazioni) e sui quali ci riserviamo ulteriori approfondimenti e commenti.

Partiamo da quelli che spesso vengono definiti “la benzina dell’intelligenza artificiale”: i dati. Dall’indagine emerge come le tecnologie più utilizzate siano il Machine Learning tradizionale e, in crescita, l’IA generativa per testi e linguaggio naturale. Oltre il 60% dei progetti include chatbot e assistenti virtuali. Ma da dove provengono i dati usati per l’addestramento dei modelli di IA? Soprattutto da banche dati interne, talvolta includendo dati personali o sintetici. Tra le tipologie di dati maggiormente impiegate ci sono le banche dati documentali, le banche dati gestionali e le banche dati di tipo statistico, a testimonianza della varietà e della multidimensionalità dei dataset utilizzati nei processi di addestramento. L’aspetto che ci sembra più rilevante è però la scarsa attenzione riservata alla qualità dei dati, il che naturalmente potrebbe avere effetti molto negativi sul corretto funzionamento degli algoritmi e sull’affidabilità delle soluzioni di Intelligenza Artificiale.

Per quanto riguarda le modalità di procurement impiegate per la realizzazione dei progetti di Intelligenza Artificiale, prevalgono Accordi Quadro e Convenzioni Consip, ma anche l’utilizzo del Mercato Elettronico della Pubblica Amministrazione (MePA), del Sistema Dinamico di Acquisizione della PA (SDAPA) e di procedure aperte. Una varietà ed eterogeneità di scelta, su cui spicca però un aspetto: il ricorso limitato a strumenti di procurement specificamente strutturati per le soluzioni di Intelligenza Artificiale. Si ricorre in prevalenza a gare ICT generaliste o vengono adottate proposte di sperimentazione provenienti direttamente dal mercato, quindi a seguito di una proposta spontanea da parte dei fornitori. Ci sono due conseguenze principali evidenziate nell’indagine: il “rischio di acquisire soluzioni non pienamente aderenti alle esigenze specifiche delle amministrazioni” e “la possibilità di incorrere in fenomeni di vendor lock-in, che possono compromettere la flessibilità, la trasparenza e la sostenibilità nel medio-lungo periodo delle soluzioni implementate”.

C’è poi il tema centrale delle competenze. Tornando per un momento alla nostra indagine presentata a FORUM PA 2025, il 26,5% degli intervistati metteva in evidenza come sia necessario uno sforzo di adeguamento delle competenze per poter gestire al meglio le opportunità dell’AI. L’indagine AgID ci conferma che le competenze interne sono presenti ma limitate, con forte dipendenza da attori esterni, in particolare società di consulenza e informatica, alle quali viene affidata in media circa la metà delle attività progettuali. Questo soprattutto perché mancano all’interno delle amministrazioni competenze specialistiche, in particolare programmatori, data scientist e figure professionali con esperienza nell’addestramento e nella gestione dei modelli di Intelligenza Artificiale.

Emerge poi un altro elemento: l’importanza di coinvolgere stakeholder diversi per garantire la sostenibilità e l’efficacia delle iniziative avviate. Oltre ai soggetti interni all’ente, si deve lavorare insieme ad enti governativi ed enti regolatori, data la complessità tecnica e normativa dei progetti, ma anche coinvolgere gli utenti finali. Viene percepita l’importanza di “una collaborazione attiva e continuativa tra soggetti interni ed esterni, capace di superare i confini organizzativi tradizionali e promuovere un approccio sistemico e orientato all’impatto”.

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Un aspetto ancora carente è la definizione di KPI specifici per la misurazione dell’impatto atteso dai progetti di IA. Gli indicatori risultano individuati per solo un quinto dei progetti, aspetto che rende difficile immaginare di poter adottare una visione strategica di lungo periodo, di poter generare un impatto sistemico dalle singole iniziative e di garantire l’efficacia complessiva degli investimenti.

Infine, tra gli elementi di criticità e le sfide da affrontare viene sottolineato anche l’aspetto della sostenibilità ambientale. Per mitigare l’impronta ecologica delle tecnologie implementate, è fondamentale valutare l’impatto ecologico già in fase di progettazione.

Quali sono, dunque, gli spunti che emergono dal Report, per un’adozione più efficace e sostenibile dell’IA nelle pubbliche amministrazioni?

Ecco le raccomandazioni stilate da AgID a partire dall’analisi dei progetti censiti, delle evidenze raccolte e del confronto con le migliori pratiche internazionali:

  •  puntare su tecnologie affidabili e a basso impatto ambientale, da integrare nei sistemi informativi esistenti;
  • migliorare la qualità e la gestione dei dati, garantendo accuratezza, interoperabilità e rispetto della privacy;
  • innovare il procurement pubblico, semplificando l’accesso alle soluzioni IA e promuovendo gare dedicate precedute da progetti pilota;
  • attuare una pianificazione strategica, con obiettivi chiari, KPI definiti e attenzione alla scalabilità;
  • adottare metodologie di open innovation e coinvolgere trasversalmente le strutture interne;
  • sviluppare competenze specifiche, mappare le risorse interne e creare figure professionali dedicate come l’AI Officer e il Data Steward.

[1] L’indagine – realizzata tra il 25 settembre e il 10 ottobre 2024 mediante un questionario strutturato predisposto da AgID con il supporto tecnico-scientifico dell’Osservatorio Agenda Digitale del Politecnico di Milano – ha visto la partecipazione di 108 organizzazioni (tra Pubbliche Amministrazioni centrali e gestori di pubblico servizio a rilevanza nazionale) su 142 contattate, di cui 45 hanno avviato progetti IA. Sono stati censiti 120 progetti in fase di esecuzione o esplorativa, 50 dei quali su infrastrutture sociali e sostenibili e 70 in altri ambiti di applicazione.



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