Vuoi acquistare in asta

Consulenza gratuita

 

Anghileri (Giovani Imprenditori Confindustria): “Clima geopolitico complesso, necessaria una politica industriale europea; serve rendere l’Italia più attrattiva per le imprese”


Maria Anghileri, Presidente di Giovani Imprenditori Confindustria, in occasione del 54° Convegno Nazionale dei Giovani Imprenditori di Confindustria dal titolo “Passione d’impresa. In ogni sfida, un inizio” ha dichiarato:

Mutuo 100% per acquisto in asta

assistenza e consulenza per acquisto immobili in asta

 

Autorità, relatori, illustri ospiti, cari amici, benvenuti al 54° Convegno nazionale di Rapallo, il primo di questa nostra nuova presidenza dei Giovani Imprenditori di Confindustria. È un tempo strano, questo, per essere giovani. 

Penso ai giovani ucraini che pagano con la vita la libertà del proprio Paese, e a quelli russi che la perdono per toglierla. 
Penso ai giovani in Medio Oriente: la prigionia degli ostaggi israeliani, la morte e la fame dei palestinesi a Gaza è un orrore indicibile. A cui si aggiungono gli attacchi fra Israele e Iran di questa notte.

Penso ai giovani cinesi in un Paese che fa passi da gigante, ma a scapito della libertà dei propri cittadini.

E a quelli americani che, con la rielezione di Trump, hanno visto stravolto l’ordine mondiale per come lo hanno conosciuto dalla nascita.

Penso infine a noi, giovani europei e italiani, e a quanto ci sentiamo smarriti.

Aste immobiliari

 il tuo prossimo grande affare ti aspetta!

 

Ci hanno cresciuti secondo due convinzioni granitiche: uno, l’Europa non conoscerà più la guerra, anche perché gli Stati Uniti sono nostri difensori; due, l’Europa è prospera e il nostro benessere non potrà che aumentare. Si sono dimenticati di dirci, però, che una condizione determina l’altra. Che la libertà, la prosperità e la pace sono tutt’altro che condizioni date. Vanno, invece, difese. Insomma, ci hanno raccontato una storia, non “La Storia”.

Noi europei, assuefatti dalle storie che ci siamo raccontati, non ci siamo accorti che il vento cambiava. Se così non fosse non ci troveremmo a implorare Trump di non strangolarci coi dazi, o a indignarci perché la sua Amministrazione ci chiama “parassiti”.
Non vivremmo con l’incubo costante di una Cina che si mangia la nostra manifattura di base mentre corre verso quella di frontiera.

E allora voglio dirvi cosa pensiamo noi imprenditori giovani di tutto questo.

Pensiamo che “l’Europa non è ancora perduta finché siamo vivi”, come ha detto al Parlamento europeo l’altro Donald – Tusk – nel discorso di insediamento del semestre polacco. Pensiamo che l’Europa è la nostra casa. Lo sono i suoi valori e ciò che rappresenta. Noi la vogliamo difendere. Pensiamo che sia arrivato il momento dei “basta”. Basta con la paura. Basta con le umiliazioni. Basta lamentarsi.

Bisogna reagire. In ogni sfida c’è un nuovo inizio. È proprio così, qui e oggi.

Viviamo un secolo nuovo, senza precedenti. E vogliamo soluzioni nuove, senza precedenti.

Non è più tempo di infinite mediazioni e di estenuanti rinvii, non è più tempo di regole soffocanti, non è più tempo di manutenzione ordinaria.

Oggi tocca a noi, Giovani Imprenditori, dare la scossa alla nostra Europa. E non ci tiriamo indietro.

Vuoi bloccare la procedura esecutiva?

richiedi il saldo e stralcio

 

Enrico Letta ha detto che all’Unione servono due nuove libertà, insieme alla circolazione dei beni, servizi, capitali e persone: quella di innovare e quella di restare. Oggi rischiamo che prevalga quella di andarsene.

È questo, allora, il messaggio per le Istituzioni europee: metteteci in condizione di restare e di innovare. Sia come cittadini che come imprese. Non accettiamo che sia più facile e conveniente fare impresa negli Stati Uniti. Noi vogliamo restare qui. Ma per farlo abbiamo bisogno di cambiare le regole di funzionamento dell’Unione Europea. Abbiamo bisogno di renderla, finalmente, pro-impresa. Abbiamo l’urgenza di fare industria in Europa, per l’Europa!

Da dove ripartire, allora?

Dal mercato interno e dalle nostre regole per risolvere due forti limiti alla competitività europea: i ridotti investimenti in ricerca e sviluppo sull’high tech, la dimensione ridotta delle imprese nei settori che competono col resto del mondo. La sterzata va data su innovazione e investimenti. Ma il vero nemico da battere, oggi, rimane l’incertezza che frena investimenti, ordini e commesse. Per riuscirci una leva da utilizzare sono anche i beni pubblici europei, come le infrastrutture energetiche e digitali, per fare un esempio. Investimenti importantissimi per sostenere la crescita, l’innovazione e la doppia transizione. 

E poi ci sono regole da semplificare, da rendere stabili e prevedibili.

L’entrata in vigore del 28° Regime unificato, sarebbe davvero una rivoluzione per le PMI e le startup che potrebbero operare in tutti i 27 stati dell’Unione Europea con le stesse regole commerciali e fiscali. Con un importante beneficio in termini di tempi e costi. Chiediamo al Governo di sostenerlo con forza, e in tutte le sedi. E chiediamo alla Commissione di accelerare il ritmo di marcia sull’attuazione dei rapporti Draghi e Letta. 

A parole, la Bussola per la competitività li recepisce.

Assistenza per i sovraindebitati

Saldo e stralcio

 

Nei fatti, ancora no. Il motivo è chiaro: non si riescono a mettere d’accordo 27 Paesi. E allora vogliamo dire con fermezza che il ritmo di marcia non possono dettarlo i Paesi “riluttanti”, altrimenti siamo finiti. Se i tempi non sono maturi per muoversi come un sol uomo – e purtroppo non lo sono – muoviamoci in gruppi che condividono davvero sia i fini che i mezzi, e andiamo avanti.

Lo abbiamo fatto con la moneta unica, adottata oggi da 20 su 27 Stati membri. Possiamo rifarlo, adesso.

Oltre che far restare, l’Europa deve essere capace di accogliere. Dal disastro avviato dalle politiche di Trump potrebbe arrivare un aiuto insperato: i ricercatori, gli studenti universitari e i capitali ora in America. Incoraggiamoli a venire in Europa, ma soprattutto facciamoli restare. Facciamo in modo che chi viene in Europa trovi l’America. Dalla guerra commerciale potrebbe poi arrivare anche un nuovo ruolo per l’Europa nel mondo, se sapremo guadagnarcelo. Possiamo orientare sull’Unione la fiducia di quei Paesi che la perdono nella guida degli Stati Uniti. La palla è in mano, allora, tanto alla Commissione europea quanto agli Stati. E quindi anche all’Italia, a cui chiediamo di mettersi alla testa di questo progetto avendo oggi una leadership stabile. 

Ecco allora il nostro secondo messaggio, questa volta alla politica e alle istituzioni italiane: 

serve una visione lunga di sviluppo. I fondamentali sono stabili, ora andiamo oltre. Il momento è adesso. L’Italia – seconda manifattura d’Europa e fra i più grandi esportatori al mondo – è il Paese dell’industria. 626 miliardi di export li fa con la meccanica, la metallurgia, la moda, gli autoveicoli, l’agroalimentare, la chimica e la farmaceutica. Solo per citare alcuni dei nostri settori di punta. Se in un Paese così l’obiettivo è galleggiare per altri 20 anni la nostra risposta è: no, grazie.

Perché i giovani non si arrendono, ma rilanciano.

 

Mutuo casa veloce

Mutuo fino al 100%

 

L’obiettivo, allora, può essere solo uno: rendere l’Italia più innovativa e attrattiva. Un Paese dove sia facile fare impresa.

Il problema vero, infatti, è che in Italia di imprese destinate ai grandi numeri ne nascono poche, anche perché un giovane italiano non riesce a raggiugere la maturità – data da fattori economici e relazionali – prima dei 40 anni. È difficile fare un mutuo e comprare casa, figuriamoci ottenere un finanziamento per aprire un’impresa! E allora non possiamo poi sorprenderci se negli ultimi 10 anni abbiamo perso 367.000 giovani (di cui 97.000 laureati) e 153.000 imprese guidate da under 35. O se la mancanza di prospettive, l’impossibilità di coltivare le proprie inclinazioni e capacità mortifica circa 2 milioni di giovani che oggi non studiano e non lavorano.

Abbiamo un messaggio, allora, destinato a tutto il Paese: l’Italia sta infrangendo il patto fra generazioni e la responsabilità è collettiva. Guardando alle spese annuali delle Pubbliche Amministrazioni, si vede che le risorse destinate a spese “per il futuro” sono poche rispetto a quelle dedicate al mantenimento dello status quo, quindi “al presente”. Su oltre 1.100 miliardi di spesa al 2023, solo il 9% è dedicato a istruzione, ricerca e sviluppo. È troppo poco! Dobbiamo scommettere sul domani e sui nostri straordinari talenti. Dobbiamo abbandonare questo “presentismo” italiano non più a parole, ma con scelte concrete. 

Nasce da qui una proposta per Governo, partiti e cittadini.      

Oggi l’indicatore di spesa pubblica, come definito dal nuovo Patto di Stabilità e Crescita, deve garantire il rientro dei rapporti deficit/PIL e debito/PIL, e l’impegno Nato a destinare il 2% del PIL alla difesa. 

Noi chiediamo al Governo di fissare un nuovo impegno fondamentale: il raddoppio, entro i prossimi 10 anni, degli investimenti pubblici sulla “Filiera Futuro”, che è fatta di natalità, istruzione, innovazione, di giovani imprese. Vorremmo che passasse molto chiaramente il messaggio che l’Italia ha più bisogno dei suoi giovani di quanto questi abbiano bisogno di lei. Finora è stato facile ignorarli perché sono pochi. Ma non esiste al mondo una strategia più miope: chi punta solo sugli over 60 guadagna i voti ma perde il futuro.

Chi può saperlo meglio di noi?

Prestito personale

Delibera veloce

 

Le culle vuote di oggi sono le aziende vuote di domani. Invertire la curva demografica è un progetto a lungo termine, ma le soluzioni vanno impostate oggi. L’immigrazione è, già nei fatti, una necessità per rispondere al gelo demografico, ma non è la soluzione per gestirlo. Le soluzioni sono servizi stabili, non bonus che un anno ci sono e il successivo chissà. Altrimenti continueremo a regalare ai nostri concorrenti collaboratori e nuovi imprenditori che poi costruiscono le proprie famiglie altrove. Quando i giovani non hanno voce il risultato si vede. Invece siamo orgogliosi del nostro Sistema Confindustria dove questa voce si sente perché siamo in ogni organo apicale, con ruoli gestionali, non di semplice rappresentanza. Sarebbe utile che questo accadesse anche nella politica, nei sindacati, nell’accademia, insomma, in tutti i settori. Giovani che servono per costruire un Paese competitivo che premi l’innovazione, le competenze e chi si prende il rischio di crescere, non incentivi a restare piccoli.

Ma come è fatto un Paese competitivo, che costruisce la sua “Filiera Futuro”?

Prima di tutto ha costi strutturali sostenibili. Come fa a essere attrattivo un Paese con:

  • la bolletta elettrica fra le più alte del mondo;
  • la pressione fiscale oltre il 41%, siamo terzi tra i paesi OCSE;
  • il cuneo fiscale e contributivo del 47,1%, 12 punti in più della media OCSE!

Certo, se vogliamo trattenere i migliori dobbiamo pagarli di più. È una legge di mercato ed è giusto, perché riconosce il merito. La giovane età deve essere un vantaggio, non un limite. Ma come si fa a farlo in un Paese che si prende la metà di quello che guadagni e che in cambio non ti dà nemmeno servizi sufficienti a conciliare vita e lavoro? O a curarti? È fondamentale un abbassamento strutturale del costo dell’energia, del lavoro e della pressione fiscale. 

Un Paese competitivo, poi, dà credito al futuro e sostiene la crescita delle aziende. In particolare, chi parte da zero.

Da un lato, servono prodotti bancari più adatti a imprese giovani e innovative: con sistemi di valutazione che considerino le potenzialità, non solo le garanzie, e con procedure sempre più rapide. Dall’altro c’è bisogno che l’ecosistema di venture capital, vero motore dell’innovazione radicale, continui a rafforzarsi: fondi più grandi per investire sulle imprese industriali; veicoli specializzati su tutte le fasi di crescita, maggiore coinvolgimento degli investitori istituzionali. La crescita dimensionale delle aziende è la nostra ossessione.

Infatti 6 Giovani Imprenditori su 10 puntano a creare nuovi rami d’impresa nei prossimi 5 anni. E ben 1 su 2 vuole crescere attraverso operazioni di fusione e acquisizione. Nell’ultimo anno il Governo ha fatto molto su fusioni e acquisizioni, in particolare in termini di semplificazioni fiscali. Sul fronte della tassazione, invece, e mi riferisco all’Ires premiale, il tentativo è stato molto timido e rischia di non portare a casa i risultati sperati. Questa misura, che è una misura importante perché premia gli imprenditori virtuosi che reinvestono gli utili in azienda, oggi ha troppi paletti che vanno rimossi. Va semplificata e resa strutturale. Un Paese competitivo, inoltre, favorisce la produttività delle aziende. La crescita delle aziende dipende dagli investimenti in processi e prodotti innovativi e dalle competenze dei lavoratori. Questi due fattori, insieme, fanno crescere la produttività. Se cresce la produttività crescono i salari. E allora non si può misurare un’impresa solo dalla quantità di persone che impiega, e non si risolvono i cali della produzione industriale solo con incentivi alle assunzioni.

Sconto crediti fiscali

Finanziamenti e contributi

 

Il 2025 si è aperto con qualche dato positivo ma i rischi sono alti per i dazi americani. Se insistiamo sugli investimenti è perché rischiano il blocco. Soprattutto nelle imprese giovani che sono meno strutturate e hanno meno garanzie alle spalle. Il Governo sta lavorando con la Commissione europea per una revisione del PNRR che dia continuità a Industria 4.0 e Transizione 5.0. È importante che si vada veloci. Un Paese che ha una “Filiera futuro” offre, poi, una formazione moderna e di prima qualità.

Serve un nuovo modello di formazione che metta insieme la capacità di analisi “orizzontale” della cultura umanistica, e il know how tecnico “verticale” delle materie STEM. Non silos separati, come è oggi, ma un bagaglio unico. Utopia? No, al contrario: è un terreno di frontiera su cui puntare a eccellere. Servono università che su queste materie competano e vincano a livello globale, così che ragazzi da tutto il mondo vogliano studiare in Italia e poi restare a creare ricchezza qui. Ci è riuscita la Cina che in 25 anni è passata da 0 a 15 università nei ranking internazionali nelle materie STEM, possiamo certo farlo noi che abbiamo università con tradizioni centenarie e ricercatori eccellenti.

Ma la vera sfida per il nostro sistema formativo si chiama Intelligenza Artificiale.

L’AI è una straordinaria opportunità per aumentare la produttività delle imprese e la qualità del lavoro dei collaboratori. Il rischio che alcuni lavori diventino obsoleti c’è, la soluzione, però, non è bloccare l’innovazione, ma governarla. Come? Prima di tutto serve un piano di digitalizzazione di massa, per i ragazzi e per chi già lavora. Il “prompt thinking”, ovvero l’uso efficace e consapevole dell’Intelligenza artificiale, deve diventare patrimonio di tutti. Nel più breve tempo possibile. In secondo luogo, è fondamentale che l’Unione Europea attivi un piano di investimenti paragonabile a quello di Stati Uniti e Cina, evitando di concentrarsi unicamente sulla regolamentazione. 

Infine, un Paese davvero competitivo è a misura di donne.

In Italia mancano al lavoro 3 milioni di donne. Mancano anche perché sono oberate dagli oneri di cura familiare. Le donne NEET in Italia fra i 15 e i 35 anni sono il 22,3% della popolazione. Molte di queste, in realtà, svolgono una attività di caregiving. Quindi lavorano. Eccome. Nessun problema quando la cura familiare è una scelta libera. Ma quando non lo è, quando la scelta è obbligata per mancanza di alternative, diventa un lavoro senza salario, senza contributi e, un domani, senza pensione. Se la scelta è obbligata, non la si può liquidare solo come un salto culturale da fare. Il punto vero è materiale: serve una rete di servizi che non lasci indietro le donne e i bambini. Abbiamo bisogno che le donne lavorino e abbiamo bisogno che siano imprenditrici. Ne abbiamo bisogno come Paese, ne hanno bisogno le imprese e ne hanno bisogno le donne per emanciparsi davvero. Sulla parità salariale fra uomini e donne, anche come imprenditori, dobbiamo fare di più. Non è un’opzione, è un impegno da prendere. Ho iniziato dicendo che è un tempo strano, questo, per essere giovani. Per la generazione Erasmus che è vissuta con il mito dell’America, patria del libero mercato, della valorizzazione dei talenti, dell’inclusione. Quella nazione meravigliosa a cui invidiamo il diritto “alla ricerca della felicità” inserito tra quelli fondamentali della Dichiarazione di Indipendenza. Un sistema di valori che oggi, purtroppo, vediamo stravolto.

Siamo passati dall’America dell’”I have a Dream” all’America dell’ ”I have a Deal”. È questo, quindi, l’ultimo messaggio con cui desidero salutarvi. Se il sogno americano ci appare oggi sfuocato, questo è il momento di costruire il nostro grande sogno italiano. Di quell’Italia che è riuscita nell’impresa di dare “al mondo più cultura, bellezza e civiltà di qualunque altro Paese” e, ci sentiamo di aggiungere, il genio creativo dei nostri imprenditori. Nonostante questo sia un tempo strano per essere giovani, noi ci crediamo. Talmente tanto da restare in Italia, cercando di continuare a creare valore per le nostre imprese e per le nostre comunità. Perché le nostre imprese sono comunità, nella comunità.

Dilazione debiti

Saldo e stralcio

 

Perché come ha ricordato il Presidente della Repubblica Mattarella “la speranza non può tradursi soltanto in attesa inoperosa. La speranza siamo noi. Il nostro impegno. La nostra libertà. Le nostre scelte”.

Grazie





Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Vuoi bloccare la procedura esecutiva?

richiedi il saldo e stralcio