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Perù, si allarga il contrasto tra Lima e il resto del Paese


Le eredità coloniali in America Latina sono state oggetto di un dibattito fondamentale per comprendere le società contemporanee, poiché su di esse poggiano molti dei problemi sociali attuali. Uno dei più rilevanti e complessi da affrontare è il centralismo imperante nella regione, che ha plasmato intere nazioni secondo le sue logiche, rendendo più difficile la loro organizzazione interna e imponendo ostacoli estremamente ardui da superare. Un Paese che incarna in modo emblematico questo fenomeno è il Perù, dove il centralismo di Lima nei confronti del Sud andino ha generato forti tensioni.

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La popolazione ha espresso con forza il proprio malcontento per le condizioni politiche, economiche e sociali che tale centralismo comporta per le aree periferiche. Un elemento chiave per comprendere questa dinamica è l’importanza storica di Lima durante il dominio spagnolo in America: fu capitale del Virreinato del Perù e soprannominata la “città dei re”. Da lì deriva il suo ruolo dominante come centro del nascente Stato peruviano. Il problema è che i Governi, nel corso del tempo, non hanno adottato misure concrete ed efficaci per correggere il centralismo o per avviare un serio processo di decentramento.

Gli investimenti che frenano lo sviluppo regionale

Una delle cause principali dell’attuale centralismo è da ricercarsi nella sproporzionata concentrazione degli investimenti pubblici e privati nella capitale: Lima assorbe circa il 40% del PIL in termini di spesa pubblica e il 50% degli investimenti privati. Questo genera inevitabilmente una maggiore concentrazione demografica, grazie alle migliori condizioni di vita e al miglior accesso ai servizi essenziali come sanità, istruzione e lavoro. A ciò si aggiunge la concentrazione del potere politico: a Lima hanno sede il Governo centrale, il Congresso e i ministeri, con la conseguente capacità di decidere su questioni fondamentali e sulla distribuzione del bilancio nazionale. Non a caso, la maggior parte dei parlamentari rappresenta Lima, con 33 seggi su un totale di 130.

Queste condizioni hanno creato un Paese strutturato in modo particolarmente gerarchico, tra chi vive nella capitale e chi no, soprattutto rispetto al Sud del Paese. Ciò che colpisce è il “favoritismo” dimostrato dallo Stato nel continuare a rafforzare l’asse Lima-Callao, anche a livello infrastrutturale: le reti di trasporto sono pensate per connettere le province con Lima, ma non tra loro, ostacolando così il commercio e lo sviluppo locale delle aree più remote. La scarsa capacità tecnica, economica e politica dei Governi regionali impedisce ulteriormente di migliorare questa situazione, generando e aggravando un forte malcontento, in particolare nel Sud del Paese, con proteste e conflitti sociali dovuti a un profondo sentimento di esclusione da parte dello Stato.

Se questa dinamica dovesse peggiorare ulteriormente, e senza prospettive di soluzione, le conseguenze potrebbero essere devastanti per un sistema già fortemente messo in discussione: le garanzie democratiche non sono solide, il Paese è guidato da una presidente non eletta, il Congresso è delegittimato e la struttura economica non si è fatta carico dei bisogni dei poveri, che rappresentano circa il 40% della popolazione. Il Perù rischia di diventare una democrazia fallita, poiché già oggi è classificabile come una democrazia ibrida. Alla luce dei precedenti, il Paese non sembra in grado di generare un vero cambiamento: la sua classe politica non è all’altezza delle richieste che il popolo avanza sin dalla caduta di Fujimori. La democrazia non ha mai raggiunto, né è mai stata sufficiente, per il Sud del paese: non è percepita come il miglior sistema politico possibile. In un’epoca in cui gli autoritarismi minacciano l’ordine democratico, la popolazione potrebbe facilmente orientarsi verso queste alternative.

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Rafforzare il decentramento fiscale e politico

Il decentramento fiscale e politico in Perù rimane un muro difficile da abbattere. Negli ultimi anni, il dibattito sul decentramento si è intensificato a causa delle proteste sociali e dell’instabilità politica, culminata nella destituzione del presidente Pedro Castillo nel dicembre 2022 e nell’ascesa di Dina Boluarte, la cui presidenza è stata segnata da violente proteste, soprattutto nelle aree rurali e indigene, che da anni chiedono una nuova Costituzione e maggiore rappresentanza. Il 55% della popolazione rurale vive in povertà. Sebbene ci siano stati tentativi di riforme per promuovere il decentramento, con la legge Bassanini in Italia citata come modello teorico, in Perù i governi regionali soffrono di scarsa capacità tecnica e finanziaria, limitando fortemente l’efficacia di queste politiche.

Le proteste recenti, specialmente nel 2024, hanno evidenziato il malcontento verso un sistema percepito come escludente, con richieste di un’Assemblea Costituente per ridisegnare l’assetto istituzionale. Tuttavia, la proposta di eliminare i movimenti regionali per favorire i partiti nazionali rischia di rafforzare il centralismo, alimentando ulteriori tensioni. Per un decentramento efficace, il Perù dovrebbe adottare riforme che garantiscano maggiore autonomia fiscale e politica alle regioni, migliorando la distribuzione delle risorse e la connettività infrastrutturale tra le province, per ridurre le disuguaglianze e rafforzare la democrazia.

Incentivare imprese, trasporti e università fuori Lima

Come riportato, Lima assorbe circa il 50% degli investimenti privati e concentra le principali istituzioni accademiche, come l’Universidad Nacional Mayor de San Marcos, marginalizzando regioni come Arequipa, Cusco e Ica, dove il potenziale economico e umano rimane sottoutilizzato. Secondo Efraín Gonzales de Olarte, economista della Pontificia Universidad Católica del Perú, politiche di incentivi fiscali, come esenzioni tributarie o crediti agevolati, potrebbero attrarre imprese nei settori agroindustriale e minerario in aree rurali, stimolando la creazione di poli produttivi regionali. Ad esempio, il progetto “Ecosistema di Innovazione e Imprenditorialità della Regione Ica”, sostenuto da 27 organizzazioni tra cui la Cámara de Comercio di Ica, dimostra come la collaborazione tra Governo, imprese e accademie locali possa generare subprogetti innovativi, come il programma AGESE, che promuove l’articolazione tra attori locali per migliorare la competitività.

Sul fronte accademico, rafforzare le università regionali attraverso partnership internazionali, come le oltre 130 collaborazioni tra atenei italiani e peruviani, potrebbe favorire la creazione di centri di ricerca e innovazione fuori Lima, migliorando l’accesso all’istruzione superiore e formando capitale umano qualificato. Tuttavia, ostacoli come la corruzione, la scarsa capacità amministrativa regionale e l’insufficienza di infrastrutture interregionali, evidenziati dall’Instituto Peruano de Economía, limitano l’efficacia di tali iniziative. Per superare queste sfide, il Plan Estratégico de Desarrollo Nacional (PEDN) al 2050 propone di integrare incentivi per l’innovazione e la diversificazione produttiva con una governance partecipativa che coinvolga settore privato, accademie e società civile, garantendo una distribuzione più equa delle risorse e riducendo le disuguaglianze territoriali.

Un ultimo punto riguarda il sistema di trasporti peruviano, fortemente orientato verso la capitale, con circa il 70% delle principali arterie stradali e ferroviarie progettate per convergere verso Lima, limitando ovviamente il commercio e l’integrazione economica tra le altre regioni. Ad esempio, la mancanza di collegamenti diretti tra il sud andino e le regioni amazzoniche costringe i produttori locali a dipendere da Lima per l’export, aumentando i costi logistici e riducendo la competitività, come sottolineato in un rapporto del 2023 del Ministero dei Trasporti e delle Comunicazioni. Sono comunque in cantiere alcuni progetti come il Corredor Interoceánico Sur, che mira a collegare Arequipa e Cusco con il porto di Matarani senza passare per Lima. Queste ambizioni riescono a dimostrare il potenziale di infrastrutture interregionali per stimolare le economie locali ma la fragilità dei governi e istituzioni locali fa sembrare questi obiettivi difficili da raggiungere, lasciando i territori periferici intrappolati in un ciclo di esclusione e sottosviluppo.



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