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L’appello di 95 Paesi per un ambizioso trattato sulla plastica


Non poteva che arrivare dal mare l’appello a combattere l’inquinamento da plastica: è infatti tra gli specchi d’acqua che si riversano ogni anno una buona parte delle 460 milioni di tonnellate di plastica che vengono prodotte ogni anno. E, val la pena ricordarlo, di questo passo tale mostruosa cifra potrebbe triplicarsi entro il 2060 se si continuerà ad andare avanti allo stesso modo. Ecco perché a metà della Conferenza delle Nazioni Unite sull’Oceano (UNOC), organizzata dalla Francia e dal Costa Rica dal 9 al 13 giugno 2025 a Nizza, una dichiarazione congiunta firmata da 95 Paesi lo scorso 11 giugno ha ribadito l’ambizione comune e globale di porre fine a quello che viene definito il “flagello dell’inquinamento da plastica”.

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In conformità con il mandato della risoluzione 5/14 dell’Assemblea delle Nazioni Unite per l’ambiente, i Paesi di tutte le regioni del mondo hanno così potuto proclamare la loro volontà di concludere un trattato internazionale ambizioso ed efficace che tenga conto dell’intero ciclo di vita della plastica. Perché è sempre più diffusa l’idea che solo un trattato globale e soprattutto vincolante, che in teoria dovrebbe essere prodotto entro la fine dell’anno, può porre un deciso argine. Un impegno che certamente influirà la prossima tappa delle complesse trattative che si sono tenute fino ad ora: il sesto ciclo di incontri è previsto per il prossimo agosto (dal 5 al 14) nella sede di Ginevra, in Svizzera.

“La dichiarazione congiunta, guidata dalla Francia, invia un chiaro segnale: i Paesi di tutto il mondo possono e devono lavorare insieme per porre fine alla crisi della plastica” ha dichiarato Efraim Gomez, direttore globale per l’impatto delle politiche del WWF Internazionale. “Ma siamo chiari: ciò che è stato delineato qui è un buon inizio, ma è il minimo indispensabile per affrontare efficacemente l’inquinamento da plastica. Un trattato adatto allo scopo deve andare oltre le vaghe aspirazioni e includere una serie di misure specifiche e vincolanti, tra cui la messa al bando globale delle plastiche e delle sostanze chimiche più dannose, mezzi per sostenerne l’attuazione e un meccanismo per rafforzarle nel tempo”. 

A meno di due mesi dall’INC-5.2 (il sesto ciclo di incontri per il trattato, ndr), i governi devono capire che questa visione non può e non sarà realizzata attraverso il consenso – osserva ancora il WWF – Devono quindi prepararsi a utilizzare tutti gli strumenti necessari per superare ulteriori ritardi e consegnare il trattato che hanno promesso. Hanno la visione, hanno il sostegno e hanno gli strumenti per forgiare un trattato efficace. Ora devono mantenerlo. Siamo già ai tempi supplementari e ogni giorno di ritardo aggiunge altre 30.000 tonnellate di plastica ai nostri oceani”. 

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Cosa prevede l’appello sul trattato sulla plastica?

La dichiarazione congiunta dei 95 Paesi prevede comprende firmatari provenienti da tutte le regioni, tra cui Cambogia, Georgia, Germania, Australia, Ghana, Tuvalu, Costa Rica, e anche l’Italia. Mancano grandi produttori come gli USA e grandi consumatori come la Cina, ma si tratta comunque di un’alleanza varia e positiva, che potrebbe pure allargarsi da qui ad agosto.

Al momento l’appello si articola in cinque punti per raggiungere un accordo, si legge, che sia  “all’altezza di ciò che la scienza ci dice e di ciò che i nostri cittadini chiedono”:

  1. Chiedere l’adozione di un obiettivo globale di riduzione della produzione e del consumo di polimeri plastici primari;
  2. Introdurre un obbligo giuridicamente vincolante per eliminare gradualmente i prodotti di plastica più problematici e le sostanze chimiche che destano preoccupazione, sostenendo l’elaborazione di un elenco mondiale di tali prodotti e sostanze;
  3. Migliorare, attraverso un obbligo vincolante, la progettazione dei prodotti di plastica e garantire un impatto ambientale minimo e la tutela della salute umana;
  4. Dotarsi di un meccanismo finanziario all’altezza dell’ambizione del trattato e che ne sostenga l’efficace attuazione;
  5. Impegnarsi a favore di un trattato efficace e ambizioso che possa evolvere nel tempo e reagire ai cambiamenti delle prove e delle conoscenze emergenti.

“Sono lieta di vedere così tanti Paesi ribadire la necessità di un trattato ambizioso per porre fine all’inquinamento da plastica – ha dichiarato Agnès Pannier-Runacher, ministra francese della Transizione ecologica, della Biodiversità, delle Foreste, del Mare e della Pesca – È un segnale forte che inviamo collettivamente al resto del mondo a poche settimane dalla ripresa dei negoziati a Ginevra. Senza ambiguità, e come già ribadito da oltre un centinaio di Paesi a Busan lo scorso dicembre, ribadiamo l’urgenza di agire, intervenendo alla fonte del problema, per ridurre la nostra produzione e il nostro consumo di plastica, e proponendo soluzioni concrete per farlo”.

Paesi come la Francia e l’Italia, d’altra parte, sono particolarmente interessati perché entrambi affacciati sul Mar Mediterraneo, vale a dire un mare semichiuso il cui ecosistema è molto delicato e che invece, tra inquinamenti vari ed effetti dei cambiamenti climatici, è già da tempo sottoposto a notevoli e numerosi stress.

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A che punto è il trattato globale per porre fine all’inquinamento da plastica?

La quinta Assemblea delle Nazioni Unite per l’ambiente ha adottato nel marzo 2022 una risoluzione storica volta a negoziare un trattato globale per porre fine all’inquinamento da plastica, basato su un approccio globale che copre l’intero ciclo di vita della plastica. Dopo le prime cinque sessioni di negoziati (Uruguay, Francia, Kenya, Canada e Corea del Sud), dal 5 al 14 agosto 2025 si terrà a Ginevra, in Svizzera, una sessione denominata “CIN-5.2”.

Fino a questo momento il sentimento prevalente sulle discussioni attorno al trattato non è positivo. Nelle prime cinque sessioni si è giocato un po’ al gatto col topo: i Paesi produttori e consumatori, spinti da una delle più potenti lobby al mondo, hanno preferito tergiversare, evitando tutti gli argomenti più spinosi e continuando a respingere le proposte più radicale. Non bisogna dimenticare che il trattato globale sulla plastica avrebbe dovuto essere licenziato già alla fine del 2024 e, stando così le cose, la sensazione è che un analogo fallimento si avrà anche alla fine del 2025 – a meno di un’improvvisa accelerazione, magari agevolata dall’appello guidato dalla Francia.

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In questo senso il commento del WWF è molto netto. “I negoziati sono falliti – scrive l’ong – perché diversi Paesi produttori di petrolio hanno continuato ad abusare delle regole del trattato volte a raggiungere il consenso, rifiutandosi di superare le divisioni e cercando di restringere ancora una volta la portata del trattato sulla gestione dei rifiuti piuttosto che sulla riduzione della produzione di plastica. Gli sforzi per raggiungere il consenso sono stati esauriti e i Paesi che cercano di forgiare un trattato secondo la loro visione condivisa devono utilizzare tutti gli strumenti procedurali, come il voto, all’INC-5.2 per farlo”.

Il timore maggiore, dunque, è che, se si dovesse riuscire a raggiungere un accordo, si possa decidere di licenziare un trattato molto blando, che non tenga conto dell’intero ciclo di vita della plastica, compresa la riduzione della produzione. A poche settimane dalla ripresa dei negoziati a Ginevra il “nice wake up call for an ambitious plastics treaty” – il titolo dato all’appello dei 95 Paesi – mira invece a riaffermare, si legge, “questa ambizione maggioritaria”. 

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