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Unimpresa: Finanza, nel 2024 bond imprese a 90 miliardi, venture capital oltre 8 miliardi


Nel 2024 il flusso lordo delle emissioni obbligazionarie da parte delle imprese italiane, incluse le controllate estere, ha superato i 90 miliardi di euro. Oltre due terzi del totale è stato collocato da pochi grandi gruppi, mentre si è ridotta la partecipazione di aziende esordienti. Nello stesso periodo, la quota di obbligazioni con scadenza inferiore ai 12 mesi è più che raddoppiata rispetto al 2019, trainata dall’aumento delle cambiali finanziarie. In calo il mercato azionario: soltanto 20 nuove ammissioni in borsa, a fronte di 27 revoche (delisting).

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Tra il 2021 e il 2024 la perdita complessiva di capitalizzazione di mercato delle imprese non finanziarie ha superato i 100 miliardi di euro. In crescita, invece, il private equity e il venture capital: secondo Invest Europe, nel 2024 sono stati investiti oltre 8 miliardi in circa 400 società, con un importante medio per operazione di poco superiore ai 20 milioni.

È quanto emerge da un paper del Centro studi di Unimpresa, secondo cui negli ultimi 10 anni il comparto del venture capital in Italia ha registrato un’espansione significativa, ma il mercato resta limitato nel confronto europeo a causa del basso numero di startup innovative, della ridotta dimensione degli operatori e delle difficoltà nella fase di disinvestimento. Unimpresa ricorda che la Commissione Ue ha avviato nel 2025 una serie di proposte per sostenere il settore, mentre in Italia il Governo è delegato a riformare entro marzo 2026 il Testo unico della finanza per favorire nuovi canali di finanziamento.

«I dati restituiscono un quadro ricco di potenzialità, ma ancora segnato da profonde fragilità strutturali. Il tessuto imprenditoriale nazionale continua a cercare strade nuove per rafforzare la propria solidità finanziaria e sostenere la crescita. Tuttavia, preoccupa il forte squilibrio tra grandi gruppi, che riescono ad accedere ai mercati dei capitali con continuità, e le piccole e medie imprese, che restano escluse o faticano a trovare interlocutori credibili. È dunque necessario ripensare in profondità l’architettura del mercato finanziario, riducendo le barriere burocratiche, migliorando la trasparenza delle regole e incentivando una cultura dell’investimento orientata al medio-lungo termine. Accogliamo con favore, in questo contesto, le proposte della Commissione europea volta a rafforzare l’integrazione dei mercati dei capitali e sostenere l’espansione del venture capital. Servono strumenti più accessibili, regole più semplici e una fiscalità che premi chi investe nel futuro dell’economia reale. Il percorso di riforma del Testo unico della finanza avviato dal Governo italiano rappresenta un’occasione preziosa per rafforzare questi obiettivi: occorre però garantire che tale riforma sia centrata sulle esigenze concrete delle PMI, che costituiscono la spina dorsale del nostro sistema produttivo. Ribadiamo la necessità di una politica industriale che non sia astratta ma capace di accompagnare l’impresa nei suoi passaggi cruciali: dalla nascita all’espansione, dall’innovazione alla patrimonializzazione. Per farlo, bisogna costruire un ecosistema finanziario pluralista, dove il credito bancario non sia l’unica opzione e dove ogni impresa, piccola o grande, possa trovare gli strumenti adeguati per realizzare le proprie ambizioni. In gioco non c’è solo la competitività del nostro sistema economico, ma la qualità e la resilienza della nostra democrazia produttiva» commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara.

Secondo l’analisi del Centro studi di Unimpresa, basata su statistiche della Banca d’Italia, il mercato italiano dei finanziamenti alternativi al credito bancario, nel corso del 2024, ha mostrato segnali di trasformazione ma anche limiti strutturali che ne rallentano lo sviluppo. Il flusso lordo delle emissioni obbligazionarie ha superato i 90 miliardi di euro, confermando l’importanza di questo canale per la raccolta di capitali da parte delle imprese. Tuttavia, oltre due terzi di tali collocamenti sono riconducibili a pochi grandi gruppi societari, con una riduzione della partecipazione da parte di aziende esordienti sul mercato dei capitali.

Si è inoltre assistito a una crescente ornamentazione per strumenti di breve durata: la quota di obbligazioni con scadenza inferiore ai 12 mesi è più che raddoppiata rispetto al 2019, soprattutto grazie al ricorso a cambiali finanziari emessi da grandi imprese, segnale di una strategia orientata alla massima flessibilità finanziaria ma anche sintomo di una certa cautela nella pianificazione a lungo termine. Parallelamente, il mercato azionario ha vissuto una fase di marcato ridimensionamento.

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Le nuove ammissioni in borsa sono state appena 20, concentrate quasi esclusivamente nel segmento delle piccole imprese, mentre le revoche di quotazione (delisting) hanno riguardato 27 società, per lo più del listino principale. Tra il 2021 e il 2024, le imprese non finanziarie hanno perso complessivamente oltre 100 miliardi di euro di capitalizzazione, a conferma della persistente difficoltà del mercato a offrire uno sbocco credibile alla crescita delle aziende italiane.

Sul fronte del capitale di rischio, il 2024 ha registrato una significativa espansione dell’attività di private equity e venture capital, con investimenti che hanno superato gli 8 miliardi di euro e coinvolto circa 400 società. L’importo medio investito, poco sopra i 20 milioni di euro, testimonia una crescente attenzione verso il rafforzamento patrimoniale del tessuto produttivo.

Negli ultimi dieci anni, il comparto del venture capital in Italia è cresciuto in maniera apprezzabile sia in termini di volumi sia per numero di imprese finanziate. Tuttavia, nel confronto con i principali paesi europei, il mercato italiano appare ancora sottodimensionato per tre motivi principali: la limitata capacità di trasformare l’innovazione in startup ad alto potenziale, la piccola scala operativa della maggior parte degli operatori e le maggiori difficoltà nella fase di dismissione degli investimenti, spesso ostacolata da una normativa ancora frammentata e da un contesto di mercato poco liquido.

In questa prospettiva, si assume rilievo l’iniziativa della Commissione europea che nel 2025 ha presentato un pacchetto organico di proposte per stimolare la crescita delle imprese innovative e incentivare i flussi di capitale di rischio. Tra le misure più significative figurano l’introduzione di trattamenti prudenziali più favorevoli per gli investitori istituzionali, il rafforzamento dei programmi pubblici a livello nazionale ed europeo – in particolare quelli gestiti dalla Banca europea per gli investimenti – e l’eliminazione degli ostacoli che ancora frenano l’integrazione dei mercati dei capitali in ambito Ue.

In Italia, nell’ambito della delega conferita al Governo per la riforma del Testo unico della finanza, è previsto entro il marzo 2026 un intervento normativo finalizzato a facilitare l’accesso delle imprese a strumenti finanziari alternativi al credito bancario in tutte le fasi del loro ciclo di vita. La normativa nazionale in materia di incentivi fiscali al venture capital è già oggi allineata a quella degli altri principali paesi europei, con agevolazioni rivolte sia agli investimenti diretti in imprese innovative sia a quelli nei fondi di settore. Inoltre, attraverso i PIR – i piani di risparmio a lungo termine – si cerca di orientare in modo strutturale una parte del risparmio privato verso l’economia reale.

Con l’approvazione della legge 193 del 2024, è stato infine introdotto un vincolo che obbliga fondi pensione e casse previdenziali a destinare una quota minima delle proprie risorse a fondi di venture capital, come condizione per continuare a beneficiare delle agevolazioni fiscali legate agli investimenti qualificati. Tali interventi, se pienamente attuati e accompagnati da una semplificazione normativa e da una maggiore trasparenza nei mercati, potranno rafforzare in modo strutturale il ruolo della finanza alternativa nella crescita del sistema imprenditoriale italiano, soprattutto per quanto riguarda le piccole e medie imprese che oggi faticano a trovare nel credito bancario una risposta adeguata alle proprie esigenze di investimento.



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