L’occupazione aumenta, ma le imprese faticano come e più di prima a trovare le figure professionali di cui hanno bisogno, e il potere d’acquisto diminuisce. Problemi seri che richiedono soluzioni efficaci in tempi possibilmente non biblici. «Si deve creare un “ponte” sistemico e strutturato tra mondo del lavoro e mondo della formazione. E introdurre un modello retributivo che premi la produttività e la partecipazione dei lavoratori agli obiettivi aziendali» dice in questa intervista a Economy Rosario De Luca, Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro.
L’occupazione è cresciuta: ma questo significa che l’intermediazione tra domanda e offerta di lavoro è oggi soddisfacente?
I dati sull’occupazione sono confortanti, ma ciò non vuol dire che sono scomparsi i problemi cronici e sistemici che da sempre assillano il nostro Paese. L’occupazione è cresciuta perché ha funzionato l’incrocio tra domanda e offerta di lavoro. Con la legge 85/2023 si è fatto un salto culturale e si è posto fine alla visione meramente assistenzialista, avuta in precedenza, dando invece spazio a una visione proattiva. L’aumento occupazionale è stato infatti determinato anche dagli ex percettori del Reddito di cittadinanza che sono stati assunti. A dare una svolta al mercato del lavoro italiano è stato pure l’avvio del Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa (SIISL). La piattaforma è stata creata proprio per sopperire alle lacune e alle criticità preesistenti, portando il mercato del lavoro italiano verso il futuro, a vantaggio di lavoratori, aziende, operatori e istituzioni. La piattaforma digitale, rivolta a cittadini e imprese per mettere a loro disposizione posizioni lavorative aperte, rappresenta senza ombra di dubbio un deciso e positivo cambio di rotta dell’assetto occupazionale.
Perché il mismatch, e soprattutto lo shortage, continuano a esistere?
Perché la formazione accademica (e non solo) non incrocia quasi mai le esigenze del mercato. È necessario orientare i giovani verso percorsi formativi professionalizzanti e il più possibile connessi con le esigenze del mondo produttivo, implementando programmi di formazione mirati che consentano di sviluppare le competenze richieste dalle imprese, in primis nei settori tecnici e digitali. È indispensabile creare un “ponte” sistemico e strutturato tra mondo del lavoro e mondo della formazione, affinché le nuove generazioni siano pronte e preparate a rispondere in modo adeguato ai mutamenti repentini dell’economia e della società, soprattutto nell’era dell’intelligenza artificiale. L’accelerazione tecnologica sta, infatti, ridisegnando i confini del sistema lavoristico, ponendo davanti a lavoratori e imprese sfide del tutto inedite. In quest’ottica la parola d’ordine resta “formazione continua”.
Cresce l’occupazione nonostante il Paese cresca lentamente e il potere di acquisto dei salari si abbassi. Quali le vostre proposte per risolvere questa impasse?
Gli effetti delle crisi internazionali che stiamo vivendo stanno incidendo sul potere d’acquisto delle retribuzioni dei lavoratori e mettendo in difficoltà famiglie e aziende, a causa del vortice inflattivo che ha fatto scaturire un aumento del costo della vita. Il sistema salariale attuale è ancorato rigidamente al concetto di retribuzione oraria. Per garantire ai lavoratori maggiori opportunità di accrescere il proprio reddito in modo significativo è necessario un profondo cambiamento culturale. Questo passaggio può avvenire principalmente in sede di contrattazione collettiva, anche di secondo livello, incentivando la retribuzione di risultato, strumento contrattuale che permette di premiare il merito e la produttività, considerando il valore aggiunto generato dal lavoratore e la sua capacità di contribuire agli obiettivi aziendali. L’introduzione di un modello retributivo che premi la produttività e la partecipazione dei lavoratori agli obiettivi aziendali può rappresentare una risposta concreta alle sfide economiche attuali. Non solo consentirebbe di tutelare il potere d’acquisto dei lavoratori nell’attuale contesto di incertezza economica mondiale, ma favorirebbe anche una trasformazione culturale del mondo del lavoro, orientata alla valorizzazione del merito e alla crescita collettiva, senza peraltro penalizzare il sistema delle imprese, anzi facendolo crescere.
Sull’occupazione delle donne a che punto siamo?
L’occupazione femminile sta registrando segnali incoraggianti di crescita, ma non possiamo ignorare che i livelli di partecipazione delle donne al mercato del lavoro siano ancora inferiori rispetto a quelli maschili, in particolare nel Mezzogiorno, dove le disparità sono ancora più accentuate. Si tratta di un nodo strutturale, che riflette una serie di criticità storiche ancora irrisolte. Tra queste, spiccano il part-time involontario, che limita fortemente le prospettive professionali di molte lavoratrici, il persistente divario salariale tra uomini e donne e le difficoltà legate alla conciliazione tra vita lavorativa e responsabilità familiari, che spesso costringono le donne a rinunce o a percorsi professionali frammentati. Per trasformare questa crescita in un cambiamento strutturale e duraturo è indispensabile un impegno sistemico: servono politiche di sostegno al lavoro femminile, incentivi per le imprese che promuovono l’occupazione femminile qualificata, oltre a misure capaci di incidere sulle disparità territoriali che penalizzano fortemente il Sud del Paese. Il futuro del mercato del lavoro italiano, per essere realmente competitivo, inclusivo e sostenibile, dipenderà dalla nostra capacità di valorizzare pienamente il talento, le competenze e il potenziale di tutti. Non si tratta solo di una questione di equità e giustizia sociale, ma di una vera e propria leva di sviluppo per il Paese. Garantire pari opportunità, condizioni favorevoli e ambienti di lavoro inclusivi è una sfida che dobbiamo affrontare con determinazione, consapevoli che l’inclusione femminile rappresenta una delle leve con cui rafforzare la coesione sociale e la crescita economica nel lungo periodo.
Quale il ruolo dei Consulenti del Lavoro in questo quadro non privo di criticità?
Il Consulente del Lavoro rappresenta oggi una figura professionale centrale nel sistema occupazionale italiano, con un ruolo che va ben oltre la tradizionale gestione amministrativa del lavoro. La professione ha conosciuto una profonda evoluzione, ampliando competenze e ambiti d’azione: dalla gestione del welfare aziendale alle politiche attive del lavoro, dalla certificazione dei contratti alla crisi di impresa, dalla pianificazione previdenziale alla selezione e valorizzazione del capitale umano, fino all’impegno concreto per la promozione della legalità nei rapporti di lavoro e dell’inclusione sociale. In un mercato del lavoro frammentato, segnato da disuguaglianze territoriali e da nuove vulnerabilità, i Consulenti del Lavoro svolgono una funzione cruciale di orientamento e accompagnamento, soprattutto nei confronti delle fasce più deboli della popolazione attiva. Allo stesso tempo, operano come mediatori qualificati tra le esigenze delle imprese e i diritti dei lavoratori, contribuendo a costruire un equilibrio dinamico e sostenibile tra competitività economica e coesione sociale. Una figura ponte, sussidiaria, che interpreta con etica e competenza il cambiamento in atto e che, proprio per questo, assume un valore strategico nella promozione di un mercato del lavoro più equo, inclusivo e orientato al futuro.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link