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La Sicilia moltiplica i festival letterari, ma resta ultima per numero di lettori


A Palermo sono giorni di prima canicola estiva e di grande fermento. Ai Cantieri Culturali alla Zisa si tiene “Una Marina di Libri”, il festival letterario della città, il più importante dell’isola. Decine di presentazioni, eventi collaterali, migliaia di visitatori. Gli stand degli editori – da Sellerio, che fa parte del comitato organizzatore, a scendere – sono affollati, certo. Ma quando si tireranno le somme, tra qualche giorno, le facce saranno le solite: entusiaste, ma sconsolate. Tante persone, bella gente, incontri indimenticabili. Libri venduti? Pochi. La Sicilia non legge.

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Non legge, però organizza festival della lettura che sono tra i più attesi dell’estate culturale italiana. Basti citare, sull’altro versante dell’isola, il “Taobuk” di Taormina o “A Tutto Volume” a Ragusa, due dei grandi eventi su cui la Regione Siciliana investe generosamente. Solo il “Taobuk”, per l’edizione 2024, ha ottenuto cinquecentomila euro. Un budget con cui un piccolo comune italiano potrebbe rifare l’intera biblioteca comunale. Ma a che serve, quando ci sono le piazze piene, le serate con le luci perfette per Instagram, gli applausi al tramonto?

A ruota, come in un effetto domino, ogni angolo della Sicilia ha messo in piedi il suo festival. Città, paesi, borghi. Tutti vogliono «l’autore al chiaro di luna», meglio se tra ruderi greci, torri normanne o uliveti secolari. E infatti, si va dai book festival ai Cortili narranti, dalle terrazze d’autore ai festival «del gattopardo» (sì, c’è anche quello). Solo in provincia di Trapani se ne contano trentadue. Avete letto bene: trentadue festival letterari in un anno. Persino il neonato Comune di Misiliscemi – nato da una manciata di contrade ribelli di Trapani – ha il suo: si chiama «Bagli narranti – Misiliscemi che legge». Il problema è che, in pratica, non legge nessuno. O forse non c’è tempo: sono tutti impegnati a organizzare festival.

La Sicilia organizza festival letterari a grappoli, ma resta fanalino di coda in Italia per numero di lettori. Secondo l’Associazione Italiana Editori, nel 2024 solo il cinquantasei per cento dei siciliani sopra i quindici anni ha dichiarato di aver letto almeno un libro nell’anno. È il dato più basso del Paese, dietro alla Sardegna (cinquantasette per cento), alla Calabria e alla Basilicata (cinquantotto per cento).

Un dato che, più che statistiche, fotografa una frattura culturale: quella di una Regione dove si leggono meno libri e meno frequentemente che nel resto del Paese, dove il sistema bibliotecario è debole e dove per citare un altro dato, il rapporto dei prestiti fatti dalle biblioteche in rapporto alla popolazione, rispetto al Nord Italia è di uno a ventiquattro (ogni libro preso in prestito da una biblioteca in Sicilia corrisponde a ventiquattro presi in prestito da una biblioteca in Lombardia, ad esempio).

«Sono dati preoccupanti», ha ammesso il presidente dell’Aie Innocenzo Cipolletta, che ha commissionato una ricerca presentata proprio a Palermo, nel cuore di “Una Marina di Libri”.

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«Anche perché – aggiunge Piero Attanasio, economista, Fondazione Mondadori – c’è una relazione causa-effetto, confermata anche dalle ricerche di Bankitalia, su tasso di lettura e crescita economica di un territorio. È per questo che si rende necessaria un’alleanza tra le istituzioni culturali ed economiche».

A proposito di economia, in Sicilia il problema non è l’assenza di fondi. Il Piano nazionale cultura per il Mezzogiorno prevede centocinquantuno milioni per le imprese culturali e centosettantasette milioni per la partecipazione culturale, a partire dalla riqualificazione degli spazi. Il Decreto Cultura prevede trenta milioni per le biblioteche al Sud. Le risorse ci sono. Manca un ecosistema, una rete, una regia.

Nel frattempo, le librerie chiudono. I bibliotecari sono sotto organico. E oltre tre comuni su quattro non hanno nemmeno una libreria. Secondo l’Aie, il trentuno per cento dei cittadini siciliani non ha modo di accedere fisicamente a un punto vendita di libri nel proprio territorio. In quattro anni, sono scomparse oltre settecentotrenta edicole e resistono solo duecentotré librerie: 4,2 ogni centomila abitanti, contro il 6,4 del Centro-Nord. Antonio Sellerio, direttore della più famosa casa editrice siciliana, è pragmatico: «In Sicilia abbiamo appunto duecentotre librerie, di queste centoventi sono indipendenti, le altre di catena, e tra queste cinquanta Mondadori. È un periodo di grande difficoltà, l’emergenza in questo momento è sostenere le librerie esistenti».

La domanda culturale, a giudicare dal successo dei festival, esiste. Ma è una domanda effimera, da evento. La Sicilia resta una terra di scrittori più che di lettori, di grandi romanzi ma di poche copie vendute. E manca persino una legge regionale organica a sostegno della lettura.

Poi c’è il paradosso dei paradossi. Tra le province siciliane, Agrigento è all’ultimo posto per indice di lettura. Un dato imbarazzante per una città che nel 2025 detiene il titolo di Capitale Italiana della Cultura. Una vittoria arrivata tra molte aspettative e altrettanti inciampi. E che ancora oggi, a metà anno, si muove su un crinale sottile tra rilancio e naufragio.

Le dimissioni del direttore generale Roberto Albergoni a fine marzo, dopo quelle del presidente Giacomo Minio a gennaio, hanno segnato i primi mesi di un progetto nato con grandi ambizioni ma zavorrato da dinamiche tutte locali: loghi rifatti all’ultimo, eventi saltati per bilanci approvati in ritardo, consiglio d’amministrazione eterogeneo e politicizzato, polemiche continue anche sui social, cartelli sbagliati e tanto altro. Ora la guida della Fondazione è passata all’ex prefetto Maria Teresa Cucinotta, che ha il compito – non semplice – di rimettere in piedi un programma in parte già partito, in parte ancora sulla carta.

Eppure, qualcosa si muove. Dopo l’inaugurazione zoppicante, Agrigento 2025 sembra avere finalmente un’agenda visibile. Il quattordici giugno si parte con il concerto dell’Orchestra sinfonica siciliana al Teatro Valle dei Templi, mentre a luglio sono attese due mostre importanti: Andrea Camilleri. I luoghi, la memoria” e “Grida silenziose”, in collaborazione con la Fondazione Falcone. Ci sarà anche spazio per il design, con un’esposizione curata dall’Adi (Associazione Disegno Industriale) sulla sostenibilità nelle arti applicate.

Ad agosto è previsto un grande evento dedicato alla musica mediterranea, mentre tra settembre e ottobre sarà la volta dei progetti scolastici, delle residenze artistiche e di un ciclo di conferenze sui cambiamenti climatici e il paesaggio agrigentino. Tutti appuntamenti che puntano a coinvolgere scuole, associazioni, cittadini.

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Eppure, nella Valle dei Templi qualcosa accade. Gli eventi ora ci sono. Il pubblico comincia ad arrivare. La stagione turistica può dare una spinta anche alla stagione culturale. Ma sarà sufficiente? Magari se ne parlerà in un panel… al prossimo festival.



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