Da anni le misure adottate dalle istituzioni, sia italiane che europee, vanno in direzione di un maggiore rispetto e un’attenzione crescente alla compliance, ovvero all’adesione ad un insieme di normative e standard che permettono alle imprese di agire legalmente, eticamente e responsabilmente sul piano giuridico, gestionale, sociale e ambientale. La loro corretta adozione non solo rappresenta un obbligo di legge, ma costituisce un vero e proprio asset strategico per le aziende, poiché ne favorisce la credibilità, la reputazione e la sostenibilità.
In un contesto di crescente evoluzione normativa, dove agli obblighi in materia di antiriciclaggio, privacy e responsabilità amministrativa degli enti, si sono affiancati quelli connessi al rispetto dei codici etici aziendali, degli adeguati assetti, della data protection e procedure di whistleblowing, conformarsi alle norme nei tempi e nei modi previsti può risultare un processo lento e impegnativo. Per superare le complessità, entra in gioco il commercialista.
Come il commercialista supporta la compliance aziendale
Il commercialista non è più inteso solo come consulente tecnico, ma come alleato capace di svolgere un ruolo di orientamento strategico e di supporto nelle procedure più complesse, direttamente o indirettamente connesse alla compliance aziendale. Come altri professionisti esperti, tra cui consulenti del lavoro, avvocati e notai, dopo un’opportuna formazione e specializzazione, affianca l’imprenditore nelle scelte e nelle procedure più delicate e difficili: dall’analisi dei rischi, alla tutela della privacy, dallo sfruttamento delle agevolazioni fiscali, all’accesso a bandi o finanziamenti, fino all’accesso facilitato al prestito, al sostegno alle misure in ambito ESG e al supporto alla digitalizzazione delle imprese.
Non solo, il professionista accompagna l’imprenditore in una crescita sostenibile, contribuendo a consolidarne la reputazione e a favorire un atteggiamento proattivo nella gestione dei rischi.
Le competenze dei commercialisti: i dati Alavie
A testimoniare il processo evolutivo della figura del professionista è una recente indagine svolta da Alavie sul rapporto tra Professionisti e Compliance, con interviste dirette ai Dottori Commercialisti tramite somministrazione di questionario in forma anonima, che ha messo in luce quali saranno, in futuro, le competenze necessarie per esercitare al meglio la professione: al primo posto spiccano quelle relative alla strategia di impresa (61%), che superano, di poco, le competenze “ordinarie”, ovvero quelle di tipo contabile, tecnico e fiscale (56%). Seguono, con il 44% delle preferenze, quelle relative all’utilizzo dell’intelligenza artificiale nel supporto alla raccolta e all’analisi dei dati.
Anche la necessità di specializzare gli studi professionali nella gestione della compliance ha un peso notevole (32%). Questi dati dimostrano la crescente attenzione dei professionisti alla regolamentazione italiana ed europea su tematiche come privacy, intelligenza artificiale e tutela dei dati di persone fisiche e giuridiche e la necessità impellente di sviluppare rapidamente nuove competenze, che gli consentano di accompagnare l’imprenditore in una crescita sostenibile e nel consolidamento della reputazione: il commercialista diventa regista a 360 gradi dell’evoluzione aziendale e ne cura la continuità, coniugando le competenze tradizionali alle nuove specializzazioni.
L’impatto della digitalizzazione sul lavoro del commercialista
A imprimere un’accelerazione nel processo di trasformazione della figura del commercialista in consulente strategico è stata anche la digitalizzazione. L’innovazione tecnologica, in particolare la diffusione dell’intelligenza artificiale, ha rivoluzionato il modo di operare delle imprese e i servizi da esse richiesti. Mario Draghi, nel suo rapporto “Il futuro della competitività europea”, ha sottolineato l’importanza di tre leve strategiche per rilanciare la competitività dell’Unione Europea: digitalizzazione, sostenibilità e intelligenza artificiale. Queste tre leve stanno spingendo gli imprenditori a cercare servizi a più alto valore aggiunto, che possano contribuire alla continuità e alla sostenibilità della loro crescita, oltre che a permettergli di mantenere la competitività a livello globale.
Per offrire una valida risposta a queste nuove esigenze di mercato, il commercialista non può prescindere da strumenti digitali e dall’impiego dell’IA, come valido supporto nella gestione di processi aziendali: l’intelligenza artificiale, ad esempio, può supportarlo nell’automatizzare attività ripetitive e operative, come la gestione contabile, l’elaborazione dei dati e i controlli fiscali. Piattaforme e applicazioni basate sull’AI, gli consentono di semplificare il lavoro quotidiano, riducendo tempi e margini di errore.
Il rapporto tra AI e commercialista come consulente d’impresa
Tuttavia, l’AI da sola, non basta. Se da un lato il suo utilizzo può aiutare i professionisti a gestire e coordinare alcuni processi operativi, dall’altro non può sostituire una consulenza strategica e un giudizio umano e professionale sull’interpretazione dei dati e sul peso di un investimento che tocca il patrimonio di un imprenditore.
Chi garantisce, infatti, la salute complessiva dell’impresa? Chi fornisce insight che possano guidare le scelte migliori per il loro business? Chi è in grado di valutare l’impatto e i rischi di una decisione su un investimento? Chi può comprendere le esigenze del singolo imprenditore e tradurle in azioni concrete e coerenti con il contesto normativo?
Gli strumenti di AI, se adeguatamente compresi e applicati, possono rappresentare per il commercialista alleati fondamentali per guadagnare e ottimizzare il tempo di lavoro. Allo stesso modo la compliance costituisce un’area in forte crescita per gli studi professionali. In entrambi i casi la formazione rappresenta un elemento imprescindibile: solo un’adeguata preparazione consente di comprendere e sfruttare al meglio le nuove tecnologie emergenti per affermarsi come advisor strategici per lo sviluppo delle imprese.
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