“Tutte le incertezze del PNRR a un anno dalla sua conclusione”: così titolava un recente articolo pubblicato su OpenPolis, il portale informativo che si basa sui dati e sul giornalismo dei dati. In quel pezzo si ricordava come “a poco più di un anno dalla scadenza del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza a tenere banco sono ancora i ritardi e la poca trasparenza, oltre alle inesattezze dei dati”. In effetti l’iter del Piano che, attraverso uno stanziamento europeo di 191,5 miliardi di euro (attraverso il Next Generation EU), dovrebbe consentire all’Italia di sostenere la ripresa economica e la transizione digitale ed ecologica è stato piuttosto tortuoso.
Le richieste di revisione da parte del governo Meloni – ben cinque in meno di due anni – testimoniano che le priorità politiche sono enormemente cambiate dal 2021, anno in cui il Piano è stato approvato, soprattutto per quel che riguarda la parte destinata alla transizione ecologica, teoricamente il pilastro principale dell’intera struttura del Next Generation EU: nel 2021 alla Missione 2 denominata Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica erano stati destinati quasi 70 miliardi di euro, cioè più di un terzo degli interi fondi.
Sappiamo però che in questi 4 anni le esigenze ambientali sono state relegate in secondo piano. C’è però un tema che, almeno in teoria, è rimasto cruciale nei vari cambi di governo e di maggioranze politiche: l’economia circolare. In questo ambito non si sono registrate rimodulazioni e anzi gli avanzamenti dei progetti relativi all’economia circolare hanno trovato ampio spazio sul portale del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica. Ma cosa ci dicono i dati quando manca un anno per portare a termine le riforme e realizzare gli investimenti previsti dal PNRR?
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Appena un terzo dei fondi del PNRR risulta speso
Come è noto, il PNRR prevede delle misure suddivise in riforme normative ed investimenti economici. La loro realizzazione è programmata in trimestri, dal 2021 al 2026. Fino a questo momento è stato complicato, per non dire di peggio, avere una reale trasparenza sullo stato di avanzamento dei singoli progetti. OpenPNRR è il portale, realizzato dalla Fondazione OpenPolis, che dal maggio 2022 costituisce un monitoraggio indipendente del più importante piano economico italiano degli ultimi anni.
Facendo riferimento al portale governativo Italia Domani, che in teoria dovrebbe garantire facilità di accesso e trasparenza sui dati, OpenPNRR è riuscito a pubblicare un nuovo aggiornamento di valutazione del PNRR, con dati relativi al 31 marzo 2025. Per saperne di più sullo stato dell’economia circolare finanziata dal PNRR noi faremo affidamento dunque al prezioso lavoro di OpenPNRR, incrociando dunque questi dati con quelli che abbiamo ricavato dal portale del MASE.
Ad oggi, secondo il monitoraggio di OpenPNRR, la spesa effettivamente erogata risulta pari al 33,8%: vuol dire dunque appena un terzo dei 191,5 miliardi di euro. L’Italia è dunque davvero indietro e c’è il rischio che le somme non spese andranno poi restituite all’Unione Europea. Ma c’è di più. “Sono 25 le misure del PNRR – denuncia OpenPNRR – sulle quali non sono ancora stati resi noti i progetti messi in campo. Anzi, non avendo alcuna informazione sui progetti non sappiamo neanche se questi ultimi siano stati effettivamente avviati. Tutto questo rappresenta un problema, considerando che secondo norma le azioni del piano dovrebbero essere tutte concluse entro l’estate 2026. Parliamo infatti di misure che tutte insieme sommano importi pari a oltre 32 miliardi di euro”.
Il ministero più in difficoltà è quello delle Imprese e del Made in Italy, seguito da Infrastrutture e Trasporti, Lavoro, Agricoltura, Ambiente e Sicurezza energetica. “Per quanto riguarda quest’ultimo dicastero – scrive ancora OpenPNRR – è interessante notare come non siano noti i progetti delle misure “Tecnologia a zero emissioni nette” (2 miliardi di euro), “Promozione per le comunità energetiche e l’autoconsumo” (2,2 miliardi), “Sviluppo agrovoltaico” (1 miliardo) e l’installazione di infrastrutture di ricarica elettrica (circa 740 milioni)”. Si tratta di misure sulle quali anche qui sul nostro portale abbiamo raccontato le croniche difficoltà. La domanda dunque si fa ancora più impellente: a che punto è l’economia circolare finanziata dal PNRR?
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I dati del PNRR sull’economia circolare
Di come il PNRR italiano abbia destinato all’economia circolare appena l’1% delle risorse abbiamo detto più e più volte. A partire da questo dato, vale la pena analizzare dunque quanto quell’1% sia stato effettivamente speso, a un anno dalla scadenza finale. Se si clicca sulla voce “misure” all’interno del portale OpenPNRR e si cerca la voce “economia circolare”, compaiono tre voci: due investimenti – i “progetti faro di economia circolare” e “lo sviluppo del biometano, secondo criteri di economia circolare” – e una riforma – la strategia nazionale per l’economia circolare. Ma in realtà, anche se non espressamente prevista, l’economia circolare riguarda anche altri settori cruciali. Ne citiamo solo due, di cui abbiamo ampiamente discusso nel nostro portale: la gestione dei rifiuti e l’approviggionamento di materie prime critiche.
Sui progetti faro di economia circolare i risultati sono altalenanti: sui 600 milioni destinati alla misura attualmente (al 31 marzo 2025) ne risultano erogati appena il 15,24%, vale a dire 91,4 milioni di euro. Vale la pena ricordare che l’obiettivo dell’investimento 1.2 (cioè i progetti faro di economia circolare) è quello di potenziare la rete di raccolta differenziata e degli impianti di trattamento/riciclo contribuendo al raggiungimento dei seguenti target:
– 55% di riciclo di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE);
– 85% di riciclo nell’industria della carta e del cartone;
– 65% di riciclo dei rifiuti plastici (con riciclaggio meccanico, chimico, “Plastic Hubs”);
– 100% di recupero nel settore tessile (con “Textile Hubs”)
Non va molto meglio se si guarda l’insieme dei progetti associati a questa misura.
In questo caso le misure collegate ai progetti faro di economia circolare sono più numerose, e più aderenti a una concezione più ampia dell’economia circolare. Eppure anche in questo caso si registrano pessime performance: se da una parte gli “investimenti in infrastrutture idriche primarie per la sicurezza dell’approvvigionamento idrico” sono al 33% di spesa effettiva, la voce “realizzazione di nuovi impianti di gestione rifiuti e ammodernamento di impianti esistenti” raggiunge un triste 11,5%.
Ancora più indietro è “lo sviluppo del biometano”, che nelle intenzioni di associazioni ambientaliste e governo avrebbe dovuto assicurare gas a buon mercato soprattutto per le abitazioni private. “Lo sviluppo del biometano, ottenuto massimizzando il recupero energetico dei residui organici, è strategico per il potenziamento di un’economia circolare basata sul riutilizzo ed è un elemento rilevante per il raggiungimento dei target di decarbonizzazione europei – scrive Open PNRR – Se veicolato nella rete gas, il biometano può contribuire al raggiungimento dei target al 2030 con un risparmio complessivo di gas a effetto serra rispetto al ciclo vita del metano fossile tra l’80 e l’85 per cento”.
Peccato che a questa voce, a cui è stato destinato ben 1,92 miliardi di euro, sia associato lo 0% di spesa effettuata. Non solo: al momento risulta attivo un solo progetto per la realizzazione di un impianto di produzione di biometano, presentato da una società agricola per l’importo di 5 milioni di euro.
L’unica nota positiva riguarda la strategia nazionale di economia circolare: ad oggi la riforma risulta attiva all’80% ed entro la fine di questo secondo trimestre 2025 dovrebbe raggiungere il tasso di 97,14%. Ma non è tutto oro quel che luccica. Secondo l’analisi del nostro collaboratore Tiziano Rugi (che trovate qui), “tra i target completati figurano la pubblicazioni di decreti, che richiedono ulteriori misure attuative, la definizioni di criteri e linee guida e l’istituzione di osservatori e piattaforme”. Misure necessarie ma non sufficienti, ovviamente, specie se si considera che “riforme strutturali come EPR, riuso e riutilizzo e gestione idrica siamo ancora indietro”.
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