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È legittimo il diritto del socio di sottoscrivere parzialmente l’aumento di capitale a pagamento di cui all’art. 2481 bis c.c.


Con due recenti ordinanze, l’una resa all’esito di un procedimento cautelare, la seconda resa all’esito della relativa fase di reclamo, il Tribunale di Brescia (sezione specializzata per le imprese) ha riconosciuto la legittimità dell’esercizio del diritto di opzione di cui all’art. 2481 bis c.c. da parte del socio di minoranza di una s.r.l., per una percentuale inferiore alla quota del capitale sociale dallo stesso detenuta.

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Il caso

Nel caso portato all’attenzione del Tribunale, l’assemblea straordinaria della società, con il voto favorevole soltanto del socio di maggioranza, approvata la situazione patrimoniale ed economica della società dalla quale emergevano perdite che avevano completamente eroso il capitale sociale, deliberava di ripianare le perdite ivi rappresentate tramite azzeramento del capitale sociale e successivo aumento dello stesso. Contestualmente, il socio di maggioranza esercitava il proprio diritto proporzionale di opzione sottoscrivendo la quota di propria spettanza e sottoscrivendo altresì la residua quota spettante al socio di minoranza dissenziente.

A tal riguardo, nella deliberazione assembleare veniva stabilito che la sottoscrizione della quota di aumento spettante al socio di minoranza fosse sottoposta alla condizione risolutiva retroattiva dell’esercizio, da parte del predetto socio, del diritto di sottoscrizione allo stesso spettante sulla propria quota, da esercitarsi entro trenta giorni dalla comunicazione da parte dell’amministratore unico.

Successivamente l’organo amministrativo informava il socio di minoranza dissenziente della possibilità di esercitare il diritto di opzione ex art. 2481 bis, primo comma, c.c. Quest’ultimo dichiarava quindi di voler esercitare solo parzialmente il proprio diritto di opzione, sottoscrivendo una quota minima del capitale sociale di nuova emissione, al solo fine di mantenere il proprio status di socio (e conseguentemente godere dei relativi diritti) e con riserva di impugnare la delibera perché illegittima.

L’amministratore comunicava tuttavia al socio di minoranza di non poter ritenere valido l’esercizio del diritto di opzione, con conseguente perdita della qualità di socio, in ragione del fatto che quest’ultimo aveva dichiarato di voler sottoscrivere solo una parte della quota allo stesso spettante e aveva quindi espresso la volontà di partecipare al ripianamento delle perdite in misura inferiore rispetto alla quota del capitale originariamente detenuta. 

Le decisioni del Tribunale di Brescia

Il socio di minoranza si rivolgeva al Tribunale al fine di ottenere un provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c. finalizzato ad assicurare, anticipandone i relativi effetti, la decisione di merito (nel caso di specie da svolgersi in sede arbitrale), accertativa del valido esercizio del diritto di opzione da parte del socio di minoranza e della titolarità della quota di capitale di nuova emissione sottoscritta. In subordine, veniva formulata richiesta di sequestro giudiziario della quota sottoscritta, impropriamente intestata al socio di maggioranza.

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Il Tribunale investito del ricorso, ha ritenuto sotto tre distinti profili che, in punto fumus boni iuris, in assenza di qualsivoglia limitazione legale, statutaria o assembleare, l’esercizio parziale del diritto di opzione risulta pienamente conforme al deliberato, risultando, per contro, illegittimo il diniego espresso dalla società di riconoscerne la validità. Conseguentemente, ravvisato pure il requisito del periculum in mora, il Tribunale ha accolto la richiesta subordinata di sequestro della quota sottoscritta. Il Collegio, investito del reclamo, ha poi confermato integralmente la decisione del Giudice di prime cure.

In particolare, in punto fumus boni iuris, i Giudici del Tribunale di Brescia osservano, sotto un primo profilo, come nel caso di specie il diniego opposto dalla società circa la validità della sottoscrizione parziale si basi, invero, unicamente sulla ritenuta inammissibilità di una tale sottoscrizione parziale e muove dall’erroneo convincimento che, trattandosi di ricostituzione del capitale azzerato, ciascun socio dovesse necessariamente partecipare al ripianamento delle perdite in proporzione all’intera quota già detenuta. 
Secondo il Tribunale di Brescia, infatti, se sul piano etico/economico l’argomento può apparire comprensibile, muovendo dall’assunto che solo una proporzionata condivisione della perdita realizzata consenta di ripartire con il comune progetto, sul piano delle regole che disciplinano le società di capitali tale ragionamento si scontra con la (nota e ovvia) assenza di un obbligo che imponga al socio di minoranza di rispondere di perdite oltre alla quota corrispondente al capitale di rischio investito.

Poiché, dunque, nessuna norma di legge o di statuto, e nemmeno la delibera di aumento, impediva al socio di minoranza di sottoscrivere solo parzialmente l’aumento di capitale, partecipando al ripianamento della perdita registrata nei limiti del capitale di rischio inizialmente sottoscritto, e poiché per il socio di s.r.l. non vi è obbligo di rispondere per perdite eccedenti il capitale investito (in conformità ai più basilari principi della responsabilità limitata nelle società di capitali), il rifiuto di ritenere validamente esercitata l’opzione in misura parziale, con partecipazione alla ricostituzione del capitale in misura proporzionale, è da ritenersi illegittimo.

Ne consegue, che il socio di minoranza che ha sottoscritto parzialmente l’aumento di capitale, partecipa al ripianamento delle perdite in proporzione alla quota sottoscritta, e non a quella originariamente detenuta.

Sotto un secondo profilo, il Tribunale riconosce anche come la facoltà di esercizio parziale del diritto di opzione sia pure conforme al dettato dell’art. 2481 bis c.c., norma che come noto informa la disciplina dell’aumento di capitale a pagamento nelle s.r.l.
In particolare, il diritto di sottoscrizione consiste nella facoltà di aderire alla decisione di aumento di capitale, alle condizioni e nei termini stabiliti dalla decisione stessa, e il secondo comma dell’art. 2481 bis c.c. prevede la possibilità che la deliberazione consenta che “la parte dell’aumento di capitale non sottoscritto da uno o più soci sia sottoscritto dagli altri soci o da terzi”.
Nella duplice accezione in cui può essere intesa tale formulazione, è contenuta la possibilità che la quota proporzionale di aumento sia sottoscritta dal singolo socio solo in “parte” rispetto all’intera quota spettante, con conseguente facoltà per gli altri membri della compagine sociale di sottoscrivere l’inoptato e veder proporzionalmente crescere la propria partecipazione (almeno nella misura necessaria al raggiungimento del minimo legale).
È quanto accaduto nel caso in esame, ove, come consentito dalla delibera, la socia di maggioranza ha sottoscritto l’intero aumento di capitale, sottoponendo la sottoscrizione relativa alla quota di aumento spettante al socio di minoranza alla condizione risolutiva dell’esercizio dell’opzione da parte dello stesso.

Sotto un terzo e ultimo profilo, la non configurabilità di un diritto di sottoscrizione parziale mal si concilierebbe con il principio di autonomia contrattuale di cui all’art. 1322 c.c. il quale, in assenza di un superiore interesse meritevole di tutela, risulterebbe direttamente violato laddove si obbligasse il socio a mantenere inalterata la misura della sua originaria partecipazione, e ciò anche quando la sua volontà fosse eventualmente diversa.

Peraltro, già la dottrina specialistica che si era occupata della questione aveva ritenuto legittimo l’esercizio parziale del diritto di opzione. 
In particolare, si è osservato come l’art. 2481 bis c.c. qualifica la posizione del socio come diritto a mantenere nella ricostituzione del capitale il rapporto percentuale della partecipazione rispetto all’intero capitale sociale. 
Poiché di diritto si tratta, se ne deve ammettere anche la legittimità di un esercizio parziale: la decisione maggioritaria dell’assemblea non può disporre di tale diritto, ma il socio che ne è l’unico titolare può stabilire di non esercitarlo, consapevole in tal modo di perdere lo status di socio, oppure di esercitarlo integralmente oppure, ancora, di esercitarlo solo parzialmente.



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