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Inaugurato sabato 24 maggio a Case al Borgo di Agira, il percorso permanente di scultura dell’artista ennese Mario Termini


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Agira – Quando la Bellezza dei luoghi sposa l’arte. E il suo miracolo! E’ accaduto sabato scorso, 24 maggio, ad Agira -dal 2023 uno dei “Borghi più belli d’Italia”- all’interno di “Case al Borgo”, albergo diffuso che ha inaugurato il percorso permanente di scultura dell’artista, ennese d’origine ma, internazionale di fama, Mario Termini. “La Forma dell’Anima”, il titolo del percorso che, a ragion veduta, ben si inserisce nel, più ampio e ambizioso, progetto “Borghi Scultura Esperienze. I distretti di identità: entroterra, il futuro è qui?”, organizzato e promosso da “Case al Borgo” e “Seeasily”, in collaborazione con Mario Termini, e col patrocinio di DMO, ENTROTERRE, Comune di Agira, I Borghi più belli d’Italia, Equiter, Studio Licata, Pro Loco di Agira, Ecomuseo, per iniziativa di Marina Taglialavore, consigliere di amministrazione di Fidmed. Ad essere -doverosamente!- tirato in ballo, fra i selciati restituiti dal labirinto di case -che dall’alto guardano alto, sul lago Pozzillo- è quel diritto alla “restanza”, di pari grado legittimo a quello di andare. Un diritto che -forse- sa anche, e più, di dovere. Dovere che, a sua volta, parla di radici e di appartenenza. A ricordarlo, quasi come esortazione e monito, quel campanile, nascosto fra le antiche abitazioni del quartiere di Santa Maria -un tempo umili dimore dei “puvuriddi”- che pure svetta, a guadagnare il senso più antico e autentico di una comunità. Dell’entroterra più fervido e fecondo, che, oggi, non si accontenta più di bastare a se stessa, ma sceglie di aprirsi al mondo. Laddove quello che sembrava un progetto utopistico e visionario -sogno forse più insensato che inesaudibile- si appresta a richiamare turisti e visitatori da ogni parte del mondo. E dove il vernacolo si fa lingua universale. A ricucire le trame sdrucite di un ordito trascurato, forse troppo a lungo dal tempo nel tempo. Come non capirlo del resto! Alcuni luoghi parlano le parole della meraviglia e dell’incanto. Ma parola d’ordine, l’eccellenza. Che, quella si sa, paga sempre. E’ il cosiddetto “canone alto”, di fronte al quale, ogni resistenza si arrende. Fosse pure al più illogico dei destini. Ed è qui, nell’alchimia onirica di questa suggestione, che il sogno prende forma, e le sculture di Mario Termini, inserendosi nel percorso tortuoso del resort e dei diciassette alloggi che -come fosse un manifesto programmatico, riportano i nomi di altrettanti siciliani illustri- svelano se stesse e l’altro, in un dialogo continuo con la natura, con l’artificio e col mondo. Parlando di quell’irrazionale che è dentro di loro e dentro ognuno di noi e che il tratto sapiente dell’artista, ha tirato fuori, con tecnica ambivalente, arte della maieutica e del togliere al contempo. “Io parlo con loro”, sentenzia lo scultore, come preda di un’esperienza mistica, mentre accarenza il volto e il corpo di quelle anime di argilla e bronzo, “e loro parlano con me, mi raccontano le loro storie e io le tiro fuori”… così d’emblée… Lasciando di stucco visitatori previsti ed occasionali. E, nel dire questo, il Maestro, altro non fa che ribadire e confermare un’antica verità, quella ripresa, peraltro, da un agirino doc, tale Pietrangelo Buttafuoco, che -quantunque, ad oggi, presidente di quella che, con buona pace di tutti, viene comunemente considerata l’istituzione più antica al mondo, nel suo genere, la Biennale di Venezia- proprio fra quei vicoli che sanno di antico e di innovazione, ha scelto di fissare la sua residenza. Con tanto di maiolica ad effetto al civico 1! Proprio in occasione della presentazione del programma di apertura della Biennale 2024, il Presidente ha usato parole immaginifiche, riportando Pavel A. Florenskij, “ricordiamoci che non siamo mai noi a guardare l’arte ma è l’arte a guardare noi e farsi tramite del cielo”. Dicendo, così, con altre parole, quello che lo stesso autore dei due busti di Livatino e del Cristo di Cesarò ha detto. E, sempre in quella occasione, nella città della Laguna, quell’artigiano della parola, fattasi fatto, ebbe a dire che “l’arte può fabbricare ponti”. Nient’altro che quanto avvenuto fra le alture della greca Agyrion, da dove si governa l’omphalos del sud del Sud. Chiosiamo qui! La cosa, nel caso di Mario Termini, parte da lontano, da quella “invasione dei cavalletti” avvenuta nel giugno del 2014, tirata più e più volte in ballo da un altro talento del luogo, Filippo Mauceri, regista e autore televisivo, che poi ha fatto strada a Roma, ma non dimentica la sua Terra, a dimostrare quanto forte e radicato sia ancora l’attaccameto a quelle iniziative che -forse inconsapevolmente, o forse no- hanno spianato la strada a quello che oggi, ineluttabilmente, si pone e si impone come un traguardo. Un traguardo che guarda lontano e promette orizzonti altri di senso più alto. In un percorso, tutto terreno, dove sono proprio i sensi a governare l’anima e la sua catarsi. “Un inizio che, ci auguriamo”, riferisce Mauceri, “duri in eterno, in virtù, anche, della possibilità di farsi modello replicabile”. E’ stata una bella serata in mezzo a bella gente. Quasi un set en plein air, dove tante e altre storie hanno preso forma, dove i destini si sono intrecciati e incardinati in un posto solo apparentemente dimenticato da Dio e dai santi. La pioggerellina del pomeriggio ha schiuso sulle stelle della sera, fra le pietre delle grotte, dove le note del Violino di Stefano Termini, figlio d’arte nell’arte, non hanno lasciato scampo se non all’emozione di un’immaginazione che sa di predizione e predestinazione. Perchè è proprio così, in certi ambienti, non si può, non sentirsi dei predestinati. Dei prescelti. Quasi degli eletti. Per affinità. In virtù e in grazia di quelle affinità elettive, appunto, che creano sinergie ed energie positive. Si parla sotto al pergolato ancora umido di rimandi, del prossimo appuntamento a Castelbuono, ad agosto, assieme all’amico e pittore Aldo Petralia… Intanto che una presenza (in)aspettata, sbuca da una delle tante gradinate scoscese del dedalo di viuzze arabe, quella più prossima alla reception, per capirci… è il cinefilo Beppe Manno, altro visionario di un luogo che respira fermento e vita… arriva Manno, in quella segreta bellezza di un frammento, dall’alto del suo metro e novanta e più, venuto ad incontrare Mauceri e visibilmente sorpreso di incontrare sul posto vecchie conoscenze -ma mica tanto, alla fine!- … e lì sentenzia “due soli sono gli ennesi famosi nel mondo, tutti e due Mario e uno dei due è Mario Termini!”. Il tavolo tecnico del pomeriggio, ha chiamato a raccolta, i nomi più influenti del territorio e oltre. Dopo l’introduzione di Claudio Gambino, prof. Univ. Kore e presidente della DMO-UKE Sicilia Centrale, sono intervenuti: Filippo Mauceri, autore e regista televisivo, tra i fondatori di Case al Borgo; Maria Greco, on. sindaco di Agira; Pippo Simone, presidente de “I Borghi più belli d’Italia”; Mario Termini, scultore e protagonista del percorso d’arte; Vittorio Ugo Vicari, prof. di Storia dell’arte contemporanea dell’Accademia di Belle Arti di Catania; Joe Serrafiore, presidente Museo di Cultura materiale di Agira; Melina Pagano, presidente Pro Loco di Agira; Maria Cristina Pantellaro, antropologa, presidente di “Entroterre, il lato interno delle cose”; Alberto Maria Barberis, coordinatore team Fondi PNRR-Equiter S.p.a. Gruppo Intesa San Paolo; Maurizio Licata, Finanza agevolata per imprese; Gabriele Calcerano, fondatore e presidente di Case al Borgo; Mario Millauro, co-amministratore di Seeasily, Davide Calcerano, co-amministratore di Seeasily; Salvatore Mayo, CTS Borghi più belli d’Italia. Ha moderato il dibattito Filippo Mauceri, per le conclusioni di Claudio Gambino.

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