L’invecchiamento della popolazione impone nuove strategie per garantire benessere e qualità della vita nella terza età. La nutraceutica potrebbe essere una frontiera promettente nella gestione del declino cognitivo, dei disturbi dell’umore e del sonno negli anziani, integrando efficacemente le terapie convenzionali
L’allungamento dell’aspettativa di vita, se non accompagnato da un miglioramento della qualità della stessa, rischia di tradursi in un prolungamento della fragilità.
È in questa cornice che si inserisce il ruolo crescente della nutraceutica, una disciplina a cavallo tra la scienza dell’alimentazione e la farmacologia, che indaga l’utilizzo di sostanze di origine naturale – alimenti o loro componenti – per il mantenimento della salute e la prevenzione delle patologie croniche.
In particolare, l’ambito geriatrico si rivela un terreno fertile per la sua applicazione, come recentemente discusso al Congresso della Società Italiana di Geriatria Ospedale e Territorio, tenutosi a Modena.
La nutraceutica risponde a un’esigenza concreta: quella di affiancare le terapie farmacologiche con strumenti più tollerabili, soprattutto in pazienti anziani e polipatologici.
L’integrazione nutrizionale basata su evidenze scientifiche può infatti apportare benefici significativi in contesti clinici ad alta complessità, come il declino cognitivo, la depressione senile e i disturbi del sonno.
Modificazioni fisiologiche e nutrizione: un nuovo paradigma nella geriatria
L’invecchiamento comporta alterazioni profonde nei processi fisiologici, metabolici e cellulari. Il microbiota intestinale subisce un impoverimento della biodiversità, con ripercussioni sull’assorbimento dei nutrienti e sulla funzionalità immunitaria.
Il metabolismo energetico rallenta e la funzione mitocondriale si riduce, compromettendo la capacità delle cellule di adattarsi agli stress. In questo contesto, l’alimentazione – e più in dettaglio l’integrazione mirata con sostanze nutraceutiche – assume un ruolo strategico nel compensare i deficit funzionali legati all’età.
Tuttavia, è fondamentale distinguere con chiarezza tra integratori generici e prodotti nutraceutici veri e propri. Questi ultimi, infatti, si differenziano per un preciso razionale farmacodinamico e per l’esistenza di dati clinici a supporto della loro efficacia.
Una distinzione che risulta ancora oggi poco conosciuta, anche a causa di una comunicazione spesso approssimativa o non sufficientemente ancorata a criteri di validazione scientifica.
L’adeguamento alla normativa europea, che impone l’evidenza documentata dei benefici, rappresenta in questo senso una garanzia per la tutela del paziente e per la credibilità dell’intero comparto.
Campi di applicazione: approcci integrati tra scienza e pratica clinica
L’impiego clinico della nutraceutica nella geriatria non è più relegato a una sperimentazione teorica: esistono già formulazioni utilizzate con successo in vari ambiti.
Nei casi di declino cognitivo, alcune combinazioni contenenti colina, vitamine del gruppo B e antiossidanti sono impiegate per sostenere il metabolismo neuronale e rallentare la neurodegenerazione.
Nel trattamento dei disturbi dell’umore, la S-Adenosil-Metionina (Same), in sinergia con vitamina D, ha mostrato un buon profilo di efficacia anche nei soggetti fragili, spesso refrattari agli psicofarmaci tradizionali.
Per l’insonnia e i disturbi d’ansia, estratti vegetali come valeriana, passiflora e melissa, combinati con sali minerali e precursori di neurotrasmettitori come serotonina e melatonina, rappresentano alternative con minori effetti collaterali rispetto agli ipnoinducenti.
Tali approcci non solo contribuiscono al miglioramento della qualità della vita, ma rafforzano anche l’aderenza terapeutica, aspetto cruciale in una popolazione spesso soggetta a politerapie.
Inoltre, la nutraceutica si propone come leva per ridurre l’incidenza di effetti avversi legati ai farmaci convenzionali, promuovendo un modello di medicina integrata orientato al benessere globale del paziente anziano.
Dall’industria alla ricerca: un ecosistema in trasformazione
Il panorama industriale e scientifico che ruota attorno alla nutraceutica è in rapida evoluzione. Le aziende del settore, particolarmente attive nella selezione e formulazione di molecole ad alta biodisponibilità, stanno contribuendo in modo rilevante allo sviluppo di soluzioni capaci di anticipare le tendenze terapeutiche emergenti.
Alcune realtà italiane hanno posto il focus sull’azione sinergica dei principi attivi naturali, in particolare quelli orientati al contrasto della neuroinfiammazione e al supporto del metabolismo cellulare. Due assi portanti, questi ultimi, nella prevenzione della fragilità cognitiva e nella promozione della longevità in salute.
Il dialogo fra industria, medicina e ricerca scientifica – se ben regolato e basato su criteri di validazione rigorosa – sta generando un ecosistema virtuoso, in cui l’innovazione terapeutica si coniuga con la sostenibilità sociale e sanitaria. Un processo che, lungi dall’essere un’alternativa alla medicina tradizionale, mira a potenziarla nei suoi aspetti più umani e preventivi.
Uno sguardo al futuro: il ruolo strategico della nutraceutica nella silver economy
In un contesto in cui il numero degli over 65 in Italia ha superato il 24% della popolazione, la nutraceutica si configura come un elemento chiave della silver economy, settore economico sempre più rilevante nel disegnare politiche sanitarie, industriali e abitative inclusive.
Se ben integrata nei protocolli di prevenzione e cura, la nutraceutica può diventare uno strumento strategico per promuovere l’invecchiamento attivo e la partecipazione sociale degli anziani.
In conclusione, il rilievo assunto da queste soluzioni non è legato a una moda passeggera, ma a un cambiamento culturale e scientifico che sta ridefinendo i confini della medicina geriatrica.
La sfida, oggi, consiste nel coniugare efficacia, sicurezza e accessibilità, affinché la longevità diventi sinonimo di benessere – e non di mera sopravvivenza.
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