Sommario: 1. Riforma e Politica della Porta Aperta – 2. Deng Xiaoping: il punto di svolta della Cina Socialista – 3. La nuova struttura economica – 4. Il Bejing Consensus – 4.1. Segue. La “Go Out Policy”: il crescente interesse verso i Paesi ricchi di risorse – 4.2. Legame tra il Bejing Consensus e la Belt and Road Initiative – 5. Il regime in materia di Investimenti diretti esteri
Premessa
Il finanziamento del Ciad dopo il rifiuto della Banca Mondiale1, la simbolica partecipazione dei leader cinesi al World Economic Forum di Davos2, così come il ruolo crescente dell’economia cinese all’interno del Regional Comprehensive Economic Partnership3 (RCEP), legato all’istituzione dell’Asian Infrastructure Investment Bank (AIIB)4 e della New Development Bank (NDB)5, sono sintomi della crescente rilevanza della Cina nel panorama globale. La Cina, che ha visto la nascita di alcune delle più importanti e innovative scoperte nella storia umana, come il compasso, la carta e la polvere da sparo, ha tradizionalmente mantenuto una posizione riservata e poco propensa all’esportazione delle proprie conoscenze al di fuori dei suoi confini. Ad esempio, grandi viaggiatori come Marco Polo e Matteo Ricci hanno assolto il ruolo di intermediari tra la vasta conoscenza cinese e il resto del mondo6.
Il percorso inizia dal lascito della fallita Rivoluzione Culturale maoista, un quadro sociologico di tensioni, ribellioni e chiusura, e prosegue con la presentazione del percorso di riforme e ideologie che ne ha mutato le fondamenta strutturali e culturali.
Il primo paragrafo si concentra sul cambio di prospettive7 derivanti dalle riforme di Deng Xiaoping, nel costituire un ponte tra l’identità maoista e l’apertura verso l’Occidente. Il successivo paragrafo esaminerà la politica di apertura della Cina, con un’attenzione particolare all’obiettivo di modernizzare il mercato e il sistema amministrativo del Paese. Il terzo paragrafo tratterà più in particolare il nuovo modello economico nel suo impianto strutturale e la riforma del sistema bancario. L’adattamento cinese alle influenze straniere finisce per costituire un modello unico, definito Beijing consensus, che si apre all’esterno, e viene posto quale estrema antitesi del modello statunitense del cosiddetto Washington consensus, soddisfacendo anche un interesse propagandistico. Il crescente interesse verso i Paesi ricchi di risorse, quindi, si trasforma in un campo di prova del Beijing consensus, rimasto estraneo alle crisi economiche del nuovo millennio. Ad esempio, la crisi economica del 2008 divenne pretesto per proporre il modello cinese nei Paesi dove l’alter ego statunitense non rappresentava più un esempio valido e sicuro. La propaganda ideologica si è trasformata in un crescente interesse commerciale e di investimenti che vede nei Paesi ricchi di risorse una mira espansionistica per nuovi legami commerciali e diplomatici. Un esempio di tale percorso di adattamento e di riforma è il progetto della Belt and Road Initiative, svelato nel summit del 2013 in Kazakistan dal presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping, che riprende l’idea della via della seta percorsa mille anni fa da Marco Polo, invertendone il flusso commerciale da Oriente ad Occidente. Quindi, si può affermare che si stia definendo una piena esaltazione della grandezza monumentale cinese, ormai non più restia ad avventurarsi in realtà culturalmente distanti, nella sua rete di collegamenti con il mondo esterno8.
Con lo sbarco dei mercantili europei e statunitensi nel Paese, Pechino ed Hong Kong divennero capitali del commercio internazionale e del multiculturalismo. Se l’apertura al mondo è avvenuta solo in un secondo momento, si è realizzata in maniera tanto drastica e repentina da tramutare la Cina nel principale competitor mondiale degli Stati Uniti9. L’ultimo paragrafo è invece volto a delineare l’atteggiamento innovativo che tale percorso di sviluppo e innovazione ha portato in ambito di investimenti diretti esteri all’interno del territorio cinese.
1. Riforma e Politica della Porta Aperta
L’immagine di una Cina economicamente e culturalmente potente è la conseguenza di millenni di storia10, ma la sua immagine di modello globale di efficienza11, successo e forza è il risultato di una politica ponderata ed oculata che trova nella figura di Deng Xiaoping una importante chiave di volta. Sotto la presidenza di Deng Xiaoping è terminato un sistema politico autoritario e chiuso all’esterno e ne è stato fondato uno nuovo, con un duplice fondamento: apprendere dai progressi tecnologici di altre nazioni; e irrobustire le risorse sociali ed economiche del Paese12. Infatti, la Cina di Deng ha perseguito una politica di apertura internazionale, passata alla storia come la “Politica della Porta Aperta”13, di cui uno dei risultati più celebri è stata la normalizzazione delle relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti, suo ex avversario imperialista, nel 197914.
Per meglio identificare le origini di questo percorso evolutivo, è opportuno partire dal contesto culturale alla base delle riforme, preso in analisi attraverso il criterio dell’autorappresentazione15.Varie definizioni sono state date della Cina nel corso dei millenni; a tal proposito, può risultare appropriato citarne alcune: (i) la tianxia, ossia l’insieme delle terre sotto il cielo del paradiso, che ne finisce per svelare quell’attributo di costante unità con il quale il popolo cinese ha rappresentato il globo, ponendosi al centro di questa visione; (ii) lo Zhongguo, volto a rappresentare la Cina quale terra di mezzo, Stato Centrale, nella volontà di descriverla come il polo principale dell’Asia, in una sua prospettiva storica che lo affianca agli altri grandi imperi16.
È proprio dall’autorappresentazione cinese quale esempio di unità e di continuità che è interessante partire17, poiché contrasta con la percezione dei sinologi occidentali che vedono la cultura cinese come sincretica e polimorfa. In questo processo di riforma, la Politica della Porta Aperta di Deng ha determinato non solo un’accettazione di paradigmi culturali occidentali fino a quel momento apertamente ripudiati, ma anche una linea politica di apertura della Cina ad importazioni da ed esportazioni verso il resto del mondo18.
La strategia non è stata, dunque, solo politica, ma l’attrazione di investimenti ha rappresentato l’elemento chiave del progetto di Deng,19 non a caso una delle prime mosse del quadro politico di Deng Xiaoping è stata una apertura alle imprese straniere che volevano stabilirsi in Cina20. In particolare, è stato nel 1980 che le prime quattro zone economiche speciali, ovvero Shenzhen, Zhuhai, Shantou e Xiamen, sono state istituite nella regione meridionale del Paese, come parte di una strategia più ampia che ha poi reso la Cina uno dei maggiori produttori ed esportatori di merci al mondo21.
Secondo Deng Xiaoping la riforma della Cina doveva realizzarsi attraverso un elaborato e analitico piano di innovazione. Sul modello di Zhou Enlai, Deng ha perseguito il progetto delle quattro modernizzazioni22, ossia il rinnovamento del comparto agricolo, di quello industriale, della conoscenza tecnica e scientifica, quindi anche dell’istruzione, e delle forze armate. Ai fini dell’elaborato verranno esaminate le prime due, in quanto rappresentative di un processo di modernizzazione sostanziale della Cina, attraverso una diversificazione della sua economia, e di miglioramento delle condizioni di vita della popolazione cinese.
Nel corso di tali riforme, l’autorità governativa ha progressivamente rafforzato il proprio ruolo, adottando un approccio per tappe, basato su fasi sperimentali23.
La prima tappa della riforma è stata rivolta al miglioramento del comparto agricolo24. Con l’abolizione delle Comuni popolari25, attraverso la “Decisione su diverse questioni riguardanti l’accelerazione dello sviluppo agricolo” (关于加快农业发展若干Ei]题的决定) del 28 settembre 1979, Deng promuove l’adozione di un “sistema di responsabilità familiare” che si basa su un modello a doppio binario, in cui alle famiglie viene richiesto di destinare una quantità limitata della loro produzione alla comunità, mentre la parte restante può essere commercializzata. Dunque, affinché il nuovo comune potesse soddisfare le proprie esigenze alimentari, ad ogni famiglia residente veniva assegnato un appezzamento di terreno, con conseguenziale onere di produzione e consegna di una determinata quantità di prodotti. Soddisfatta la quota di consegna, la famiglia contadina era libera di conservare la restante produzione per uso personale o per la vendita sul libero mercato26. Il diritto d’uso veniva concesso agli agricoltori come permanente e trasferibile, senza incidere sui diritti di proprietà sulla terra. Il primo punto nevralgico del piano di Deng si sostanziava, quindi, in ciò che molti sinologi hanno definito riappropriazione del paesaggio27. In linea di continuità con il pensiero maoista28, Deng riteneva come il nemico del popolo cinese non fosse incarnato nelle figure capitaliste o borghesi, così come accadeva in altre parti del mondo, ma si definisse all’interno di quella frammentazione territoriale tipica delle unità agricole capeggiate da diversi proprietari terrieri, ormai divenuti capi di villaggio29. Il risultato fu che, dopo il 1978, i mercati rurali iniziarono a riaprire, consentendo ai piccoli agricoltori di impegnarsi in attività commerciali su piccola scala che precedentemente venivano proibite, ad esempio l’allevamento di pollame, la produzione di artigianato e la raccolta di mais, vietata durante la Rivoluzione Culturale in quanto attività capitalista30.
La seconda tappa del sistema di riforme portato avanti dal governo cinese si concentrò sul settore delle imprese, a partire dall’ottobre del 1980. Il vicepremier Yao Yilin, capo della commissione statale per la pianificazione, rivelò il notevole ampliamento degli esperimenti che avrebbero dato alle imprese statali maggiore autonomia di mercato e di concorrenza31. Infatti, se alla fine del 1978 la ristrutturazione industriale riguardava sei aziende pilota nella provincia del Sichuan, alla fine del 1981, circa l’80% delle imprese industriali del Paese aveva aderito all’esperimento di ristrutturazione32. Le componenti principali della riforma industriale nei primi anni erano: (i) la sperimentazione di nuovi prodotti al successivo sistema di vendita degli stessi; (ii) l’adozione di un “sistema di responsabilità economica”, attraverso la suddivisione di più livelli del comparto territoriale; (iii) un quadro retributivo basato sulla produttività; (iv) e una attenta razionalizzazione del sistema amministrativo locale per le imprese statali a controllo locale.
La politica di riforma e apertura toccò anche il settore della cosiddetta industria pesante e impresa statale. Tuttavia, non sempre il contributo risultò determinante nello spingere i settori produttivi verso un’autonoma efficienza. Ne è esempio l’affidamento della cosiddetta industria pesante alla Commissione per la supervisione e l’amministrazione dei beni di proprietà dello Stato del Consiglio di Stato (SASAC)33. La riforma delle imprese statali si rivelò più difficile di quella delle imprese agricole34. Dal punto di vista economico, a differenza delle piccole aziende agricole autosufficienti, le grandi imprese industriali dipendevano da fattori al di fuori del loro controllo, compresa la fornitura di attrezzature e input materiali prodotti da altre imprese. Nel 1987, il sistema di responsabilità contrattuale35 venne esteso a tutte le imprese statali, ciascuna delle quali era tenuta a firmare un contratto con il livello di governo che ne aveva il controllo36.
Di gran lunga più positivo fu il contributo dato alle imprese municipali e di villaggio. Deng Xiaoping si era preposto, infatti, di ricercare manodopera evitando le derive sociali delle metropoli occidentali, per questo decise di spostare le industrie in campagna, dove la maggioranza della popolazione contadina risultava alle volte sottooccupata, e quindi era possibile assorbire la manodopera in eccesso37. Le imprese di borgata e di villaggio venivano quindi istituite come imprese collettive38, e ai sensi del loro contratto39, si impegnavano a pagare al governo una tassa annuale fissa, avendo garantita la possibilità di trattenere l’eventuale utile residuo. D’altro canto, lo stesso presidente cinese tentò di arginare il rischio di una migrazione verso le città con vari espedienti come, ad esempio, gli Hukou40.
Punto centrale della Riforma fu la sua matrice politica, con l’intento di affermare in Cina un ideale Stato di diritto. Il primo passo fu quello di ridisegnare mediante riforme il Partito, ad esempio fu posto un limite di due mandati presidenziali di cinque anni, venne disposta la periodicità delle riunioni del Partito e si fissò a 70 anni l’età di pensionamento per i ruoli chiave dello stesso41. L’ascesa di Deng Xiaoping si caratterizza per la costituzione di una nuova tipologia di economia improntata ad un nuovo corso ideologico. Nel 1979 Deng enunciava i quattro principi cardinali della nuova ideologia comunista, orientati a rappresentare allo stesso tempo un filo di continuità e di svolta con il lascito del maoismo in Cina: sostenere la via socialista; sostenere la dittatura democratica del popolo; sostenere la direzione del partito comunista cinese; difendere il pensiero di Mao Zedong e il marxismo-leninismo. I quattro principi cardinali nel ‘79 sono esemplificativi di un processo di riforma che si rifaceva al passato e al concetto di tianxia42. Il pragmatismo, frutto di tali principi, è rimasto impresso nella storia insieme ad alcune sue celebri frasi43
Il 15 luglio 1979 è stata una data rilevante nel processo di sviluppo e modernizzazione cinese, poiché il Comitato Centrale del PCC e il Consiglio di Stato hanno approvato i rapporti delle province del Guangdong e del Fujian in favore dell’istituzione di “Zone Speciali di Esportazione44” a Shenzhen, Zhuhai, Shantou e Xiamen. Successivamente, il 16 maggio 1980, i due organi sopracitati hanno istituito formalmente tali Zone Economiche Speciali, al fine di attrarre investimenti internazionali e tecnologia avanzata grazie ad un regime giuridico speciale di favore. Nello specifico, tra le condizioni preferenziali concesse a società estere, si può riscontrare un regime di favore in ambito fiscale e di dazi doganali, oltre che una maggiore flessibilità dalle procedure burocratiche45. L’istituzione di zone economiche speciali in Cina ha inaugurato un nuovo modello di sviluppo46 dove il socialismo viene sostenuto da una politica di apertura con chiare influenze occidentali, garante, però, di dogmi e simboli socialisti rappresentanti la Cina che è stata47.
Il successo di questo nuovo modello può essere indicizzato con l’andamento del prodotto interno lordo48, idoneo a rappresentare una misura della dimensione totale dell’economia cinese. Dal 1978 ad oggi, infatti, il PIL è cresciuto in media di quasi il 9% ogni anno rendendo la Cina, in oltre quarant’anni di progressi, la seconda economia del mondo.
È pertinente sottolineare anche l’apporto positivo alla crescita dell’economia dato dall’adesione all’Organizzazione Mondiale del Commercio cinese49. Il Paese, avendo seguito come osservatore speciale la chiusura degli accordi di Marrakech, è entrato ufficialmente nell’OMC nel 2001, grazie al contributo dei vari working groups che si si sono susseguiti dal 198750 al 2001. A seguito dell’adesione all’OMC, infatti, la Cina ha rivisto la struttura della propria economia sotto più aspetti51. Già da un primo momento, la Cina ha dovuto gradualmente rimuovere barriere non tariffarie52 , rivedere le politiche sui prezzi53, e revisionare le tariffe sui prodotti agricoli e sulle esportazioni di prodotti tessili, con la concessione di un trattamento preferenziale alle economie in via di sviluppo. Gli obblighi conseguenti all’adesione all’OMC hanno determinato una riforma dell’impianto normativo cinese, in primis del diritto societario e del commercio estero, dove fu rimosso il monopolio statale sulle attività di importazione, salvo per i settori strategici come la produzione del cotone; e venne modificato il sistema fiscale e di accesso ai servizi, al fine di ottemperare agli obblighi del Trade Related Investment Measures (TRIM)54 e del Generale Agreement on Trade in Services (GATS)55. Una delle principali modifiche apportate, trattandosi di un’introduzione ex novo nel sostrato normativo cinese, fu quella del diritto della proprietà intellettuale56, dove furono riprodotti i principi del TRIPS (Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights) e venne promulgata una legge ad hoc sui brevetti. A causa dell’adesione, vi è stato un notevole impulso ai servizi nazionali, nonché un aumento degli investimenti esteri e il conseguente stimolo alla concorrenza internazionale57.
2. Deng Xiaoping: il punto di svolta della Cina Socialista
Alla morte di Mao, la Cina era una nazione impoverita a causa di anni di disordini politici e di gestione economica guidata dall’ideologia maoista58. L’eredità politica del “Grande Balzo in Avanti” di Mao 59, che avrebbe dovuto essere un passo verso un socialismo pienamente realizzato si tradusse solo in un “crollo della razionalità del partito60”. In seguito alla scomparsa di Mao Zedong, il Paese dimostrava profonde divisioni sia nelle aree rurali che in quelle urbane. In particolare, nella zona rurale, che rappresentava il fulcro del Paese, e dove la metà della popolazione si impegnava nell’agricoltura, le conseguenze di questo evento erano ancora sentite fortemente61. La campagna di Rivoluzione Culturale dal 1966 al 1976, che ha travolto completamente sia le istituzioni locali del partito sia il mondo intellettuale, ha invece logorato l’ambiente urbano62.
Con la salita al potere di Zao Feng, ex ministro della pubblica sicurezza, veniva ordinato l’arresto della banda dei Quattro63, guidata dalla vedova di Mao, e veniva dichiarata la fine della Rivoluzione Culturale. Zao Feng si presentava come il successore e il continuatore dell’opera di Mao, anche se all’interno del Partito Comunista Cinese la corrente riformatrice stava prendendo piede sotto la direzione di Deng Xiaoping. Deng ereditava una Cina destabilizzata64, tanto che Gregory Chow asserisce come fu già il bisogno di prendere le distanze dal vecchio regime maoista, reo di essersi macchiato della preparazione di una riforma culturale non condivisa con il popolo, motivo bastevole per dare, dunque, il via alla riforma65.
A seguito della crisi sociale che aveva contraddistinto gli anni precedenti, Deng appoggiava la cosiddetta “Primavera di Pechino”,66 durante la quale spesso venivano affissi i “dazebao”, ossia i manifesti di protesta giovanile contro l’ideologia e la politica di quei tempi. Durante questa fase della politica di Deng Xiaoping, vengono riformate le procedure e i criteri di nomina dei membri del partito comunista cinese [attraverso la Risoluzione riguardante l’emendamento della Costituzione e l’istituzione del Comitato per l’emendamento costituzionale (关于修改宪法和成立宪法修改委员会的建议) del 10 settembre 1980]67e viene promossa una crescita che favorisse anche la possibilità di attrarre investimenti dall’estero68. Con queste riforme politiche si innalza il tasso di scolarizzazione e la società si rende conto di essere più libera dai vincoli concettuali del maoismo69.
La proposta di Deng per un sistema socialista con caratteristiche cinesi emerse per la prima volta nel dicembre 1978 all’XI congresso nazionale del Partito Comunista Cinese70. È stata una filosofia politica costruita sull’ideale marxista che si è concentrata sulla possibilità di adattamento alle nuove condizioni sociopolitiche dell’epoca contemporanea, facendo affidamento sulla duttilità del pensiero radical-comunista.71 Difatti, per affrontare i bisogni più urgenti della popolazione, questa nuova forma di socialismo ha fatto spesso riferimento a obiettivi e quadri teorici tradizionali, ma aggiornando e innovando le consolidate teorie marxiste, leniniste e maoiste al fine di mantenere una linea politica sempre attuale72. Tra i concetti fondamentali che Deng stesso ha usato per racchiudere l’essenza del socialismo con caratteristiche cinesi, quello di “cercare la verità attraverso i fatti“73 è uno dei più significativi perché sottolinea l’importanza di una politica concreta, dove i fattori economici sono percepiti come gli unici in grado di sostenere un dato corso politico. In relazione a questo, Deng e la sua generazione di politici hanno stabilito il rifiuto di qualsiasi posizione politica irrealistica e incapace di garantire la forte performance economica della Cina e uno sviluppo delle forze produttive. Infatti, l’idea di Deng consisteva nel dare il via ad una fase primaria del socialismo, alla base della quale vi era il pensiero che il comunismo non fosse realisticamente in grado di sopravvivere senza un significativo accumulo iniziale di ricchezza74 e che, solo una volta maturata, questa consentisse alla società di funzionare in futuro sulla base delle massime marxiste75.
Un ulteriore elemento principale della politica di Deng Xiaoping, è stata la volontà di attuare un’economia socialista orientata al mercato, poiché sembra individuare il modo più efficace per garantire il rapido sviluppo delle forze produttive76. In questo, Deng è riuscito a superare l’apparente conflitto terminologico con il termine “socialismo” chiarendo come l’economia sia orientata al mercato, e pertanto capitalista, fintanto che serva obiettivi economici capitalisti, d’altra parte, il mercato è emblema del socialismo qualora venga usato per promuovere il comunismo a lungo termine77.
Il processo di riforma della Cina socialista iniziato da Deng deve il suo successo all’operato positivo di altri uomini che ne hanno trainato il progetto78.
Tra questi, Hu Jintao, ne è sicuramente l’esempio più rappresentativo79; d’altro canto, promuove una tesi ancor più innovativa rispetto a quella denghiana, di cui si tratterà più avanti, aprendo ad un nuovo approccio scientifico alla ricerca, riallacciandosi a ideali e filosofie storicamente messe da parte nella ricerca di una società armoniosa. Questo nuovo approccio ideologico si è concretizzato con l’Undicesimo Piano quinquennale del partito (1981-1985), che ha permesso un adattamento dell’ideologia marxista alle esigenze richiesta dalla modernità80.
Con le riforme di Deng, l’economia cinese è avanzata ad alti ritmi, ma l’apertura economica, oggetto di trattazione del paragrafo successivo, non ha risparmiato contraccolpi politici sugli equilibri del Partito. Ne è esempio il caso di Hu Yaobang81, fermo braccio destro di Deng fin dai primi anni del movimento rivoluzionario cinese, anch’egli portavoce di una politica economica con una forte apertura all’Occidente che ha irritato il conservatorismo dell’epoca. Nel momento in cui gli studenti si radunarono nelle piazze alla fine del 1986 per chiedere di accelerare il processo di liberalizzazione nel Paese, si generò una lunga una serie di scontri tra intellettuali e politici che portarono alla caduta di Hu Yaobang82. Al suo funerale, il 22 Aprile 1989, decine di migliaia di studenti marciarono su Piazza Tienanmen per rendere onore alla memoria del vecchio leader riformista, dando vita all’inizio di una protesta studentesca83 passata alla storia come “i fatti di piazza Tienanmen”.
3. La nuova struttura economica
L’economia cinese era essenzialmente chiusa prima della riforma economica. L’evoluzione economico-politica che la Cina ha intrapreso da Deng in poi può essere sussunta all’interno del modulo sistemico di analisi di Robert Gilpin84. Questo modello è rilevante perché analizza il cambiamento dei sistemi internazionali, riconoscendo come, nel periodo moderno, siano soprattutto i fattori economici ad essere diventati una fonte importante di potere nazionale85 e come questo possa portare, a determinate condizioni, ad un mutamento di sistema.86 Ed è proprio dal mutamento di sistema87 che è necessario partire per comprendere il nuovo ordine cinese. Tale cambiamento si attua mediante un ammodernamento delle istituzioni, come gli istituti di credito specializzati nel rapporto e nell’investimento con l’estero, e dell’assetto normativo, come le nuove norme in tema di investimenti esteri. Lo sviluppo economico segue le nuove leve della filosofia economica, aumentando esponenzialmente la sua presenza nel globo e convertendo i saperi e le risorse acquisite in potere militare e capacità tecnologica88.
Nel 1978 la somma dei valori delle sue esportazioni e importazioni ammontava a solo il 7 per cento del suo reddito nazionale, mentre vent’anni dopo, nel 1998, il volume del commercio estero era aumentato al 37% del PIL89. In questa prospettiva di avanzamento e di riforma, il ruolo del governo centrale cinese, graduale e sperimentale, ha dunque proceduto per tappe. La 3° sessione plenaria dell’undicesimo comitato del partito centrale ha scandito il passo del progetto di ammodernamento cinese, identificando questioni di primaria importanza nello sviluppo dell’agricoltura e delle zone rurali, e adottando una decisione sulla riforma della struttura economica, comminando principi di stampo marxista con le nuove ideologie politiche di apertura di Deng [attraverso la Decisione del Comitato centrale del Partito comunista cinese su diverse questioni riguardanti l’accelerazione dello sviluppo agricolo del 13 dicembre 1978 (关f-建1111).k *2iTt–T-ffisU.HaM-WSC),e il Regolamento sul lavoro dei comuni popolari dell’11 gennaio 1979 (444A民公±i{/F条M)].90 Con questa sessione avviene una riforma integrale dell’organizzazione economica del Paese, che Xu Chenggang91 definisce come il passaggio da una Centrally Planned Economy92 ad un nuovo modello economico, il Regionally decentralised totalitarian system93. Il modello di economia a pianta centrale cui la Cina faceva riferimento era quello sovietico, per questo totalitario, che, nell’adattamento cinese, risultava però sviluppato su più istituzioni diverse e, dunque, non esattamente centrale.
La strategia del Regionally Decentralized Totalitarian System (RDTS) è, infatti, diversa dalla Market competition di una basilare economia di mercato, bensì è improntata ad una competizione regionale94. Quindi, ogni subnational government, sin dai livelli più bassi, compete su un doppio binario: il primo si dipana nel breve periodo, realizzando una crescita del PIL grazie alla privatizzazione parziale dei terreni95 e alla nascita delle township and village enterprises96; il secondo, nel lungo periodo, permette uno sviluppo del settore privato.97
È all’inizio degli anni ‘80, che, a dispetto di una forte corrente conservatrice nel partito, tale strategia del RDTS di Deng Xiaoping prende forma con l’avvio al processo di riforme. La produzione agricola è l’oggetto iniziale del rinnovamento. Le comuni popolari cedono il passo ad un nuovo sistema di responsabilità familiare per la coltivazione della terra, con il sistema del doppio binario, che genera anche un robusto aumento del reddito della popolazione rurale. Il tasso annuo di crescita del valore della produzione agricola nei primi sei anni di riforma (1978-1984) aumenta esponenzialmente98. L’incremento della produzione agricola comporta la necessità di rivedere e ridefinire la struttura di riferimento esistente. Huang e Rozelle99 sottolineano come la riforma del mercato agricolo comprenda altre cinque componenti: (i) marketing, (ii) distribuzione, (iii) prezzo dei prodotti, (iv) sviluppo delle istituzioni finanziarie, (v) ruolo del governo.100
I primi due elementi possono essere interpretati come riferimento ad un’estensione del mercato all’estero, tramite anche società di esportazione private101. Il prezzo della merce, terzo fattore, è frutto di una soluzione di compromesso, consistente nell’implementazione di una struttura di prezzi a due livelli, dove un livello di prezzi rimane costante, mentre l’altro viene determinato dal mercato102. Lo sviluppo di istituzioni finanziarie per sostenere lo sviluppo dell’agricoltura costituisce la quarta componente. La disponibilità di istituti di credito consentiva agli agricoltori di prendere in prestito denaro per finanziare la produzione e gli investimenti103. I frutti positivi di tale politica si iniziano ad intravedere a partire dall’adesione all’OMC, con un riallineamento delle politiche commerciali cinesi, quinto componente, verso l’acquisizione di risorse energetiche; vi è un ridimensionamento delle imprese statali104 e la quotazione delle quattro maggiori banche cinesi105. Quando l’economia pianificata ha lasciato il posto al nuovo modello di economia, la Cina è stata liberata dalla necessità di finanziare direttamente gli investimenti tramite istituti di credito commerciale sostenuti dallo Stato, e inoltre ha affrontato una revisione del sistema bancario moderno per esercitare una efficiente gestione macroeconomica, senza procedere alla privatizzazione delle istituzioni bancarie106. Tra il 1978 e il 1985 si puntò a separare la politica monetaria107 da quella fiscale, delegando quest’ultima funzione ad istituti formalmente indipendenti. Furono istituite Banche specializzate in Agricoltura, Industria e Commercio, Costruzioni, ed Estero (Banca di Cina) che ricevettero una certa autonomia per estendere il credito alle imprese statali, per quanto rimanessero soggette alla pressione politica locale per garantire lo sviluppo economico regionale108. Il sistema si dimostrò poco efficace, perché la specializzazione in un settore determinato impediva una diversificazione del portafoglio, provocando perdite nel lungo periodo109. Il governo centrale tentò di provvedere alle problematiche del precedente sistema attraverso la Commercial Banking Law del 1995, atta a trasformare le Banche specializzate in SOCB (State-Owned Commercial Bank), formalmente indipendenti nella valutazione di merito sui clienti, ma sostanzialmente ancorate al dettame politico del Consiglio di Stato110. Al fine di alleviare la pressione politica sulle quattro SOCB e di fornire prestiti alle imprese di Stato (SOE) per attuare specifiche politiche di sviluppo economico, nel 1994 sono state istituite tre “banche politiche111“: la China Development Bank, la Banca per lo sviluppo agricolo e la Banca per l’importazione e l’esportazione (Cexim)112. La più grande tra queste è la China Development Bank (CDB), specializzata nel finanziare investimenti sia nazionali che internazionali nel settore delle infrastrutture e dell’industria soprattutto in Asia e Africa. La CDB acquisisce i fondi necessari per le sue attività di finanziamento esclusivamente tramite sovvenzioni provenienti dal Ministero delle Finanze e l’emissione di strumenti di debito a breve termine (con scadenza triennale o quinquennale), destinati sia al pubblico che al settore privato113. Questa solida base finanziaria consente alla CDB di svolgere un ruolo significativo nel supporto all’economia cinese in fase di transizione verso un’economia di mercato. In effetti, la riforma di liberalizzazione economica ha portato la Repubblica Popolare Cinese a mutare assetto economico attraverso una riforma di obbiettivi e ideali, volta ad attrarre maggiori investimenti stranieri, che ha assunto un proprio identificativo: Consenso di Pechino.
4. Il Bejing Consensus
La riforma di liberalizzazione dell’economia ha portato ad una transizione della Repubblica Popolare Cinese dall’essere un’economia pianificata al diventare un’economia di mercato, attraverso una riforma di stampo capitalista, che potesse attirare un maggiore interesse da parte degli investitori stranieri. Questa transizione ha registrato il suo picco con l’adesione del Paese all’OMC nel 2001. Infatti, con l’ingresso della Cina nell’Organizzazione Mondiale del Commercio, l’immagine estera della Cina ha acquisito sempre maggiore rilevanza. Si è iniziato a definire, così, il prototipo del Bejing Consensus (Consenso di Pechino), per alcuni, esempio di un modello economico alternativo, ma anche, per altri, un soft power114 ispirato all’innovazione, alla qualità della vita e alla determinazione esterna di un modello di trapianto culturale115. Le ingenti risorse esterne, il nuovo apparato di norme economico-politiche, hanno rappresentato terreno fertile per la ricostruzione di un sistema di successo e per l’impostazione di una sua diffusione all’estero.
Il termine Bejing consensus viene coniato da Joshua Cooper Ramo nel 2004 per sottolineare le differenze tra il sistema di principi alla base del sistema economico cinese e il corrispettivo statunitense, riferendosi alle politiche economiche di Deng e i risultati da queste conseguite nella radice economica del Paese, così come poi successivamente elaborate dai successori alla leadership cinese di Deng116. L’idea alla base del Bejing Consensus è, dunque, di cesura netta con la matrice politico economica statunitense, in particolare come ripudio della democrazia multipartitica quale necessario corollario dell’apertura al libero mercato. Il Consenso di Pechino dovrebbe essere visto come una dichiarazione di intenti per un adattamento pragmatico a circostanze contingenti: un movimento filosofico verso una «visione ultrapragmatica» di deliberazione politica117.
In senso molto ampio, è possibile affermare che i cosiddetti Washington Consensus118 e Beijing Consensus rappresentano non solo due modelli di sviluppo differenti, ma proprio due approcci diversi, sviluppati in situazioni socio-politiche diverse, al fine di guadagnare il sostegno popolare a mosse politiche di grande impatto119. Il modello cinese sembra aver riscosso successo, non solo grazie al pragmatismo e alla sperimentazione, ma anche alla convinzione nei principi e negli ideali del suo leader dell’epoca. Infatti, i progressi registrati dalla Cina nel recente passato, soprattutto in campo economico, sono il risultato delle riforme e della politica di apertura, che incarnano il Consenso di Pechino tanto da farlo diventare oggi riferimento per altre economie in sviluppo. Al contempo, non tutti condividono la tesi per la quale possa assumere le vesti di un modello effettivo e impiantabile in altri contesti120. Questo perché la complessità dello sviluppo cinese, presa insieme alla struttura del mercato e del suo componente sociale, rende difficile generalizzarla all’interno del termine Consenso di Pechino121. Ciononostante, si pone come esempio intrigante per quelle nazioni che, per motivi diversi, intendono sviluppare un modello distante dall’Occidente122, data la possibilità di determinare uno sviluppo economico rapido, sotto un forte controllo politico.123
Tra i mercati esteri più interessati, l’Africa rappresenta uno dei principali124. In fondo, le risorse naturali di cui la Cina ha bisogno, e di cui l’Africa è piena, sembrano poter giustificare l’ingente interesse che la nazione cinese ha sviluppato, dal momento in cui ha deciso di rafforzare la propria figura sul panorama internazionale125. La volontà di spingersi verso l’Occidente e oltre si rende manifesta attraverso la partecipazione all’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, la cd. Shanghai Cooperation Organization (SCO) 126. In particolare mediante l’identificazione delle aree del “konjan“, ossia aree di influenza privilegiate, corrispondenti ai territori dei membri parte dell’organizzazione (Uzbekistan, Kazakistam Kirghizistan e Tajikistan). Ma anche attraverso la pratica del Land Grabbing, ossia l’acquisto di ettari di terreno in Paesi ricchi di risorse, generalmente Paesi in via di sviluppo127. La SCO, così come il Land Grabbing, rappresentano quindi un’importante evidenza di come la Cina cerchi di consolidare la sua presenza e il suo ruolo in aree del mondo.
4.1. Segue. La “Go Out Policy”: il crescente interesse verso i Paesi ricchi di risorse
La posizione cinese beneficia di alcuni importanti elementi che le conferiscono un notevole vantaggio in qualsiasi contesto di negoziato. In particolare, il Paese è un membro permanente del Consiglio di sicurezza, che gli accorda un piano di parità con le altre potenze economiche globali128.
Per diversi decenni la RPC non ha avuto interesse nel ricercare all’estero ulteriori fonti di risorse (energetiche o minerarie), perché consapevole di potersi basare sull’apporto derivante dalle sue stesse riserve, si pensi al giacimento petrolifero del Daqing129. Con la politica di apertura condotta da Deng, tuttavia, parallelamente all’aumento del tasso di crescita, veniva registrato anche un aumento delle risorse necessarie, in primis petrolifere130. A causa del suo estremo fabbisogno energetico, la Cina è infatti stata costretta a cercare di stringere rapporti con Paesi esportatori di gas e petrolio per sostenere il proprio notevole tasso di crescita.
Il segretario Hu Jintao ha adottato la politica di “Going Out” nel 2002131 con l’intenzione di incoraggiare le principali compagnie energetiche e petrolifere della nazione ad entrare nei mercati internazionali132. Questo nuovo programma ha quindi intensificato e migliorato le relazioni con le nazioni esportatrici di petrolio del Medio Oriente. Ad esempio Paesi come Pakistan, Iran, India e Mongolia sono diventati osservatori della Shangai Cooperation Organization. Ma, anche la China National Petroleum Corporation, compagnia petrolifera statale, ha contribuito con investimenti in dati Paesi, per esempio ha acquistato petrolio in Kazakistan nel 2006; è entrata anche nel mercato nigeriano; e si è aperta a mercati spesso bloccati dalla comunità internazionale, come quelli del Sudan133, dell’Iran e del Venezuela134.
Nel settore dell’Oil & Gas, infatti, la strategia di Pechino pianifica un crescente livello di cooperazione bilaterale con il Medio Oriente, sia nell’aumento delle importazioni di petrolio e sia nell’espansione della propria capacità di raffinazione135.
All’estero, la Going Out Policy ha dimostrato anche un carattere ideologico, nell’esportare il Bejing consensus come ideale di cooperazione win-win. A partire da Zhou Enlai, che aveva tentato di raccontare il fascino e il dettame concettual-politico del Libretto Rosso di Mao tramite gli “otto principi”, il viaggio in Africa nel 1963136, dall’inizio della politica di Going Out, mediante viaggi diplomatici, hanno provato ad esportare un modello di radice marxista-leninista137. La Cina si presentava come la prima e la più fulgida espressione di un Sud del mondo che esportava il suo ideale proletario ma di successo; un piano propagandistico efficace e persuasivo. Oggi il Paese guarda l’Africa ispirandosi alla formula di Jiang Zemin – «la Cina è il più grande Paese in via di sviluppo. Ma è l’Africa il continente con il maggior numero di Paesi in via di sviluppo» – resa dal presidente della RPC all’incontro inaugurale del Forum sulla cooperazione Cina-Africa a Pechino nel 2000138.
La costante crescita dei momenti mediatici e politici di consolidamento delle relazioni, culminati con i forum FOCAC, sono espedienti di crescita sotto tutti i fronti per entrambe le parti del tavolo di gioco.
4.2. Legame tra il Bejing Consensus e la Belt and Road Initiative
La Belt and Road Initiative (BRI) è un’iniziativa annunciata dal presidente Xi Jinping durante una visita ufficiale in Kazakistan, Paese parte della Shangai Cooperation Organization. La BRI rappresenta un progetto di portata storica, rivolto alla continuità storico politica [tianxia e zhongguo] tra gli orizzonti politici di Xi e Mao139. D’altronde, Xi ha visto trascritto il suo pensiero in tema di socialismo con caratteristiche cinesi140 nello statuto del PCC, con un trattamento riservato solo a Mao e Deng.141 Questo sottolinea la volontà di Xi Jinping di emergere come figura di rilevanza mondiale, recuperando in parte il pensiero di Mao e attribuendo un significato storico fondamentale all’Iniziativa della Nuova Via della Seta (Belt and Road Initiative), che rappresenta l’ambizione di un leader il cui pensiero è stato consacrato nello Statuto del Partito.
Mao aveva prospettato la “Teoria della Zona Intermedia”142 (TZI, 中间地带), ossia una teoria di
riorganizzazione globale basata sulle sfere di influenza dominanti. Mao argomentava che la prima area fosse dominata dall’influenza americana, la seconda da quella sovietica e la terza invece, veniva definita intermedia, in quanto non dipendente direttamente da nessuna delle precedenti. Mao considerava un’opportunità espandersi all’interno di quest’area, e volle posizionarsi come leader della zona intermedia e portare la Cina a competere con i due blocchi.143 La teoria definita anche Teoria dei Tre Mondi sostituì la “lotta anti-egemonica del terzo mondo” alla “lotta di classe” e la indirizzò verso un fronte unito con i Paesi del secondo mondo144. Fu con l’inizio della stagione di “Riforma e apertura” che il Paese si volse verso tale fronte, subendo una progressiva trasformazione145. Il tacito accordo tra Pechino e Washington146, avviato da Mao e rafforzato dalle alleanze tra le due nazioni a seguito della riforma denghista, ha segnalato l’ingresso della Cina nell’economia globale nel segno della svolta ideologica, recentemente perseguita da Xi Jinping147. La Presidente della Commissione Affari esteri dell’Assemblea nazionale del popolo Fu Ying ha scritto nel 2017 che la “Comunità di destino comune148”, insieme al Bejing Consensus149, ambisce a riformare l’ordine mondiale attraverso i tre pilastri di Xi Jinping150: sicurezza cooperativa, sviluppo congiunto e inclusione politica151. La necessità di affrontare le nuove minacce in modo coordinato e l’aderire ai principi tradizionali cinesi sono due fattori che hanno contribuito alla sicurezza cooperativa, infatti uno dei principi guida di Xi Jinping è proprio l’equilibrio tra sicurezza e sviluppo. Per prevenire l’emergere di minacce alla stabilità e alla sicurezza, la BRI deve quindi fungere da secondo pilastro dello sviluppo della comunità del destino comune, fungendo da collante tra lo sviluppo del nord e del sud del mondo. L’ultimo pilastro, la politica dell’inclusione, sembra suggerire invece una nuova governance globale basata sull’idea di accettare diversi modelli di sviluppo e rispetto reciproco152.
Anche l’approccio cinese all’attività di espansionismo tiene perfettamente conto della nozione e dei dettami del Bejing Consensus, esplicandosi quale piena realizzazione di quella riforma economica con caratteristiche cinesi cui auspicava Deng Xiaoping. Un esempio eclatante è rappresentato dalle relazioni sino-africana, in cui la Cina esporta il proprio modello come un valido ed efficiente paradigma, rinnovando la propria immagine internazionale attraverso una maggiore apertura verso l’estero, come dimostrato dalla riforma degli investimenti diretti esteri (IDE). Questa diffusione del modello cinese va oltre i confini nazionali e si presenta come un approccio vincente per migliorare sia l’immagine esterna del Paese che gli aspetti interni della sua macchina economica153. È pertinente, dunque, dedicare un paragrafo al regime degli investimenti diretti esteri verso la Cina, focalizzandosi sulla nuova Foreign Investment Law del 2020154, in quanto questa legge rappresenta un importante punto di svolta nel contesto dell’apertura economica del Paese. La Cina ha avviato significative riforme nel settore degli investimenti diretti esteri al fine di promuovere un ambiente più favorevole agli investitori stranieri e stimolare la crescita economica. Questi sviluppi hanno un impatto significativo sia sulla Cina stessa, che mira a diversificare e modernizzare la propria economia, che sugli investitori internazionali che cercano opportunità in un mercato in rapida crescita.
5. Il regime in materia di Investimenti diretti esteri
cooperazione, la diversità e il rispetto reciproco, mentre il Beijing Consensus rappresenta il modello di sviluppo economico cinese che ha portato al suo successo. Entrambi sono parte della visione globale della Cina di diventare un attore globale attivo e responsabile, che si basa sul concetto di un mondo di nazioni sotto lo stesso tetto (Tianxia).
Sin dal 1979, anno in cui è iniziata la politica dell’“Opening Doors”, la disciplina degli investimenti stranieri in Cina si è basata sulla Law of the PRC on Sino-Foreign Equity Joint Ventures che poneva cinque modalità155 con le quali l’investitore straniero potesse iniziare ad operare nel mercato cinese. Prima della New Foreign Investment Law156 (FIL) del 2020, pertanto, il regime normativo vigente in materia di investimenti diretti esteri sul territorio cinese si presentava come frammentario e restrittivo.157 Ciononostante, la Cina ha storicamente rappresentato una terra ferace per gli investimenti e vari Paesi hanno investito ingenti somme di denaro al suo interno grazie a condizioni economiche favorevoli, favorendo la crescita complessiva del Paese.158 Il flusso di investimenti diretti esteri è forte, con un surplus commerciale che le permette di incrementare l’ammontare delle riserve estere in Cina159.
È inevitabile analizzare il campo degli investimenti esteri diretti in Cina dal suo inizio nel 1980 al 2020, partendo dalle SEZ (Special Economic Zones), già affrontate, e procedendo fino alla “New Foreign Investment Law” [FIL] approvata nel 2019 ed entrata in vigore il 1° gennaio 2020. La Politica della Porta Aperta, dal 1980, ha concesso nuovi mezzi atti a permettere agli investitori stranieri di valutare l’ingresso nell’economia cinese, tra cui vengono istituiti gli Uffici di Rappresentanza, che permettono all’investitore straniero di affacciarsi facilmente sull’economia cinese.160 Nel quadro degli investimenti diretti le Joint Venture hanno una importanza primaria; presentandosi come Società a responsabilità limitata, sono costituite da un investitore straniero, con un valore inferiore ad un quarto dell’intero pacchetto azionario, e una società con sede in Cina.161 Si suole distinguere le Joint Venture nella classificazione tra Equity Joint Venture (EJV) e le Cooperative Joint Venture (CJV). Le prime sono caratterizzate dal possesso di personalità giuridica e, dunque, dal vantaggio che ciò comporta in tema di rischi sul singolo investitore, oltre che dalla possibilità di stipulare autonomamente contratti. Le seconde, invece, sono prive di personalità giuridica e sono soggette a maggiori rischi per l’investitore162.
Nel quadro di investimenti esteri, le Wholly Foreign Owned Enterprise (WFOE) sono un ulteriore espediente concesso all’investitore estero. Si tratta di Società a responsabilità limitata prive totalmente di partner cinesi163. Per quanto la mancanza di un socio cinese rappresenti non solo un’incognita per l’operare nel mercato, ma anche una limitazione nel settore di mercato cui può farsi riferimento, al contempo determina una libertà e un controllo maggiore nelle dinamiche interne all’investimento164.
È opportuno anche citare la presenza di Foreign Investment Companies limited By Shares, ossia Società per azioni a partecipazione estera, e Foreign Invested Partnership Enterprises, ossia nuove tipologie di società di persone aperte alla partecipazione di investitori stranieri.
Il subentro di investitori stranieri, frutto di una politica di apertura, è stato causa di un esame coscienzioso dello specchio normativo nazionale che ha portato alla stesura di un progetto di legge ad hoc.
Dal 2015 il Consiglio di Stato cinese e il Ministero del Commercio (MOFCOM) hanno lavorato ad un piano di revisione del quadro normativo in ambito di investimenti esteri, tanto da portare il 19 gennaio 2015 alla pubblicazione del “Draft of the Law of PRC on investment from Foreign Countries”, un progetto, però ancora lacunoso165. La ratio era quella di semplificare l’attività di investimento, precisamente con un cambio di prospettiva, passando da un Positive Approach ad un Negative Approach, dunque, elencando le attività di investimento proibite e quelle fortemente limitate. Le società straniere avrebbero potuto semplificare il loro investimento tramite un dialogo diretto con l’Amministrazione per l’Industria e il commercio (AIC)166. Il Draft prevedeva anche l’istituzione di un’apposita commissione nazionale volta a valutare l’accettazione degli investimenti esteri, la National Development and Reform Commission (NDRC). Proprio dalle verifiche effettuate dalla NDRC si definì un secondo Draft167, nel 2018, che introduceva un importante elemento di incoraggiamento agli investimenti esteri cioè l’impossibilità delle autorità amministrative locali di imporre alle società straniere il trasferimento della loro tecnologia e del loro know-how168.
Dal terzo Draft, all’inizio del 2019, è stato redatto il disegno legislativo169. La proposta di legge è entrata in vigore il primo gennaio 2020. Il nuovo piano di apertura agli investimenti esteri, con l’entrata in vigore della New Foreign Investment Law,170 di fatto propone condizioni concorrenziali paritarie per tutti gli investitori, aprendo ancor di più il suo mercato all’estero. La nuova normativa nazionale ha abolito le leggi precedenti sul medesimo tema. Ai sensi della nuova FIL è previsto un periodo di transizione di cinque anni, nel quale le società precedentemente costituite devono adeguarsi al nuovo regime giuridico, per esempio una Foreign Investment Enterprise (FIE) istituita conformemente alle leggi precedenti può mantenere la sua originaria forma organizzativa (come WFOE, EJV o CJV) entro cinque anni dalla nuova FIL entrata in vigore171.
Nella stessa legge, agli IDE viene riconosciuto un trattamento non meno favorevole rispetto a quello concesso agli investitori cinesi nella fase di ingresso nel mercato172. Considerando poi gli elementi di innovazione del Draft 2018, il negative approach173 predisposto nella nuova FIL: (i) non richiede più il trasferimento di tecnologia174, (ii) prevede la possibilità di emissione di “shares, corporate bonds and other securities or by other means” per le società straniere175; (iii) prevede la possibilità di autorizzare gli investitori stranieri a trasferire liberamente fondi all’interno della RPC176.
Oltre alla disciplina sugli investimenti diretti esteri, le leggi FIE disponevano i requisiti per gli investimenti diretti e la consulenza sugli investimenti indiretti, per quanto la disciplina di questi ultimi fosse completata con le “Disposizioni provvisorie sugli investimenti all’interno della Cina da parte delle FIE”, che tuttavia non stabiliscono una definizione di investimento indiretto177. Dato un regime di favore, evidenziato dal valore degli investimenti esteri raggruppati nelle Special Economic Zones poste nelle zone costiere, vi fu un forte impulso allo sviluppo di nuove zone speciali, le cosiddette Free Trade Zones (FTZs) che hanno rappresentato un ulteriore passo per l’ingresso degli investitori al mercato cinese.178 A causa dello sviluppo di regole di liberalizzazione come la “Lista Negativa179“, un elenco di investimenti vietati o fortemente limitati, gli investitori stranieri sono ora più liberi rispetto al passato di scegliere l’ubicazione dei propri investimenti.
Dall’ingresso all’OMC in poi, infatti, la Cina ha tentato di mutare il suo approccio in ambito di investimenti al fine di adeguarsi alle esigenze del mercato mondiale. Per quanto abbia tentato di riflettere su temi quali il trattamento nazionale, il trasferimento di tecnologia e le clausole preferenziali, non sono mancate critiche sul piano internazionale180. La nuova FIL mira a rassicurare i mercati, riconoscendo le nuove linee guida in ambito di trattamento nazionale181 e indicando il principio di parità di trattamento tra imprese cinesi e straniere.182 In più, all’Articolo 4, la FIL aggiunge come: “Where the international treaties or agreements that the People’s Republic of China concludes or joins have more favorable provisions for the treatment of access by foreign investors, the relevant provisions may be followed”. Il principio espresso indica la volontà della Cina a migliorare il processo di internazionalizzazione nei prossimi decenni183. Infine, la legge in vigore dal 2020 include un “sistema di servizi di investimento estero” progettato per fornire consulenza su leggi, misure politiche e altre questioni pertinenti, nonché per promuovere accordi commerciali multilaterali e meccanismi bilaterali di cooperazione in materia di investimenti184.
In termini di protezione degli stessi, il livello di protezione ipotizzato serve a controbilanciare la salvaguardia dei diritti e degli interessi legittimi degli investitori con la legge cinese. Altresì, sulla gestione degli investimenti, la nuova FIL, come anticipato, si adegua al diritto societario della RPC, quindi, applica le stesse normative domestiche alle società straniere.
Il nuovo regime specifica altre varie misure di garanzia relative agli investimenti esteri, come la protezione dei diritti di proprietà intellettuale, e, per quanto riguarda questi ultimi, l’obbligo in capo agli organi amministrativi e ai loro dipendenti di mantenere la riservatezza commerciale in merito a qualsiasi investimento effettuato nel corso delle loro operazioni.
L’ultima parte della Nuova FIL si occupa della responsabilità giuridica derivante da un investimento straniero nella RPC. Gli organi amministrativi dello Stato hanno ancora forti poteri coercitivi che si basano sul controllo dell’andamento dell’investimento, ciò significa che in qualsiasi momento possono interromperlo per diverse e tassative motivazioni185, salvo che non risultino emanazione di un abuso di potere. Allo stesso modo però la nuova legge descrive la responsabilità legale per l’investitore straniero che viola le leggi pertinenti all’investimento186.
A seguito dell’abolizione delle leggi riguardanti la disciplina delle Equity Joint Venture e delle Contractual Joint Venture, gli investimenti già esistenti istituiti da tali norme, dovranno cambiare la loro struttura organizzativa. I principali cambiamenti tra il vecchio regime e il quadro concepito dalla nuova FIL riguardano, precisamente, la struttura societaria delle FIE. Con la Nuova FIL, oltre alla forma di società a responsabilità limitata, una FIE può anche assumere la forma di società per azioni. Le EJV che ora sono organizzate come società a responsabilità limitata, possono adottare la forma di S.p.a. o fondersi con la nuova società a responsabilità per azioni. Invece, per la CJV già esistente, la riforma ha distinto quelle con lo status di personalità giuridica, che potranno assumere la forma di società a responsabilità limitata o società con azioni coerenti con il diritto sociale prevalente, e quelle prive di personalità giuridica invece avranno la possibilità di trasformarsi, se possibile, in una società di capitali. Anche alcune norme operative sono state modificate ai sensi del diritto delle società della RPC.187
In ambito di distribuzione degli utili e delle perdite, la norma è analoga a quella precedente. Infine, in termini di scioglimento della società, ciò può avvenire per il raggiungimento degli scopi sociali o per altri eventi disposti dallo statuto della società.
Di conseguenza, la nuova legge sugli investimenti esteri stabilisce che l’obiettivo è ridurre la disparità tra imprese nazionali ed estere, ad esempio, semplificando e riducendo le industrie incluse nella cosiddetta lista negativa e applicando un principio di non discriminazione tra le parti. Inoltre, le linee guida della nuova legge mirano a rafforzare il campo della protezione della proprietà intellettuale per le imprese con sede all’estero. La Nuova FIL tende ad uniformare l’intero sistema sotto l’unico tipo di “foreign-invested enterprises”, semplificando l’intera disciplina, ma non applicando a pieno il principio di trattamento giusto ed equo a causa della persistente presenza di fattori limitanti, come le Negative Lists. Nonostante ciò, si può notare come la Cina negli ultimi anni si stia impegnando a ridurre e mitigare queste barriere.
In conclusione, la nuova legge sugli investimenti esteri della Cina del 2020 rappresenta un importante passo verso una maggiore apertura economica e l’armonizzazione del sistema normativo per le imprese straniere. La legge mira a ridurre le disparità tra imprese nazionali e estere, semplificando le restrizioni e applicando principi di non discriminazione. Nonostante l’esistenza delle Negative Lists, la Cina sta facendo sforzi per ridurre le barriere agli investimenti esteri.
1Si tratta dei fatti successivi al finanziamento della Banca Mondiale per l’oleodotto Ciad-Cameroon. La Banca ha sospeso il finanziamento nel 2006, accusando il Ciad di avere cambiato la propria legge in materia fiscale non rispettando più gli accordi iniziali. Altreconomia, La Banca mondiale lascia il progetto dell’oleodotto Ciad-Camerun, in Altreconomia, 2008, disponibile online su www.altreconomia.it.
2 La partecipazione di Xi Jinping al World Economic Forum (WEF) di Davos nel 2017 fu la prima per un Capo di Stato cinese. L’incontro, organizzato ogni inverno, riunisce imprenditori, politici, economisti ed esperti di tutto il mondo per discutere e trovare soluzioni ad alcune delle sfide più urgenti del mondo, comprese quelle relative all’economia globale, alla salute, ai cambiamenti climatici e alla tecnologia. La partecipazione cinese al WEF di Davos può essere definita simbolica in quanto rappresenta l’importanza della Cina come attore globale e il suo ruolo nella definizione delle agende mondiali, ma può anche essere vista come un’occasione per promuovere la sua immagine e la sua posizione come potenza internazionale.
3 Quindici nazioni dell’Asia-Pacifico, tra cui Cina, Giappone, Repubblica di Corea, Australia e Nuova Zelanda, hanno finalizzato l’accordo commerciale regionale noto come RCEP (Regional Comprehensive Economic Partnership) il 15 novembre 2020. Firmato in un contesto di incertezza economica a causa della pandemia di COVID-19, attraverso l’istituzione di una zona di libero scambio che comprende il 30% della popolazione mondiale e il 28% dell’economia PIL, il RCEP cerca di promuovere la crescita economica, lo sviluppo e la prosperità nei Paesi membri. Inoltre, l’accordo include disposizioni per la protezione degli investimenti, la regolamentazione del commercio e la cooperazione in materia di politica commerciale. È ufficialmente entrato in vigore il primo gennaio 2022. Per maggiori informazioni si veda il sitoweb ufficiale www.rcepsec.org.
4 Si veda capitolo 4 o si consulti www.aiib.org.
5 Si veda capitolo 4 o si consulti www.ndb.org.
6 O. BALDACCI, A. PICASSO, S. NELLA, La Cina in medio oriente, in Centro studi internazionali, n.67, 2007 consultabile online su www.senato.it.
7 Mao Zedong, fondatore della Repubblica Popolare Cinese e leader del Partito Comunista Cinese dal 1949 al 1976, aveva adottato una politica di chiusura verso l’occidente e di isolamento internazionale. Sotto la guida di Mao, tra il 1949 e il 1976, la Cina si era concentrata sul perseguimento del socialismo nel Paese, adoperando una politica di isolamento internazionale. Dopo la morte di Mao, Deng Xiaoping ha intrapreso una serie di riforme economiche che hanno aperto il Paese all’occidente, riconoscendo l’importanza della globalizzazione e dei rapporti commerciali internazionali per la crescita economica cinese.
8 O. BALDACCI, A. PICASSO, S. NELLA, Ivi.
9 Secondo i dati forniti dal Fondo Monetario internazionale relativi al PIL nominale dei due Paesi.
10 M. PEI., China as a Cultural, Economic and Political Superpower, Oxford, 2006.
11 Ibidem.
12 Tesi condivisa da diversi storici ed esperti, tra cui si citano, in maniera non esaustiva: Ezra F. Vogel, autore di “Deng Xiaoping and the Transformation of China“; Roderick MacFarquhar, professore emerito di Storia politica della Cina all’Università di Harvard; Barry Naughton, professore di economia cinese all’Università della California a San Diego; Orville Schell, direttore del Centro d’arte e media per la Cina all’Università di Berkeley.
13 Vedi secondo paragrafo.
14 Anno del consolidamento delle relazioni diplomatiche tra Cina e Stati Uniti, conclamate dall’incontro tra Deng Xiaoping e Jimmy Carter del gennaio ‘79. Prima di questo, c’era stata una graduale apertura politica da parte degli Stati Uniti verso la Cina, grazie anche all’azione di Kissinger che, nel 1970, ha visitato la Cina per una serie di colloqui con i funzionari cinesi. Questi incontri hanno portato a sviluppi positivi nei rapporti tra i due Paesi e hanno creato le basi per una normalizzazione delle relazioni diplomatiche. Il 31 gennaio 1979 sono stati firmati i diplomatic agreements tra i due Paesi, ma le relazioni erano già state normalizzate con delle dichiarazioni il 1 gennaio 1979. Questo incontro ha rappresentato un importante passo avanti nella costruzione di relazioni più strette e positive tra Cina e Stati Uniti.
15 Secondo S. Pelaggi, la Cina non ha mai accolto gli influssi dall’esterno lasciandoli intatti (allo stesso modo in cui essa non ha mai semplicemente «sinizzato» i suoi vicini), ma li ha sempre adattati ai propri rapporti interni trasformandoli in modo creativo. In breve, la Cina ha sempre tentato di adattarsi ai cambiamenti, senza mai spezzare la sua identità originaria. L’autorappresentazione cinese, caratterizzata da termini ricorrenti anche nella saggistica attuale, come 夏 huaxia – splendida e grandiosa civilizzazione, *J+I shenzhou – dominio divino, 四海 sihai – quattro angoli del mondo, 天下 tianxia -tutte le terre sotto (il cielo del) paradiso, P國 zhongguo – lo stato centrale, ossia il centro dell’universo, è esemplificativa della visione storica di una Cina che trascende le epoche e i confini, raccontandosi come punto saldo di successo e tradizione. Cfr. S. PELAGGI, La civiltà cinese, in La Cina di Xi, Geopolitica.info (a cura di), 2018, consultabile online su www.onlineducation.it. Guarda sul tema anche W. SHAN, P. SIMONS, D. SINGH, Redefining Sovereignty in International Economic Law: Redefining Sovereignty in International Economic Law, ed. I, Londra, 2008.
16 Ibidem.
17 Ibidem.
18 Deng Xiaoping ha accettato e condiviso alcuni paradigmi culturali occidentali come parte del suo programma di apertura e modernizzazione della Cina. Questi includono l’adozione del capitalismo in Cina, incoraggiando la creazione di zone economiche speciali e la formazione di joint venture con imprese straniere, così come un crescente interesse verso la tecnologia, vista come una componente cruciale dello sviluppo economico insieme alla globalizzazione. Cfr. H. GUOCANG, China’s Open Door Policy, 1978-1984, in Journal of International Affairs, vol. 39, no. 2, 1986, pp. 1–18. Guarda anche Z. XIAODAN, W. YAN. Forty-Years of the Modernization of Chinese Socialist Legality: Strategy, Lacuna, and Outlook, in German Law Journal, vol. 23, no. 5, 2022, pp. 691–712. L. SURYADINATA, The Rise of China and the Chinese Overseas : A Study of Beijing’s Changing Policy in Southeast Asia and Beyond, Iseas Yusof Ishak Institute, ed. I, Singapore, 2017.
19 B. NAUGHTON, Deng Xiaoping: The Economist, in The China Quarterly, no. 135, 1993, pp. 491–514, disponibile online su www.jstor.org.
20 Il riferimento è all’implementazione delle Zone Economiche Esclusive (SEZ) in Cina, iniziata con la direttiva del Consiglio di Stato del 15 luglio 1979, che autorizzava le province di Guangdong e Fujian a adottare misure straordinarie per lo sviluppo del turismo, del commercio estero e degli investimenti. 16 maggio 1980, il Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese e il Consiglio di Stato hanno approvato il “Verbale di riunione delle
province di Guangdong e Fujian” (广东、福建两省会议纪要). Le “Zone speciali di esportazione” sono state
ufficialmente ribattezzate “Zone economiche speciali”. C. D STOLTENBERG, China’s Special Economic Zones: Their Development and Prospects, in Asian Survey, vol. 24, no. 6, 1984, pp. 637–54.
21 Le 4 zone economiche speciali create da Deng Xiaoping sono state fondamentali per la crescita economica e commerciale della Cina, in quando volte ad attirare gli investimenti stranieri e sviluppare le industrie, incentivando la modernizzazione e l’integrazione della Cina nel commercio internazionale.
22 In realtà la politica precede lo stesso Deng, ma sarà con lui che riuscirà ad affermarsi modernizzando il Paese attraverso questi quattro assi. B. NAUGHTON, op. cit.
23 Così come preannunciato durante il discorso tenuto alla sessione del Congresso Nazionale del Popolo del 1978. Guarda E. LION, Le Zone Economiche Speciali in Cina e a Taiwan come motori per lo sviluppo economico: un confronto, tesi di laurea Corso di Laurea magistrale in Lingue e Istituzioni Economiche e Giuridiche dell’Asia e dell’Africa Mediterranea, Università Ca’ Foscari, 2014. Cfr. anche sul tema S. KOBAYASHI et al., The Three Reforms, in China: Progress and Outlook, in Japan Research Institute, Vol. 1, no. 45, 1999.
24 G.C. CHOW, China’s economic transformation, in R. GARNAUT, S. LIGANG, C. FANG (a cura di), China’s 40 Years of Reform and Development:1978-2018, I ed., Canberra, 2018, pp. 93-116, consultabile online su www.jstor.org.
25 Le comuni popolari sono forme di organizzazione sociale ed economica che sono state introdotte in Cina durante il Grande Balzo in Avanti di Mao negli anni ’50. Si trattava di cooperative agricole che raggruppavano le famiglie rurali in unità più grandi, dove la terra e le attrezzature erano gestite in comune e le decisioni erano prese da un consiglio eletto. L’obiettivo era quello di aumentare l’efficienza produttiva e di sviluppare la cooperazione tra le famiglie agricole, ma il risultato è stato in molti casi insoddisfacente e ha portato a disuguaglianze e a un declino della produzione alimentare. A. PIAZZA, La Cina Di Deng Xiaoping: Un Lungo Cammino Verso La Modernizzazione, in Tuttocina.it, 2018, disponibile online su www.tuttocina.it.
26 Ibidem.
27 G.C. CHOW, Ivi. pp. 105.
28 Infatti, anche lo stesso sistema di responsabilità familiare era già stato provato in segreto da Mao nella zona dell’Anhui.
29 Cfr. S. PELAGGI, La civiltà cinese, op. cit.
30 Ibidem.
31 Con Jiang Zemin si darà vita ad una privatizzazione delle grandi imprese statali nei compartimenti non strategici.
32 Dati forniti dalla National Bureau of Statistics (NBS), China Statistical Yearbook, Beijing: China Statistics Press, 1997. L’esperimento di riforma si rese possible attraverso una catena di provvedimenti normativi emanati dal Consiglio di Stato il 13 luglio 1979: “Diversi regolamenti sull’ampliamento dell’autonomia delle imprese
industriali statali nel funzionamento e nella gestione” (关于扩大国营工业企业经营管理自主权的若干规定), “Regolamenti sull’attuazione del profitto Conservazione delle imprese statali (关±国营企业实行利润留成的规定), “Sull’espropriazione delle imprese industriali statali”(关±开征国营工业企业固定资产税的暂行规定).
33 La SASAC è stata fondata nel 2003 e si è concentrata sul settore dell’industria pesante fin dalla sua creazione. La SASAC è stata creata per gestire e supervisionare le risorse del Paese che sono controllate dallo Stato, incluse le società statali e le imprese pubbliche che operano nel settore dell’industria pesante. La SASAC ha il compito di migliorare l’efficienza e la competitività delle imprese pubbliche e di promuovere un’economia market-oriented, incluso nel settore dell’industria pesante. Quest’ultima comprende settori come l’acciaieria, la siderurgia, le materie prime, l’energia, la costruzione navale e il petrolio e il gas, tra gli altri.
34 S. PELAGGI, op. cit.
35 Questo sistema delimitava l’imposizione fiscale, determinando le quote di produzione fisse da consegnare allo Stato, nonché la gestione delle risorse umane.
36 N. K. CHANDRA, Legacy of Deng Xiaoping, in Economic and Political Weekly, ed. 32, no. 13, 1997, pp. 642– 44, disponibile online su www.jstor.org.
37 M. BAGLIONI, Disuguaglianza e crescita: il ruolo delle Township and Village enterprises. Tesi in Scienze Economiche Statistiche e Sociali, 2003, pp. 244.
38 In Cina, le imprese collettive sono regolamentate principalmente dalla “Legge cinese sulla proprietà collettiva” (tiPAR:=kf1:1atg体.e3Pfi有lA) e dal “Regolamento sulla gestione delle imprese collettive” (集1*.e3
ik2AITMI:91), entrambe promulgate dall’ordinanza n. 88 del Consiglio di Stato della Repubblica popolare
cinese il 9 settembre 1991. Questi due documenti costituiscono le principali fonti di regolamentazione per le imprese collettive in Cina. In particolare, l’articolo 5 della “Legge cinese sulla proprietà collettiva” stabilisce che le imprese collettive sono proprietà condivisa e che le loro attività sono regolate dalla legge. L’articolo 18 del “Regolamento sulla gestione delle imprese collettive” stabilisce le regole per la creazione e la registrazione delle imprese collettive, mentre l’articolo 31 definisce le responsabilità dei proprietari delle imprese collettive.
39 L’impresa di borgata e il governo stipulavano un contratto che specificava le quantità e le qualità dei prodotti che l’impresa doveva produrre e consegnare al governo, nonché le condizioni per l’erogazione dei finanziamenti e dei sussidi. Questo contratto fungeva da base per il sistema di responsabilità tra le due parti e garantiva che entrambe le parti rispettassero i loro obblighi. Il contratto era un elemento chiave nel sistema di responsabilità tra imprese di borgata e governo, poiché stabiliva le regole e le condizioni per la produzione e la consegna dei beni e servizi. Questo ha garantito una maggiore trasparenza e stabilità nel sistema economico, facilitando la pianificazione e lo sviluppo a lungo termine. Cfr. C. TISDELL, Economic Reform and Openness in China: China’s Development Policies in the Last 30 Years, in Economic Analysis and Policy, vol. 39, no. 2, 2009, pp. 271–294.
40 Gli Hukou sono un esempio di espediente utilizzato da Deng per evitare la migrazione rurale nelle città e, dunque, evitare le derive sociali delle metropoli occidentali come Manchester. Si trattava di un sistema di registrazione, analogo ad un passaporto interno, che dagli anni ’80 rendeva possibile solo a chi lo detenesse di spostarsi nelle città. S. SHEEHAN, China’s Hukou Reforms and the Urbanization Challenge, in The Diplomat, 2017, disponibile online su thediplomat.com.
41 Il tutto attraverso la Risoluzione riguardante l’emendamento della Costituzione e l’istituzione del Comitato per
l’emendamento costituzionale (X .11X2k宪法f1:1PIAWM1-..g&W1Mtft<J3iV;), adottata alla terza sessione del
quinto congresso nazionale del popolo il 10 settembre 1980.
42 Modello dell’autorappresentazione cinese quale un unicum storico politico marcato alla continuità. Significa “Cielo in basso” o “tutto sotto il cielo” e, secondo il filosofo Zhao Tingyang, si riferisce all’antico ideale cinese di una politica armoniosa e responsabile di confermare la legittimità politica della governance mondiale così come di quella locale e di consentire la giustificazione dei sistemi.
43 Così come Mao vedeva trasposto il suo pensiero nel cosiddetto Libretto Rosso, anche Deng è stato testimone di una condivisione del suo pensiero storico politico che, aldilà della sua integrazione nello Statuto del PCC e nella Costituzione della RPC, ha lasciato ai posteri frasi emblematiche del suo pragmatismo. Ne è un esempio: “We must safeguard world peace and ensure domestic development”, Deng Xiaoping, 29 maggio 1984, consultabile online sul sito www.dengxiaopingworks.wordpress.com
44 Dette anche Export Processing Zones, sono spesso incluse all’interno della più grande gamma delle Zone economiche speciali. Cfr. T. FAROLE, et al., Special Economic Zones Progress, Emerging Challenges, and Future Directions Trade, 2011. Disponibile online su www.openknowledge.worldbank.org.
45 OCSE, China’s Special Economic Zones: 40 Years of Reform and Development, 2019.
46 R. CANN, Deng Xiaoping’s ‘Special Economic Zones’: A New Model of Development, in Journal of Contemporary China, 1997.
47 Nonostante l’influenza delle esperienze occidentali, l’istituzione delle SEZ in Cina ha anche mantenuto alcuni elementi della vecchia politica di Mao, come la tutela del controllo del partito sulle attività economiche del Paese,
l’enfasi sulla pianificazione centralizzata, la promozione delle imprese statali e la difesa della sovranità nazionale.
Questi elementi sono stati integrati nel modello delle SEZ, che è stato visto come un mezzo per promuovere la riforma economica, ma allo stesso tempo mantenere il controllo del partito sullo sviluppo del Paese. Ibidem.
Guarda sul tema anche L. SURYADINATA, The Rise of China and the Chinese Overseas : A Study of Beijing’s Changing Policy in Southeast Asia and Beyond, Iseas Yusof Ishak Institute, ed. I, Singapore, 2017. Cfr. C. TISDELL, Economic Reform and Openness in China: China’s Development Policies in the Last 30 Years, in Economic Analysis and Policy, vol. 39, no. 2, 2009, pp. 271–294.
48 In meno di 10 anni dall’inizio delle riforme di Deng Xiaoping, il volume del commercio estero, attraverso i dati raccolti dalla Banca Mondiale, incrementa il PIL di ben il 25%. Cfr. H. GUOCANG, op. cit.
49 La Cina è diventata membro dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) grazie a un lungo processo di negoziazione e adeguamento alle regole commerciali internazionali. Il processo è iniziato nel 1986, quando la Cina ha presentato la sua domanda di adesione all’OMC, e si è concluso 15 anni dopo, nel 2001, alla conferenza Ministeriale OMC a Doha.
50 Dopo la richiesta di adesione al GATT.
51 M.R. MAURO, Diritto Internazionale dell’Economia Teoria e Prassi delle relazioni economiche internazionali, Napoli, 2019, pp. 37-38.
52 Dal Protocol of Accession of the People’s Republic of China, Parte 1, articolo 13 par. 3 “[…] China shall apply conformity assessment procedures to imported products only to determine compliance with technical regulations
and standards that are consistent with the provisions of this Protocol and the WTO Agreement. Conformity assessment bodies will determine the conformity of imported products with commercial terms of contracts only if authorized by the parties to such contract. China shall ensure that such inspection of products for compliance with the commercial terms of contracts does not affect customs clearance or the granting of import licences for such products[.]”.
53 Dal Protocol of Accession of the People’s Republic of China, Parte 1, articolo 15:
“[…] In determining price comparability under Article VI of the GATT 1994 and the Anti-Dumping Agreement, the importing WTO Member shall use either Chinese prices or costs for the industry under investigation or a methodology that is not based on a strict comparison with domestic prices or costs in China based on the following rules: (i) If the producers under investigation can clearly show that market economy conditions prevail in the industry producing the like product with regard to the manufacture, production and sale of that product, the importing WTO Member shall use Chinese prices or costs for the industry under investigation in determining price comparability; […]”.
54 M.R. MAURO, Diritto Internazionale dell’Economia Teoria e Prassi delle relazioni economiche internazionali, Ivi cit. pp. 151 e ss.
55 Ivi, pp. 164 e ss.
56 Cfr. J. QIN, Trade, investment and Beyond: The impact of WTO Accession on China’s Legal System, in The China Quarterly, 2007, Vol. 191, pp. 720-741.
57 Ibidem.
58 C.D. BROWN, China’s Great Leap Forward, in The Journal of Asian Studies, 2012, consultabile online in www.asianstudies.org. Cfr. C. TISDELL, Ivi pp. 280–294. W. SHAN, P. SIMONS, D. SINGH, op. cit.
59 Nel 1958, Mao lanciò una campagna radicale per aumentare la produzione nel Paese, mirando a raggiungere una piena esaltazione del comunismo prima dell’Unione Sovietica. Ibidem.
60 Così come dichiarato nell’intervista di G.B. Andornino a Rai Storia: il Tempo e la Storia, stagione 4, ep.29, 2016, e ribadito nel paper The evolution of China’s foreign policy since the Deng era, presentato al China Center for Contemporary World, 2013.
61 Ibidem.
62 Ibidem.
63 Si tratta del gruppo politico intenzionato a prendere le redini della Rivoluzione Culturale di Mao e capeggiato dalla moglie, Jiang Qing.
64 Così come dichiarato nell’intervista di G.B. Andornino a Rai Storia: il Tempo e la Storia, stagione 4, ep.29, 2016, e ribadito nel paper The evolution of China’s foreign policy since the Deng era, presentato al China Center for Contemporary World, 2013.
65 G.C. CHOW op. cit., China’s economic transformation, in R. GARNAUT, S. LIGANG., C. FANG (a cura di) China’s 40 Years of Reform and Development:1978-2018, I ed., Canberra, pp.93-116, 2018, consultabile online su www.jstor.org.
66 Il periodo storico di liberalizzazione che è seguito alla morte di Mao. La “Primavera di Pechino” è stata un periodo di aperta espressione di opinioni e proteste che si è verificato a Pechino, la capitale della Cina, nel 1989. Il movimento, iniziato come una manifestazione pacifica di studenti per la democrazia e i diritti umani e sull’onda delle manifestazioni avvenute in Cecoslovacchia nel 1968, si è espanso e ha coinvolto una vasta gamma di gruppi sociali, tra cui intellettuali, artisti, lavoratori e residenti di Pechino. Il riferimento alla primavera, periodo di svolgimento della rivolta, è anche un rimando alla rinascita e alla speranza, comunemente associati alla primavera, cercando di evolversi verso un futuro più democratico e aperto.
67 Approcciandosi ad una definizione di un quadro comune professionalizzante atto ad instaurare un partito di terza e di quarta generazione competente ed esperto. Cfr. K. LIEBERTHA, Governing China: From Revolution Through Reform, 1996, New York, capitolo 5.
68 G.C. CHOW, Ivi, pp. 13.
69 Poi culminata con il “Regolamento provvisorio sulla guida della direzione degli investimenti esteri”(指导外商投资方向暂行规定) che la Commissione statale per la pianificazione, la Commissione economica e commerciale e il Ministero del commercio estero hanno promulgato congiuntamente il 20 giugno 1995. Sembrerebbe il clima ideale per una riforma di stampo democratico. In effetti, Wei Jingsheng, attivista politico, già nel 1978 aveva pubblicato un saggio intitolato “Quinta modernizzazione”, sospingendo verso le riforme, poi attuate da Deng, ma pretendendone una quinta, ossia il subentro di un regime democratico. Wei ha criticato apertamente il sistema politico cinese e il Partito Comunista, mentre Deng ha difeso l’autorità del Partito e ha resistito alle riforme politiche. Questo ha portato a molte tensioni tra i due e Wei Jingsheng è stato arrestato e imprigionato per la sua attività politica. Cfr. G.B. ANDORNINO, China’s new role on the world stage. Trends, issues, prospects, in L. ZHANG, S. BERETTA (a cura di), Contemporary China through Eyes of Italian Experts, in China University of Political Science and Law, Pechino, 2012, pp. 2-7. Cfr. anche sul tema S. KOBAYASHI et al., op. cit.
70 Durante la Terza Sessione Plenaria dell’Undicedsimo Congresso Nazionale del PCC, Deng Xiaoping tenne un discorso nel quale definì il percorso di sviluppo e di riforme che asupicava per la Cina negli anni a venire. Ma fu il 27 giugno 1981, con la Sesta Sessione Plenaria dell’Undicesimo Comitato Centrale, che si approvò il primo documento ufficiale che statuiva il cambiamento di prospettive ideologiche del Paese, ossia la “Risoluzione su alcune questioni storiche concernenti il Partito dalla fondazione del Partito Popolare Repubblica della Cina”( 关于建国以来党的若干历史问题的决议). J.F. HUCHET, The Economic Legacy of Deng Xiaoping, in China Perspectives, maggio 1997, N. 11, pp. 6-16, 1997, consultabile online su www.jstor.org. Z. XIAODAN, W. YAN. Forty-Years of the Modernization of Chinese Socialist Legality: Strategy, Lacuna, and Outlook, in German Law Journal, vol. 23, no. 5, 2022, pp. 691–712.
71 Ne è un esempio l’evoluzione dell’ideale maoista della lotta di classe che con Deng Xiaoping si tramuta in un’eradicazione della povertà. R. COLONNA, Cos’è il socialismo con caratteristiche cinesi?, in Centro studi di Geopolitica e relazioni internazionali, consultabile online nel sito www.geopolitica.info.
72 Ibidem.
73 Proverbio di derivazione maoista poi divenuto slogan di Deng. Mira a rappresentare un cambio di prospettive, passando da una visione politica concentrata su dogmatismi e sulla venerazione di singole figure politiche, ad una nuova tendenza di attenta analisi delle esigenze del popolo cinese.
74 Cfr. W. GUO YOU, The period of Deng Xiaoping’s reformation, Pechino, 2015, pp. 37.
75 In riferimento all’idea della fase di transizione secolare che dovrebbe anticipare l’ascesa del comunismo e durante la quale il PCC dovrebbe concentrarsi sullo sviluppo delle forze produttive cinesi.
76 R. COLONNA, Ivi.
77 Cfr. W. GUO YOU., op. cit.
78 J.F. HUCHET, The Economic Legacy of Deng Xiaoping, in China Perspectives, maggio 1997, N. 11, pp. 6-16, 1997, consultabile online nel sito www.jstor.org
79 Ibidem.
80 Più apertamente che in passato, Hu Jintao si fa portavoce di una politica di critica al passato, in primis per la ricerca di uno sviluppo scientifico eccessivo che ha oppresso lo sviluppo sociale, finendo per delineare disparità e disordini nel popolo cinese. L’approccio di Hu si contraddistingue, dunque, per una politica programmatica eterogenea da molti definita come umbrella concept, in quanto atta a difendere ogni assetto e fondamento culturale, economico, sociale del popolo cinese. La ridistribuzione della ricchezza e la tutela ambientale risultano essere due elementi qualificativi della nuova Politica cinese, improntata alla definizione di una “società armoniosa”. La stessa teoria di armonia, ricercata da Hu, risulta essere punto di rottura con il passato nel riallacciarsi alla filosofia confuciana, bandita da Mao, e che diventa, con la statua di Confucio eretta in piazza Tienanmen, simbolo di svolta per l’ideologia cinese.
81 Hu, a differenza di Deng, aveva una concezione politica che poteva quasi conciliarsi con un certo pluralismo politico.
82 Lo stesso malcontento politico che aveva portato all’arresto e alla prigioni di Wei Jingsheng, autore del dazebao sulla Quinta Modernizzazione, di cui sopra, ha comportato una frattura politica insanabile. Molti, tra professori e politici dell’epoca, si distinsero per una condivisione degli stessi ideali di Wei, promuovendo maggiore libertà di stampa e di parola. Tra questi ci fu sicuramente Hu Yaobang che, deposto da Deng nel 1987, fece pensare ad una strategica mossa politica, volta a rinnegare chiunque possedesse diverse idee politiche da quelle denghiste. Cfr. M.C. BERGÈRE, La Repubblica popolare cinese (1949-1999), Bologna, 2000, pp. 311. Sul tema vedi anche Z. XIAODAN, W. YAN. Op. cit., pp. 691–712. Guarda anche C. TISDELL, Ivi pp. 271–294.
83 T. SAICH, The Rise and Fall of the Beijing People’s Movement, in The Australian Journal of Chinese Affairs, No. 24 (Jul., 1990), pp. 181-208, 1990 consultabile online nel sito www.jstor.org.
84 R. GILPIN, Guerra E Mutamento Nella Politica Internazionale. Bologna, 1989, pp. 163. Guarda sul tema anche S. JIN, et al. Ivi, pp. 161–183.
85 Ibidem pp. 245.
86 Maggiori sono i benefici economici ottenuti da un mutamento di sistema, maggiori possibilità ci saranno di rimodellare l’ordine internazionale costituito. Guarda L. TERMINE, La Cina Nell’ordine Unipolare Obiettivi E Strategie Di Una Potenza Revisionista, in Rivista trimestrale di scienza dell’amministrazione, 2018.
87 «[il periodo maoista è] un periodo di ulteriore involuzione economica, sociale e politica». Guarda G. CACCAVIELLO, Cina 1978-2018: da Deng a Xi ha vinto l’abbraccio al capitalismo, in Sole 24 ore, 2018.
88 Cfr. S.G. BROOKS, W. WOHLFORTH, The Rise and Fall of the Great Powers in the Twenty-First Century: China’s Rise and the Fate of America’s Global Position in International Security, vol. 40. n. 3, 2015/16, pp. 7– 53, consultabile online in www.belfercenter.org
89 Dati IMF nel World Economic Outlook, 1998, pp. 71, disponibile online su data.imf.org.
90J.F. HUCHET, op. cit.
91 Xu Chenggang è Visiting Professor presso il Dipartimento delle Finanze dell’Imperial College; Visiting Fellow, Hoover Institution della Stanford University e Honorary Professor, University of Hong Kong.
92 “Un sistema economico in cui le decisioni economiche vengono prese dallo stato o dal governo piuttosto che dall’interazione tra consumatori e imprese. A differenza di un’economia di mercato in cui le decisioni di produzione sono prese da privati cittadini e imprenditori, un’economia pianificata centralmente cerca di controllare ciò che viene prodotto e come le risorse vengono distribuite e utilizzate. La produzione di beni e servizi è intrapresa da imprese statali.” Da United Nations Economic and Social Commission for Western Asia, Centrally Planned Economies, 2015, disponibile online su archive.unescwa.org.
93 Il nuovo espediente di amministrazione utilizzato era di decentralizzazione delle risorse tra i governi locali. “The RDA regime is characterized as a combination of political centralization and economic regional decentralization. On the one hand, the national government’s control is substantial in that the Chinese political and personnel governance structure has been highly centralized. Subnational government officials are appointed from above, and the appointment and promotion of subnational government officials serve as powerful instruments for the national government to induce regional officials to follow the central government’s policies. […] On the other hand, the governance of the national economy is delegated to sub- national governments. Regional economies (provinces, municipalities, and counties) are relatively self-contained, and subnational governments have overall responsibility for initiating and coordinating reforms, providing public services, and making and enforcing laws within their jurisdictions. This feature qualitatively differentiates the Chinese economy from a typical centrally planned economy”. C. XU, The Fundamental Institutions of China’s Reforms and Development, in Journal of Economic Literature, vol. 49, no. 4, 2011, pp. 1078, e come chiarito durante l’intervista “How China’s Economy Actually Works”, condotta da New Economic Thinking (a cura di), 21 Apr. 2021, disponibile online su www.youtube.com.
94 “At the early stages of the reforms, the central government delegated more autonomous power and provided stronger incentives to subnational governments in order to encourage them to try out reforms and promote economic growth. […] When a region has a higher growth rate than others, the head of the region will enjoy greater power and will be more likely to be promoted. One of the most important initiatives taken by many subnational governments was the development of nonstate firms, including FDI and indigenous firms (e.g., the township-village enterprises), which has been the most important engine of Chinas economic growth […]”. C. XU, Ivi pp. 1079.
95 Parziale perché la riforma agraria tratta del diritto d’uso dei campi senza intaccare il concetto di proprietà.
96 I Township and Village Enterprises (TVE) sono aziende o imprese rurali che operano nelle comunità rurali o nei villaggi in Cina. Queste aziende sono state istituite all’inizio degli anni ’80 come parte delle riforme economiche cinesi e hanno avuto un ruolo cruciale nella trasformazione dell’economia cinese da una economia pianificata a un’economia di mercato.
97 Cfr. D. PERKINS, Reforming China’s Economic System, Journal of Economic Literature, in American Economic Association, 1988, vol. 26, pp. 615 e ss.
98 G.C. CHOW, pp. 95.
99 Jikun Huang è professore presso la School of Advanced Agricultural Sciences e direttore del CCAP, China Center for Agricultural Policy, dell’Università di Pechino. Scott Douglas Rozelle è un economista e ricercatore presso il Freeman Spogli Institute for International Studies e co-direttore del Rural Education Action Program presso la Stanford University.
100 J. HUANG, S. ROZELLE, China’s agriculture: Past failures, present successes and enabling policies, in Routledge Handbook of the Chinese Economy di G.C. CHOW, D. PERKINS (a cura di), Londra, 2014.
101 Ciò indica un impegno nel favorire la commercializzazione dei prodotti agricoli anche a livello internazionale. Ivi, pp. 95.
102 Si tratta di un meccanismo tale da ricercare un equilibrio tra la stabilità dei prezzi per gli agricoltori e l’influenza delle forze di domanda e offerta.
103 La presenza di istituti di credito consente agli agricoltori di accedere a finanziamenti per supportare la produzione e gli investimenti nel settore. Questo aspetto è di fondamentale importanza per stimolare lo sviluppo e la modernizzazione dell’agricoltura, consentendo agli agricoltori di ottenere i mezzi finanziari necessari per migliorare le loro pratiche agricole. Ciononostante, il problema della povertà rurale non viene sradicato; la vendita avviene sempre e solo attraverso appalti pubblici, sotto il controllo statale; l’ammontare di investimenti e la media dei redditi nelle zone rurali sono molto ridotte rispetto alle zone urbane.
104 Negli ultimi decenni, in Cina si è assistito ad un processo di privatizzazione di molte imprese statali, che sono diventate società a proprietà mista o completamente private, come la China Mobile, una delle più grandi compagnie di telecomunicazioni del Paese, che ha introdotto investitori privati nel 1997 o la China National Offshore Oil Corporation (CNOOC), azienda petrolifera che ha emesso azioni in borsa nel 2001. Guarda Y. WANG, The Political Economy of State-Owned Enterprise Reform in China, 2002, in The Journal of Asian Studies.
105 Commercial Bank of China (ICBC), China Construction Bank, Agricultural Bank of China e Bank of China, tutte quotate alla Borsa di Hong Kong tra il 2004 e il 2010. F. BARBUTO, La via cinese per l’Africa: Bejing Consensus e investimenti, in Centro studi internazionali, 2016, consultabile online nel sito www.cesi.org.
106 Ibidem.
107 Con l’istituzione delle banche commerciali, il governo cinese ha cercato di promuovere una maggiore autonomia e indipendenza delle banche, sotto il controllo di una banca centrale indipendente, detentrice della politica monetaria, la People’s Bank of China (BPC). La Banca Popolare cinese emetteva moneta e concedeva prestiti alle imprese statali secondo le necessità specificate dall’autorità urbanistica. Il credito ufficiale che viene erogato alle imprese meno efficienti è concesso, di regola, a tassi di interessi molto bassi fissati dalla Banca Centrale. Tuttavia, il prolungarsi di una politica del genere ed un credit rating non affine agli standard internazionali ha comportato l’esigenza di continue ricapitalizzazioni, per far fronte all’indebitamento derivante dalla crescita nel numero di crediti non esigibili. Secondo le stime di OECD Economic Surveys del 2005, dal 1998 l’apporto statale alla ricapitalizzazione bancaria è stato pari al 17% del PIL. Cfr S. MALLE, Profili Macroeconomici Della Cina. in Il Politico, vol. 71, N. 3, 2006, pp. 194–216, consultabile online su www.jstor.org. Cfr. C. TISDELL, Ivi pp. 271–294.
108 Ognuna di queste banche ha un particolare segmento del mercato cinese a cui dedicarsi, ad esempio la Industrial and Commercial Bank of China si occupa principalmente di erogare capitale circolante alle imprese di medie e grandi dimensioni nelle aree urbane. La Banca di Cina si occupa del commercio estero e dei flussi internazionali di capitale. La Construction Bank of China si occupa degli investimenti fissi a medio-lungo termine. L’Agricultural Bank of China si occupa del finanziamento dell’economia rurale. Prima della riforma del 1994, le banche di Stato erano anche responsabili del sostegno alle politiche economiche del Governo, motivo per il quale vengono definite “politiche”.
109 M. MORELLI, Le banche di Stato in Cina (1978-2011), in Pandora Rivista, consultabile online in www.pandorarivista.it
110 La Commercial Banking Law (商业银行法) è stata promulgata dal Comitato Permanente dell’Assemblea Nazionale del Popolo cinese il 19 maggio 1995. Ibidem.
111 Definite così in quanto la ragione sociale era quella di ricercare capitale per fini di carattere statale. Ribadito anche dal metodo di finanziamento limitato alla sola emissione di obbligazioni e non al deposito di risparmio come le SOBC.
112 Le tre banche sono state istituite nel 1994 rispettivamente con la Legge sulla Banca di Sviluppo della
Repubblica Popolare Cinese ( 华人民共和国发展银行法), la Legge sulla Banca Agricola di Sviluppo della Repubblica Popolare Cinese ( 华人民共和国农业发展银行法) e la Legge sulla Banca di Import-Export della Repubblica Popolare Cinese( 华人民共和国进出口银行法).
113 Dall’inizio degli anni ’90 sono comparse anche nuove banche commerciali, in veste di società di capitali. Guarda Z. FANG, The Financing of China’s Infrastructure Development: A Study of the China Development Bank, in Journal of Asian Economics, 2012.
114 Un modello politico con capacità di attrazione verso l’esterno dell’insieme di valori culturali ed istituzionali.
115 Per la prima corrente di pensiero si veda A. SIMONAZZI, R. CARLIN, C’era Una Volta Il Washington Consensus, 2012, disponibile online su www.ingenere.it. Guarda anche L. TERMINE, op. cit. Per il secondo orientamento confronta R. HASMATH, J. HSU., The Chinese Corporatist State: Adaptation, Survival and Resistance, New York, Oxford, 2013.
116 J.C. RAMO, The Beijing Consensus, Londra, 2004. Guarda anche Bejing Consensus in Enciclopedia Treccani. L’enciclopedia continua dicendo che, dall’ascesa della Cina negli anni ’90 come leader economico e geopolitico,
molti Paesi del Terzo Mondo hanno iniziato a guardare verso Pechino come modello di sviluppo alternativo. Il governo cinese sostiene questa posizione attraverso la rappresentazione della Cina come alternativa alle potenze imperialistiche, con una posizione meno intransigente rispetto all’Occidente su molti temi. Questo permette alla Cina di essere un interlocutore in trattati bilaterali con Paesi che sono considerati irricevibili dall’Occidente.
117 “The intertwining of state and market in China is at the root of China’s most distinctive developmental features. However, the specific character of the Chinese system and the way in which government and business relations have been structured cannot be readily replicated in other countries”. B. NAUGHTON, China’s Distinctive System: Can it be a Model for Others?, in Journal of Contemporary China, 2010, 19(65), pp. 437.
118 Si tratta di un’espressione coniata dall’economista John Williamson nel 1989 per identificare dieci specifiche direttive da applicare ai pacchetti d’aiuto economici per i PVS in difficoltà economica. Tali politiche sono particolarmente condivise dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale. Washington Consensus in Enciclopedia Treccani.
119 Se da un lato più volte Deng ha sostenuto il sistema socialista nella linea nel suo partito popolare cinese, d’altro canto ha più volte riconosciuto l’importanza per la Cina di seguire un suo percorso di crescita nello sviluppo economico, rifiutandosi di abbracciare altre ideologie come quella neoliberista o capitalista, come interpretata in altri Paesi di matrice occidentale. Ibidem. Dalla determinazione di un quadro finanziario comune che ha dato i natali al FMI, il Washington Consensus, ad un piano massiccio di investimenti in Africa, il Bejing Consensus. A. SIMONAZZI, R. CARLIN, C’era Una Volta Il Washington Consensus, 2012, disponibile online su www.ingenere.it. Guarda anche L. TERMINE, op. cit.
120 A. SIMONAZZI, R. CARLIN, op. cit., L. TERMINE, op. cit.
121 Ibidem.
122 Cfr. R. HASMATH, J. HSU., The Chinese Corporatist State: Adaptation, Survival and Resistance, New York, Oxford, 2013. Guarda sul tema anche L. SURYADINATA, op. cit. C. TISDELL, Ivi pp. 271–294.
123 È il caso di molti sistemi autoritari o semi autoritari. I sistemi autoritari potrebbero essere interessati al Beijing Consensus perché offre loro la possibilità di sviluppare l’economia del loro Paese senza compromettere il controllo politico. In questo modello, le autorità governative mantengono un controllo stretto sulla economia attraverso la regolamentazione, la pianificazione centralizzata e la proprietà statale delle imprese principali. Inoltre, il Beijing Consensus sostiene che la stabilità politica e sociale sia essenziale per il successo economico a lungo termine, e questo è un punto di vista che potrebbe attrarre i governi autoritari che desiderano mantenere il controllo sulla società. Guarda S. HALPER, The Beijing consensus: How China’s authoritarian model will dominate the 21’ century, New York, 2010, pp. 128 ss.
124 F. BARBUTO, op. cit., La via cinese per l’Africa: Bejing Consensus e investimenti, in Centro studi internazionali, 2016, consultabile online nel sito www.cesi.org.
125 Quello di creare un ponte che colleghi l’Oriente con l’Occidente è evidentemente un leitmotiv della ideologia politica cinese, si pensi alla “Belt and Road Initiative”.
126 La Shanghai Cooperation Organization (SCO) è un’organizzazione regionale asiatica istituita nel 2001 con l’obbiettivo di promuovere gli scambi commerciali nella regione, sostenendo la lotta al terrorismo internazionale, al separatismo etnico e all’estremismo religioso. Con l’ingresso dell’Iran e del Pakistan tra i membri effettivi della SCO, rispettivamente nel 2021 e nel 2017, ad oggi i Paesi osservatori rimangono Afghanistan, Bielorussia e Mongolia. Questi Paesi non hanno il diritto di voto all’interno della SCO, ma partecipano a varie attività e conferenze organizzate dall’organizzazione e hanno la possibilità di osservare i lavori dall’interno. La SCO incoraggia la partecipazione di Paesi osservatori per espandere la sua influenza e il suo raggio d’azione nella regione e nel mondo. Disponibile sul sitoweb della SCO, www.eng.sectsco.org.
127 Tramite contratti di acquisto o locazione poco trasparenti, vengono occupati per lo sfruttamento intensivo ettari di terreno, in genere per 25-30 anni. L’impresa maggiormente attiva in questo settore è la China State Farm Agri business Corporation (CSFAC), attiva in molti Paesi, ad esempio nel 1990 la sua sussidiaria Jiangsu China State Farm Agri business Corporation ha istituito la China-Zambia Friendship Farm, acquistando terreni nel territorio in questione. Cfr. D. BRÄUTIGAM, X. TANG, China’s Engagement in African Agriculture: Down to the Countryside, in The China Quarterly, no. 199, 2009, pp. 686–706, disponibile online su www.jstor.org.
128 Cfr. S. ZHAO, The China Model: Can it Replace the Western Model of Modernization?, in Journal of Contemporary China N.19, 2010, pp. 419-436.
129 Si tratta del più grande giacimento petrolifero presente in territorio cinese, nell’Heilongjiang, nord-est della Cina. Scoperto nel 1959 è ad oggi sotto la gestione della China National Petroleum Corporation.
130 D. CELLAMARE, N. BAHELI, La penetrazione cinese in Africa, Istituto Di Studi Politici San Pio V Roma, 2013, pp. 74 ss., disponibile online su www.academia.edu.
131 Il 2002 è l’anno di elezione di Hu Jintao al ruolo di segretario generale del PCC. Nello stesso anno ha annunciato l’inizio di questa politica durante un discorso alla Conferenza Consultiva del Popolo Cinese. In questo discorso, ha sottolineato la necessità per le imprese cinesi di espandersi all’estero per rafforzare la loro posizione a livello globale e aumentare la loro competitività. Cfr. sul tema anche C.Y. TUNG, F. WEN, China’s Investment in Belt and Road Countries: An Industrial Perspective, in J. SYED, Y. YING, (a cura di) China’s Belt and Road Initiative in a Global Context, ed. I, Kaohsiung, Taipei City, 2019.
132 D. CELLAMARE, N. BAHELI, Ivi.
133 La China National Petroleum Corporation è la maggiore compagnia petrolifera cinese, iniziò la sua attività di investimento in Sudan nel 1995, arrivando ad incrementare la produzione sudanese di petrolio di 250 mila barili al giorno. Cfr. O. BALDACCI, A. PICASSO, S. NELLA, op. cit., La Cina in medio oriente, in Centro studi internazionali, 2007, n.67, consultabile nel sito www.senato.it
134 Nel 2006, la CNPC ha stretto un accordo con la National Iranian Oil Company per sviluppare il giacimento di petrolio di Azadegan, uno dei più grandi giacimenti di petrolio del mondo. Nello stesso anno, la CNPC ha iniziato a partecipare al progetto di sviluppo del giacimento venezuelano ad Orinoco, lavorando insieme alla compagnia petrolifera statale venezuelana PDVSA. Parallelamente, la CNPC ha acquisito una quota del 40% della Greater Nile Petroleum Operating Company, consolidando la sua posizione come uno dei maggiori player del settore energetico in Sudan. Cfr. J. STEMPEL, Berkshire defends PetroChina stake amid Sudan ties, 2007 e O. AUYEZOV, Kazakhstan expands China oil pipeline link, 2009. Guarda anche M. PARRAGA, Venezuela approves Chinese role in Orinoco oil block, 2010, entrambi disponibili online su www.reuters.com.
135 Cfr. O. BALDACCI, A. PICASSO, S. NELLA, op. cit., pp.13.
136 Ha rappresentato una pietra miliare nella storia dei rapporti tra la Cina e l’Africa. Zhou Enlai ha visitato diversi Paesi africani, tra cui l’Algeria, il Ghana, il Senegal e la Guinea, per promuovere la cooperazione economica e politica tra la Cina e l’Africa. Durante il suo viaggio, Zhou Enlai ha incontrato diversi leader africani e ha discusso di questioni come lo sviluppo economico, la lotta contro il colonialismo e il rafforzamento dei legami tra la Cina e l’Africa. Ha anche tenuto un discorso all’Assemblea generale delle Nazioni Unite in cui ha espresso il suo sostegno alla lotta dei Paesi africani per la libertà e l’indipendenza.
137 Dal 2002 in poi, i leader cinesi hanno effettuato numerosi viaggi in Africa con lo scopo di spingere la cooperazione e i rapporti economici e commerciali tra la Cina e l’Africa. Questi viaggi hanno avuto l’obiettivo di promuovere la cooperazione bilaterale in ambiti quali l’infrastruttura, l’energia, il commercio e l’agricoltura. Ad esempio, nel 2006 il presidente cinese Hu Jintao ha effettuato un viaggio in Africa per rafforzare i legami tra la Cina e i Paesi africani e promuovere la cooperazione economica. Nel 2009, il premier cinese Wen Jiabao ha effettuato un viaggio in Africa con lo scopo di rafforzare la cooperazione in ambito energetico, commerciale e di sviluppo. Nel 2018, il Premier cinese Li Keqiang ha effettuato un viaggio in Africa per promuovere la cooperazione bilaterale e la collaborazione tra la Cina e l’Africa in ambiti quali l’infrastruttura, l’energia, il commercio e l’agricoltura. Questi viaggi dimostrano l’impegno della Cina a lavorare con l’Africa per promuovere lo sviluppo e la cooperazione tra i due continenti e rafforzare i rapporti economici e commerciali.
138 F. BARBUTO, op. cit., La via cinese per l’Africa: Bejing Consensus e investimenti, in Centro studi internazionali, 2016, consultabile online nel sito www.cesi.org
139 E. FARDELLA, op. cit.
140 L’apporto di Xi al “socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era” rappresenta un adeguamento degli ideali post-maoisti all’attuale contesto internazionale della Cina, portando il PCC alla guida del popolo cinese verso progetti sempre più grandi, tutelando i connotati della RPC da ogni spinta di occidentalizzazione. Si intende riconoscere definitivamente la Cina come potenza globale, ma conservandone le peculiarità. Cfr. R. COLONNA, op. cit., Cos’è il socialismo con caratteristiche cinesi?, in Centro studi di Geopolitica e relazioni internazionali, consultabile online nel sito www.geopolitica.info
141 Per il costituzionalista Jiang Shigong, l’inserimento del Pensiero di Xi nello statuto del PCC rappresenta un ulteriore collante tra la storia del Partito ed il Paese, essendosi Xi sempre opposto ai tentativi di sradicare la politica di Deng da quella di Mao. Cfr. E. FARDELLA, Il ruolo della Belt and Road Initiative (BRI) nella storia del Partito comunista cinese: passato, presente e futuro, in Torino World Affairs Institute, consultabile online sul sito www.twai.it
142 Si tratta della dottrina del cd. “non allineamento” nella differenza con i due blocchi, sovietico e atlantico.
143 Tale teoria dovette cedere il passo alla tesi del Cominform del ‘47, avvicinandosi al modello sovietico. Negli anni Sessanta, tuttavia, Mao sconvolge la teoria e suddivide il polo intermedio in due microaree dove la sofferenza era derivante da: livello di sottosviluppo nella prima area, e dalle pressioni politiche americane o sovietiche nella seconda.
144 Cfr. R. COLONNA, op. cit.
145 E. FARDELLA, op. cit., Il ruolo della Belt and Road Initiative (BRI) nella storia del Partito comunista cinese: passato, presente e futuro, in Torino World Affairs Institute, consultabile online sul sito www.twai.it
146 Ibidem
147 Utilizzando una periodizzazione divisa in tre grandi transizioni (la lotta al sistema feudale, la politica maoista e il Socialismo con caratteristiche cinesi tra il 1978 e il 2018), il Pensiero di Xi acquisisce un orizzonte più ampio e storicamente determinante, simboleggiata dalla comunità di destino comune. Cfr. How the West got China wrong”, in The Economist, 2018, disponibile online sul sito www.economist.com
148 La comunità di destino comune o la comunità umana dal futuro condiviso (人类命运共同体) è un termine politico coniato da Hu Jintao al XVIII Congresso Nazionale del PCC. Mira a rappresentare l’obbiettivo della comunità cinese nella progettualità di un destino globale comune. La Cina si propone quale leader del futuro nel supportare uno sforzo comune al progresso.
149 Entrambi rappresentano la visione di un mondo in cui tutti i Paesi lavorano insieme per creare un futuro migliore. La comunità di destino comune si concentra sulla costruzione di una partnership globale basata sulla
150 La Cina sembra star sostenendo un mondo ideale dove tutti i Paesi possano coesistere pacificamente e rispettare le differenze tra di loro. Questo ideale di “comunità di futuro condiviso” enfatizza la diversità, l’inclusività e la considerazione degli interessi e dei valori legittimi di tutte le nazioni, indipendentemente dal loro sistema sociale o livello di sviluppo. F. YING, China’s vision for the world: a community of shared future, in The Diplomat, 2017, disponibile online nel sito www.thediplomat.com. Guarda anche E. FARDELLA, op. cit., Il ruolo della Belt and Road Initiative (BRI) nella storia del Partito comunista cinese: passato, presente e futuro, in Torino World Affairs Institute, consultabile online nel sito www.twai.it
151 Durante la cerimonia di apertura del Belt and Road Forum a Pechino (14 maggio 2017). Da F. YING, op. cit.
152 Ibidem.
153 Si pensi, a titolo esemplificativo, all’utilizzo del mezzo radio, la CRI, ossia la China Radio International, che diffonde i suoi canali di informazione e propaganda anche nelle ragioni più remote del continente africano. Ma anche all’agenzia di stampa Xinhua che nel 2008 ha lanciato il suo China African News Service, e la China Central TV (CCTV) che nel 2012 ha presentato la “CCTV Africa”, con sede a Nairobi. Guarda I. PANOZZO, Beijing consensus, l’offensiva dello charme nel continente nero, in Limes, 2018, consultabile online su www.limesonline.com
154 Foreign Investment Law (新外商投資法) adottata al termine della Seconda Sessione del 13° Congresso Nazionale del Popolo il 19 marzo 2019 ed entrata in vigore dal primo gennaio 2020.
155 Tramite un ufficio di rappresentanza; una Joint Venture (JV) con partner cinesi, suddivisa in Equity Joint Venture o Contractual JV; una impresa di proprietà straniera (Wholly Foreign-owned Enterprises”), una Società di persone a partecipazione straniera “Foreign-Invested Companies Limited by Shares”; una “Foreign-Invested Partnership Enterprises”. Cfr. sul tema anche Cfr. H. GUOCANG, op. cit.
156 La FIL (新外商投資法) è stata Adottata alla Seconda Sessione del 13° Congresso Nazionale del Popolo il 15 marzo 2019 ed è valida dal 1° gennaio 2020.
157 In effetti, tale sistema aveva una stretta supervisione municipale e governativa che richiedeva processi burocratici lunghi e costosi, e trattava le imprese straniere in modo ingiusto rispetto a quelle nazionali.
158 Secondo i dati forniti dall’UNCTAD World Investment Report 2021, la Cina è il primo Paese al mondo per investimenti esteri in uscita e il secondo, dopo gli Stati Uniti, per IDE in entrata.
159Il surplus della Banca dei Pagamenti (BdP) di un Paese può essere impiegato per aumentare le riserve estere del Paese stesso. Le riserve estere sono costituite da valuta estera detenuta dalle autorità monetarie di un Paese. Queste riserve servono per soddisfare la domanda di valuta estera e come una sorta di assicurazione contro la volatilità dei cambi delle valute. Il surplus della BdP può essere anche utilizzato per l’acquisto di investimenti diretti esteri, come l’acquisizione di partecipazioni in società estere o la fondazione di nuove imprese all’estero. Tuttavia, la scelta tra l’acquisto di riserve estere e investimenti esteri dipenderà dal bilancio intertemporale del Paese. Il bilancio intertemporale tiene conto delle entrate e delle uscite a lungo termine e del debito pubblico. I governi di un paese devono bilanciare le entrate, le uscite e il debito cosicché il risultante debito pubblico non sia insostenibile a lungo termine. Pertanto, un governo dovrebbe scegliere tra l’acquisizione di riserve estere e gli investimenti esteri in modo da massimizzare l’utilità della nazione e garantire la sostenibilità a lungo termine. P.R. KRUGMAN, M.J. MELITZ, M. OBSTFELD, Economia internazionale. 2, Economia monetaria internazionale, 2015, Milano, Ed. 10, pp. 251- 278.
160 A patto di essere registrati legalmente nello Stato di provenienza e presso l’autorità di registrazione delle società straniere in Cina, la Amministrazione di Industria e Commercio (AIC).
161 Regulations for the Implementation of the Law on Sino-foreign Equity Joint Ventures, consultabile online Sul sito www.english.mofcom.gov.cn
162 C.D. D’ANDREA, Investire in Cina – Guida pratica, su Milano Finanza, 2018, pp. 30-34.
163 L’Articolo 1 della Legge sulle WFOE (中華人民共和國外資企業法), del 12 aprile 1986, asserisce come “In order to expand foreign economic co-operation and technological exchange and to promote the development of the Chinese national economy, the PRC permits foreign enterprises and other economic organizations or individuals to establish enterprises with sole foreign investment within Chinese territory, and protects the legitimate rights and interests of such enterprises”.
164 E.M. COSTANTINI, La Disciplina Degli Investimenti Diretti Esteri (IDE): Dall’open Door Policy Alla New Foreign Investment Law in Cina, Tesi luiss, 2021, pp. 116, disponibile online su www.tesi.luiss.it.
165Per esempio “Draft still leaves many questions unanswered. One major question relates to the acquisition of a domestic business by foreign investors. While such transactions are currently governed by a separate set of regulations issued by MOFCOM, commonly referred to as the “M&A Rules”, the Draft does not address how the M&A Rules would be reconciled with the Foreign Investment Law”. E. DAVIES, T. FOO et al., China-Proposes-New-Foreign-Investment-Law, in Briefing Note Clifford Chance, disponibile online su www.cliffordchance.com.
166 Le Società estere avrebbero potuto avviare forme di investimenti esteri diretti presentando la domanda direttamente all’Amministrazione per l’Industria e il commercio (AIC), competente per la registrazione delle società in Cina, considerando sempre la lista negativa esistente. Guarda L. XI, National Security Review in Foreign Investments: A Comparative and Critical Assessment On China and U.S. Laws and Practices, in Berkeley Business Law Journal, 2015, disponibile online su www.lawcat.berkeley.edu.
167 E.M. COSTANTINI, Ivi pp.124.
168 Visto come principale freno al flusso di investimenti.
169 Ben quarantadue articoli hanno costituito questo disegno, articolato in sei sezioni: disposizioni generali, promozione degli investimenti, tutela degli investimenti, gestione degli investimenti, responsabilità giudiziaria e disposizioni integrative.
170 La normativa in ambito IDE si pone in un rapporto di specialità con la normativa vigente in Cina in ambito societario, frutto dell’emendamento del 27 ottobre 2005, che richiamando la precedente riforma in campo societario del 1993, aveva già rivisto la legge Sino-Foreign Equity Joint Venture del 1979.
171 Articolo 42 co. 2 FIL: “Foreign-funded enterprises, which were established in accordance with the Law of the People’s Republic of China on Sino-Foreign Equity Joint Ventures, the Law of the People’s Republic of China on Wholly Foreign-owned Enterprises and the Law of the People’s Republic of China on Sino-Foreign Cooperative Joint Ventures before the implementation of the Law, may retain their original organization forms and other aspects for five years upon the implementation hereof. Specific implementation measures shall be formulated by the State Council”.
172 Articolo 4, co.1 e co. 2: “The State shall implement the management systems of pre-establishment national treatment and negative list for foreign investment./For the purpose of the preceding paragraph, pre-establishment national treatment refers to the treatment given to foreign investors and their investments during the investment access stage, which is not lower than that given to their domestic counterparts; negative list refers to special administrative measures for the access of foreign investment in specific fields as stipulated by the State. The State shall give national treatment to foreign investment beyond the negative list”.
173 Articolo 28 della FIL: “For fields in which the negative list for foreign investment access provides that investment is prohibited, foreign investors must not make investment. For fields in which the negative list for foreign investment access provides that investment is restricted, foreign investors shall meet the requirements provided by the negative list in making investment. Fields outside the negative list for foreign investment access are to be managed according to the principle of consistency between domestic and foreign investment”.
174 Articolo 22 co. 2 FIL: During the process of foreign investment, the State shall encourage technology cooperation on the basis of free will and business rules. Conditions for technology cooperation shall be determined by all investment parties upon negotiation under the principle of equity. No administrative department or its staff member shall force any transfer of technology by administrative means.
175 Articolo 17 FIL.
176 Articolo 21 FIL.
177 Potrebbe, tuttavia, essere desunta da altre fonti indirette come vari BIT (come il Bit Germania-Cina).
178 Alla prima Free Trade Zone istituita a Shanghai nel 2013, con il nome di “Zona pilota di libero scambio di Shanghai”, ne seguirono altre simili nelle regioni del Tianjin, Fujian e Guangdong. Le FTZ hanno base normativa data dall’Articolo 89 della Costituzione che delega al Consiglio di Stato il potere di costituirle. Cfr. D. PENG, X. FEI, China’s Free Trade Zones: Regulatory Innovation, Legal Assessment and Economic Implication, in The Chinese Economy, 2017, pp. 238.
179 La Negative List viene aggiornata annualmente da NDRC e MOFCOM; viene supportata dal Encouraged Industry Catalogue for Foreign Investment, che elenca i settori dove la Cina incoraggia gli investimenti stranieri.
180 A tal riguardo confronta G. ZAPPONINI, La Trappola Del Debito Cinese Colpisce Ancora. Dopo l’Africa, L’Asia, su Formiche.net, 2021, disponibile online su www.formiche.net. L’articolo si focalizza sulle recenti sfide che la strategia cinese di gestione dei debiti ha causato ai bilanci pubblici del Kenya e del Laos. In particolare, si analizzano i problemi derivanti dall’approccio cinese nel trattare coi debitori di questi Paesi.
181 In linea generale, viene riconosciuta un’omogenizzazione del trattamento tra investitori stranieri e nazionali, proibendo ogni tipologia di discriminazione e imponendo un onere di motivazione per ogni deroga alla regola.
182 Article 9: The policies of the state supporting the development of enterprises shall equally apply to foreign-invested enterprises in accordance with the law; Article 10: The process for the formulation of laws, regulations and rules related to foreign investment shall make use of appropriate methods to solicit opinions and suggestions from foreign-invested enterprises. Normative documents and documents of legal judgement related to foreign investment shall be announced in a timely manner according to law; Article 11: The State shall establish and improve a foreign investment service system and provide consultation and other services to foreign investors and foreign-invested enterprises on information pertaining to laws and regulations, policy measures, and investment projects; Article 12: The State shall establish multilateral and bilateral investment promotion cooperation mechanisms with other countries, regions, and international organizations, and strengthen international exchange and cooperation in the field of investment; Article 13: The State shall establish special economic zones as is deemed necessary, or implement pilot policies and measures for foreign investment in some areas, and shall additionally promote foreign investment, and expand opening up policies; Article 14: The State encourages and guides foreign investors to invest in specific industries, fields, and regions in accordance with the needs of national economic and social development. Foreign investors and foreign-invested enterprises may enjoy preferential treatment in accordance with laws, administrative regulations, or provisions of the State Counci;. Article 15: The State shall guarantee that foreign-invested enterprises shall participate in work pertaining to the setting of standards on an equal footing in accordance with the law, and strengthen information disclosure and social supervision of the setting of standards. Mandatory standards set by the state are equally applicable to foreign-invested enterprises; Article 16: The State guarantees that foreign-invested enterprises may fairly and equally compete or participate in government procurement activities in accordance with the law. Government procurement shall ensure equal treatment of domestic products and services provided and produced by foreign-invested enterprises in China in accordance with law; Article 17: Foreign-invested enterprises may, in accordance with the law, raise capital through public offering of stocks, corporate bonds and other securities; Article 18: Local governments at or above the county level may, in accordance with the provisions of laws, administrative regulations, and local regulations, formulate policies and measures for the promotion of foreign investment promotion and facilitation within statutory jurisdiction
183 S.M. COLINO, The Internationalization of China’s Foreign Direct Investment Laws, in Social Science Research Network, 2021, disponibile online su www.papers.ssrn.com.
184 Articolo 34 co.1: “The State shall establish a foreign investment information reporting system. Foreign investors or foreign-funded enterprises shall submit the investment information to competent departments for commerce through the enterprise registration system and the enterprise credit information publicity system”.
185 Cfr. M.P. RAMASWAMY, The impact of the new Chinese Foreign Investment Law 2019 on the administrative legal system governing foreign investments and implications for the investment relations with Lusophone Markets, in Juridical Tribune, 2019, pp. 341.
186 L’Articolo 36 afferma “Where the investment activities of foreign investors violate the provisions of the negative list for foreign investment access, in addition to being handled in accordance with the provisions of the previous two paragraphs, they shall also bear the corresponding legal responsibilities”.
187 Come, ad esempio, in ambito di fondo legale; ai sensi della legge sulle WFOE, queste avevano precedentemente l’obbligo di contribuire per riservare fondi per il lavoro dipendente, bonus e fondi di welfare, prima di distribuire il profitto agli investitori, al netto delle imposte. Nell’ambito del nuovo regime, le società sono tenute a contribuire con il 10% degli utili nella loro riserva per le eccedenze statutarie fino a quando la somma aggregata dell’eccedenza statutaria raggiunge il 50% del suo capitale sociale. Le società possono anche assegnare al netto delle imposte utili alla riserva di eccedenza facoltativa, secondo quanto deciso dal consiglio di amministrazione degli azionisti, o dalla assemblea generale degli azionisti.
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