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Gallo, svolta in arrivo: un socio di maggioranza per le calze multicolor (pensando all’estero)


di
Francesca Gambarini

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Nella società milanese entra il private equity Alto Partners, specializzato nella gestione di fondi che investono in Pmi tricolori. «Così diamo un futuro all’azienda», dice Giuseppe Colombo che resta come presidente e alla direzione creativa. Il restylig dei negozi «per portare il brand fuori dai confini»

Ogni parola è pesata per farsi capire. Giuseppe Colombo, l’imprenditore di terza generazione che ha guidato il brand made in Italy della calze di qualità e multicolore Gallo, sa che le aziende sono «organismi» complessi e costantemente in evoluzione e che i passaggi generazionali e di governance sono delicati. Molto delicati. E racconta in anteprima a L’Economia che cosa ha immaginato per l’azienda che di cui fino a ora è stato presidente e ceo. «L’azienda deve vivere, durare il più a lungo possibile. Le serve un timoniere che la guidi in nuovi mari, cambi le vele a seconda di come muta il vento, e che la diriga verso un luogo piuttosto che un altro, a seconda di quanto è attrezzata. Io sto per compiere 70 anni e non voglio trovarmi nella condizione di non avere le forze per guidare lo sviluppo. Non voglio sottoporre l’azienda a questo rischio. Per questo ho fatto quello che sentivo di dover fare». Quello che «doveva» fare Colombo era trovare un compagno di viaggio per il futuro di Gallo. «Non è stato facile e ha richiesto il giusto tempo, ma ci siamo», spiega l’imprenditore.
A giorni vedrà infatti la firma l’accordo con il quale in Gallo entra al 70% il private equity milanese Alto Partners, specializzato nella gestione di fondi che investono in Pmi tricolori, focalizzato sullo sviluppo a medio-lungo termine e nella gestione di passaggi generazionali. Con una strategia «prudente, disciplinata, coerente nel tempo», come si legge nella stessa presentazione della Sgr che ha in portafoglio aziende come Eurosirel, Fragesa (Fradiavolo), Dierre Group e ha invece ceduto un’altra società del tessile Millefili. Quell’aggettivo — prudente —, è piaciuto da subito a Colombo. 

«La scelta è caduta su di loro anche per l’atteggiamento che hanno dimostrato in fase di accordo. Ci siamo conosciuti (la sede del fondo e lo showroom di Gallo sono a pochi metri di distanza, nel Quadrilatero a Milano, ndr), ho cercato di capire quale intento e che sensibilità avessero nei confronti dell’azienda — spiega Colombo —. Il primo approccio è venuto da loro, hanno capito che qui ci sono sostanza, pensiero e un background culturale da preservare e far evolvere». Insomma lo stesso approccio che Colombo, «timoniere» a sua volta dal 1998, quando 43enne «un po’ perché me lo chiese mio padre, un po’ perché dovevo», prese le redini di una società in crisi e si mise in testa, per dare un cambio di passo, di fare le calze colorate. Allora andò dai suoi tecnici e disse loro: «ma è possibile che non si possono mettere più colori in una calza di così alta qualità? Pensiamoci, sono sicuro di sì». 




















































Ovviamente si poteva e da lì ebbe inizio l’avventura della calze da esibire come un accessorio, da desiderare e acquistare «di impulso». Si arriva così a oggi, ai 215 dipendenti, alle oltre cento linee di produzione, agli oltre 40 negozi nelle principali città italiane, e a un brand trasversale nelle preferenze e che piace sempre di più agli stranieri. Colombo nel frattempo ha diversificato nei costumi, accessori e abbigliamento (la creazione è interna a Gallo, produzione è esterna, ndr) e ha acquisito un’altra storica azienda specializzata nelle calze di qualità, la francese Doré Doré, fondata nel 1819, affine sotto tanti aspetti alla casa italiana. Il gruppo ha fatturato nel 2024 30 milioni di euro. Ora si apre la nuova era. Colombo rimarrà in azienda come presidente e terrà la direzione creativa. «Non ho avuto problemi a cedere la maggioranza perché ritengo che così il fondo si senta ingaggiato al massimo. Non ho mai amato molto i fondi, ma Alto Partners ha mostrato di essere rispettoso, di voler aprire uno scambio di idee», spiega Colombo.

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Gli orizzonti

È già stato scelto il nome del timoniere, dell’amministratore delegato. «Una figura che ha esperienza in crescita ed espansione all’estero — rivela Colombo —. Queste operazioni vanno fatte con senno, bisogna scegliere i mercati giusti. Non abbiamo ancora parlato di ulteriore diversificazione dei prodotti, ma è una strada su cui proseguiremo. Ci sono anche molte collaborazioni che abbiamo già sperimentato, nate in modo spontaneo, come gli sci con Blossom o l’automotive con Fiat. Ad esempio, vedo possibilità nella casa». L’importante sarà mantenere alta la cifra «aspirazionale» del prodotto. «Questo Alto Partners l’ha capito bene: il nostro non è un prodotto per tutti, ma quando lo approcci, poi ti innamori. Dal lato creativo, penso che quello che esiste già non lo puoi fare meglio, al massimo lo fai uguale. Per attirare l’attenzione devi fare qualcosa che non esiste, e farlo in modo che l’innovazione non sia troppo evidente, anzi quasi invisibile: è questa la mia regola — dice Colombo —. Penso che questa azienda abbia ancora un grande potenziale da esplodere e ritengo che questo sia un bel momento anche per i nostri collaboratori, il momento di rimboccarsi le manica e continuare a fare belle cose». Il bello, declinato in tante forme, non solo quello dei colori, ma per esempio quello della storica villa di Desenzano che ospita la fabbrica di Gallo, o delle boutique, ha guidato l’azienda fin qui. Frutto anche dell’amore di Colombo per l’arte e della sua passione nell’«osservare la natura, la storia e gli uomini. Di recente abbiamo ridisegnato il lay out dei negozi proprio perché siano pronti per raccontare al meglio il marchio, anche all’estero».

E mentre a questo penserà il nuovo ceo, Colombo continuerà a portare in azienda le sue domande — come posso emozionare con le calze, quanti colori posso metterci, come faccio a cambiare il modo di acquisto dei clienti — e la sua spinta creativa. Finora era stato l’unico azionista del gruppo, che aveva ereditato dal padre, che a sua volta aveva liquidato i fratelli. La quarta generazione, il figlio di Colombo, Lodovico, ha oggi 16 anni e, sul suo futuro in azienda, il padre dice che è troppo presto per discuterne. «Spero di avergli insegnato la capacità di osservare e distinguere. E spero che nella vita possa fare ciò che lo appassiona», chiosa Colombo.


 

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27 maggio 2025

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