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ReCommon: «SNAM esca dal business del gas in Israele»


ReCommon è intervenuta per la prima volta all’assemblea degli azionisti di Snam in qualità di “azionista critico” per chiedere alla dirigenza della società di cessare le sue controverse relazioni con società private israeliane.

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ReCommon è intervenuta per la prima volta all’assemblea degli azionisti di Snam in qualità di “azionista critico” per chiedere alla dirigenza della società di cessare le sue controverse relazioni con società private israeliane.

«Dal dicembre 2021 Snam controlla il 25% della East Mediterranean Gas Company (EMG), la società proprietaria del gasdotto Arish-Ashkelon che collega Israele con l’Egitto – fanno sapere da ReCommon – Si tratta di un gasdotto di 90 chilometri che dal 2020 viene utilizzato da Israele per esportare verso l’Egitto il gas estratto nei giacimenti offshore di Tamar e Leviathan, gas che poi l’Egitto utilizza o rivende su altri mercati. Tra gli azionisti di EMG, oltre a Snam c’è la società EMED Pipeline BV, partecipata da: 25% EMED Pipeline Holding Limited (detenuta al 100% da NewMed Energy); 25% Chevron Cyprus Limited; 50% Sphinx EG BV (detenuta al 100% da East Gas Company S.A.E.). NewMed Energy (prima denominata Delek Drilling) è parte del gruppo Delek e una delle aziende attive oltre che nelle estrazioni offshore, anche nei territori occupati palestinesi. Secondo i dati forniti da Snam, l’utile pro-quota Snam generato dalla partecipazione in EMG dal 2023 al Q1 2025 è pari a 18 milioni di euro».

«Precedentemente, nell’ottobre 2020, Snam aveva firmato tre memorandum of understanding con le società isrealiane Delek Drilling e Dan sul gas naturale liquefatto (LNG) per il trasporto pubblico; con Dan per lo sviluppo di progetti di mobilità verde e con la start-up H2Pro nella ricerca sull’idrogeno – prosegue ReCommon – Abbiamo fatto a Snam richieste molto concrete: vendere le quote di partecipazione nella società EMG; recedere da qualsiasi contratto e/o accordo in essere con il Governo israeliano e con aziende del paese – incluso il gruppo NewMed Energy, Dan, H2Pro e altre aziende israeliane – finché permangono seri dubbi sul rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale; avviare una due diligence approfondita sui partner attivi in contesti di occupazione e conflitto; adottare una policy vincolante in materia di rispetto dei diritti nei contesti operativi internazionali, in linea con i Principi Guida ONU su Imprese e Diritti Umani. Ora sta a Snam decidere per la coerenza e il rispetto del diritto».

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ReCommon ha partecipato all’assemblea degli azionisti di Snam anche per evidenziare le sue «forti preoccupazioni sulla situazione in Tunisia, legata al progetto SouthH2Corridor, e al CCS di Ravenna, co-promosso da Snam e Eni. Quello che in Italia è conosciuto anche come il Corridoio Sud dell’idrogeno è un’infrastruttura di 3.300 chilometri che dal Nord Africa dovrebbe arrivare fino in Germania, passando per l’Italia, per trasportare idrogeno prodotto in buona parte in Tunisia, dove attualmente la repressione da parte dell’esecutivo sta colpendo in lungo e in largo tutti i settori della società civile. Uno dei progetti cardini del Piano Mattei nasce quindi già segnato da pesanti criticità, di cui ReCommon ha chiesto conto a Snam». 

«Il modello estrattivo su cui si basa il business di Snam è confermato anche dall’incertezza sul possibile trasferimento del rigassificatore di Piombino a Vado Ligure e dai piani di metanizzazione della Sardegna – prosegue ReCommon – Nonostante l’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente abbia sospeso le infrastrutture chiave previste per l’isola per ragioni di costi e inefficienze, la bozza quasi definitiva del DPCM Energia insiste su infrastrutture per l’energia fossile obsolete: rigassificatori FSRU a Porto Torres e Oristano, mini dorsale e trasporto GNL su gomma con virtual pipeline finanziata interamente con soldi pubblici».

«Il piano di Snam per la Sardegna appare anacronistico e contrario ai principi della transizione giusta: investe in infrastrutture fossili costose, già contestate da ARERA, in un contesto di domanda dal gas incerta e in calo, con il rischio concreto di generare stranded assets e aggravare il peso economico sui cittadini» ha dichiarato Paola Matova di ReCommon.

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