Secondo l’«Analisi dei settori industriali» di Intesa-Prometeia nel 2025 il fatturato della manifattura sarà intorno a 1.143 miliardi di euro con farmaceutica e largo consumo in crescita. Per gli economisti, l’effetto dei dazi non sarà grave ma le imprese italiane restano indietro su big data, intelligenza artificiale e transizione 5.0
L’industria manifatturiera italiana chiuderà il 2025 con una stabilità più che una vera e propria crescita (+1,8% rispetto al 2024), raggiungendo quota 1.143 miliardi di euro. È quanto emerge dal 107° Rapporto «Analisi dei settori industriali» presentato il 21 maggio a Milano da Intesa Sanpaolo e realizzato in collaborazione con Prometeia. «L’economia mondiale ha evitato il peggio rispetto a quello che sarebbe potuto succedere se tutte le misure del Liberation Day annunciate lo scorso 2 aprile fossero state confermate – ha detto Gregorio De Felice, capo economista di Intesa Sanpaolo – Eppure, a 4 mesi dall’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, il livello di incertezza è solo in parte diminuito e rimane ancora molto alto».
Per De Felice «il dazio effettivo sui prodotti importati dagli Usa oggi si colloca al 17,8%, il valore più alto dal 1934, ma prima di Trump la tariffa doganale era in media intorno al 3-4%». Per il futuro, l’economista prevede «un negoziato più lungo tra l’Unione europea e gli Stati Uniti», con un dazio «universale» di base del 10% accompagnato da imposte settoriali su alcuni specifici prodotti come alluminio, acciaio e auto.
I dati sulla manifattura
Per quanto riguarda il manifatturiero italiano, secondo le previsioni di Intesa-Prometeia, i settori con le performance più brillanti nel 2025 saranno la Farmaceutica (+2,4%), la Meccanica (+1,7%) e il Largo consumo (+1,2%). Nel quadriennio 2026-29, per l’industria manifatturiera è attesa una crescita a ritmi prossimi all’1% medio all’anno, con il Pnrr che dovrebbe incidere sugli investimenti per il biennio 2026-27.
A modificare il quadro potrebbe essere la geopolitica, che ha creato forte instabilità sui mercati stravolgendo le aspettative di pace in Europa a partire dall’invasione dell’Ucraina il 24 febbraio 2022. «Nel nostro scenario di base non c’è né una risoluzione del conflitto che cambierebbe in positivo le stime di crescita né un peggioramento del contesto in atto. C’è uno scenario di incertezza elevata ma gestita», spiega Alessandra Lanza di Prometeia. In questo contesto, secondo Lanza, il mercato italiano ha saputo comunque reagire rispetto agli altri Paesi europei «perché ha saputo prendere la crescita dai Paesi emergenti» e adattarsi ai cambiamenti.
Il posizionamento dell’Italia nel contesto internazionale
Sui mercati internazionali, anche in termini di dazi, l’Italia mostra di avere un vantaggio rispetto agli altri Paesi perché si posiziona in nicchie chiavi e stabili. Lo sottolinea Ilaria Sangalli del dipartimento di Ricerca di Intesa Sanpaolo, che ha evidenziato come «la quota di mercato italiana è più alta nei prodotti ad alto prezzo (+2,3%)», con la Cina che prevale invece nel low cost. «Questo è il fattore chiave di reazione dell’Italia sui mercati Usa e sull’export», dice Sangalli. Se si guarda ai dati, la meccanica è il primo settore italiano per investimenti diretti esteri (Ide) negli Usa, con un peso del 35%, seguito dai comparti gomma e plastica, alimentari e bevande.
Le risorse non sfruttate e il ritardo in tecnologia, big data e AI
Secondo il rapporto, la competitività delle imprese italiane continuerà a giocarsi sulla leva degli investimenti per la doppia transizione (digitale ed energetica). Come sottolinea però Stefania Trenti, responsabile dell’Ufficio Industry della Direzione studi e ricerche di Intesa Sanpaolo, «c’è una forte crescita dei livelli di povertà assoluta», specie tra chi ha un lavoro, e l’Italia non sta riuscendo a utilizzare a fondo gli strumenti del Pnrr, con il 94% dei progetti al di sotto del milione di finanziamento: «È segno di una frammentazione delle risorse», spiega Trenti.
Il ritardo delle imprese nella manifattura è evidente soprattutto nella tecnologia, con arretratezza nell’uso di big data e AI che rischia di rallentare la crescita e il piano mai decollato dell’Industria 5.0. Come spiega Alessandra Bernardini, economista dell’Istituto, per il futuro sono attesi investimenti nei comparti digitali e m&a. Le operazioni di acquisizioni o fusioni della manifattura italiana negli Usa dal 2022 a oggi hanno riguardato soprattutto tre comparti: alimentare e bevande, meccanica e meccanica di precisione. Nel 2022 le operazioni di questo tipo sono state 25 per un totale di 5,3 miliardi di euro, un numero più che raddoppiato nel 2024, con 55 fusioni e acquisizioni per un valore di 13,3 miliardi di euro. E secondo lo studio cresceranno da qui al 2029.
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